sabato 1 giugno 2013

Solo Dio Perdona

"Only God Forgives"

di Nicolas Winding Refn

 con: Ryan Gosling, Vithaya Pansringarm, Kristin Scott Thomas, Tom Burke, Rhatha Phongam, Byron Gibson.

Noir

Francia, Thailandia, Usa, Svezia (2013)









Dopo il successo di critica e di pubblico di "Drive" (2011), le aspettative per il nuovo film del duo Refn/Gosling erano a dir poco stellari; aspettative che, sfortunatamente, vengono in parte deluse: "Solo Dio Perdona" è un film stilisticamente perfetto, ma anche estremamente freddo.



In una Bangok oscura e sulfurea, il gangster di origini americane Billy (Tom Burke) viene ucciso dal poliziotto-giustiziere Chang (la rivelazione Vithaya Pansringarm); suo fratello Julian (Ryan Gosling) decide di vendicarlo a seguito delle forti pressioni subite dalla volitiva madre (Kristin Soctt Thomas).


La classica storia di vendetta tra gangster viene ripresa in tutti i suoi archetipi; Refn riesce tuttavia a non annoiare grazie alla caratterizzazione dei personaggi: non esistono buoni, solo diversi gradi di cattiveria; la vittima, Billy,viene subito introdotto come un pedofilo violento, ucciso per aver stuprato ed ammazzato una prostituta minorenne; Julian, anch'egli gangster, è un debole: un accidioso, che subisce passivamente gli eventi (come sottolineato anche nelle scene di sesso), che si lascia deliberatamente opprimere e manipolare dalla figura materna e che fa esplodere la sua violenza repressa solo in atti del tutto fini a sè stessi; Crystal, la madre, uno dei fulcri della vicenda, è sboccata ed approfittatrice: decide di vendicare il figlio solo per motivi d'onore e non si fa scrupoli a sacrificare l'odiato secondogenito, il quale già in passato aveva costretto ad uccidere, creando una forte simbologia edipica; altro fulcro della vicenda è invece lo splendido personaggio di Chang: un poliziotto violento e cinico che tuttavia agisce solo ed esclusivamente per punire i crimini; se Crystal, in quanto donna e madre, è la divinità creatrice ed oppressiva, Chang è il dio del titolo: un giudice in terra terribile, ma giusto, nonchè un padre da distruggere per affermare sè stessi, altro richaimo al mito di Edipo; e lo sguardo calmo e le movenze aggraziate Vithaya Pansringarm donano al personaggio un'aura mistica imlpabile, rarefatta eppure fortissima persino nelle scene più ordinarie, come quelle in cui canta al karaoke, a sottolineare l'estrema ordinarietà degli atti di violenza nella sua vita.



Refn, iperrealista come al solito, immerge la pellicola in colori caldissimi: dai rossi degli interni alle luci dorate della palestra, passando per i blu avvolgenti del postribolo; i colori vivi ed abbaglianti ben si adattano al ritmo, volutamente dilatato oltre ogni limite, come se l'intera vicenda si svolgesse nel west di Sergio Leone o nel Giappone di Akira Kurosawa; l'atmosfera onirica di "Drive" e "Fear X" (2003) lascia qui spazio all'iperrealismo puro, ad ambienti rarefatti splendidamente racchiusi in inquadrature geometriche ed eleganti, come se ne vedono davvero poche nel cinema occidentale odierno.



Laddove però Refn sbaglia clamorosamente è nell'ermetismo di fondo: la dilatazione ritmica e l'eleganza quasi sfacciata tolgono enfasi alla vicenda, che finisce così per divenire clamorosamente fredda; siamo lontani, per fortuna, dall vacuità autocompiaciuta di "Valhalla Rising" (2009): i simbolismi e le caratterizzazioni sono sempre ben decifrabili, ma si fatica davvero ad appasionarsi alla storia, a causa di una narrazione troppo chiusa in sè stessa, che non crea alcuna empatia verso lo spettatore.



"Solo Dio Perdona" si configura, così, come un perfetto esercizio di stile: elegantissimo ed abbagliante, ma inerte; i cinefili dal palato più fino lo apprezzeranno per lo stile, ma gli spettatori generici davvero faticheranno molto ad amarlo.

Nessun commento:

Posta un commento