mercoledì 9 ottobre 2013

Gravity

di Alfonso Cuaròn

con: Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris.

Fantascienza/Thriller

Usa, Inghilterra (2013)














Dopo aver stupito le platee mondiali nel 2006 con il capolavoro "I Figli degli Uomini", Cuaròn continua la sua personale disanima del genere fantascientifico con "Gravity", nel quale affronta il filone del "film di sopravvivenza" applicato alla fantascienza classica.


Totalmente immerso nello spazio al di sopra della Terra, "Gravity" segue le disavventure di Ryan Stone (Sandra Bullock), scienziata impegnata in una missione spaziale andata male, la quale cerca in ogni modo di sopravvivere alle avversità del cosmo; ad aiutarla c'è solamente il pilota Matt Kowalski (George Clooney), anch'egli superstite della missione.


Protagonista indiscusso dei 90 minuti di durata è lo spazio, con la sua oscurità infinita e il silenzio tombale squarciato unicamente dai respiri dei due personaggi e dalla musica onnipresente; l'atmosfera è tesa fin dai primissimi istanti: Cuaron apre il film con la missione già iniziata e con la pioggia di detriti in arrivo; di fatto, nell'ora e mezza successiva non ci sono stacchi temporali, se non brevissimi; ancora più che ne "I Figli degli Uomini", il concetto di dilatazione e de-strutturazione temporale, proprio del media cinematografico, viene abbandonato per una narrazione "in diretta" e lineare, che si concentra esclusivamente sui punti di vista dei due astronauti, all'inizio, e solo su quello della sola Stone da metà in poi; la tragedia, la paura, la tensione che si respira è immane e attanaglia lo spettatore senza tregua.


Merito dello stile di regia radicale ed esasperato; Cuaròn struttura tutta la pellicola come una serie di lunghissimi piani sequenza (girati a stacchi ed incollati assieme grazie al montaggio digitale) che gli permettono di pedinare la protagonista senza sosta; centro di interesse diviene così il corpo della Bullock, che in assenza di gravità diviene vero e proprio oggetto inanimato in balia degli eventi, sui quali pare non avere mai davvero il controllo; la sopravvivenza diviene così non solo lotta contro un ambiente ostile e inospitale, ma sopratutto contro "l'imprevisto", tutto ciò che sfugge al controllo dell'uomo; e di fatto, i personaggi altro non sono che oggetti, non soggetti, sprovvisti di ogni potere decisionale e lasciati in balia del caso, o "del fato" come una lettura spirituale (di fatto avvalorata dall'inquadratura della statuetta del Buddha nelle scene finali) sembra suggerire.


Il tema dell'essere umano come "corpo inerte" vive attraverso le immagini spettacolari ed avvolgenti, senza mai divenire il perno del racconto; tutta l'enfasi viene lasciata sulla tensione e quindi sul coinvolgimento emotivo che, di fatto, non manca mai; con "Gravity" il cinema diviene esperienza sensoriale prima ancora che intellettiva: bisogna lasciarsi trasportare, come i suoi personaggi, dagli eventi e dalle immagini, immergersi nello spazio e nei suoi pericoli ed assaporarne ogni singola sensazione, acuita magnificamente (per una volta, finalmente) dalla visione in 3d, che aggiunge davvero una nuova profondità percettiva all'esperienza visiva.

1 commento:

  1. D'accordo su ogni parola: Gravity è davvero un'esperienza sensoriale, prima ancora che un capolavoro di immagini, regia, montaggio ed effetti speciali!

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