mercoledì 23 aprile 2014

Nymphomaniac- Volume 2

Nymphomaniac: Vol. II

di Lars Von Trier

con: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgaard, Shia LaBeouf, Stacy Martin, Jamie Bell, Willem Dafoe, Mia Goth, Jean-Marc Barr, Michael Pas, Udo Kier.

Erotico/Drammatico

Danimarca, Inghilterra, Germania, Belgio (2013)















---SPOILERS INSIDE---

Seconda parte della storia di Joe, in "Nymphomaniac- Volume 2" Von Trier cambia decisamente i toni rispetto ai cinque capitoli del precedente Volume 1, esacerbando la componente drammatica ed iconoclasta ed ammantando ancora più pesantemente le avventure della sua protagonista in un'alone di dannazione.


Joe (Charlotte Gainsbourg) continua a narrare a Seligman (Stellan Skarsgaard) le sue avventure sessuali e non; incapace di provare orgasmi, la donna comincia una serena e spensierata convivenza con l'amato Jérome (Shia LaBeauf), dal quale ha anche un figlio, Marcel; disperatamente alla ricerca del piacere, Joe si avvicina al masochismo grazie al sadico "K" (Jamie Bell), comincia a lavorare per lo strozzino "L" (Willem Dafoe) ed alleva la giovane e scapestrata "P" (Mia Goth).


Nei tre capitoli conclusivi, Von Trier si limita a descrivere la caduta in disgrazia di Joe, lo sfaldarsi delle sue certezze e dell'equilibrio che sembrava aver raggiunto in "The Little Organ School"; Joe cala sé stessa in un universo di perversioni, diviene per la prima volta oggetto passivo pur di ritrovare l'orgasmo perduto ed il sesso diviene castigo infernale piuttosto che coronazione di una dipendenza; la maternità per la donna è solo un ostacolo al piacere, che rimuove senza rimorso alcuno, se non quello di aver perduto l'uomo della sua vita; la vera esperienza genitoriale viene compiuta nel tutorato di "P", al contempo successore, figlia ed amante, ossia coacervo di tutte le aspettative che un essere umano può riporre nel prossimo.


Ed è nella narrazione di tale "discesa" che Von Trier calca la mano; le pratiche erotiche più volgari vengono dipinte con uno humor nero irresistibile, come nella scena dei cucchiai da dolce o del menage a trois "abortito"; la sessualità continua ad essere mostrata esplicitamente solo per brevissimi istanti; al suo posto è la violenza a divenire protagonista: sia essa la violenza a fini erotici che Joe sperimenta nel sesto capitolo, "The Eastern and Western Church (The Silent Duck)", sia quella distruttiva a cui si lascia andare nel suo lavoro.


In "The Mirror", il settimo capitolo, Joe tenta di "disintossicarsi" dalla sua dipendenza da sesso andando in rehab presso una comunità psichiatrica; ma la sua esuberanza sessuale è davvero una malattia? Von Trier non ha dubbi: non lo è, lo scandalo vive solo nell'ipocrisia della mentalità borghese, la quale tende a rimuovere tutto ciò che può essere etichettabile come "sporco" e "inusuale" dalla superficie della società, in ossequio ad un puro spirito di apparenza; l'ipocrisia dei "normali" viene aborrita in favore di una naturalità si peccaminosa ed oscena, ma pura perchè non costretta all'interno di schemi precostituiti.


In "The Gun", ottavo ed ultimo capitolo, Joe comincia a lavorare per lo strozzino "L"; l'esperienza maturata con "K" le permette di torturare efficacemente le sue vittime da un punto di vista fisico e l'enciclopedica conoscenza delle debolezze maschili le permette di manipolarle anche sul piano psicologico; due sono gli elementi cardine di questo capitolo, ideali cartine di tornasole di tutta l'opera: il discorso sulla pedofilia ed il rapporto con "P".
Dinanzi ad una vittima apparentemente priva di difetti, Joe inizia a raccontare delle storie oscene per sondare le sue inclinazioni sessuali; con grande sorpresa della donna e sopratutto dello stesso uomo, questi scopre di essere attratto dagli infanti: esterrefatta, Joe lo loda e lo premia; dinanzi alla reazione indignata di Seligman, Joe afferma come di fatto provasse pietà per quell'essere: un uomo che come lei ha dovuto reprimere la sua sessualità, nascondere un'inclinazione oscena e su cui non ha potere; ma, e sopratutto, Joe afferma di aver stimato la sua vittima per essere riuscita a scardinare la sua tendenza e ad evitare che questa esplodesse ferendo degli innocenti.


La storia di "P" è invece più complessa ed affascinante; Joe conosce la ragazza, vittima di una famiglia disfunzionale e schiava della sua insicurezza, per addestrarla come suo rimpiazzo nel giro delle estorsioni; tra le due nasce un rapporto stratificato e completo; perduta la possibilità dell'orgasmo a causa delle ferite infertele da "K", Joe sublima la sua sessualità tramite una maternità altera, datale da un uomo ("L") per il quale non prova nulla, in completa antitesi rispetto alla sua maternità naturale: Marcel viene descritto come un novello anticristo e non a caso, nel capitolo precedente, Von Trier cita la celebre scena d'apertura del suo precedente (e controverso) "Antichrist" (2009); rapporto materno che presto sboccia in un amore puro, non casto ma neanche totalmente sessuale perchè privo dell'orgasmo: l'unico contatto fisico tra le due avviene quando "P" succhia il seno di Joe, ossia quando compie un gesto si smaccatamente sessuale, ma al contempo materno. "P" diviene una nuova Joe, la quale è schiava non del sesso, ma della violenza, ossia di una devianza totale; ed arriva anche a soppiantare la madre surrogata seducendo un ormai adulto Jérome, con il quale, alla fine dell'episodio, picchia a sangue Joe e la umilia due volte: facendosi prendere come lui fece con Joe nella sua prima esperienza, ma con più foga, e urinandole in testa, in una declinazione femminile e disperata del mito di Edipo.


L'erotismo di Joe viene questa volta tratteggiato in modo costantemente osceno ed esplicitamente blasfemo; nella prima scena, un flashback della sua infanzia, la ragazza ha una visione durante un orgasmo: la meretrice di Babilonia e Messalina; Von Trier rievoca i simboli classici e cristiani della perversione femminile in modo da calare la sua protagonsita all'interno di un simbolismo a lui caro: quello dell'anticristo; eppure, l'autore continua al contempo nella sua opera dialettica mediante il personaggio di Seligman, contrappunto razionale ed erudito il quale riesce a trovare nelle esperienze della donna sempre e comunque un lato positivo; e di fatto, nella conculsione dell'ultimo capitolo, è egli stesso che, in un gioco di specchi con il suo autore, stigmatizza la percezione maschilista della sessualità femminile come ipocrita, rimarcando come sia il solo sesso femminile di Joe (non per nulla battezzata con un nome maschile) ad ingenerare scandalo, non le sue azioni di per loro stesse.


Il tono didascalico e citazionista (tra gli altri l'amato Tarkowsky) aiutano la comprensione delle metafore più barocche, ma Von Trier sbaglia clamorosamente il finale di questa sua lunga e splendida disanima sulla donna e sul corpo; se in precedenza l'autore si poneva verso la protagonista (ossia verso la donna, un mondo che egli stesso e per sua ammissione dice di non comprendere) con una curiosità vera, un distacco intellettuale ed una genuina voglia di comprensione, nell'epilogo si contraddice clamorosamente rivoltando come un calzino l'intera caratterizzazione (simbolica e non) dei due protagonisti: Seligman diviene un mostro insensibile mentre Joe si tramuta in una assassina; perché un tale capovolgimento repentino ed ingiustificato? Von Trier potrebbe davvero credere ad una sorta di determinismo sessuale per cui tutti gli uomini sono bestie mentre le donne sono vittime e/o carnefici; ma allora perchè spendere le tre ore e mezzo precedenti a sondare, scandagliare, costruire e decostruire personaggi e situazioni in cerca di un significato più profondo? La risposta va allora cercata altrove, in un territorio meno "intellettuale" e più schiettamente narrativo: la voglia compiaciuta di spiazzare lo spettatore, di distruggere ogni sua certezza e lasciarlo uscire dalla sala con l'amaro in bocca.


Scelta imperdonabile, che purtroppo guasta il lavoro fatto dall'autore nei capitoli precedenti; l'operazione "Nymhpomaniac" può quindi si essere catalogata come "riuscita", ma il tono manicheo e ruffiano di questo "Volume 2" abbassa di molto il valore di quella che avrebbe potuto essere un'opera geniale e coraggiosa.

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