lunedì 27 febbraio 2023

Argentina, 1985

di Santiago Mitre.

con: Ricardo Darìn, Gina Mastronicola, Peter Lanzani, Claudio Da Passano, Francisco Bertin, Santiago Armas Estevarena, Alejandra Flechner, Paula Rasenberg, Gabriel Fernàndez.

Drammatico/Storico

Argentina, Regno Unito, Usa 2022














Affrontare il lascito della Storia in modo originale è oggi come non mai una sfida quasi impossibile da vincere; benché il registro classico sia a volte quello migliore per raccontare i drammi del passato, si sente spesso la necessità di usare un tono diverso, meno retorico e stoico, più originale, che meglio possa stimolare la visione di una ricostruzione storica comunque urgente.
"Argentina, 1985" prova a portare in scena in modo inedito i fatti concernenti lo storico processo che, nell'anno del titolo, portò alla condanna dei vertici militari per crimini contro l'umanità, purtroppo fallendo su quasi tutta la linea.



1983. All'indomai della proclamazione della democrazia in Argentina, la giustizia militare decide di deferire a quella civile il procedimento riguardante la messa in stato d'accusa dei generali che negli anni della dittatura militare si sono macchiati dei crimini di tortura e omicidio con la scusa di perseguire gli oppositori comunisti. Incaricato dell'accusa è il procuratore generale Strassera (Ricardo Darìn), il quale si ritrova invischiato in un vortice di minacce e insabbiamenti volti a tutelare una classe dirigente di fatto ancora al potere.



Siamo all'indomani della fine delle stragi. L'orrore del fenomeno dei desaparecidos è ancora pulsante nella coscienza collettiva di un paese pronto a ricominciare, ma ancora ferito nel profondo dalla violenza di un regime fascista irredento.
Strassera si ritrova ad essere suo malgrado un eroe riluttante, un uomo sulle cui spalle grava il peso di portare giustizia ad un popolo distrutto dalla violenza sommaria e compiaciuta. La paranoia verso quella polizia che è braccio armato dell'esercito è tangibile sia per lui, sia per i suoi giovani collaboratori, quella nuova classe dirigente pronta a prendere le redini del paese e a ripagare i torti subiti.
Una vicenda che si sviluppa come un canonico dramma giudiziario, con la ricerca delle testimonianze, l'escussione che porta a galla gli episodi più abominevoli e ovviamente la reazione degli accusati, trincerati dietro l'omertà di un popolo ancora per la maggior parte convinto della loro buona fede. L'unica differenza rispetto al canone è data dal fatto, di natura ovviamente storica, che l'eroe in questo caso non è un avvocato, come di solito avviene, ma un procuratore, ossia un esponente del potere giudiziario, di quello Stato che è chiamato a giudicare alcuni dei suoi membri attivi.



Santiago Mitre, che pur ha fatto dell'impegno civile e politico una sua poetica, narra il tutto con un tono ai limiti dello scanzonato, infarcendo molte scene con un umorismo da commedia brillante, il quale però si incastra male con la storia narrata, oltre che con l'atmosfera cupa che a tratti si evoca. Si passa così dai protagonisti che ricevono telefonate minatorie nelle quali si minacciano violenze ai famigliari a sequenze nelle quali il figlioretto di Strassera fa quello che nel cinema nostrano si definirebbe "il bambino chicchiricchì", una sorta di spalla simpatica che assiste il padre nell'ardua opera di portare giustizia paese disilluso o, ancora, alla sequenza scherzosa in cui il protagonista fa igestacci agli avvocati in tribunale; oltre a ciò, i dialoghi sono spesso inutilmente ironici e brillanti, oltre che maldestramente convenzionali.



La schizofrenia del racconto finisce così per mandare alle ortiche ogni possibile coinvolgimento emotivo; il quale arriva unicamente quando al centro vengono messe le testimonianze dei reduci delle torture, ossia nei momenti più ovvi; quel che è peggio è che Mitra sembra non voler prendere di petto il ruolo del potere giudiziario durante gli anni della dittatura e ogni qual volta in cui tale tematica viene per forza di cose a galla, liquida il tutto in modo frettoloso; oltre che, non si sa per quale strano motivo, sembra non voler mai neanche solo accennare ad un coinvolgimento degli Stati Uniti nei vari golpe che si sono succeduti nel corso degli anni nel paese.



Ne emerge così un dramma debole e sbagliato, il cui unico motivo di interesse è prettamente storico, ossia la testimonianza di un orrore che fu e che ancora scuote le coscienze per la sua inaudita ferocia. Immerso, tuttavia, in una pellicola a dir poco malriusita e per questo del tutto trascurabile.

martedì 21 febbraio 2023

Anche io

She Said

di Maria Schrader.

con: Zoe Kazan, Carey Mulligan, Patricia Clarkson, Andre Braugher, Jennifer Ehle, Emma O'Connor, Adam Shapiro, Tom Pelphrey, Andre Braugher, Frank Wood, Ashley Judd.

Drammatico/Cronaca

Usa 2022












Il fatto che il movimento #metoo si sia trasformato in una glorificata caccia alle streghe e che sia finito per diventare l'esatto opposto di quell'ideale di giustizia sociale che inizialmente rappresentava non deve stupire. Viviamo pur sempre in un'epoca caratterizzata dalla strumentalizzazione, dall'impegno di pura facciata e dalla rabbia sociale usata per soli fini personali, dove il senso di giustizia civile spesso viene usato solo sfogare i bassi istinti a spese di chi si reputa, non importa se a torto o a ragione, colpevole di qualche crimine o anche solo di una condotta vagamente disdicevole.
Un film come "She said" appare quindi drammaticamente necessario; ciò sia al fine di ricordare al pubblico come quel movimento sia iniziato, come quei crimini che perseguiva fossero tanto drammatici quanto effettivi, sia e forse soprattutto per far capire l'effettivo senso di giustizia che ne ha guidato la concezione.



Seguendo in modo pedissequo il libro omonimo a cura di Jodi Kantor e Megan Twohey (che su schermo hanno il volto rispettivamente di Zoe Kazan e Carey Mulligan), "She said" descrive l'evolversi delle investigazioni del duo di giornaliste del New York Times sulle accuse di molestie sessuali mosse contro Harvey Weinstein nel corso di quasi vent'anni. Iniziativa che in realtà trova l'incipit a seguito di un'inchiesta simile che aveva coinvolto qualche anno prima niente meno che Donald Trump, nonché il quasi coevo scandalo di Fox News che già "Bombshell" aveva portato su schermo.
Il film di Maria Schrader si concentra totalmente sulle azioni di Weinstein e prende le mosse dalle dichiarazioni di Rose McGowan, che per prima ne denunciò gli abusi solo per essere immediatamente "silenziata".



L'impianto è quello del più classico film di cronaca, sullo stile di "The Post" e "Il Caso Spotlight": la vita delle due protagoniste resta sempre sullo sfondo, così come la loro reale intenzione dietro l'avvio dell'inchiesta. Quel che conta sono i fatti, le storie delle vittime.
La ricostruzione degli stessi avviene in modo certosino e la messa in scena è pudica: sebbene Gwyneth Paltrow abbia acconsentito a collaborare, non viene mai mostrata in volto, così come la McGowan. L'unica star coinvolta nello scandalo che ha un ruolo attivo è Ashley Judd, che per sua stessa richiesta ha voluto essere coinvolta in modo più diretto.



Il quadro che ne emerge è un atto d'accusa diretto verso un uomo che ha abusato della sua posizione in modo rivoltante, che ha usato e gettato via delle persone per il proprio appagamento e che ha spesso e volentieri distrutto intere vite per i propri capricci. E l'accusa viene rivolta tanto a lui, quanto a quel sistema che gli ha sempre permesso di farla franca, nel quale rientra lo stesso New York Times, che già nel 2004 era alle soglie di denunciare i fatti ma ha poi deciso all'ultimo momento di rimanere inerte. E anche verso quella giustizia che ha spesso e volentieri chiuso gli occhi davanti alle denunce, anche quando raccolte da altre donne.
E' quindi quasi obbligatorio che la mente dietro tutta l'operazione della trasposizione filmica sia Brad Pitt, proprio lui che non solo era a conoscenza dei "segreti di Pulcinella" riguardanti la condotta di Weinstein, ma che ne era stato coinvolto in maniera diretta quando, negli anni '90, aveva intrecciato una relazione romantica con la Paltrow, oltre che con l'ex consorte Angelina Jolie, anch'ella tra le vittime di Weinstein. Impossibilitato a parlarne pubblicamente per anni, si è così preso una sorta di rivincita morale.



Da un punto di vista strettamente filmico, "She Said" gioca purtroppo sempre sul sicuro, con una costruzione ultra-classica che non devia di un millimetro dai canoni dei film-inchiesta americani. E' da lodare la sola capacità di riuscire a costruire in modo sempre diverso quella che è praticamente sempre la medesima scena, con una delle due protagoniste impegnate in una conversazione, spesso solo telefonica, con una delle vittime o dei testimoni; ma al di là di questo, regia e script non corrono rischi di sorta.



Pur solido e ben condotto, alla fine "She said" verrà ricordato, purtroppo, solo per l'indicibile flop che ha generato: costato circa 32 milioni di dollari, ne ha incassati poco più di 13 in tutto il mondo, di cui neanche 2,5 negli Stati Uniti. Pur ottenendo oltre 30 nomination e un paio di vittorie a vari festival, non ha avuto nessun riconoscimento né ai Golden Globes, tantomeno agli imminenti Oscar. Per di più, nessuno ha voluto venderlo come "il film che potrebbe cambiare la vita delle giovani donne" o "un manifesto sull'emancipazione femminile". Non sono state organizzate proiezioni speciali per le scuole, né biglietti a prezzo agevolato per permettere al pubblico meno abbiente di guardalo. A differenza di film "impegnati" del calibro di "Black Panther" e "Captain Marvel".
Un fiasco immeritato ed un oblio praticamente programmato che costituiscono l'ennesima testimonianza di come a Hollywood l'impegno sia solo una moda; e di come, in generale, talvolta l'importanza sociale di un film non venga riconosciuta neanche da chi, giusto qualche anno prima, gridava allo scandalo dinanzi agli eventi che racconta.

lunedì 20 febbraio 2023

Ant-Man and the Wasp: Quantumania

di Peyton Reed.

con: Paul Rudd, Michelle Pfeiffer, Jonathan Majors, Kathryn Newton, Michael Douglas, Evangeline Lilly, Bill Murray, Corey Stoll, Katy O'Brian, Randall Park, William Jackson Harper.

Fantastico/Avventura

Usa 2023











Gli exploit su Ant-Man rappresentano idealmente il lato peggiore del MCU. Il primo film, pur divertente, era palesemente figlio di una visione altrui, quella di Edgar Wright, vero e proprio fautore della trasposizione al cinema di un personaggio che a Kevin Feige sembrava non interessare, e si configurava come un film scritto in un modo, girato in un altro e montato in un terzo, il quale restava in piedi per puro miracolo e grazie all'impegno del cast. Il secondo, "Ant-Man and the Wasp", era semplicemente uno dei peggiori prodotti targati Marvel Studios, che bruciava un villain interessante (Ghost) in favore di una riproposizione stanca e priva di vita dei cliché del primo capitolo, immersi in uno script a dir poco risibile.
E se si tiene conto che avevamo lasciato Scott Lang e gentile signora nell'ultimo dittico sugli Avengers, di certo pellicole non memorabili per quanto campioni di incassi, l'idea di ritornare nel Reame Quantico non era di certo esaltante.
A ciò vanno aggiunti altri due fattori di delusione. La Fase 4 del MCU, pur caratterizzata da pellicole non disprezzabili ma pur sempre a dir poco mediocri e da serie streaming che variano dal riuscito ("WandaVision", "Loki") al genuinamente inguardabile ("Hawkeye" e "She-Hulk - Attorney at Law"), ha rappresentato il momento in cui persino i fan si sono resi conto della caratura dozzinale dei prodotti di Feige e soci, arrivando a detestarli in modo esplicito. E praticamente per la prima volta, la Disney ha deciso di rinunciare alle "recensioni mercenarie" per pubblicizzare le uscite filmiche, con il risultato che "Quantumania" risulta uno dei film peggio recensiti di tutta la produzione Marvel Studios.
Come sempre, occorre quindi chiedersi: questo terzo capitolo delle avventure di Scott Lang è davvero così disastroso?
In realtà no, è più che altro il più classico film Marvel con tutti gli anessi difetti, sicuramente non tra i migliori, ma neanche tra i peggiori.



Centro nevralgico di tutto è il personaggio di Kang il Conquistare, che eredita il ruolo di cattivo definitivo dal Thanos di Jim Sterling, ma che trova un'introduzione esplicita già a metà della Fase 4 e diventa il centro di interesse già da ora, esordendo al cinema.
Nathaniel Richards, in arte Kang, esordisce sulle pagine de "I Fantastici 4" già nel numero 19, nel 1963, opera del "dio" Jack Kirby. Introdotto come il faraone Rama-Tut , per poi dichiarare di essere in realtà Nathaniel Richards e provenire dal 31° secolo, viene inizialmente scambiato da Reed Richards per un suo pronipote, solo per poi scoprire, anni dopo, di come si tratti di una semplice omonimia.
Nel MCU Kang è stato introdotto alla fine della prima stagione del serial su Loki, dove invece appare come una sorta di guardiano delle linee temporali pronto a distruggere ogni deviazione che ne generi una nuova e con essa il relativo universo. Non è chiaro se il Kang di "Quantumania" sia il medesimo, essendo semplicemente indicato come un reietto, esiliato nel Reame Quantico dai Kang degli altri universi.



L'enfasi data al Conquistatore finisce per essere sia punto di forza che punto debole di tutto il film. La storia di Kang e la sua ricerca del mcguffin di turno, la sua relazione con Janet Van Dyne bene o male funzionano, anche grazie alla performance stoica di Jonathan Majors e ad una Michelle Pfeiffer che a quasi 65 anni è ancora affiatata e bellissima; ma il tutto toglie spazio a quella che doveva essere la vera star, ossia il Reame Quantico.
Introdotto come un universo che esiste al di sotto dei piedi dei terrestri tanto vasto e complesso quanto quello che esiste al di sopra delle loro teste, vive più che altro di trovate buffe e personaggi simpatici (su tutti il mostriciattolo Vet, doppiato da Daniel Dastmalchian), ma dopo il primo atto finisce per essere un mero sfondo allo scontro tra la famiglia di Scott Lang e Kang. Il che è un peccato, anche a causa dello spreco di un'estetica azzeccata, che piuttosto che riprendere le tavole di Kirby si rifà invece chiaramente all'arte di Moebius per creare visioni a tratti altamente ispirate, le quali però non portano a nulla di concreto.
Allo stesso modo risulta sprecato Bill Murray, ingabbiato in un incensato cameo del tutto inutile che ne spreca inutilmente il talento ed il carisma.
L'unico elemento ben utilizzato al di là del cast principale è invece, paradossalmente, M.O.D.O.K.; ricreato come versione rediviva del Calabrone, trova una sua funzione come sgherro che si redime; e per un paradosso ancora più sconcertante, il suo design risulta azzeccato: quella CGI disturbante, con quel faccione da uncanny valley inevitabile, finisce per incarnare perfettamente lo status di personaggio rivoltante che deve trasmettere.




Per il resto, "Quantumania" bene o male funziona, soprattutto quando deve dare spazio alle relazioni famigliari. Cassie Lang diventa un secondo centro di interesse nella storia, non più semplice appiglio umano per Scott ma vero e proprio motore della storia. E come sempre il cast riesce a rendere questo ensamble di scienziati pazzi e truffatori a dir poco adorabile.




Mediocre ma non disprezzabile, sicuramente il migliore dei tre film dedicati all'Uomo delle Formiche, "Quantumania" intrattiene a dovere e apre come da copione un orizzonte interessante per i futuri film e serie del MCU.

giovedì 16 febbraio 2023

Triangle of Sadness

di Ruben Östlund.

con: Harris Dickson, Charibi Dean, Woody Harrelson, Vicki Berlin, Dolly De Leon, Alicia Eriksson, Zlatko Buric, Carolina Gynning, Amanda Walker.

Grottesco

Svezia, Francia, Regno Unito, Germania, Messico, Turchia, Grecia, Usa, Danimarca, Svizzera - 2022










Esaltare la demascolinizzazione e umiliare la figura del maschio, possibilmente eterosessuale, è praticamente un passatempo nazionale in Svezia, forse la nazione più orgogliosamente misandrica al mondo; essere originali sull'argomento, creare ritratti che siano interessanti prima ancora che riusciti con al centro figure maschili inette e codarde, è di conseguenza compito assai arduo; cosa che, paradossalmente, riesce bene a Ruben Östlund, il quale, da perfetto figlio della nazione scandinava, si è sempre divertito a descrivere i lati più ottusi e ridicoli del "sesso dominante".
"Triangle of Sadness" da questo punto di vista rappresenta solo il tassello migliore nella sua filmografia, la quale giunge al canonico "punto d'arrivo" con un'opera imperfetta, ma al contempo riuscitissima e dannatamente divertente. 




Ma tale punto d'arrivo non si limita a riprendere un discorso già elaborato e a ripeterlo, quanto ad elevarlo ad un livello successivo, inscrivendo la riflessione "misandrica" all'interno di un contesto sociale. Östlund parte sostanzialmente da un territorio a lui congeniale per poi approdare ad un livello superiore, quello della critica sociologica.
Tutta la prima parte, il primo dei primi tre capitoli, è dedicata a Carl (Harris Dickson), modello non troppo affermato, e alla sua relazione con Yaya (Charibi Dean), anch'ella modella e influencer.
Relazione totalmente basata sulla sovversione del canone del potere maschile; non per niente, il film si apre con un casting (che chiarifica anche un primo significato del titolo, riferendolo allo spazio tra le sopracciglia) nel quale la classica descrizione dello sfruttamento del corpo viene riferita a quello maschile, oggettificato in maniera esplicita e dove per di più viene chiaramente affermato come i modelli maschi siano sottoapagati, che facciano, di conseguenza, un lavoro ingrato per un puro appagamento egoistico.
Nel rapporto di coppia, è Yaya ad essere dominante, sia a causa di una superiorità caratteriale, sia e soprattutto a causa di una superiorità economica, la quale, pur contestata, continua a sussistere e a costituire motivo di scontro. Inferiorità interiore e sociale cominciano già qui ad andare di pari passo, pronti ad acuirsi nel secondo capitolo.



Qui l'azione si sposta si di uno yacht di lusso, perfetto microcosmo volto ad illustrare le ipocrisie della società capitalista occidentale.
Il personale di bordo, costituito da lavoratori appartenenti agli strati più "bassi" della società, viene letteralmente istruito ad essere compiacente al fine di ottenere un maggior riconoscimento economico; l'ossessione per la perfezione propria della moderna ristorazione viene così riletta come pura pulsione d'avarizia.
Non che in realtà le gelosie date dallo status di "maschio beta" non continuino a sussistere in tale parte; una delle sequenze più acide è di fatto quella nella quale Carl fa letteralmente licenziare un marinaio reo di essere più affascinante di lui. Ma il nodo centrale è dato dalla descrizione dissacrante di una classe dirigente che, come da copione, è tanto ricca quanto idiota.



Carl e Yaya scompaiono gradualmente da tale rappresentazione, assorbiti nel corpus di un cast di personaggi sopra le righe, ma riescono lo steso a fare capolino quando si tratta di mettere alla berlina le cretinate tipiche degli influencer, i cui guadagni basati letteralmente sul nulla risultano persino più squallidi di chi è diventato ultramilionario vendendo letteralmente merda.
Tre sono i personaggi che finiscono per colpire di più, ossia l'anziana coppietta inglese e il capitano. I primi sono caratterizzati come due dolci innamorati che hanno fatto carriera vendendo armi e che trovano un contrappasso proprio grazie ad una granata. Il secondo è forse il personaggio più memorabile di tutto il cast, impersonato da un Woody Harrelson al solito fantastico: un uomo palesemente schifato dal contesto in cui lavora e che preferisce rinchiudersi in cabina ad ubriacarsi sulle note dell' "Internazionale" piuttosto che assistere alla volgarità degli ospiti; il quale finisce il suo tempo delirando sul lascito di Marx.



Ed è la volgarità intrinseca alla ricchezza che Östlund distrugge in quella che resta la scena più famosa del film, ossia la cena in presenza del capitano che a causa del mare grosso si trasforma in un'epidemia di vomito e diarrea. Come Chazelle in "Babylon", anche lui si diverte a dissacrare la ricercata ed ostentata eleganza estetica con spruzzi di vomito, portando in scena una distruzione a dir poco esilarante prima ancora che rivoltante.
Con il terzo capitolo, il naufragio sull'isola, la descrizione lascia lo spazio alla disanima dell'equilibrio del potere, in una contro-metafora non originale, ma estremamente forte.



Il sistema sociale preesistente non viene distrutto, ma ribaltato. Non siamo dalle parti di un ritorno allo Stato di Natura stile "Il Signore delle Mosche", quanto di una rivincita sociale à la "Travolti da un insolito destino nell'azzuro mare di agosto": i ricchi si scoprono incapaci, a dettare le regole è il più forte, ossia l'ex donna delle pulizie Abigail (Dolly De Leon); il che porta alla costituzione di un nuovo ordine sociale dove tutti sono pur sempre subordinati, ma questa volta a chi può effettivamente garantirne la sopravvivenza; il quale, a sua volta, si fregia di tutti i privilegi possibili, dalla porzione di cibo maggiore al sesso, il dominio sul corpo altrui questa volta incarnato da un maschio ulteriormente e definitivamente demascolinizzato; l'intento di Östlund è cristallino, ossia quello di dare una disanima del tutto anti-manichea che illustri come la sbruffonaggine sia propria dell'essere umano in generale, a prescindere dalla sua provenienza e che, di conseguenza, sia connaturata allo status dominante.



Se nel racconto metaforico, pur non originale, funziona a dovere, "Triangle of Sadness" si configura purtroppo anche come il più fulgido di ciò che il compianto Jean-Luc Godard definiva "film privo di stile"; la messa in scena, pur pulita e a tratti ricercata, è anche anonima, priva di guizzi e totalmente conforme a quell'estetica "europea" propria di tanto cinema d'autore da almeno un ventennio a questa parte, fregiandosi di silenzi, un montaggio secco, pochissimi movimenti di macchina, come a voler creare un'atmosfera ieratica e lugubre in un contrappunto ironico ad una storia grottesca, la quale tuttavia fa scadere il tutto nell'anonimo piuttosto che conferirgli un'effettiva nota originale.
Pur riuscito ed importante all'interno della filmografia dell'autore, resta così un'opera sicuramente interessante, ma non il capolavoro che in tanti hanno pur acclamato.

martedì 14 febbraio 2023

Due caciocavalli stracolmi d'amore, ovvero perché Russ Meyer è il regista più romantico di sempre

Che uno quando ci pensa, ci sono delle cose che veramente portano la gente a scannarsi.

Questioni che fanno finire le amicizie, ti rivelano verità che veramente volevi ignorare o che ti fanno capire che quella persona con cui sei cresciuto forse non è che poi alla fine ti somiglia più di tanto.

Opposizioni sanguinarie, diatribe che ci puoi far bruciare le torri di Ilio, querelle che manco quando lo scisma d'occidente, d'oriente, di nord, sud, ovest, est e forse quel che cerco neanche c'è.

Roba tipo ma chi ruba di più tra la Juventus e la 'ndrangheta?

Qual'è la macchina più sborrante, la Lamborghini o la Maserati?

Fanno più schifo i film dei Transformers o quelli di Resident Evil? 

E soprattutto quella cosa che veramente porta noi maschioni a discutere per ore, che ha creato dogmi secolari, ha portato a scomunicare intere nazioni e si dice abbia anche causato la fine di qualche civiltà antica.

Ossia: meglio il culo o le tette?

Per me le tette.


Una per ogni mano!

Perché le tette?

Perchè no?

Perchè sono due e sono soffici, anche quando sono piccole. 

E anche quando sono piccole sono belle. 

E anche quando ci sono solo i capezzoli sono belle lo stesso.

In pratica sono belle sempre.

E non solo.

Le tette sono spuntate quando l'uomo si è eretto (pun intended), quando la natura o chi per lei ha deciso che non doveva arraparsi solo col culo e ha deciso di dare a lui due motivi in più per alzarsi la mattina (e farglielo alzare di prima mattina) e alla donna due motivi in più per essere orgogliosa di essere una donna.

E so quello che state pensando, qualcosa tipo "Spaulding sei uno sporcaccione misogino stronzo testa di cazzo che vota Trump, devi morire!!!!!" e forse avete pure ragione, ma venitemi a dire voi donne, pure femminaziste, non andate fiere del vostro petto. 

E fate bene, perché una donna non deve mai vergognarsi essere femminile.

Perchè è vero che oggi come oggi i gen z sono talmente rincoglioniti che credono veramente che una donna per essere forte deve avere il corpo di un maschio, magari pure con mezzo metro di campanaccio tra le gambe, ma per me no, per me una donna può essere forte e femminile, avere due tette grandi e soffici e un carattere di ferro, tipo Ilsa la belva delle SS. 

E se non vi sta bene, sono cazzi vostri.

Cmq dicevo, le tette sono l'evoluzione del sesso. 

Pure Freud, quando non perdeva tempo a volerci fare credere che in realtà vogliamo trombarci la mamma, aveva detto che l'essere umano supera la fase anale quando ancora neonato e anche se non ha mai citato le tette in realtà è come se lo ha fatto, quindi credete a lui, non a me.


"Ve lo dico chiaro: se vi piacciono le tette siete più intelligenti!"


Non vi basta?

Dalle tette esce il latte, il latte è vita, le tette danno la vita, la vita è nulla senza amore, le tette sono piene di vita, quindi amore, quindi le tette sono amore.

Quindi chiamatele pure mozzarelle o caciocavalli a seconda della grandezza, l'importante è che capite il concetto.

E per capirlo bene: qui si parla solo di tette naturali, la roba di plastica lasciamola alla differenziata.


e queste sono le tette di Eva Green. Perché va bene parlarne, ma a na certa bisogna pure vederle.



E se le tette sono amore è per questo che per San Valentino, che è la festa che i produttori di paccottiglia hanno deciso essere la festa degli innamorati per rifilarli schifezze da quattro soldi a prezzo triplicato  è la festa dell'amore, ho deciso di parlarvi di tette. 

E parliamoci chiaro: se oggi avete comprato un regalo costoso alla vostra morosa, le avete offerta una cena a lume di candela in un ristorante di uno chef che vi ha estorto un conto da centinaia di euri per mangiare due mandorle con uno schizzo di senape e lei non ve le fa neanche toccare, lasciatela, vuole dire che che le sue tette sono più aride del suo cuore anche se ce le ha grandi.

Tornando a noi, che se uno ci pensa, a tutti i registi, quelli veramente bravi, quelli che oggi ci fanno i cineforum, le retrospettive a Venezia e Cannes, che quando vuoi fare il figo per impressionare gli amici li citi parlando la r moscia, ci piacevano le tette.

Fellini?

Tette. E pure belle grandi.

Kubrick?

Tette e non ditemi che non è vero che Arancia meccanica e Eyes wide shut li abbiamo visti tutti.

Truffaut?

Ok, lui più le gambe, ma le tette non gli facevano mica schifo.

Woody Allen?

Ma che cazz?!?!?!? Ma i primi film li avete visti? Erano tutti basati sulle tette grosse.

Carpenter?

Ha sposato Adrianne Barbeau che ha due mongolfiere da competizione.

La buon'anima di Bertolucci?

Come da prova fotografica poco su.

Cronenberg?

Eh... qua diventa complicato, però mo' fa i film con le tette di Léa Seydoux, quindi ci sta pure lui.

Però c'è stato un uomo, un regista, uno che se non lo chiamate autore siete scemi, che è riuscito a fare cinema impegnato usando le tette. 

Ma tette grandi. 

Ma talmente grandi che non sono più caciocavalli. 

E manco meloni. 

Sono proprio dirigibili.

Uno che le tette le amava con tutto il cuore. 

E che le donne le amava con tutta l'anima.

Ossia Russ Meyer.

Una foto che è un biglietto da visita



Russ Meyer era un tipo tosto. 

Uno che non gliene fregava niente. 

Uno che è cresciuto nell'America puritana e bigotta che oggi a confronto si vive il sesso in maniera libera e non come una vergogna. 

Uno che poi ha preso in mano la cinepresa ed è partito nella Seconda Guerra Mondiale filmando tutto manco fosse John Ford o Samuel Fuller.

E che poi è tornato a casa e ha cominciato a girare per i locali notturni sempre con la cinepresa in mano per far vedere quanto erano belle le spogliarelliste.

E che poi quelle spogliarelliste le ha trasformate in attrici per fare film che in teoria servivano solo a trastullare il pubblico con le tette grosse, ma che riuscivano a far pensare. 

Perchè come tutti quelli a cui piacciono le tette, era un signore intelligente.

E gli piaceva provocare, che nell'America degli anni '50 e '60 era come nell'America di oggi, che non c'è nulla più scandaloso di un uomo a cui gli piacciono le tette.

E non c'era nulla di più provocatorio del corpo femminile.


il piacere della provocazione



E so cosa state pensando, una roba tipo: "Ma zio Spaulding, ma pure noi in Italia ci avevamo Mariano Laurenti e Nando Cicero che ti facevano i film per farti vedere le tette di Gloria Guida e le tettone di Edwige Fenech, è la stessa cosa!"

No.

Non è la stessa cosa manco per il cazzo.

Perchè Russ Meyer era una cosa che Laurenti, Nando Cicero e tutti quelli che facevano le commediacce pecorecce in Italia non erano (tranne Sergio Martino e forse)

Russ Meyer era un autore.


Quella cosa che un vero autore non può non avere: un paio di pornobaffi


Si, cari miei, lo era.

Non solo perché in tutti i suoi film ci sono le tette come nei film di Kubrick ci sta la musica classica,  nei film di Woody Allen ci sta la crisi di coppia e nei film di Cronenberg ci sta la fregna mutante.

I film di Russ Meyer, come quelli di Kubrick, Cronenberg, Woody Allen e gli altri avevano forma e sostanza. 

Cioè, forma e sostanza che non erano solo quelle delle tette.

Lo zio Russ non era un orbo ignorante che si limitava a puntare la cinepresa sul corpo della bella gnocca di turno. 

Lui la scena la sapeva costruire, sapeva fare le inquadrature, sapeva evocare le atmosfere sudice e sanguigne del sud degli Stati Uniti, sapeva creare immagini.... lo dico?

Ok, però poi non mi linciate.

Le sue immagini erano poetiche e non solo perchè le tette sono poesia, ma anche perchè come creare qualcosa di bello.

 

Qualcosa di bello


E i suoi film c'avevano anche quella cosa che hanno i film italiani che piacciono ai borghesi impellicciati, ossia ILMESSAGGIO.

Solo che i film di Russ Meyer ILMESSAGGIO ce lo hanno davvero e non è solo una scusa per non sentirvi in colpa se guardate 90 minuti di belle figliole ignude.

Lo zio Russ era misantropo. 

A volte solo misandrico, ma di sicuro sempre misantropo.

Per lo zio il sud degli Stati Uniti come il mondo intero era la merda. Nel senso che come era fatto di fango e paludi anche gli abitanti erano fango e paludi dentro.

A muovere le persone è l'avidità, la fame di soldi e di sesso che li porta a uccidere e stuprare. 

I maschi in particolare, ma anche le donne. 

Che uno dei suoi personaggi più famosi è quello fatto da Tura Satana nel supercult Faster Pussycat! Kill! Kill! ossia quel film che conoscete anche se non sapete nulla di Russ Meyer.

E anche le donne posso essere stronze avide assassine.

E so cosa voi femminaziste state pensando.

"E' un seguace del patriarcato!!!!1!1!!!!!11111!!!11"


No, mie care ragazze, lo zio era uno che parlava dei problemi delle donne quando era ancora un tabù in America.

Era uno che la donna la vedeva come bella e forte e che si compiaceva nel mostrarcela in tutta la sua bellezza e nella sensualità delle sue forme.

Ma sapeva che anche le donne sono persone e come tutte le persone sono imperfette, quindi anche loro posso essere cattive.

Solo che nel suo cinema a conti fatti va peggio agli uomini. Che anche loro a volte sono buoni, ma la maggior parte sono delle teste di cazzo fatte e finite che usano e abusano le donne.


"Non male per un penemunito!"


Per lo zio la donna è sempre il centro di tutto. E' la donna che decide come e con chi stare. Anche quando sottomessa è sempre pronta a incazzarsi e ribellarsi.

E quando non lo è, è una carnefice feroce, un essere forte e letale quanto il maschio.

Solo che negli anni '60 dire una cosa del genere era provocatorio. Ed è per questo che le sue donne sono diventate icone per molte femministe. Come Tura Satana in Faster, pussycat! che ancora oggi le ragazze si vestono come lei, con i jeans attillati e la t shirt con lo spacco sulle poppe.



E ora voglio la battutona su Madonna che riprende il lascito di Satana


Russ Meyer faceva i film di quella che chiamavano "sexploitation", ossia quelli che poi in Italia negli anni '70 li chiamavano "chiappa e spada", ossia quei film che erano una scusa per vedere belle donne.

Solo che lui i film li sapeva fare, le storie le sapeva scrivere e riusciva a fare dire qualcosa pure a questi film che li facevano solo per farci sbavare.

Ma lo zio Russ è importante anche per un'altra cosa. 

Una cosa che oggi diamo per scontata ma che gli dobbiamo dire grazie almeno tre volte al giorno e pure di più.

E' stato il primo a mettere le tette nude al cinema.

Cioè, prima stavano pure, ma solo nei porno. Se uno andava al cinema soprattutto in America, poteva vedere le scollature vertiginose di Marilyn e di Jane Russell, ma iddio non voglia che le escono, mai sia.

Poi nel 1959 lo zio Russ ti fa un filmino di poco più di un'ora, una roba che si chiama L'immorale Mr.Teas, girato to con manco 30 mila dollari e che per puro miracolo è a colori.

Che è la storia di sto povero cristo che fa il venditore porta a porta, ossia fa una vita di merda.

Poi però un giorno va dal dentista e ha tipo una reazione allergica all'anestesia e piglia il superpotere di vedere le donne nude. E siccome vive in un film di Russ Meyer, le donne sono tutte bellissime, quindi ecco che su schermo, in un film non porno, ne fatto per spiegare l'anatomia umana, compaiono le tette.


Introducing: LE TETTE!


E poi il cinema non è più stato lo stesso, soprattutto per che ci piacciono.

E siccome, come abbiamo detto, le tette sono amore e oggi è san Valentino, celebriamo l'amore, le tette e l'amore per tette con i film dello zio Russ, che siccome gli piacevano le tette grandi era quindi il regista più romantico mai esistito.

Non proprio tutti, ok, che pure io c'ho altro da fare, ma quelli che più o meno sono famosi o importanti.

E quindi e ora del




CAPITAN SPAULDING & ZIO RUSS' SAN VALENTINE BIG TETTE SHOW




E come sempre si comincia a bomba con


Lorna - 1964


















Lorna è la storia di una giovane e bella donna che si innamora dell'uomo che la violenta. 

E ora già mi immagino la vostra reazione


"Spaulding! Tu e Russ Meyer siete solo due luridi bavosi stupratori assassini repubblicani necrofili pedofili zoofili che votano Trump!"


Solo che no, abbassate un attimo i forconi e prestatemi orecchio. Cioè prestatelo allo zio Russ, che forse vi può dire qualcosa di interessante.

Lorna è bellissima e per questo tutti se vogliono fare. Perché se vivi nella provincia americana del sud Usa degli anni '60 è come se vivi nella provincia del sud'Italia di oggi, ossia tutti ti voglio trombare e però siccome non possono ti dicono che sei zoccola.

Lo zio Russ ha le idee chiare e apre il film con quelli che possono essere i due cattivi, ossia Luther e Jonah, due subumani, zotici, cafoni e stronzi. 

E pure stupratori.


Nella foto: mezzo neurone


Jonah è il più subumano, che a stento parla. Luther è il più stronzo, anche se ci ha la faccia di Hal Hopper che era un pezzo di attore. E siccome sono due merde, a inizio film vanno a stuprare la bellissima Althea Currier. Cioè, ci va Luther, che Jonah è talmente omega che scopa solo per procura.

Ma pure Luther, quando capisce che quella povera crista è un essere umano, la picchia. E non la stupra. Ossia, la tratta come un pezzo di carne da percuotere. Che forse è pure più disumano.

Ma andiamo da Lorna, che ha il volto e il corpo della bellissima spogliarellista Lorna Maitland. E qua dobbiamo già aprire una parentesi sullo stile di zio Russ, che già in questo suo primo film ci fa un manifesto.


La bellezza femminile secondo chi gli piace la bellezza femminile



Poteva tranquillamente fare tutto il film con la Maitland nuda, metterla in tutte le situazioni sporcaccione possibili per farcela vedere con le poppe al vento, tipo farle fare un doccia ogni due minuti o andare a letto senza le lenzuola. 

E invece no, perché è un signore.

La prima immagine di Lorna nuda è... aspé com'è quella parola che il Serpe usa sempre?

Ah già: evocativa.


ARTE



C'è lei, di profilo, con la luce della luna che le bacia il corpo. E già qui si capisce che lo zio ci ha passione per le poppe, ma non è un bavoso, è uno che capisce come renderle davvero belle, davvero poetiche. 

Perché, davvero, forse solo chi è innamorato del corpo di una donna gli può rendere giustizia.

Cmq, Lorna è sposata con Jim, che è un bel manzo e le vuole bene, però per quanto si impegna non sa fare all'amore ed è qua il problema.

E qua lo zio ci piazza subito un'inquadratura da antologia, che quando lo fanno fa una panoramica verso le tendine che svolazzano e tutti i registi dei successi cento anni ci stanno ancora prendendo gli appunti.

Lorna vuole amore, ma Jim sa solo svuotarsi le palle. E Lorna lo dice chiaramente che lei è una donna, un essere umano, non un oggetto, che pure lei ha diritto all'amore fisico, al godimento, all'orgasmo.

Eh si, mie care femminaziste odierne che dite di essere combattive e emancipate, lo zio Russ, ossia un maschio bianco eterosessuale cisgender arrapato parlava di diritto all'orgasmo già nel 1964, ora come vi sentite?



Eh, pare brutto ma è così.

Quindi Lorna resta sola a casa come sempre, mentre il marito e i due trogloditi di inizio film vanno a lavoro in una salina dove lavorano solo loro che non c'erano i soldi per le comparse e lei va a farsi una passeggiata. Solo che proprio quel giorno passava di lì un evaso che pure lui è manzo, ma a differenza di Jim sa come fare all'ammore e...

Lorna raggiunge l'orgasmo.  

Perché quel detenuto poi si scopre che è pure stronzo, però le ha dato qualcosa che Jim non le ha mai dato. 

E lei se ne innamora. 

Ma fa bene?

Lo zio ci sta veramente dicendo che è meglio farsi stuprare che stare con un floscio?

Ed è qui che, come diceva il bardo, sta l'intoppo, anche perché la prima immagine del film è praticamente questa:


Presa da Kubrick e Richard Stanley ancora ci si sega


Perché zio Russ ci piazza in mezzo a tutto James Griffth che sarebbe lo sceneggiatore dietro la macchina da presa e che fa il predicatore davanti. 

E Griffith, per capirci, è quello che faceva rapina a mano armata con Kubrick e che poi sarebbe finito in tv a scrivere praticamente TUTTO e qui fa quello che fa il succo della storia. 

E che ci dice all'inizo che praticamente non dovete giudicare se non volete essere giudicati.

E giudicare è la cosa che lo zio ci dice di non fare. 

O se proprio lo volete fare, dovete farlo con tanta attenzione. 

Perché Lorna ha fatto bene a innamorarsi di un tizio che le ha dato quello che cercava, ma questo tizio è comunque una merda. 

Che Jim sarà pure bello e impedito, ma non è cattivo ed è pure veramente innamorato e pronto a tutto per lei. 

Che persino quel sacco di scarichi di fogna di Luther può redimersi quando alla fine confessa di aver istigato Jim e di invidiarlo perché se la bomba. 

E che quindi l'adulterio è sbagliato non solo perché lo dice la Bibbia, quindi ecco che spuntano nell'ordine


LA MORTE!

il castigo

Lorna si pente, ma viene castigata, stile Vecchio Testamento, che diventa una statua di sale come a Sodoma e Gomorra. 

Perché si. 

Perché forse è ancora troppo presto per andare oltre. 

O forse perché zio Russ sa che in fondo a nessuno piace essere messo le corna quando si comporta bene, che forse era più facile fare che era Luther il marito e il detenuto era buono e alla fine vivevano tutti felici e contenti.

Ma sarebbe stato facile. 

Troppo facile. 

Ancora più provocatorio, quello si. 

Ma pure scontato.

Invece lo zio prima ve lo fa venire duro, poi vi vuole far riflettere. 

E vi fa riflettere davvero.

E se avete ancora dubbi sul fatto che la sua sexploitation sia cinema d'autore, potete anche farveli passare.

meditate, stronzi!




La cugina Fanny - Fanny Hill, 1964

















Non c'è cosa più divina che trombarsi la cugina!

Solo che no, Fanny Hill non è la storia di come zio Russ si limonava le cugine. E' una roba artistica, è persino tratta da un romanzo del 1748!

Ed è pure una delle cose peggiori fatte dallo zio. Ma andiamo con ordine.

C'è questo romanzo che fece scandalo e che fu pubblicato senza processi e roghi in piazza solo nei primi anni '60 del novecento, ossia oltre duecento anni dopo la sua prima apparizione e oggi ci si lamenta della censura!

Fanny Hill- Memorie di una donna di piacere è la storia di una giovane prostituta inglese ed è una roba erotico-drammatica, una roba fatta per titillare ma anche per intristire, tipo una telenovela dove però lo fanno davvero e ci sono orge, cazzi grossi, vergini che si sgrillettano e lesbicate.

Uscito finalmente nelle librerie, il produttore Albert Zugsmith c'ha l'idea: facciamone un film! E mettiamoci alla regia nientepopodimenoche Douglas Sirk!

Solo che Sirk gli risponde col gesto dell'ombrello e lui si consola guardandosi Lorna e quando scopre che oltre ad essere un signor film ha anche fatto i quattrini, chiama a dirigere Russ Meyer, che si fa due calcoli, si accorge che può lavorare con molti soldi in più del solito e collaborare con Miriam Hopkins, che lavorava con Ernst Lubitsch, e con Laetitia Roman, che era sta la ragazza che sapeva troppo per Bava giusto qualche anno prima.


Almeno loro sembrano divertirsi


E cosa potrebbe mai andare storto?

Ma tutto ovviamente.

Trama!

Fanny Hill è una giovane e ingenua orfana campagnola che arriva in città per cercare lavoro come cameriera, ma finisce nel bordello della signora Brown, che scopre che è vergine quindi la vuole vendere a caro prezzo al migliore offerente.

Ah e in questo bordello si chiamano tutte cugine e cugini, ecco perchè il titolo italiano.

Come nel libro, solo che nel film non ci sono lesbicate, non ci sono verginelle che se la menano, non ci sono poppe al vento ed è una commedia. Ma una commedia stile Benny Hill, che forse sono pure parenti.

Che siccome gli hanno dato i soldi, allo zio hanno detto che le tette devono restare nelle custodie e lui al massimo ci infila un mezzo capezzolo della Roman per appena tre fotogrammi mentre fa il bagno e nulla più e noi ci chiediamo cosa cazzo lo ingaggi a fare se poi non gli permette di fare quello per cui è famoso?


Non azzardatevi a chiedere di più!


Anche perché se fosse rimasto fedele allo spirito del libro, questo Fanny Hill sarebbe stato un perfetto film di Meyer, tra personaggi stronzi, perversioni e una protagonista virginale e naif.

Invece no, qui si manda tutto in vacca e si decide che sta storia di una tipa che lavora in un bordello deve fare ridere perché in quegli anni c'era Tom Jones (il film, non il cantante) e quindi dovevano fare Tom Jones con le tette e basta e quindi ecco le gag con i clienti se si vogliono fare Fanny ma lei è troppo ingenua per capirlo e poi le scappano dietro e lei scappa via e poi velocizziamo tutto al montaggio e ci mancano solo il gorilla e il vecchietto con la crapa pelata.

E si vede che a zio non gliene può fregare di meno di fare la commedia pruriginosa e gira tutto con una svogliatezza che levati e le gag sono roba tipo cinepanettone, tanto che c'è pure l'immancabile sketch con il tappo dello champagne che finisce in bocca a qualcuno ahahahahah che ridere mamma mia.

E quindi non si ride mai. E non si pensa mai. E non ci si arrapa davvero mai.

E siccome il produttore era pure un po' stronzo, a due giorni dalla fine delle riprese toglie il film allo zio e lo caccia via. Lui, in compenso, lo disconosce e si dice che non ne conservasse neanche una copia e un po' se ne vergognasse pure.

E il primo che dice una roba tipo: "Ma come? Non si vergognava dei film sexploitation e si vergognava di una commediola simpatica e garbata?" gli tiro una sberla che manco Will Smith.



Il bordello più pudico d'Inghilterra



Ecco perchè appena un anno dopo, lo zio torna al cinema indipendente, low budget e sporco e ti tira fuori quella perla di



Mudhoney - 1965



















Avete presente quando vi dicevo che lo zio poteva fare Lorna mettendo Luther come suo marito, lei buona e il galeotto come liberatore?

Ecco, giusto un anno dopo lo ha fatto con Mudhoney, solo che Lorna è diventata Hannah e ha le forme di Antoinette Cristiani, il galeotto che ora è ex è diventato John Furlong ed è buono come il pane e Lorna Maitland fa la baldracca gnocca.

Mudhoney è praticamente questa variazione sul tema di Lorna, tanto che c'è sempre Hal Hopper che fa lo stronzo e il film si apre sempre con lui che violenta una tipa. Solo che questa volta è sua moglie, Hannah perlappuntamente.

Hannah è una donna come sempre bellissima, ma di una bellezza più matura, una moglie vera e propria, non una moglie-ragazza. 

E come moglie è vittima di un marito testa di cazzo, ossia Sydney. 

E come tutte le mogli di mariti teste di cazzo non sa perchè l'ha sposato e manco perchè non l'ha ancora mandato a fare in culo.


L'angelo sexy del focolare


Vive nella fattoria dello zio buono, che come da copione sta per schiattare e Sydney già si sfrega le mani per i soldi che farà e che puntualmente spenderà tutti in una notte tra alcol e donnine al bordello locale, che è gestito da una tipa che ha la fazza da caratterista perfetta.


La perfetta faccia da caratterista americana


Tutto questo finchè in paese non arriva Calif, un ragazzo (interpretato da un attore che all'epoca aveva 33 anni, quindi un teenager secondo gli standard del cinema merregano anni '60) che siccome sono i primi anni '30 cerca lavoro e finisce a lavorare alla fattoria dello zio. E quindi si innamora di Hannah, pure ricambiato, perché Calif è nu bell uaglion, un signor lavoratore ed è pure buono.

Solo che ovviamente Sydney è un testa di cazzo. 

E la cosa strana è che in mezzo ci sta la bella Eula, interpretata da quell'angioletto di Rena Horten, che è sordomuta e bella come l'alba ed è buona come una santa e vede il bello persino in Sydney. 

Che se Luther sotto i chili di merda un cuore bene o male ce l'aveva, Sydney un cuore ce l'ha, ma è fatto di merda pure quello. 

Quindi Sydney potrebbe salvarsi con l'amore, ma siccome è troppo testa di cazzo per capirlo, oltre a picchiare la moglie, si diverte pure a trattare a schifo la piccola angioletta sexy.


"La Salvezza" - Russ Meyer, 1965 (bellezza su pellicola)


Ora, non ci vuole certo la palla di vetro per capire che con una premessa del genere è solo questione di 93 minuti prima che le cose vanno a farsi benedire e Mudhoney è praticamente la descrizione di come il non equilibrio precario di un paesino del buco del culo d'America vanno a farsi benedire come niente. 

Anzi, a farsi maledire.

Perché Sydney è convinto che se dice agli altri che Hannah lo tradisce, allora il paese si rivolta contro Calif, lo zio schiatta e lui eredita tutto. 

Si, non è molto intelligente. 

Quindi va dal prete del luogo che questa volta non è un narratore buono, ma un testa di cazzo fatto e finito pure lui e qui Russ Meyer ti crea un personaggio che a confronto Robert Mitchum di la morte scorre sul fiume pare pure simpatico.


fratello Hansen preferisce pontificare che scopare


E quindi tutti a sapere che Sydney è cornuto. 

E tutti pronti a linciare. 

Ma chi? 

E qui lo zio Russ fa la mossa Shakespeare vera e propria e ti fa cadere la macchinazione sulla testa del macchinatore. 

Perché Sydney sbotta quando scopre che lo zio ha lasciato tutto a Calif perché vuole che scappi via con la nipote, quindi da fuoco alla casa e violenta e ammazza la figlia di fratello Hansen. 

Che gradisce a tal punto la cosa che aizza il popolo per il linciaggio.

E Hannah?

Hannah è una donna con le palle. 

Si, piccoli miei, perchè lo zio come sempre le donne gli piacciono belle e forti. 

Come la Galadriel di Amazon, come capitan Marvel di Brie Larson, come She Hulk.

Solo che le donne forti, quelle vere, lo zio lo sa che non hanno bisogno di sventolare un metro e mezzo di spadone per compensare l'invidia del pene o avere sempre lo sguardo di chi non caga da un mese per sembrare toste o fare discorsi su come sia brutto il mansplaning o come cazzo si scrive.

La donna forte, quella vera, è buona, ma non sottomessa, è una che quando si incazza piglia un coltello e devi ringraziare Dio se non ti sventra seduta stante.


Impugna qualcosa di fallico solo per coltellosventrarti


Solo che non ha neanche bisogno di sventrarti. 

Lei ti uccide con la forza dell'amore. 

Perchè lei ci prova anche a salvarti, ma tu, maschio misogino stronzo testa di cazzo sei oltre la redenzione. E anche Calif ci prova, perchè va bene odiarti, ma c'è sempre un limite.

Quindi lo zio fa un finale tipo M il mostro di Dusseldorf dove la folla lincia il cattivo, solo che è una cosa mostruosa che forse se lo avesse visto Salvini sarebbe rinsavito. 

Forse.

Perchè come dice lo zio di Hannah, in questi paesini la gente c'ha la violenza nel sangue. E questa violenza la devono sfogare da qualche parte. E se non è contro l'adultera, è contro il pazzo. 

Anche se non è più merdoso dello scemo del villaggio o più zotico del più zotico dei paesani. 

E siccome questa volta i soldi per qualche comparsa ci sono, lo linciano per davvero. E lo sceriffo, per una volta, pure se un panzone è buono pure lui.

E alla fine a piangere la morte della merda è solo Eula. 

Perchè la donna è anche e forse soprattutto amore. 

Anche se la butti nel fango. 

Anche se provi a venderla al prete stronzo. 

Anche se la deridi.

Non è lei ad essere troppo ingenua o troppo buona.

Sei tu che sei il figlio della merda.


Lei può perdonarti e salvarti, ma tu sei troppo ritardato per capirlo


E siccome lo zio Russ è un autore allora chiude tutto con una citazione latina di un certo Pubilio Siro, guarda caso un ex schiavo diventato drammaturgo, che ci dice che la malvagità del singolo diventa la maledizione della società.

E provate a dire che non è vero.



Motorpsycho! - 1965






















Ok, nel 1953 papà Marlon Brando ti fa uno dei film che lo hanno fatto diventare l'imperatore dio dei superganzi, ossia il selvaggio. 12 anni dopo lo zio Russ scrive Motorpsycho! insieme a James Griffith e Hal Hopper per fare un film di cassetta sulle moterette e le tette.

Solo che è pur sempre un film dello zio, quindi col cazzo che è un semplice film di cassetta.

Per cominciare i motociclisti qui non sono tre giovani belli e ribelli in cerca di libertà che lottano contro una società repressiva e ingiusta, ma sono tre stronzi fatti e finiti.

E siccome lo zio Russ ci piace il simbolismo, non gli fa cavalcare tre harley grosse e rombanti, ma il ciaoricchio di mio nonno perché in mezzo alle gambe hanno una cilindrata piccola.


Cazzo ridete, che pure mio nonno ce l'aveva più grossa.


Poi siccome sono veramente tre stronzi, fanno l'arancia meccanica con sei anni di anticipo. 

Che il film si apre con loro che stuprano una bella ragazza appena arrivati nel paesello random nel buco di culo del deserto della California. Poi non contenti vogliono pure farsi la moglie del protagonista Corey (che poi è quello che va a fare Moe Green nel Padrino), che è la bellissima Lane Carroll. Solo che Corey ce l'ha più grossa di loro (la macchina) e li mette in fuga.

Ma quando Corey non c'è che quella vecchia milf della moglie del ranchero lo chiama per farsi bombare ma lui è buono e resta fedele alla moglie, questi tre fanno il un numero alla Alex De Large e violentano e uccidono la bella moglie. 


Ma dove volete andare, che tanto ce le avete piccole


E siccome lo sceriffo panzone questa volta è stronzo e dice che lei se l'è cercata (e lo fa pure Russ Meyer, come a dire che tutti gli uomini sono un pochino stronzi), Corey si incazza e decide di vendicarsi rape e revenge style. 

E sulla sua strada incontra pure Haji, al suo esordio, che fa la moglie di un altro stronzo, che è forte ma anche un po' stronza e quindi anticipa Faster, pussycat!

Poi boh, la seconda parte inizia a bomba che sembra deve diventare una cosa ultraviolenta, ma non succede davvero nulla e ci si annoia pure un po' fino a un finale dove lo zio rifà una pallottola per Roy ma con la dinamite.

Quindi alla fine questo Motorpsycho! che è pure diventato cult e ci hanno preso il nome i Motorpsycho tutta sta gran cosa poi non è.

Si ricorda perché per la prima volta lo zio praticamente non mostra tette, come in Fanny Hill tanto che pure Haji cita Fanny Hill. 

Poi perché c'è la scena dello stupro che forse Kubrick l'ha vista prima di fare la sua arancia meccanica.


Questa volta è Kubrick che prende appunti


Poi per la scena dove Haji viene costretta a succhiare via il veleno dalla gamba di Corey che sembra che gli sta facendo il servizietto. 

E per il fatto che i motociclisti sono stronzi anzicchè buoni come i sons of anarchy e il capoccia è pure un reduce del Vietnam che sbrocca anni prima di Travis Bickle.

Diciamo che poi l'idea alla base zio Russ la riprende e la fa meglio in




Faster, pussycat! Kill! Kill! - 1965















Ossia quel film che anche se non conoscete Russ Meyer sapete che esiste perchè o avete letto articoli di qualche critico ammuffito che parla di Tarantino senza averlo visto e senza manco aver visto mezzo visto film di quelli che ha visto Tarantino e forse manco uno di Tarantino per intero o avete visto la versione porno bellissima che ci hanno fatto.

Cmq, Faster, pussycat! è quello che succede quando al posto dei tre stronzi con la moto piccola ci metti tre supergnocche emancipate e ultraviolente con la macchina grossa e anzicchè mandargli a stuprare donne innocenti le mandi a scorrazzare nel deserto ad ammazzare i poveri cristi, prendere in ostaggio belle adolescenti tutte curve e poi le fai scontrare con un patriarca stronzo, assassino psicopatico e avido.

E porca puttana quanto era avanti lo zio Russ!


Essere avanti


Per lo zio il deserto della California è come il Texas per Tobe Hooper, ossia un luogo dove ci sta solo sabbia e violenza. 

Ma tanta violenza. 

Dove tutti sono violenti e avidi e vogliono o soldi o scopare o soldi per scopare.

E' un mondo altro, tanto che lo introduce come un episodio di Oltre i limiti dove spiega che la violenza è dappertutto, pure dove meno te lo aspetti.

Ossia nella donna.

La donna qui è violenza, è cattiveria, è un istinto animalesco libero che si sfoga su chiunque solo per soddisfare le proprie voglie.



I volti della viuuuulenza


E Varla, Billie e Rosie sono tanto erotiche quanto animalesche. 

E la prima scena parla da sola, con loro che ballano scatenate e i maschi arrapati che ci sbavano sopra. 

Loro sanno di essere gnocche, sanno di avere un ascendente sugli uomini e lo usano a loro piacimento.

Loro sono predatrici, i maschi sono talmente tonti da diventare prede.

E caro Alex Garland ti conviene prendere appunti.

E loro tre si scannano pure tra loro, che lo zio ci mette come prima scena tra loro un bel cat fight che ci fa imbarzottire per bene.

E poi ammazzano un ragazzo perché si, perchè si stava permettendo di battere l'ape regina in una corsa in auto. Un ragazzo buono, per questo destinato a morire.

Ma anche gli uomini sono bestie. 

Qui tutti sono bestie. 

Varla e le amiche uccidono e rapinano, il vecchio patriarca è invece praticamente un serial killer che fa rapire giovani e belle donne dal figlio palestrato e ritardato per violentarle e ucciderle per vendicarsi di come una donna lo ha prima fatto paralizzare e poi lo ha abbandonato.

In poche parole, qui è la violenza a regnare.


la patriarchitudine in una immagine


E che succede quando questi due poli di violenza si incontrano?

Esplode tutto.

Perché Varla vuole i soldi del vecchio, il vecchio vuole farsi Linda, la ragazzina che le tre hanno preso in ostaggio al ragazzo morto, mentre Billie vuole farsi il ragazzone tardo e Rosie vuole farsi Varla, ma siccome ha paura della propria omosessualità soffre in silenzio.

E in tutto questo ci sono le vittime, ossia Linda e Kirk, il figlio buono e sano. Solo che Linda è una piccola oca e Kirk è buono ma non ha le palle, quindi anche loro meritano di essere vittime. 

Almeno finché pure loro non usano la violenza per salvarsi.

Perché nel mondo di Faster, pussycat! le tette sono sempre grosse, ma di amore non ne sta, non ci si salva, al massimo si sopravvive e solo se si ha il coraggio di capire che chi ti sta a fianco, chi desideri, persino chi è sangue del tuo sangue, alla fine è marcio.

Forse per questo è l'unico dello zio Russ dove le tette restano sempre coperte, persino più che in Motorpsycho! e Fanny Hill. E anche quando le ragazze si spogliano, vengono inquadrate sempre e solo di spalle.


Oggi lo zio vi insegna a fare le inquadrature pittoriche


E se in tutto questo ancora non avete capito che lo zio usava il cinema di genere per rompere i coglioni ai perbenisti benpensanti, allora siete più tardi del ragazzone palestrato.

Cmq, Faster, pussycat! è il film di Russ Meyer che dovete vedere almeno per imparare come si fa un film pulp fatto bene e come si fa un film femminista senza diventare femminazisti. 

Quindi come si fa un film fatto bene.

O anche solo per capire perchè Tura Satana è diventata un'attrice di culto e perché Lori Williams e la  buon'anima di Sue Bernard sono due attrici bellissime.

O anche solo per capire perchè lo zio Russ era un genio.


 
Vixen! - 1968

Ok quindi anche in America nel 1968 arriva il 1968 e tutti si scoprono comunisti rivoluzionari antiestablishment incazzati.

Solo che lo zio Russ era un anticonformista beffardo già da quando poppava il latte dalle poppe di mamma Meyer, quindi che fa?

Semplice, ti diventa reazionario.

Solo che no, lo zio non potrebbe diventare reazionario ma manco se Ronald Reagan in persona gli regala le tette di Tura Satana piene di soldoni, quindi ti gira un film sessantottino che non sembra un film sessantottino ma è molto più sessantottino di tanti sessantottini del sessantotto, ossia Vixen!

Che poi è praticamente quel film che inaugura la seconda parte della sua carriera, la parte pop! che ora ci sono i colori brillanti anzicchè il bianco e nero e l'atmsofera è in genere più spensierata anzicchè ultraviolenta.

Il suo stile ora si fa, aspè..come si dice?

ah, già: avanguardista.
Fa tutto quello che poi negli '80 avrebbero fatto i videoclippari al cinema, ossia sparare i color a mille, usare un montaggio folle con inquadrature che durano anche solo 1 secondo e robe del genere.

Solo che lui lo fa prima e ci mette pure tanto humor e tante tette grandi.

cmq, tornando a Vixen! 

Trama: Vixen Palmer è quello che succede se Allison Brie si fa i capelli cotonati e diventa una ninfomane assatanata, ossia una donna bellissima che anche se non ha le gigapoppone kaju di tante eroine meyerane a detta dello zio era la ragazza più gnocca del suo cinema e ha le tette il volto della bellissima ex ballerina di strip club Erica Gavin.


Al community college certe cose non le potevi mica fare


Cmq, Vixen, che in inglese sarebbe la volpe femmina e forse lo zio ha anche anticipato la volpina di Amarcord, vive nei boschi del Oh, Canada! e passa le giornate a scoparsi qualsiasi cosa entri nel raggio del suo ninfo-radar.

Tipo che il marito Tom, che fa praticamente il pilota di aerei che scarrozza chi vuole andare a caccia e a pesca, è l'unico che la fa godere e nella migliore tradizione del cinema dello zio è un gran signore, ma lei non ce la fa e quindi salta addosso al poliziotto, ai clienti compresa una rossa bona come il pane e persino al proprio fratello stile Jaimie Lannister boscaiolo, che fa pure il motociclista vestito da nazista e a differenza dei tre tizi con il pisello piccolo di Motopsycho! guida una Harley che sarebbe piaciuta alla buon'anima di Dennis Hopper
Forse perché il suo miglior amico è un afroamericano che è scappato in Canada per non morire ammazzo in Vietnam.


"Facimm pesc' a pesc'!"- cit.

E quindi Vixen si fa ripassare pure da american mandingo, giusto?

No, perchè è una razzista di merda.


"No, cioè, non è che sono io a essere razzista, è che sono loro a essere negri!"



Quindi, ricapitoliamo. Vixen è quella che si potrebbe chiamare una zoccola razzista, quindi lo zio ci sta dicendo che essere zoccole è sbagliato e pure essere razzisti. Solo che solo la seconda parte è vera, ma andiamo come sempre con ordine sennò non ci capiamo.

Vixen non è un'eroina, ma non è neanche un personaggio da disprezzare. E' un personaggio che ha un arco, come nei film veri, non le cagate femminaziste un tanto al chilo che vi piace guardare oggi dove tutti i personaggi donne sono belli e perfetti e ganzi e con il cazzo grosso già al primo fotogramma.

Vixen è una donna dominante, una donna che decide lei con chi e quando trombare. Una che usa il suo corpo per sedurre, ma per soddisfare se stessa, non chi se la vuole fare. 

E già qui lo zio ti fa capire che è una donna emancipata, tipo le tre ragazze di Faster, pussycat solo che anzicchè ammazzare, tromba. E ti ci infila anche una scena lesbo che da sola è una delle cose più provocanti che il 1968 ha visto... ok, mettiamoci un forse dai, comunque è parecchio provocante.


Provocare bene


Solo che Vixen i neri proprio no e il povero Rufus alias Niles si piglia insulti su insulti e siccome il fratello di Vixen è pure un po' stronzo lo convince a violentarla, che poi però per fortuna torna il marito e non succede nulla per un pelo.

E allora come fai a far capire a Vixen che essere razzisti è una merda e Rufus forse ha pure ragione ad essere incazzato come una biscia visto che è un nero nell'America degli anni '60?

Semplice, fai entrare in scena un comunista irlandese che è praticamente un leprecauno che ha letto Marx e che vuole andare a Cuba dirottando l'aereo di Tom, chiudi i quattro personaggi in detto aereo e li fai fare un confronto stile dramma da camera di Polanski. 

E così si appura che: 1) il comunista è comunque un manipolatore e 2) Rufus ha ragione ad essere incazzato e 3) Vixen capisce davvero che non è cattivo, è solo uno che ha preso merda in faccia da quando è nato e che la stessa cosa sarebbe successa a lei se fosse stata nei deserti della California anzicché nei boschi del buco del culo del grande nord.


"Forse il nigga ha ragione..."


Vixen e Rufus non diventano amici, che lo zio Russ lo sa che per curare il razzismo non basta una chiaccherata, come tutti gli uomini di mondo sanno.

Però c'è quel momento di comprensione, quello dove Vixen si gira verso Rufus e lo capisce, lo capisce davvero, anche solo per una frazione di secondo. E forse un domani, se si incontrano di nuovo, allora anche Rufus gli fa assaggiare il torrone alla cioccolata e le lo apprezza, ma non c'è neanche bisogno di dirlo o di mostrarlo, basta sottintenderlo, basta poco alla protagonista per capirlo davvero.

Finale a sorpresa con lo zio in persona che fa il nuovo cliente accompagnato dalla gnoccolona di turno e Vixen pronta a scoparseli tutti e due e sguardo in camera con occhiolino sexy.


'nuff said?


Cmq, Vixen! è pure uno dei primi film a ricevere la X, quindi ora sapete che è una roba da vedere.

ah ed è pure il film dove lo zio Russ ci crea la sua inquadratura personale, ossia quella dal punto di vista delle molle del letto, che da qui in poi userà praticamente sempre, sapevatelo.



Lungo la valle delle bambole- Beyond the valley of the dolls, 1970












Ok, qui le cose si fanno complicate, perchè questo è un sequel che lo zio dirige su commissione.

Un sequel di che?

Partiamo da qui: nel 1966 Jacquline Susann scrive questo La valle delle bambole, un romanzo ispirato alla sua esperienza di attrice di belle speranze. Che dopo 20 anni di carriera in quel di Hollywood praticamente stava ancora a fare poco e nulla, si è cagata il cazzo e ha deciso di darsi alla letteratura.

In questo romanzo parla di come è dura la vita delle ragazze belle e magari brave. Crea tre personaggi che sono un po' i tipi di donne dello spettacolo dell'epoca e forse pure di oggi, ossia Anne, che arriva a New York e dopo poco diventa celebre come volto di una serie di pubblicità, Neely che è bella e talentuosa, arriva al successo ma poi si autodistrugge con tutti gli eccessi annessi e connessi alla fama e Jennifer, che è bellissimissima ma non ha talento, quindi finisce a fare la spogliarellista e i filmini zozzi per pagare le cure al marito, ex cantante di successo finito in ospedale per una brutta malattia ereditaria.

E', in pratica, il classico romanzo dove si sputa contro le ipocrisie e la cattiveria di Hollywood, che oggi ce ne sono a bizzeffe ma all'epoca non più di tanto. E ha un successo clamoroso, vendendo tipo un gigaglione di copie in tre giorni.

Quindi, questo romanzo che dipinge Hollywood e la fama con bellissime barocche pennellate color diarrea vende come il pane e Hollywood che fa? Semplice, lo compra per farci un film. E se pensate che è una cosa ipocrita, chiedete pure a Bret Easton Ellis, lui vi saprà dare parecchie spiegazioni in merito.

Cmq, il film si fa, alla regia ci mettono quel Mark Robson che aveva fatto fare la commedia a Humphrey Bogart e fatto le pulci ai peccatori di Peyton, quindi uno che il mestiere lo conosce. E poi ci stanno Patty Duke che fa Neely, ossia quella che aveva fatto piangere tutti con Anna dei miracoli e che ora è diventata una bella figliola, la buon'anima di Sharon Tate in uno dei suoi ultimi ruoli e Barbara Parkins che oggi non se la ricorda nessuno ma ha avuto una carriera di tutto rispetto.


talento e bellezza level over 9000


Quindi questo adattamento diventa un filmazzo, giusto?

Ma anche no. 
Solo che siccome non è proprio il mio tipo di film ve lo lascio spiegare dal padrone di casa che ne capisce più di me di ste cose.


Sulla carta, "La Valle delle Bambole" dovrebbe essere un affresco cinico delle brutture che il mondo dello spettacolo dell'epoca riservava ad una giovane donna, ma nei fatti è poco più di un melò carico fino all'inverosimile.
La tematica portante della dipendenza dalle pillole, le "bambole" tanto necessarie per sopportare lo stress connaturato allo stile di vita hollywoodiano, risulta portata in scena in modo sin troppo pudico. "L'Uomo dal Braccio d'oro" di Preminger e "Dietro lo Specchio" di Nicholas Ray, usciti nel decennio precedente, osavano molto di più. Robson, in generale, non sembra interessato né alla materia, nè alla prospettiva femminile sugli eventi, limitandosi a portare il tutto su schermo in modo piatto, senza guizzi, senza vita.
L'accusa che più volte viene formulata verso il film ,ossia quella di essere camp, è tra l'altro esagerata: la recitazione di Patty Duke è spesso sopra le righe, ma non sfocia mai nel ridicolo involontario. Anzi, il problema di tutto il film è, appunto, il suo essere inerte e inerme, non avere né coraggio, nè nerbo.


Però questo filmetto incassa anche lui tipo un fottio di paperdollari, quindi la Fox decide di fare un sequel e chiama a farlo proprio lo zio, che dopo la bellissima esperienza con Fanny Hill non gliene poteva fregare di meno, ma oh, sò soldi, che fai, li butti via?

Quindi quando chiede "e come cacchio faccio a fare un sequel di un film dove tutta la storia finiva prima dei titoli di coda?" gli rispondono "e che ne so, arrangiati, inventati qualcosa!"

Allora lo zio chiama nientepopodimenoche la buon'anima di Roger Ebert per scrivere questa specie di sequel che poi alla fine sequel non è.

Perchè proprio Roger Ebert? 

Per tre ottimi motivi: 1) è uno che di cinema ne capiva più del 90% della popolazione mondiale (pure di oggi), 2) il film di Robson gli aveva fatto cagare a spruzzo e soprattutto 3) anche a lui gli piacevano le tette grosse.

Talento, passione per il cinema e amore per le tettone


E quindi i due che fanno? Per prima cosa aprono il film con una onestà intellettuale che levati e ti dicono subito che questo in realtà non è un seguito della prima valle ma una storia nuova e diversa che però parla sempre dei casini di Hollywood e della fama. Anche perché sennò la Susann si incazzava, storia vera.

Poi ti rifanno praticamente il primo film, ma come un trip in acido.

La trama è sempre quella: tre amiche, Kelly, Pet e Casey, accompagnate dal loro manager e fidanzato della prima Harris, arrivano a Hollywood per sfondare, ma vengono sfondate, solo che anzicché essere aspiranti attrici, sono un gruppo rock n' roll.


Bambole 2.0


E quindi anzicché finire a fare i filmini, finiscono ad un party (dove sta pure la vecchiarella sdentata di Mudhoney che forse ha fatto carriera) di Ronnie "Z-Man" Barzell, che è praticamente quello che sarebbe successo se il dottor Frank'n Furter anzicchè essere un simpatico scienziato pazzo transessuale intergalattico fosse stato un manager testa di cazzo losangelita.


Haji, in un outfit sobrissimo, suggerisce qualcosa di stronzo a Z-Man


Quindi arriva la fama e pure i casini: Kelly diventa una diva stronza e cornifica il ragazzo con il manzo biondo di turno, Pet prima si mette con Emerson, che oltre ad essere nu bell uaglion e pure buono e aspirante avvocato, ma poi gli mette le corna con un pugile stronzo che lo macchinaincidenta e quasi lo ammazza, mentre Casey finisce per abortire un figlio di Harris e non ha il coraggio di ammettere di amare la stilista Roxanne.

E poi c'è quel finale bizzarro, dove Z-Man si scopre che è ermafrodita e sbrocca perchè il manzo biondo non glielo da. E fa una strage stile Charles Manson, perché mentre giravano, quello stronzo di Charles Manson ha mandato ad ammazzare Sharon Tate e lo zio e Roger Ebert hanno voluto fare una tarantinata cinquant'anni prima.


La valle delle bambole- da oggi con il 200% di droga in più


E alla fine... boh!

Cioè, si, questo non-sequel pare fatto vent'anni dopo la sbobba di Robson ed è tutto moderno, colorato e Pop! e simpatico e ci sono le attrici belle e ignude.

Però pure se lo zio lo amava alla follia, sto suo film non è mica bello come gli altri, è un po' lento, un po' meh con quella voce fuori campo alla fine che ti fa il predicozzo.

E non graffia mai. Si lascia guardare, ma ti lascia poco addosso.


La valle sarà pure deludente, ma la vista è comunque mozzafiato


Fun fact #1: tra i personaggi compare anche la mascellona della buon'anima di Charles Napier, che proprio lo zio lo aveva lanciato qualche anno prima in Cherry, Harry e Raquel! e fa praticamente il principe azzurro della zia della protagonista anzicchè il suo ruolo abituale da cattivone stronzone.

Fun fact #2: sullo sfondo di non ho capito quale scena compare Pam Grier, praticamente al suo esordio, pure accreditato.


Hot Coffy



Supervixens- 1975




























Ok, quindi Lungo la valle delle bambole incassa un fracco di soldi e la Fox decide che lo zio Russ conviene tenerselo, quindi gli danno qualche altro soldino per fare una roba che si chiama i 7 minuti che contano.

Solo che questi 7 minuti non se li incula nessuno, forse perchè non c'erano tette e la Fox lo liquida, visto che i dirigenti parrucconi comunque lo tenevano sulle palle perchè si permetteva di non essere ipocrita.

Così piglia, baracca, caciocavalli e burattini e se ne torna al cinema fatto con due soldi e tante tette e ti gira Supervixens, che è tipo la donna che visse due volte, strade perdute o il pasto nudo ma con più poppe ancora più droga ed è pure tipo il suo primo film ad essere veramente sporcaccione.


"Pronto, zio? Ma che ci fai a Hollywood? Tornatene nel deserto!"


Supervixens è praticamente un concentrato di tutto il cinema dello zio elevato all'ennesima putenza, non per nulla ci sono personaggi che si chiamano Superlorna, Supereula e perlappuntamente Supervixen.
Però il protagonista è un mascolo, ossia Clint, che come al solito è nu brav uaglion, un gran lavoratore e ha pure una nerchia che fa sembrare quella di Danny D un vermetto floscio, quindi è destinato a prendersela nel culo.

Clint si tromba Superangelica, che è la vera supervixen del titolo perchè è più assatanata della Vixen di Vixen! e non gli da tregua. 

Quindi la manda affanculo perchè ci sta pure un limite a tutto, anche noi maschi non siamo salsicce con le gambe. 

E quindi lei se ne va con il poliziotto Harry, ossia Mascellone Napier che questa volta fa il cattivo, perchè anche lui ha una proboscide in mezzo alle gambe, ma siccome è na guardia l'unica cosa di duro che c'ha è il manganello e quando dice che gli fa schifo se glielo succhiano si capisce che ha qualcosa che non va nella cirnicoccola.


sotto la voce "bella stronza"


E siccome deve compensare, ammazza Superangelica che sarà pure stata na stronza cagacazzo ma di certo non meritava di essere picchiata a sangue, elettroammazzata e poi data fuoco.

E quindi Clint si da alla fuga e comincia un viaggio allucinante nel deserto, che tipo ti incontra Uschi Digard che fa la contadinotta austrica tettona, oppure una ragazza patita di macchine che è muta tranne quando gode e una coppietta che se non ti scopi la moglie ti picchiano e ti lasciano a morire.


"Figliolo, ora dovrai imparare a mungere!"


E poi incontra la Supervixen del titolo, che è praticamente Superangelica rinata... ma proprio che Superangelica, da in cima ad un monte a forma di cazzo, tipo lo porta da lei.


simbolismi del cazzo


Solo che Supervixen è pure lei ninfomane scatenata, ma è anche buona, tant'è che è sempre vestita di bianco, quindi lei è angelica, mentre Superangelica è la bestia.

E poi torna pure mascellone e le cose ricominciano. 

E in tutto questo, lo zio ti rifà la scena del veleno di Motorpsycho! e pure il finale stile una pallottola per Roy sempre di Motorpsycho! ma fatto meglio.


la gnocca che visse due volte


E' questo è praticamente quello che succede quando uno si droga e poi guarda un film dello zio.

O tipo prima guarda un film dello zio, poi si droga e va a fare un giro nel deserto.

E' il succo del suo cinema, c'è tutto: la demascolinizzazione, la donna forte, emancipata e vogliosa, le tette e per una volta pure un paio di cazzi in bella mostra.

Il tutto in una salsa talmente pop! che pare uscita dai barattoli di Andy Wharol.




Le deliranti avventure erotiche dell'agente speciale Margò- Up!, 1976


















Che è tipo uno di quei titoli italiani kilometrici che si usavano all'epoca per indicare i film ganzi con titoli brevi, tipo "Le samurai" che diventava "Frank Costello facia d'angelo" anche se il protagonista si chiamava Jeff o "Corvo rosso non avrai il mio scalpo" che in realtà era "Jeremiah Johnson", ma qui ci si fa anche meglio che il titolo originale è "Up!", ossia due lettere e un punto esclamativo, sennò poi lo confondete con quel film Disney con il vecchiarello che potrei essere io da ancora più vecchio. 

E se me lo chiedete, è anche il motivo per cui in Italia Fujiko Min(n)e la chiamano anche Margot, che il periodo era quello.

Anyway, se pensavate che supervixens fosse un trip in acido, Up! è il trip in acido che si fa Alejandro Jodorowsky dopo aver visto supervixens mentre mangiava un kilo di peyote modificato da Timothy Leary, ossia una roba talmente allucinogena che solo a guardarne una scena entrate nel monolite di 2001.

Ma proprio che lo zio ce lo dice nel primo fotogramma che non è una una favoletta, quindi è proprio un trip, quindi TRAMA!

Nel buco del culo d'America degli anni '70 ci sta Adolf Hitler, che per non far capire che è lui si fa chiamare Adolf Schwartz e vive in un castello all'ultima moda teutonica del 1800. 

Hitler fa le cosine erotiche sconce con una tizia di colore che dopo anni ha forse capito che la figa è pur sempre la figa, con una tizia asiatica tettona perché l'asse Berlino-Tokyo è ancora valida e con Tom perché ha una nerchia da mezzo metro e allo zio Adolfo mi sa che ci piace pure quella.

Adolf Schwartz, tetesco ti Cermania!


Questo finché arriva l'assassino con i guanti neri dei film di Dario Argento che gli butta un piranha nella vasca.

Poi ci sono la piccola Alice nel paese delle meraviglie sporcacciona che è la moglie di Tom e le piace la fava, ma le piace anche la figa quindi fa le zozzate con un'amica nel bosco.

Il poliziotto nerchione Homer che si tromba tipo tutto.

Un coro greco che ha le tette di Kitten Natividad.

E poi arriva Margò, che il titolo italiano già vi fa lo spoilerazzo dicendovi che è tipo l'Agente Cooper chiamato a capire chi ha ucciso Hitler.


e la poliziotta della Fenech muta


E quindi che cos'è Up?

Semplice: una serie di scene di tette e gente che tromba tenute insieme da una "trama" tipo murder mystery e le zinnone della Natividad.

E va benissimo così, perchè allo zio stavolta frega di niente di raccontare nulla, frega solo di portare all'estremo tutte le sue passioni, pulsioni e personaggi.

C'è tutto: la donna forte e emancipata che decide lei con chi e come trombare, a partire da Margò e il suo corpo stile Angela White anni '70, ma anche Alice che decide lei quando vuole trombare chi e persino la sua amica, che decide lei di trombare Homer e si diverte pure più di lui.

C'è l'autorità stronza, con Homer che è stronzo anche se meno stronzo del solito.

C'è la pernacchia ai conservatori, con Adolf Hitler masochista che si nasconde beato in bella vista in America, fuck yeah!


un classico e casto coro greco


Qui c'è tutto il Russ Meyer che conta, tutto il meglio. Anche se la regia questa volta fa cagare e il montaggio è un bordello che cerca di mettere ordine tra inquadrature a cazzo di cane uscite da una sceneggiatura che veramente non si sa che cazzo si sono fumati.

E lo ripeto, va bene così.

Perchè sono pur sempre gli anni '70, in America tutto è un viaggio allucinante, una roba senza senso, un casino tra pulsioni erotiche incontrollabili e teste di cazzo a piede libero.

E lo zio fa quello che il critico con la pipa in radica e il dolcevita di sta ceppa potrebbe definire come tipo "un perfetto ritratto dello zeitgeist".


"sono gli anni '70, bellezza!"


E quindi lo zio Russ colpisce ancora!


Ultravixens - Beneath the valley of the ultra-vixens, 1979






















E si arriva all'ultimo film dello zio. 

Che guarda caso smette di fare i film quando smettono gli anni '70, ossia quando poi il cinema americano è tornato a essere na merda.

Lo zio Russ si trovava in quel periodo in situazione economica un po' del cazzo e decide di arrangiarsi, fa un film con neanche 300 mila cucuzze, lo gira in parte in casa sua e usa una troupe di neanche sei persone e come protagonista ci mete Kitty Natividad che nel frattempo ha impalmato, ma siccome è un grande artista riesce lo stesso a farci un film che, ok, non è ai livelli dei migliori che ha fatto, ma non è neanche tra i peggiori.


la cara, dolce mogliettina


Cmq, Ultra-Vixens chiude la trilogia pop iniziata con Supervixens e continuata con Up!, il cui tema portante è la droga, in pratica, ma anche l'ossessione antinazista.

Trama! 
Siamo come sempre nel buco del culo d'America, in un paesino dove sono tutti arrapati e c'è pure Martin Bormann che si nasconde come se niente fosse, tanto vallo a distinguere un nazista dai "normali" americani.

Il narratore di turno, che questa volta è maschio e decrepito ma anche lui tromba come una bestia assatanata, ci dice che qui tutti sono arrapati. E tra tutti ci sono il buon Lamarr, che come sempre è buono e un signor lavoratore, ma unn gna fa  a trombare, quindi la moglie, che è Kitten Natividad ed è una ninfomane persa come da tradizione, deve fare di tutto per guarirlo... e nel frattempo cerca di compensare con chiunque le capiti a tiro.

E nulla, il resto lo potete pure immaginare, tanto è lo stesso.

Alla fine tutto è un susseguirsi di scenette erotiche davvero spinte ma mai porno. E di personaggi simpatici e grotteschi.

Tipo che c'è la padrona di Lamarr che è tipo la dea della fertilità, la madre terra arrivata in America.


la fertilità, american style


Oppure il dentista omo che si vuole inculare Lamarr.

O il duo di zoticoni che veramente parono usciti dai primi film dello zio.

O la dj ubertettona che vuole salvare le anime dei fedeli trombandoli a sangue.

Ah e per qualche motivo tutti i personaggi hanno il sangue colorato, non chiedetemi perché, perchè non ne ho la più vaga idea, forse a causa di tutta la droga che sta nel film.


estasi tettonica


Finale metareferenziale, con lo zio e la moglie che sfottono ancora un po' Bormann e teaser per un seguito che purtroppo non hanno mai fatto, perchè anche in questo lo zio stava decenni avanti.

Ultra-Vixens è na roba meno scombinata di Up! ma anche meno ganzo, dove si vede che lo zio un po' si stava pure stancando e che chiude tutto così, de botto e chiude praticamente la sua filmografia.

E poi?

E poi nulla.

Zio Russ non ha praticamente diretto più film veri e propri, mentre Roger Ebert non ha scritto più nulla, andando a fare il videorecensore televisivo (giustamente) strapagato insieme a Capacchione Siskel.

Da un a parte il cinema dei drive-in e delle sale a buon mercato è scomparso, dall'altro lui non ha mai voluto fare porno veri e propri, primo perchè non gli interessava, secondo perchè nel porno dell'epoca le attrici venivano trattate a merda e terzo perchè era infestato di mafiosi, quindi praticamente non c'era più spazio per lui, i suoi personaggi folli, le sue storie provocanti e le sue attrici giunoniche.

Quindi decide di dedicarsi a scrivere una sua biografia, che doveva essere fatta da tre libri di oltre mille pagine con un godzillione di foto e un annesso film di oltre dodici ore.

Ovviamente non se ne farà nulla.

Come non si è fatto nulla di un altro casino di film che doveva fare, che come tanti grandi registi pure lui ha un sacco di film non fatti.

Tipo il sequel di Ultravixen, ma anche quello di Vixen!. E poi quel film con i Sex Pistols chiamato "Who killed Bambi?" da dove lo hanno silurato perchè ad un certo punto ha davvero sparato a un cervo.

E he cazzo vi aspettavate da un film chiamato "chi ha ucciso Bambi"? 
Ma siete deficienti? 
Poi non mi venite a dire che Johnny Rotten non è un coglionazzo.

Poi l'imdb dice che ha fatto dei documentari e un video musicale ispirato ovviamente a Faster, pussycat!

E nel 2001 la sua ultima regia, un documentario per Playboy su Pandora Peaks, ossia quella attrice porno che faceva l'amica di Demi Moore in Striptease che aveva due tettone mastodontiche.

Solo che i tempi sono cambiati, la sua grinta ci sta ancora tutta ma vederlo alle prese con tizie con le tette gommate e gonfiate con il compressore fa davvero scendere la lacrimuccia sia a noi sia forse soprattutto a lui.

però gli effetti speciali di Rob Bottin sono di un realismo impressionante!

E quindi, ad oggi, cosa resta del cinema di Russ Meyer?

Al di là di chi lo cita e del fatto che grazie a lui ora ci sono le tette dappertutto, praticamente tutti i personaggi femminili belli e forti, le femme fatale carnali sono suoi figli.

Così come quel piglio grottesco che piace usare a tanti filmmaker hipster quando dipingono i maschi cretini.

Il cinema di Russ Meyer è entrato nel DNA del cinema americano, sia mainstream che d'autore.

E li ha resi più sensuali e arrapanti, più ganzi, più sfrontati.

Ed è per questo che è ancora oggi importantissimo.

Ed è per questo che dobbiamo essergli eternamente grati.

Oggi e per sempre

GRAZIE, ZIO!

KEEP ON ROCKIN'!