venerdì 27 marzo 2015

Thriller- A Cruel Picture

Thriller- En Grym Film

di Bo Arne Vibenius.

con: Cristina Lindberg, Heinz Hopf, Despina Tomazani, Per-Axel Arosenius, Solveig Andersson.

Svezia (1973)
















Cinema d'autore ed exploitation sono due realtà antitetiche? Assolutamente no; per rendersene conto non c'è bisogno di scomodare subito il cinema di Quentin Tarantino, ma basta riflettere su di una realtà molto più urgente e chiarificatrice: alcuni dei più grandi autori della Settima Arte hanno cominciato la loro carriera nell'exploitation o, ancora meglio, si sono sempre e comunque confrontati con il cinema di genere.
Il primo esempio, e più lampate, viene da due dei più grandi artisti del XX secolo: Akira Kurosawa e Sergio Leone, i quali hanno diretto pellicole volte all'intrattenimento, ma sempre e comunque con un piglio autoriale, che ha elevato il semplice "genere di apparteneza" (western o gidai-geki che fosse) allo stato dell'Arte.
Il secondo esempio è anche più calzante: Abel Ferrara, l'autore newyorkese per antonomasia, il quale comincia la sua carriera negli anni '70 dirigendo addirittura un porno, "9 Lives of a Wet Pussy" (1976).
Il confine tra genere e volontà artistica è quindi labile o addirittura inesistente; ma se Leone, Kurosawa e Ferrara sono sempre riusciti nell'impresa di coniugare aspirazioni contrastanti creando sempre pellicole riuscite o quantomeno divertenti, il caso più genuinamente strambo di exploitation d'autore è "Thriller- A Cruel Picture", rape & revenge diretto nel 1973 dal regista svedese Bo Arne Vibenius.


Vibernius è senz'altro un personaggio sui generis; esordisce al cinema come collaboratore di uno degli "autori" per antonomasia: Ingmar Bergman, per il quale riveste il ruolo di assistente alla regia in "Persona" (1966) e aiuto regista in "L'Ora del Lupo" (1968), ossia due dei film più influenti del maestro svedese. Emancipatosi dall'illustre mentore, Vibernius esordisce alla regia nel 1969 con "Hur Marie traffade Frederik", commedia per famiglie che si rivela un bagno di sangue al botteghino; amareggiato, decide di dirigere un secondo film solo per rifarsi del disastro commerciale; e questa volta decide di dare al pubblico quello che vuole, quello che nelle sue stesse parole è "merda zeppa di sesso e violenza".
Questa è la genesi di "Thriller": un film creato appositamente per dare alla massa ciò che la massa vuole, facendo leva sui suoi più bassi istinti; al punto che lo stesso Vibernius si vergogna e decide di usare lo pseudonimo di Alex Fridolinski nei titoli e far persino firmare a cast e troupe una clausola affinchè non rivelino la sua vera identità.
Ma la scuola di formazione bergmaniana è comunque indelebile, tanto che il regista sembra voler far dire di più alla sua semplice storia: inoltrarsi nella mente di una ragazza al limite e creare un ritratto livido tramite una storia, appunto, crudele.


Svezia, primi anni '70; Madeline (Cristina Lindberg) è una giovanissima ragazza rimasta muta a causa di uno stupro subito da bambina; un giorno, in visita in città, Madeline viene avvicinata dal sedicente Tony (Heinz Hopf), il quale la affascina con modi affabili e sfoggiando la sua ricchezza; ma non tutto è come sembra: Tony è in realtà il capo di un giro di prostituzione che rapisce Madeline e la rende dipendente dall'eroina per costringerla a diventare una delle sue schiave. Un pirmo tentativo di resistenza finisce in tragedia: per sottometterla, Tony le cava un occhio e la costinge a firmare una finta lettera d'addio ai genitori. Costretta ad umiliarsi per non impazzire a causa dell'astinenza, Madeline in fine decide di prendere in mano il suo destino e vendicarsi di tutti coloro che ne hanno abusato, trasformandosi in uno spietato angelo della vendetta.


La sceneggiatura di "Thriller" è in tutto e per tutto quella di Rape & Revenge privo di pretese; Madeline è caratterizzata come la classica vittima che si trasforma in carnefice, mentre tutti gli altri personaggi sono solo un contorno; il magnaccia Tony è un cattivo monodimensionale da operetta e gli avventori solo carnefici e carne da macello, mentre la parte della "coscienza" viene affidata al personaggio della prostituta Sally, che sprona Madeline a non demordere. E nella storia confluiscono tutti i topoi delle pellicole commerciali dell'epoca: sesso, violenza, droga, sopraffazione e riscatto, inseguimenti e macchine che esplodono; il tutto viene servito allo spettatore in modo diretto e crudo: le azioni di Madeline non vengono mai questionate; la morale è sempre ferma sulla dicotomia bianco/nero, ossia buono conto cattivo, in uno scontro fatto di assoluti come vuole la tradizione; siamo lontani anni luce dal conflitto morale di un'altra famosa vendicatrice dell'exploit d'autore, la ragazza anch'essa muta e probabilmente ispirata a Madeline de "L'Angelo della Vendetta" (1981) di Abel Ferrara. Da un punto di vista narrativo, a Vibernius non interessa riflettere o innovare, ma solo creare un crescendo di tragedie, sconfitte, sopraffazione e morte che porti alla violenta catarsi della seconda parte, con tanto di forzature volte solo a far proseguire la storia. E in questa escalation non ci fa certo leggero: la povera Madeline sopporta uno stupro in tenera età che ne compromette le facoltà psichche, il rapimento, la dipendenza da droga ed infine il suicidio dei genitori, convinti della sua fuga; l'unico momento in cui si ha una forma di introspezione nel personaggio è nella scena in cui la ragazza si reca in chiesa per pregare: scena che sembra messa su giusto per dare un pò più di spessore alla sua crescita interiore, ma che di fatto non aggiunge nulla al personaggio.


Se il contenuto è quello canonico, Vibernius dirige il tutto in modo inusuale: non come una semplice pellicola di genere, ma come un ritratto autoriale di un personaggio alla deriva. Tutto il film è ammantato da un ritmo lento e meditabondo, che allunga le semplici fasi della preparazione alla vendetta (la presa di coscienza e l'addestramento) fino all'esasperazione: tutta la parte centrale altro non è che uno spaccato della vita di un'anima persa, dove Madeline alterna la vita da schiava bianca a quella di amazzone pronta a colpire i suoi assalitori.
La prima versione della vita della ragazza viene ritratta sempre e comunque secondo i canoni dell'exploitation più puro: Vibernius insiste sulle splendide forme della bellissima Cristina Lindberg, poi divenuta famosa nel circuito dei softcore, mostrandola sempre svestita per la gioia del pubblico; la violenza è cruda, secca, sparata in faccia allo spettatore e cristallizzata in ralenty a tratti sfiancanti, volti ad enfatizzare il sangue che fuoriesce copioso dai corpi inermi delle vittime; e da questo punto di vista, Vibernius riesce a creare una delle sequenze più agghiaccianti di sempre: lo sfregio dell'occhio di Madeline, mostrato senza tagli né trucchi visivi, semplicemente riprendendo un bisturi che affonda la sua lama nel bulbo oculare sino a far fuoriuscire tutto il liquido; sequenza disturbante, creata sezionando un vero cadavere e che portò le autorità svedesi dell'epoca a bandire il film dalle sale.
Se la violenza è scioccante e talvolta gratuita, lo stesso si può dire delle scene di sesso; la maggior parte sono, si, necessarie a livello narrativo o anche e più semplicemente "ludico", in onore alla natura prettamente "consumistica" del film; ma l'inserimento di spezzoni pornografici è semplicemente scostante e mal si adatta all'atmosfera decadente che impregna le parti in cui Madeline incontra i suoi clienti. Inserti in realtà montati dal produttore, che sperava cos' di riuscire a vendere il film come semplice pornografia, ma che non riescono a stuzzicare la fantasia, anche perchè inseriti alla bene e meglio tra un'inquadratura e l'altra.


La verve autoriale di Vibernius si disvela in toto nella seconda parte; anzicchè optare per un crescendo, il ritmo resta lento, piatto quasi inerte: l'enfasi arriva unicamente dai ralenty nelle uccisioni e dall'efferratezza dell'assassinio di Tony in sé, non per la sua esecuzione.
La costruzione delle singole scene, inoltre, è lontana anni luce dalla secchezza propria del cinema di genere: a tratti sembra davvero di vedere un film di Bergman infarcito di sesso e violenza; tanto che, già nella prima parte, il devoto allievo arriva a citare il maestro costruendo la scena della confessione di Sally come un omaggio a "Monica e il Desiderio" (1953): un primo piano con il personaggio che guarda in macchina, distruggendo l'illusione filmica per far riflettere diretamente lo spettatore sugli abusi subiti, quasi a volerne castigare il vouyerismo. Non mancano, sempre per tutto il film, abusi di soggettive e zoom, tanto che alla fine il risultato è più strambo che divertente.


Al punto che non si può davvero definire "Thriller" come un film riuscito; il suo difetto è una schizofrenia totale tra forma e contenuto: la prima è sempre fin troppo ricercata, mentre il secondo è sempre e comunque votato al puro intrattenimento; inutile cercarci intuizioni degne di Ferrara o dello stesso Tarantino, che pure vi si ispirerà per il dittico di "Kill Bill" (2003-2004), poichè per Vibernius il "genere" non può avere contenuto, solo stile; ma quando lo stile è totalmente difforme dal contenuto, allora non si può che definire il lavoro fatto come malriuscito.



EXTRA

Distribuito in Italia dall' Italian International Film già negli anni '70, "Thriller" è tutt'oggi un film introvabile in lingua italiana; mai uscito in DVD o VHS, l'unico modo per vederlo è rivolgersi al mercato estero.

Sia in America che in Inghilterra è disponibile una doppia versione DVD:



La "Limited Edition" (cover rossa) contiene la versione uncut del film, comprensiva degli inserti pornografici; mentre la "Vengeance Edition" (cover gialla) è una vera e propria Director's Cut, che ristora i tagli nelle scene di violenza lasciando fuori gli iserti a luci rosse.

Sempre in America il film fu inizialmente distrubuito con due titoli: "They Call Her One-Eye", forse per far credere al pubblico che si trattasse di un film italiano e non di una produzione svedese, e il più lercio "Hooker's Revenge", del tutto fuorviante visto che Madeline non è una prostituta vera e propria. Entrambe le versioni furono pesantemente censurate nelle scene di nudo della Lindberg e in quelle di violenza.


sabato 21 marzo 2015

Prometheus

di Ridley Scott.

con: Noomi Rapace, Michael Fassbender, Charlize Theron, Guy Pearce, Logan Marshall-Green, Idris Elba.

Fantascienza

Usa, Inghilterra (2012)
















Quanto successo a Ridley Scott nel corso degli anni 2000 può essere semplicemente descritto come una parabola discente, che ha portato uno degli autori di culto per antonomasia del cinema americano a trasformarsi in un mestierante senza né arte né parte.
Riconquistato il consenso del pubblico con il successo a sorpresa de "Il Gladiatore" (2000), il regista britannico si imbarca in una serie di progetti sempre più strambi e malriusciti, che ne decostruiscono definitivamente lo stile; il primo film di questo suo nuovo corso è "Hannibal"(2001), horror dalle aspirazioni gotiche e thrilling che mischia malissimo i due registri, permette ai due protagonisti Anthony Hopkins e Julianne Moore di creare le performances più imbarazzanti delle loro carriere e si fa ricordare solo per la splendida fotografia, che trasforma l'assolata Firenze in una cupa città gotica. Con "Black Hawk Down" (2001), Scott effettua la sua prima (e sinora unica) incursione nel cinema di guerra a tutto tondo, ricostruendo e reimmaginando i fatti successivi all'abbattimento dell'elicottero americano black hawk in Somalia nel 1993; mischiando veri resoconti di guerra a caratterizzazioni inventate di sana pianta ed unendo il registro del cinema di guerra con quello dell'action movie, Scott crea un pastrocchio senza né capo né coda, dove momenti emozionanti e toccanti sprofondano nel ridicolo più puro; e sopratutto dove tutta l'azione viene restituita per il solo tramite di immagini sconnesse e sgrammaticate, come se a dirigere il film fosse stato un semplice clone di Michael Bay.
Nel 2005 è la volta di "Le Crociate", nuova incursione del regista nei territori della Storia; se già con "1492" aveva raggiunto esiti ridicoli ed anacronistici, con "Le Crociate" va oltre e crea uno spaccato del periodo tra la I e la II Crociata semplificato e basato su caratterizzazioni e mentalità moderne, che nelle sue intenzioni avrebbero dovuto mimare i contrasti tra le odierne culture Orientali ed Occidentali, ma il cui esito è semplicemente ridicolo.
Proprio a partire da quest'ultimo disastroso esito, Scott perde definitivamente ogni volontà autoriale e decide di regredire a mero mestierante a buon prezzo, dirigendo esclusivamente pellicole su commissione, arrivando ad eclissare i fasti del suo passato con film ridicoli e immorali del calibro di "American Gangster" (2007) e "Nessuna Verità" (2008) o con brutti kolossal come "Robin Hood" (2010).
L'unica eccezione meritevole in questo marasma di filmucoli è il piccolo "Il Genio della Truffa" (2003): riuscita commedia nel quale Scott dirige uno scatenato Nicolas Cage, il cui overacting cartoonesco viene ben sfruttato dalla caratterizzazione ossessivo-compulsiva del suo personaggio.
Nel frattempo, il cinema americano non ha dimenticato il suo primo exploit fantascientifico: quell' "Alien" che nel lontano 1979 aveva sconvolto ed incantato le platee di tutto il globo, con il suo riuscito mix di fantascienza hardcore e body-horror; e di fatto, non sono mancati seguiti, quasi tutti ben riusciti, e finanche il duplice corss-over "Aliens vs Predator", dagli esiti tuttavia dimeticabili.
Esaruritosi così il canonico ciclo di sequel e spin-off, la fox decide di mettere in cantiere un prequel per il capolavoro del '79, volto a svelare le origini della razza aliena che ha creato il famoso "ottavo passeggero della Nostomo"; pellicola che inizialmente doveva essere solo prodotta da Scott e fungere la mero prequel, ma che si trasforma in qualcosa di più ambizioso quando l'autore britannico decide di salire in cabina di regia e trasformarlo in un film di fantascienza tout court; nasce così "Prometheus" (2012), prequel di "Alien" che vorrebbe al contempo distanziarsi dal suo predecessore introducendo una componente mistico-filosofica nella serie.
Sfortunatamente per Scott, anche questa volta alle buone intenzioni iniziali non consegue un risultato all'altezza delle aspettative; colpa non solo di una pessima sceneggiatura, ma anche della sua regia svogliata e ormai totalmente bollita.


Non si può certo bollare "Prometheus" come un film "brutto"nel senso più genuino del termine, in parte a causa della buona volontà dei suoi autori di cercare di distaccarsi in parte dalla corrente fanta-horror che oramai impregna il genere fantascientifico, un pò a causa degli standard hollywoodiani, bassi al punto che finanche una pellicola malriuscita può emergere come "interessante". Eppure, la serie di difetti, talvolta macroscopici, che lo affliggono non può essere taciuta ed arriva ad inificiarne totalmente il valore.
Bisogna ribadirlo: va dato merito a Scott di aver cercato di non fare una semplice copia-carbone del suo film del 1979, introducendo elementi inediti come il concetto di Dio, la ricerca della Conoscenza e la brama di vivere in quello che alla fin fine resta pur sempre un film di genere. Per i primi due atti, sembra di essere tornati indietro nel tempo: due anni prima di "Interstellar", "Prometheus" ripercorre i sentieri della fantascienza classica con una storia di esplorazione e di contatto con altri mondi, con altre civiltà volta a far chiarezza sulle origini dell'Uomo. E su tutto, Scott azzecca almeno una scena se non memorabile, quanto meno evocativa: il prologo con l'ingegnere che crea la vita sulla Terra; scena volutamente priva di un significato univoco, che lascia allo spettatore la decisione sulle azioni e sulla natura del personaggio, andando ad intrecciarsi con il tema della fede come motore della conoscenza più volte ribadito nei dialoghi.
Sfortunatamente, i meriti di "Prometheus" finiscono qui.


La sceneggiatura del film è un ibrido impazzito di aspirazioni fantascientifiche adulte mischiate con un'esecuzione a dir poco infantile; scritta inizialmente da John Spaihts, autore del sopravvalutato "L'Ora Nera" (2011), viene rimaneggiata nientemeno che da Damien Lindelof, personaggio il cui curriculum parla da sé: co-sceneggiatore di "Lost", ossia la serie televisiva più pretenziosa e vuota mai creata, e autore degli indicibili script di "Star Trek: Into Darkness" (2012)  "Cowboys & Aliens" (2011) e di "World War Z" (2013).
Ecco dunque passare da un universo fantascientifico ben delineato dalla pellicola originale e credibile nella sua visione di un futuro cupo e claustrofobico, ad un futuro blando, nel quale l'avanzamento tecnologico viene sottolineato da dialoghi didascalici e situazioni poco credibili. Sopratutto, cascano letteralmente le braccia dinanzi alla puerile caratterizzazione dei personaggi.
Gli unici due a salvarsi sono la protagonista, Shaw, e l'androide David; la prima è uno scienziato illuminato, che tenta di ricercare le origini della Vita senza avere la presunzione di comprenderne tutti gli aspetti; il fatto che sia donna ma non possa procreare ne appiattisce in parte le motivazioni, ma i suoi dialoghi e il suo punto di vista sono sicuramente i più interessanti e riusciti di tutta la pellicola; David, d'altro canto, è il perfetto prototipo dell'Ash di "Alien": servizievole e onesto, è incuriosito dal concetto di vita e creazione poichè forma di vita totalmente logica creato da una forma di vita che, a differenza sua, non conosce tutte le risposte ai quesiti sulla propria esistenza. Aggiunge valore alla riuscita dei personaggi la scelta del cast: Noomi Rapace è la perfetta erede di Sigourney Weaver, con la sua bellezza un pò androgina e la sua recitazione ferma e forte; mentre Michael Fassbender si riconferma interprete versatile, in grado di dar vita ad un "uomo artificiale" sottilmente inquietante anche quando esegue le mansioni più comuni.


Ttutti gli altri personaggi sono rigorosamente stereotipati e poco credibili.
Si parte con il capo-spedizione Vickers, interpretata da una Charlize Theron sprecatissima; stereotipo del "comandante di ferro", glaciale nei rapporti, monocorde e sempre, costantemente arrabbiata; personaggio misantropo nel midollo e falsamente emancipato, dà vita assieme al pilota Janeck di Idris Elba (personaggio semplicemente riempitivo) alla scena di lotta tra sessi più genuinamente ridicola mai apparsa su schermo; e non aiuta alla riuscita del personaggio l'inclusione, nel terzo atto, di una figura paterna ingombrante, che appiattisce la appiattisce ancora più sullo stereotipo della "figlia frustrata" già usato da Lindelof in "Lost".
Il punto più basso lo si raggiunge con la caratterizzazione dei tre dei cinque scienziati del gruppo (la Ford di Katie Dickie è anch'esso un personaggio puramente riempitivo); Holloway dovrebbe rappresentare il lato più volitivo della scienza, che come da manuale non si ferma dinanzi a nulla pur di acquisire le risposte che cerca; ma quando di dimostra deluso di non aver trovato nessun alieno in vita, pur avendo scoperto quella che è di fatto l'origine della vita sulla Terra, la sua credibilità va a rotoli: è mai possibile che uno scienziato che ha effettuato la più grande scoperta nella Storia dell'Uomo possa essere deluso e triste?
Ancora meno credibili sono i personaggi di Fifield e Milburn; ricavati su due degli stereotipi più stupidi dello slasher-horror anni '80, altro non sono che la versione "spaziale" del nerd e del punk, ossia della più bassa carne da macello introdotta nei film di genere; e non si riesce a credere che due personaggi così fuori posto e visibilmente inutili possano essere scienziati scelti da una grossa multinazionale per ricercare nientemeno che la razza creatrice dell'Umanità; quando poi Fifield comincia a fumare marjuana su di un pianeta alieno nel bel mezzo di un'emergenza, allora si comincia davvero a pensare che Lindelof non abbia capito nulla del concetto di credibilità e sospensione dell'incredulità.


Sospensione dell'incredulità che viene definitivamente distrutta dalle azioni degli stessi personaggi; non si capisce perchè David decida di infettare Holloway con la sostanza aliena, se non che per giocarli un "brutto tiro"; non si capisce perchè Vickers non riesca a correre di lato per evitare gli ostacoli, quando invece sembra avere una forza ed una resistenza non umane; non ci capisce davvero cosa il signor Weyland si aspettasse di trovare sul pianeta degli Ingegneri una volta scoperte le sue vere intenzioni. In sostanza, la maggior parte delle azioni dei personaggi sono prive di logica o fondamento alcuno.
Non si può poi che rimanere basiti dinanzi al confronto stilistico ed estetico tra "Prometheus" e "Alien"; laddove il film del 1979 usava le visoni di artisti del calibro di H.R. Giger e Moebius per dar vita ad un mondo vivo e credibile, "Prometheus" si limita a riarrangiare quanto visto in precedenza, senza aggiungere nulla di nuovo o inedito; lo stacco tra le visioni create nel primo film e quelle atte appositamente in questo prequel è netto: le prime sono vivide e viscerali, le seconde derivative e prive di mordente, caratterizzandosi come meri omaggi o strizzatine d'occhio al lavoro dei vecchi artisti.
Chiude il cerchio la regia stanca di Scott, che oramai non sperimenta né torna ad utilizzare i marchi di fabbrica che lo resero famoso: niente più montaggio usato come metodo narrativo, niente più movimenti di macchina vivi e pulsanti e niente più scenografie e componenti estetici usati per scopi non puramente decorativi; quello di Scott è uno stile puramente accademico, fatto di master e primi piani che privano ogni scena di enfasi e tensione.


In un certo senso, "Prometheus" può essere utilizzato come vera e propria cartina di tornasole per capire quanto il cinema di genere sia regredito negli ultimi due decenni: il paragone con "Alien" è scontato non solo data la sua natura di prequel, ma anche e sopratutto quando ci si accorge che, di fatto, esso altro non è che un remake, sulla scia di quanto già fatto con il prequel de "La Cosa"; un remake privo di mordente e a tratti di idee, di stile ed estetica; quando un film del 1979 prodotto con 110 milioni di dollari in meno riusciva a fare lo stesso discorso, ma centomila volte meglio.



EXTRA

La mancanza di stile del film è ravvisabile sopratutto nella scelta di usare come design per la Piramide uno dei lavori preparatori che Giger aveva creato per il "Dune" di Jodorowsky, il Palazzo degli Harkonnen:






Bulimia di idee coperta come citazione che qui diventa davvero imbarazzante.


Grande scompiglio ha portato tra i fans la notizia che "Prometheus" e "Blade Runner" (1982) potessero essere ambientati nello stesso universo; stando al materiale visionabile sul sito ufficiale del film e in alcune edizioni Blu-Ray, la Weyland Corporation sarebbe una costola della Tyrell Corporation, e di conseguenza David, Ash e tutti gli altri androidi della saga di "Alien" altro non sarebbero se non versioni più evolute dei replicanti.
In realtà un ideale parallelo tra "Alien" e "Blade Runner" era tracciabile già all'uscita del secondo film: il software di navigazione della scialuppa di salvataggio della Nostromo ha la stessa interfaccia delle auto volanti usate da Deckard, come i cultori più accorti avevano giù notato da tempo:


mercoledì 18 marzo 2015

Lost in La Mancha

 di Keith Fulton & Louis Pepe.

con: Terry Gilliam, Johnny Depp, Jeff Bridges,Tony Grisoni, Nicola Pecorini, Renèe Cleitman.

Documentario

Inghilterra, Usa (2002)

















Un progetto incompiuto non è una semplice onta nella carriera di un regista: è un rimpianto e al contempo un'occasione mancata; l'occasione di poter creare una visione nuova e inedita; l'occasione, per il pubblico, di sperimentare un'esperienza mai provata e purtroppo mai più sperimentabile.
Vien da sè, quasi per caso, che tutti i grandi autori hanno avuto almeno un rimpianto nella loro carriera; basti pensare al mitologico "Napoleon" di Kubirck, biografia sul grande condottiero talmente ambiziosa da non riuscire ad essere ultimata neanche dal più grande regista mai esistito; o all'ormai celebre "Dune" di Jodorowsky, vero e proprio emblema delle occasioni mancate.
Pur tuttavia, in un'eventuale classifica del genere, il posto d'onore spetterebbe sicuramente a Terry Gilliam ed al suo "The Man who killed Don Quixote", adattamento del celeberrimo romanzo di Cervantes che tutt'ora rappresenta una magnifica ossessione per l'autore britannico; un film inseguito per oltre venti anni, che nel 2001 portò al caso più famoso di abbandono di una produzione nell'intera Storia del Cinema; non tanto e non solo per i nomi coinvolti, quanto e sopratutto perchè testimoniata passo per passo in "Lost in La Mancha", primo e tutt'ora unico documentario che mostra la lavorazione di un film mai venuto ad esistenza.



"Amo le sfide; se un progetto è semplice, non lo comincio neanche" parole di Gilliam che malauguratamente gli si sono più volte ritorse contro. Innumerevoli i progetti da lui avviati e mai giunti a compimento: solo negli anni '90 avrebbe dovuto dirigere l'adattamento di "Watchmen" con protagonisti Robin Williams e Kevin Costner, l'ameno "The Defective Detective", noir ambientato nel mondo delle favole; e sopratutto il suo "Don Quixotte", rilettura del classico della letteratura iberica nel quale un moderno pubblicitario, interpretato da Johnny Depp, si sarebbe ritrovato a fare da scudiero al celebre "ultimo cavaliere" de La Mancha, interpretato da Jean Rochefort, solo per ritrovarsi subito dopo e assieme al suo "padrone" risucchiato un mondo fantastico, ideale proiezione delle fantasie di gloria di Chischiotte.
I due cineasti Keith Fulton e Louis Pepe sono, nella vita e sul set, stretti collaboratori di Gilliam; il loro sodalizio comincia nel 1995, quando il duo gira lo splendido documentario "The Hamster Factor and other Tales of Twelve Monkeys", lungo ed accurato dietro le quinte de "L'Esercito delle 12 Scimmie" nel quale vengono ripercorse tutte le tappe che hanno portato alla sua realizzazione, descrivendo nel dettaglio lo stile e le ossessioni di Gilliam e il suo burrascoso rapporto con lo studio system; impressionato dal lavoro dei due, l'autore gli invita a girare anche il dietro le quinte dell'adattamento del romanzo di Cervantes, dando loro libero accesso ai set e agli uffici della produzione; il risultato è una cronaca amara di un disastro annunciato, che parte come semplice opera illustrativa per poi divenire, da circa metà film in poi, vera e propria testimonianza delle sciagure che si abbattono su Gilliam e soci.


Quello di Fulton e Pepe è un ritratto immediato della lavorazione di una pellicola troppo grande per essere prodotta fuori da Hollywood; e, al contempo, il ritratto di un regista flagellato dalla fortuna eppure sempre, costantemente determinato a portare in scena la sua visione. Dalle immagini e dalle testimonianze raccolte, si può però discernere più di un elemento che ha portato alla disastrosa chiusura del progetto e persino individuare qualche responsabilità "scandalosa".
In primis, Gilliam si lascia trasportare da una "volontà di potere" ai limiti dell'autodistruttivo; non si fa mistero di come inseguisse il progetto sin dal 1991, ossia dieci anni, durante i quali il Chischiotte gli è letteralmente cresciuto sotto pelle sino a diventare non un semplice adattamento del romanzo, quanto una sua vivace rilettura. Pur di dar vita a questa sua visione, l'autore compie un passo per lui inedito e in definitiva fatale: abbandona Hollywood e decide di far produrre la pellicola ai soli partner europei; scelta coraggiosa, il cui azzardo non paga sin dall'inizio: dei 70 milioni di dollari necessari, la produzione riesce a trovarne solo 32, ossia meno della metà; compromesso che porta l'autore a dover rinunciare a parte delle sue celebri trovati visive e a lavorare con mezzi ai limiti della fortuna; sopratutto, Gilliam è costretto per contratto a tenere nel cast Depp e Rochefort, obbligo che porterà al definitivo aborto.


Oltre al compromesso, Gilliam deve poi confrontarsi con l'impossibilità fisica di gestire una produzione transnazionale, con attori dislocati tra Los Angeles e Londra, costumi e scenografie costruiti in Italia e locations spagnole; frammentazione che porta alla creazione di piani di lavorazioni-capestro, nel quale la tempistica delle riprese viene calcolata al secondo tenendo conto degli impegni degli attori, in particolare di Vanessa Paradis, all'epoca diva del glamour e croce per l'intera produzione, i cui impegni come modella portano più volte alla riscrittura dei piani. Tanto che i ritardi avvicinano la prima fase della produzione ad un'esperienza già vissuta dal grande autore: la burrascosa lavorazione del capolavoro "Le Avventure del Barone di Munchausen" (1988), vero e proprio tormentone che si affaccia più volte nella mente di Gilliam e del quale spera non si verifichino nuovamente i medesimi problemi; malauguratamente per lui, i guai di "Quixote" saranno maggiori e fatali.
I ritardi trasformano la pre-produzione in un vero e proprio caos nel quale non si ha la certezza dell'effettiva disponibilità di un attore, tantomeno una sua prova costume che non sia fatta a ridosso delle riprese, come quella di Rochefort, più volte "assente ingiustificato" dal set. Ed è qui che l'ostinazione dell'autore comincia a rivolgersi contro sé stesso: incapace di trovare un sostituto per l'attore francese ed ancorato dal contratto che ne prevede la necessaria partecipazione, Gilliam si ritrova più e più volte frustrato a causa degli impegni di Rochefort, tanto da passare tutta la fase antecedente le riprese senza quasi mai incontrarlo.
Tuttavia, se tali disguidi e lungaggini sono imputabili ad una cattiva organizzazione e alla pessima idea di girare un blockbuster all'interno di un sistema produttivo incapace di farvi fronte, ciò che accade a inizio riprese è semplicemente etichettabile come "sfortuna" o "calamità", la cui esistenza di sicuro non è imputabile all'autore, ma i cui effetti saranno devastanti; ed è a questo punto che il film di Fulton e Pepe si fa più emozionante.


Vi è una leggenda riguardo il "Don Chisciotte" di Cervantes: nell'ultima pagina del romanzo, l'autore pare maledire chiunque osi modificare la storia così come lui l'ha raccontata. Una maledizione che, prima di Gilliam, ha colpito nientemeno che Orson Welles: anche lui può rientrare nella classifica dei registi che non hanno potuto creare un'opera da loro fortemente voluta; e anche lui ha cercato di portare su schermo una sua rilettura del romanzo di Cervantes. Entrato ufficialmente in produzione nel 1965, il Don Chisciotte wellesiano fu anch'esso funestato da una serie di ritardi e defezioni che ne allungarono le riprese all'infinito, tanto che il grande regista finì per poterlo girare di quando in quando, ogni volte che poteva permettersi di riunire il cast e la troupe in Spagna ed arrivando sinanche a riciclare magazzini di pellicola che li erano avanzati da altri.
La maledizione si abbatte anche su Gilliam, ma questa volta in modo più netto e risoluto: il secondo giorno di riprese una tempesta si abbatte sul set danneggiando le attrezzature. Nei giorni successivi, il tempo è instabile e continuare a girare è impossibile dato il forte cambio di luci e dell'aspetto fisico delle locations; in ultimo, Jean Rochefort è costretto ad abbandonare le riprese a causa di una duplice ernia al disco che gli rende impossibile recitare a cavallo. Dopo il danno, la beffa: la compagnia con cui la produzione si era assicurata non riconosce alla stessa nessuna forma di copertura, non risarcisce i danni subiti ed arriva finanche a pignorare costumi e la sceneggiatura scritta da Gilliam e Tony Grisoni.


La cronaca di Fulton e Pepe è diretta e senza filtri; dinanzi alla loro videocamera, tutti si confessano e mostrano gli atteggiamenti più spiacevoli senza sensazionalismi, nè pudore; su tutto, è la defezione di Phil Patterson, assistente alla regia di Hollywood e all'epoca collaboratore fidato di Gilliam, a suscitare più sensazione: l'unico uomo difeso ad oltranza dall'autore lo abbandona a causa dell'impossibilità di continuare la produzione nel modo voluto dal regista.
Nel caos generatosi "in diretta" dinanzi agli occhi dei due registi, emerge fulgida e spiazzante la figura di Gilliam, non tanto nelle vesti di semplice regista, ma di autore capace di tutto pur di dar vita alla sua visione; un uomo eccentrico, eppure posato, vulcanico ma mai umorale, in grado di mantenere la calma anche nelle situazioni più avverse e di non scaricare la colpa delle proprie mancanze sugli altri; né, ed è questo ciò che meraviglia di più, di arrendersi dinanzi alla "maledizione" che porta alla cancellazione di intere giornate di lavoro.
Ed infatti, "The Man who killed Don Quixote" è tutt'ora in lavorazione: pur rimasto in un limbo produttivo durato quattordici anni, il progetto pare sempre sul punto di realizzarsi, ora con John Hurt nel ruolo del Gentiluomo di La Mancha; sperando per Gilliam che almeno questa volta sia quella buona.

sabato 14 marzo 2015

Cannibal Holocaust

 di Ruggero Deodato.

con: Robert Kerman, Carl Yorke, Luca Barbareschi, Francesca Ciardi, Perry Pirkanen, Salvatore Basile.

Italia (1980)



















Si può tranquillamente affermare che il found footage abbia di fatto ucciso il cinema horror; quello del video ritrovato apparentemente per caso è un escamotage abusato sin oltre il limite della saturazione, che, a dispetto della volontà del filmmaker che lo adopera, oramai non porta più a calarsi in modo più diretto nella storia narrata, teoricamente "più reale" dell'ordinaria fiction, bensì ad infrangere la sospensione dell'incredulità dinanzi a scelte registiche o narrative a dir poco risibili.
Non di rado ci si ritrova ad esclamare dinanzi alle immagini di [REC] (2007) o, peggio, di "Cloverfield" (2008), frasi tipo: "Ma perché diavolo la telecamera non esaurisce la batteria?" o "Ma questa videocamera è a prova di mostro?", prova di come le buone intenzioni di chi mette in scena una storia con uno stile simile si rivelino, al netto dell'incompetenza di scrittura, come una semplice furbata per capitalizzare sulla presunta ignoranza del pubblico. E di fatto, tolto l'exploit di Romero ed il suo "Diary of the Dead" (2007), vero e proprio atto d'accusa contro l'abuso del registro "falso documentario", l'unica altra pellicola degna di nota appartenente al filone è stata quella che vi ha dato origine. La quale, come gli spettatori più smaliziati sanno, non è "The Blair Witch Project" (1999) e nemmeno il meno conosciuto ma più ardito "The Last Broadcast" (1998), ma un film italiano del 1980, famoso per essere il film più censurato di sempre: "Cannibal Holocaust".


Quattro giovani filmmaker capeggiati dal caparbio ed esuberante Alan Yates (Cark Yorke) partono alla volta della foresta amazzonica per filmare le ultime tribù cannibali, nella speranza di poterne immortalare i rituali più bizzarri. Dopo che del gruppo si sono perse le tracce, la produzione decide di inviare in loro soccorso il professor Monroe (Robert Kerman), esperto antropologo, il quale riuscirà a recuperare solo il materiale girato; il quale dimostra come le intenzioni dei ragazzi fossero tutto fuorché scientifiche.


Non si può comprendere il lavoro di Deaodato senza contestualizzarlo nel panorama filmico e civile nel quale è stato prodotto. Il regista di origine potentina era all'epoca reduce dai successi di "Uomini si Nasce, Poliziotti si Muore" (1975) e sopratutto "Ultimo Mondo Cannibale" (1977), primo capitolo di un'ideale trilogia sugli antropofagi. Successi che andavano di pari passo con le polemiche, che vedevano tacciare il regista di fascismo e feticismo della violenza, data la forte componente grafica della sua messa in scena.
Pressato dai produttori per un seguito di "Ultimo Mondo Cannibale", Deodato decide di creare qualcosa di diverso da una semplice continuazione del film, una nuova declinazione del medesimo canovaccio. Declinazione ispirata da due fenomeni distinti; il primo, ammesso esplicitamente, è la violenza alla fine degli anni '70 che insanguinava le strade della Penisola; la violenza del terrorismo estremista riportata senza filtri né censure dai telegiornali: mentre al cinema la censura fa strage di pellicole, la televisione inonda ad ogni ora le case italiane con morti e feriti veri mostrati in modo crudo; come reazione alla "gratuità", Deodato decide di girare il film come un resoconto giornalistico e, in secondo luogo, di spingersi oltre sino a mostrare i giornalisti come carnefici.
E qui che si svela quella che molto probabilmente è la seconda ispirazione di Deodato: il declino dei Mondo Movie di Jacopetti e Prosperi. Risale al 1975, con "Candido", la fine dei documentari di exploitation del duo italiano, dove la macchina da presa non solo riprendeva in diretta gli orrori del mondo moderno, ma talvolta arrivava a modificare fatti e situazioni per renderli più cinegenici, andando a distruggere la veridicità del documentario per creare un misto di fiction e realtà di dubbissimo gusto.


Deodato descrive i quattro filmmaker come un gruppo di sadici perennemente alla ricerca del "mostro" da immortalare; la ricerca della tribù cannibale non è documentazione del vero, ma ossessiva voglia di filmare l'inusuale, lo scioccante, che si traduce in violenza perpetrata in prima persona quando lo shock non può essere ripreso spontaneamente.
Man mano che la visione del finto documentario "L''Inferno Verde" procede, l'atteggiamento dei quattro si fa sempre più provocatorio e violento: dall'uccisione della tartaruga (scena che costò una condanna in sede legale a Deaodato ed il bando del film in 23 paesi nel mondo) si passa ad uno stupro a danno di una nativa con successivo impalamento della stessa, fatto poi passare per un uso tribale di fatto inesistente.
L'atteggiamento violento e dissacratorio non può non ricordare quello di Jacopetti e Prosperi, la cui attitudine di "pornografi del vero" li portò sinanche a far rinviare una fucilazione per aspettare la giusta luce; episodio che fa da collante con Deodato quando lo stesso lo rievoca nei filmati d'archivio, mostrando tra i precedenti lavori di Yates una cruda esecuzione.
Tuttavia, a differenza di Jacopetti e Prosperi, Deodato mostra la violenza in modo ancora più viscerale e spiazzante; quella di Yates e compari è una cattiveria pura, genuina, che inonda ogni singolo atto di sottomissione di un razzismo vouyeuristico unico; l'identificazione tra la follia del filmmaker e la volontà dello spettatore di guardare avviene subito e proprio ciò porta allo shock, ad un distanziamento ideale e necessario tra l'occhio del finto regista e quello del ricevente. Shock che si fa insostenibile anche a causa della maestria di Deodato nel conferire un'aurea di veridicità al girato: gli stessi attori sono operatori di macchina che riprendono le scene, andando a togliere un primo filtro nella messa in scena; lo stile documentaristico, per quanto "finto" poichè pur sempre basato su immagini ad hoc, rende tutto reale e tangibile al punto di questionare la stessa veridicità delle immagini, che a tratti sembrano reali anche quando la violenza ritratta viene perpetrata sugli esseri umani. Non è dato sapere quanto di questo esperimento di "cinema veritè" sia effettivamente voluto e quanto dovuto a fattori contingenti, quali lo scarsissimo budget a disposizione e la difficoltà di girare in una vera giungla fluviale; fatto sta che il lavoro di Deodato funziona.


La violenza da metà film in poi diviene vero e proprio veicolo per ritrarre la crudeltà dell'uomo civilizzato a danno di una popolazione pacifica; fin dall'inizio, la contrapposizione tra le meraviglie della civiltà e la barbarie della giungla viene sbattuta in faccia allo spettatore dalla voce narrante; ma una volta giunti al centro dell' "Inferno Verde" ci si accorge di come siano Yates e soci i veri barbari, i veri cannibali selvaggi, che si abbandonano alla violenza gratuita pur di avere delle immagini forti e che idealmente regrediscono allo stato brado una volta abbracciata la furia distruttiva (la scena di sesso dinanzi alla tribù).
Il massacro finale dei bianchi ad opera dei locali diviene così catarsi suprema e definitiva: lo schiavo si libera e ripaga l'invasore con la sua stessa moneta, l'oggetto della violenza si fa carnefice giustiziando coloro che lo hanno distrutto in nome del proprio ludibrio.
E se Deodato si fosse limitato a ritrarre la violenza e la barbarie solo mediante i canonici effetti prostetici e la comune messa in scena filmica, "Cannibal Holocaust" sarebbe stato il più grande esempio di meta-cinema mai creato; peccato che per fare scandalo l'autore decida di ritrarre anche una violenza vera, andando a contraddire tutto lo splendido discorso che stava intavolando.


Perchè se la violenza a danno degli esseri umani, per quanto efferata e talvolta gratuita, è sempre e comunque giustificata dai temi trattati, del tutto inutile è la violenza vera perpetrata a danno degli animali; tutte le uccisioni faunistiche nel film sono reali e mostrate "in diretta", con tanto di grida ad accompagnare gli sventramenti; una violenza, questa, totalmente inutile poichè non aggiunge nulla alla caratterizzazione dei personaggi o alle loro azioni e che Deodato decide di inserire solo per divertire il pubblico; non è un mistero, infatti, come già "Ultimo Mondo Cannibale" riscosse un grosso successo nei mercati asiatici grazie alla scena dell'uccisione di un alligatore; per il suo "seguito" il regista osa ancora di più e sventra una tartaruga gigante mostrandone la totale eviscerazione. Violenza vera e orgogliosamente sbattuta in faccia allo spettatore che abbassa il film al livello di squallore che esso stesso critica.


Al netto del cattivo gusto gratuito, "Cannibal Holocaust" resta comunque una pellicola interessante; non solo è il primo esponente della categoria del "found footage" ed uno dei più lucidi, ma anche un pamphlet sul vouyeursimo non riuscito perché contradditorio, ma decisamente efficace.

venerdì 13 marzo 2015

Buon Venerdì 13! ovvero: dobbiamo celebrare lo slasher anni '80 (?)


ARIECCOME!



L'ultimo venerdì 13 che mi ricordo con piacere era nel febbraio 2004.

Ritorno a casa stanco morto dopo aver passato la giornata a tirare il collo alle galline, accendo la tv e guarda caso che mi becco? La maratona di Venerdì 13 su Duel TV.

Ve lo ricordate Duel?
Quel canale di Merdaset che però stava su Sky quando ancora Piersilvio non tentava di distruggere l'impero di Murdoch a colpi di spoiler su Masterchef a Striscia... bei tempi.

In pratica: tutti gli scarti di Italia 1 finivano su Duel.

E che scarti: il telefilm di Highlander, i film di Batman quando ancora non venivano trasmessi una volta ogni sei mesi sempre di sabato pomeriggio, i film di Schwrzocoso, Dolphino Lundgren, Van Dammela e Silvestro Stallone e horror e softcore come se non ci fosse un domani.

Anyway.
Per un intera giornata Duel trasmetteva tutti i film della serie di Venerdì 13.

Cioè, non tutti ma tutti quelli prodotti dalla Paramount.

Cioè, nemmeno tutti quelli, che non hanno trasmesso il secondo, vai a capire perchè.

Ma l'importante non è quello che mancava, ma quello che c'era: un' occasione buona per ripassarsi tutte le gesta del mitico killer con la maschera da hockey.

E scoprire che tutti i suoi film sono uguali e che lui non è mitico manco per sbaglio.

E quindi oggi, per celebrare il venerdì 13, vi faccio capire cos'è Venerdì 13.

O cos'era, visto che per fortuna sò 6 anni che non fanno nuovi film.

"Ciao Bambini!"


Ok, cominciamo.

Correva l'anno 1979.

Nei juke-box impazza la disco music; i truzzi di quartiere, non avendo ancora scoperto i giubbotti a piumino e le spalline, si vestono come John Travolta, mentre i padri di quelli che saranno chiamati hipster per fare i fighi si fanno la cresta e vestono con borchie, spilloni e giubbotti di pelle tre taglie più grandi che farebbero vomitare anche il peggior gigolò omosessuale di Berlino Est.

Al cinema l'horror amerregano vive i suoi momenti migliori.
John Carpenter aveva tirato fuori Halloween, Tobe Hooper aveva schiaffeggiato tutti con Non aprite quella porta, Romero aveva invaso il mondo con i suoi Zombi e tutti quanti gli amanti delle frattaglie e degli sgozzamenti scoprono che pure in Italia sappiamo fare anche quelli se ci chiamiamo Dario Argento o Lucio Fulci.

E in pratica, se all'epoca eri un cineasta sbarbello e volevi sfondare, ti bastava girare un horror a basso budget, infilarci sbudellamenti e qualche tetta e BAM! il cultazzo è servito.

Ora, consideriamo questo soggetto:



Sean S. Cunningham, classe 1941.
Il tipico filmaker degli anni '70. Comincia la sua carriera nel porno e nel softcore spinto facendo di tutto: operatore di macchina, montatore, aiuto regia, maganccia, tizio che porta i panini e chi più ne ha più ne metta.
Poi nel 1972, a 30 cari bambini, altro che voi che state tutto il giorno sdraiati sul divano come piace dire ai ministri del lavoro, il buon Sean si improvvisa produttore e gira un piccolo film: L'ultima casa a sinistra AKA quel film che ha praticamente rivoluzionato l'horror a stelle e strisce e creato il sottogenere del Rape & Revenge. Wes Craven lo ha diretto e si è beccato il merito di tutto (giustamente, visto che era praticamente tutta farina del suo sacco), mentre il fratello sfigato di Ricky Cunningham si ritrova con un buon nome e un pugno di mosche in mano.

Passano gli anni, Sean torna a fare il factotum nel mondo del cinema underground. Ma piano piano nella sua testa si fa strada un'idea insana: fare un film chiamato Venerdì 13.

Perchè? Perchè in America venerdì 13 porta sfiga e un titolo del genere attirerebbe il pubblico come mosche sulla cacca (e no: il paragone non è messo a caso).

E di che dovrebbe parlare stò Venerdì 13? Sean non ha dubbi: perchè non ne ha la più pallida idea.

Sul serio: sa di voler fare un horror low budget chiamato Venerdì 13 ma non sa di che cosa deve trattare. Pure Genius!

A questo punto mi immagino il buon Sean seduto ad un tavolo con lo sceneggiatore Victor Miller per cercare di cavare qualche idea. Il dialogo tra i due dovrebbe essere stato più o meno così:

"Allora Sean, hai qualche idea?"
"Si, tette e sangue"
"Mmmmm ok, facciamo un softcore splatter?"
"No qualcosa di più raffinato: che ne dici di un thriller?"
"Un thriller con tette e sangue?"
"Si, tipo quella cosa che abbiamo visto l'altra sera, quella con il tizio con la faccia bianca che ammazza chi tromba"
"Halloween?"
"Esatto: facciamo che c'è questo killer che ammazza chiunque trombi perchè.... ehm..... boh!"
"Mmmmm facciamo che è la madre di un bambino annegato perchè la babysitter stava trombando?"
"Siiiii! E lo ambientiamo tra i boschi visto che con L'ultima casa a sinistra mi è andata bene"
"Oooooook, annotato"
"Naturalmente le morti devono essere scioccanti"
"Qualche idea?"
"No, però proprio ieri ho visto un film italiano di un certo Mario Bava"
"Chi?"
"Boh, e chi lo conosce, uno che ha fatto qualche thriller ma che è fuori circolazione da un pò"
"Ok, che faceva sto Bava?"
"In pratica in questo film ci sono dei tizi in una villa su un lago che vengono uccisi ad uno ad uno da un killer, ma sto killer poi diventa vittima e ammazzato da un altro killer, che poi viene ammazzato da un altro e via in una spirale senza fine"
"Geniale! Copiamo anche quello?"
"No no no no, dobbiamo avere un minimo di originalità; limitiamoci a prendere le morti, tipo due tizi che vengono impalati mentre trombano e sgozzamenti vari".
"Sgozzamenti vari.... ok. Ma Sean, non ho capito, vuoi che alla fine il killer resti ignoto come in Black Christmas?"
"None, si deve capire alla fine del secondo atto che è qualcuno.... facciamo come dicevi tu: è la madre di un bambino morto annegato, ma in un campeggio in mezzo ai boschi. La madre è impazzita e crede di sentire il figlio che le ordina di ammazzare tutti gli adolescenti tromboni ed infoiati"
"Ah tipo Psycho ma al contrario!"
"Esatto!"
"Genio!"
"Lo so!"
"Quindi adolescenti perseguitati da mamma killer"
"Adolescenti stupidi e antipatici, sennò la gente si sente male quando vengono stempiati"
"Oooook"
"Ah un'ultima cosa: nell'ultima scena il bambino emerge dal lago e spaventa il pubblico"
"Mah! Ma questo che c'entra con tutto il resto?"
"Assolutamente nulla!"
"GEEEEEEEEEENIIIIIIIOOOOOOOOOO!"


Le prime vittime del massacro

Com'è, come non è, Cunningham riesce a far tirare fuori uno script da Miller, poi rimaneggiato da Ron Kurz. Script in una mano, macchina da presa nell'altra, il buon Sean va da Frank Mancuso Senior, all'epoca capoccia della Paramount con il quale stringe un accordo: Sean fa il film che vuole, Frank glielo distribuisce su suolo nazionale in migliaia di copie; nà roba che a quei poveri cristi di Carpenter e Romero non è mai successa e che a Cunningham accade alla prima botta, per la serie più culo che anima.

Con un budget di poco più di 500.000 petrodollari, Venerdì 13 ne incassa ben 38.000.000 solo negli States, sorpassando persino gli incassi settimanali di Shining (pure Kubrick fatto a pezzi, ma porc!) ed imponendosi come il film-fenomeno del 1980.

Ed è qui, cari piccoli amici, che sta l'intoppo.

Quindi ora considerate questi altri due soggetti:



Tali Frank Mancuso Sr. e Frank Mancuso Jr.

Il primo si ritrova tra le mani una gallina dalle uova d'oro: un film indipendente i cui diritti di distribuzione costano un cazzo e rendono decine di milioni; il secondo spreme la gallina come un limone tirandone fuori 7 dei 9 seguiti che sono stati fatti, più una serie televisiva durata 3 stagioni, che vedeva tra i registi Atom Egoyan e David Cronenberg (il body count sale) e che in pratica non c'entra nulla con i film ma siccome si chiama Venerdì 13 viene vista da tipo TUTTI.

Il punto è: il primo Venerdì 13 è una fetecchia. 

E i sequel?

Beh: inutile prendersi per i fondelli; qui non si può fare differenza tra film belli e film brutti; solo tra meno brutti e più brutti. Perchè gira che ti rigira, la formula è sempre quella: adolescenti semiritardati e arrapati fatti a pezzi da un killer. L'unica differenza è che nel primo ci sta mammina Voorhees, negli altri ci sta il buon vecchio Jason. 

Ah, Jason! La più mitica icona horror degli ultimi trent'anni!

Quindi oggi, per celebrare il suo compleanno, facciamo così: prima cerchiamo di capire che cos'è Jason e poi vediamo quali sono i più e meno brutti film che ha fatto.

Per la cronaca: Freddy vs. Jason qua non ce sta perchè: 1) Il boss ne aveva già scritto; 2)Non è brutto.


"In fondo al maaaaar!"

Jason Voorhees è un killer. Ed è pure un mostro. Nel senso che è nato deforme ma poi è diventato uno zombi.

Ok, andiamo con ordine. Jason è un bambino nato deforme e per questo schernito da tutti al campo estivo di Crystal Lake, dove la madre lavora. Jason non sa nuotare; e allora sorge il primo dubbio: se tuo figlio non sa nuotare, è nato deforme e per questo preso per il culo da tutti gli stronzilli del campo estivo, perchè diavolo te lo porti appresso cara mamma Voorhees?

Comunque, durante una calda giornata d'estate, Jason annega nel lago; e qui sorge un altro dubbio: ma se te, caro figliolo mio, sai di non saper nuotare e che tutti quei mocciosi orrendi si divertono a torturarti, perchè diavolo ti avvicini all'acqua?

Comunque 2: Jason annega anche perchè i giovani che dovevano sorvegliare i bimbiminchia erano impegnati a sorvegliarsi a vicenda e a scoprire le gioie del sesso prematrimoniale (ricordiamoci che questa parte della "storia" è ambientata negli anni '50 quando il sesso era ancora un tabù, non come oggi che a tredici anni tutti fanno orge cannibali a scuola); la mamma impazzisce, fa un massacro maciullando tutti i ragazzi del campo.

E qui sorge un terzo dubbio: tutti i ragazzi sono morti, gli adulti sono morti, i bambini sono svaniti e resta in vita solo la cara signora Voorhees, fresca fresca del trauma per la morte del figlio; ma la polizia qualche sospetto ce l'ha?

No, quindi si limitano a chiudere il campo per circa 25 anni.

Nel 1979 (Spoiler: il primo film è ambientato venerdì 13 giugno 1979, peccato che nel 1979 il 13 giugno non era di venerdì, quindi nulla di tutto questo è mai esistito WOOOOAAAAAHHHHHH! AVVERTITE IL DOTTOR WHO!) un tizio decide di riaprire Camp Crystal Lake per la stagione estiva e chiama a lavorare un gruppo di teen-agers, che essendo nell'età giusta, circondati da boschi, privi dei genitori scassaminchia e dei preti blocca-erezioni, giustamente cominciano a trombare come conigli ad ogni occasione buona.
Peccato che la signora Voorhees sia ancora in giro e decida di decimarli tutti. Alla fine, la verginella di turno la scampa e decapita l'amorevole mammina come da tradizione e fin qui tutto ok.

MA

nell'ultima scena il piccolo Jason versione My Little Zombie esce dal lago e agguanta la ragazza.

Perchè? Per il finale jump scare di routine, che sennò come lo eguagliamo il finale di Halloween o quello di Reazione a Catena, eh?

Cunnigham però è "onesto" e decide di lasciare la scena all'interpretazione del pubblico: è possibile che sia stato un incubo della ragazza? 

SPOILER: Assolutamente no!

Questo perchè a causa degli incassi stratosferici worldwide BISOGNA fare un sequel. E come fai a fare un sequel se il killer è schiattato alla fine del primo film?

Semplice: dici che Jason in realtà non è mai morto.


Che sennò non diventava manco un'icona pop

E qui sorge un altro dubbio ancora: Jason non è morto, allora perchè non è tornato dall'amorevole mammina ammazzatutti?

E sopratutto: come ha fatto a sopravvivere nei boschi fino a diventare un gigante redneck dalla forza sovraumana?

E ancora: nel primo film, ambientato nel 1979, era un bambino, ma nel secondo, ambientato 5 anni dopo, è un adulto, come diavolo ha fatto a restare bambino per 25 anni e a crescere di botto? E' tipo Peter Pan?

Risposta: Ehmmmm... non zono ti qui!

Comunque: Jason continua il massacro perchè.... ehm.... cioè..... BOH!

Vabbè la ragione dovrebbe essere perchè Crystal Lake è il suo territorio e non vuole che nessuno lo infanghi (ahah! ma è un bosco acquitrinoso!) con sesso e divertimento random.

E qui sorge ancora l'ennesimo dubbio: ma se voi giovincelli sapete che chiunque si avvicini a Crystal Lake muore male, tanto che lo avete pure ribattezzato "Camp Blood", chè diavolo ci andate a fare le cosacce?

Ma cari bambini, so già qual'è la domanda che vi attanaglia il cervellino:"Zio Spaulding, non è che Jason ammazza i ragazzi zozzoni perchè è un mormone puritano quacchero convinto come Michael Myers?"

Eheheheh e qua vi volevo cari piccoli miei. Perchè la cosa più bella di tutta la sega saga di Venerdì 13 è sapere che Crystal Lake è situato nel New Jersey (!!!). 

Quindi facciamoci due calcoli: il massacro di adolescenti dura dai primi anni '80 sino ai primi anni '90 (Jason X che è ambientato tipo nel 2.400 naturalmente non conta), durante i quali il buon ragazzone putrefatto ammazza la meglio gioventù del New Jersey.

Ripeto: DEL NEW JERSEY.... riuscite a vedere lo schema? 

No, allora ve lo spiego: Jason vede il futuro, sa che quei baldi giovani dopo aver copulato daranno alla luce quella generazione che andrà ad ingrossare le fila di Jersey Shore e di tutti quei reality-schifezza di MTV.

Con il suo machete Jason cerca di evitare tali orrori impedendo ai genitori di quella generazione di procreare e quindi di metterla al mondo.

Jason è un eroe: ha tentato di salvarci da quelle zoccollete uber-rifatte e brutte come tumori che si strusciano contro tutto e tutti pur avendo il sex appeal di un topo morto e da quei gonzi palestrati ritardati che vanno a Firenze a chiedere alle ragazze:"Uè Bella la vuoi la pizza?".

SPOILER: purtroppo non ci è riuscito :(


"It's a Jersey thiiiiiiiiing!"

Ma alla fine di ogni pellicola Jason torna sempre in vita. O si scopre che non è morto. O ad un certo punto torna bambino tipo Pinocchio dei morti viventi ma poi lo ritroviamo grande e grosso e ancora più incazzato.

Quindi è uno zombi?

Beh, si e no.

Diciamo che si: Jason è un morto vivente nel senso che risorge dalla tomba, non muore se lo si spara o lo si accoltella nemmeno in da la fazza e c'ha un corpo in perenne decomposizione.

Ma qual'è la forza che lo tiene in vita?
Il vodoo?
I raggi cosmici di Venere portati sulla Terra da una sonda?
Un setta che venera il dio celtico della morte? 

No, cari bambini, qualcosa di molto più potente:



Esatto: la pecunia.

Finchè c'è stata gente che ha pagato per vedere il gigante mascherato fare a pezzi i ragazzi del Jersey, Jason è sempre riuscito a risorgere dalla tomba: il potere del botteghino scorre potente in lui!

Il che spiega anche la miriade di sequel, fumetti, pupazzetti, riedizioni in dvd e blu ray dei suoi film, sempre e comunque venduti e svenduti nonostante fossero tutti uguali.

E spiega anche perchè il buon vecchio Jason è il mostro cinematografico con il maggior numero di morti sulla coscienza: circa 134. Na roba che quando l'hanno saputo quelli dell'Isis hanno cercato il suo numero sulle pagine gialle per cercare di convertirlo.


Ok, ora il pezzo forte: vediamo quali sono i film di Jason che meriterebbero una (mezza) visione.

A partire dai meno brutti, perchè il meglio lo si lascia alla fine.




UN VENERDI' 13 DA RICORDARE 
(FORSE)




5) VENERDI' 13 PARTE III- WEEK-END DI TERRORE (1982)





Che in realtà non è il più brutto dei meno brutti film della serie, è semplicemente un brutto film. Ma brutto brutto, che però si fa apprezzare per due cose che son due e che quindi dovrebbe stare nell'altra metà della classifica, ma oggi mi sento buono.

Primo: è il primo film in cui il nostro zotico zombi preferito indossa la maschera da hockey; prima andava girando conciato come un reietto del Ku Klux Klan incazzato e faceva pure più paura, ma la maschera da hockey è il simbolo che lo ha reso subito riconoscibile, come la maschera del capitano Kirk per Michael Myers, il guanto artigliato per Freddy Krueger e la bambola assassina per la Bambola Assassina.

Una trovata originale, mettere una maschera da portiere su di un killer zotico non-morto alto due metri, no?

No, ma manco per sbaglio visto che giusto un anno prima era sbarcato in America quel capolavoro di Mad Max 2, dove il cattivo era guardacaso un gigante palestrato deforme affetto da alopecia che si copre la fazza con una maschera da hockey in metallo.

E quindi via, un'altra roba che i gonzi della Paramount hanno imitato.


Trova le differenze


Fatto sta che la trovata della maschera funziona e riscuote pure successo.

Spoiler: si, ne ho una replica a casa e ogni tanto la indosso per mettere paiuria ai vicini, hihihihihihi!

Secondo: il film è girato in 3D.

Chè nei primi anni '80 era come nei primi anni del 2010: tutti volevano metterci il 3D nel film per farsi più soldi e far sanguinare gli occhi allo spettatore; ma il regista Steve Miner non è James Cameron, quindi capisce perfettamente che per fare un buon film in 3D ci devi gettare roba addosso alla gente.

E lui che fa? Gli getta addosso i pezzi dei personaggi; nell'uccisione più famosa del film, il buon vecchio Jason schiaccia la testa di un cazzone e il suo occhio viene catapultato fuori dallo schermo; che Cameron e Tim Burton ci hanno provato a rifarlo con gocce di azoto e funghi, ma niente, la prima volta è sempre la migliore.


SOPRA: LA PRIMA VOLTA


Altre cose da menzionare:

-La ragazza più carina del gruppo è incinta e Jason la sgozza comunque; e meno male che pure lui è un cocco di mamma!

-La final girl è bruna anzicchè bionda come da tradizione e dice di aver già incontrato una volta Jason... da sola... nel bosco... ed è sopravvissuta; quindi Jason non è vergine.... e manco la final girl stavolta.

-Nel finale la mamma di Jason spunta dal lago e aggredisce la final girl; che ci fa nel lago e perchè ha ancora la testa attaccata al collo? BOH!

-Pare che il 3D del film sia talmente buono che in America ci sono ancora delle sale che lo proiettano almeno una volta l'anno; un 3D analogico del 1982.... ancora buono..... nonostante oggi per fare un film in 3D ci vogliano fior di milioni per avere un risultato che mio cugino lo fa meglio.... e sticazzi!

-Da qui in poi Jason diviene ufficialmente immortale, tant'è che viene pure impiccato e sopravvive. Il make-up, però, è differente rispetto al film precedente e meno pauroso. Però dà più la sensazione di zombi storpio di campagna:

"Toxie, vuoi venire a giocare con me?"




4) JASON X (2001)




E questo è il più brutto tra i meno brutti film della serie; che di sicuro non è un film bello, ma neanche nà schifezza.

Perchè? Subito dopo l'intro.

E' il 2001, Freddy vs. Jason è in cantiere da tipo 7 anni (!) e alla New Line non sanno che pesci prendere; ad un certo punto ad un produttore viene l'idea del secolo: fare un nuovo film solo su Jason e chiamarlo Jason X per far credere che sia un porno oltre che il decimo film della serie.

L'entusiasmo scema subito: ne hanno fatti 9, che diavolo ci possiamo inventare che non sia stato già visto?

Semplice: spediamo Jason PIM PAM NELLO SPAZIO!

Spoiler: John Carpenter scrisse un soggetto simile per Halloween 6 e avevano già fatto Leprechaun in Space, e torniamo un'altra volta agli inizi privi di idee.

Comunque questo Jason meets Star Trek è ridicolo, non c'è dubbio; la fotografia è brutta, le scenografie sono brutte, gli effetti speciali fatti al computer sono brutti (o invecchiati male, fate voi che per me è lo stesso), ma ci sono alcune cosucce che lo rendono gradevole.

Primo: è il film più scopiazzato degli ultimi vent'anni.

Si: Venerdì 13 oggetto di plagio, signora mia non c'è pià religione! Eppure è così.
Le uniformi dei marines dello spazio e i loro fucili sono stati imitati dagli autori di Dead Space, vostro onore chiedo l'assunzione di prove fotografiche:



Visto il visore sulla pettorina? E per la cronaca: quell'attore è lo stesso che fa il persiano scalciato in 300.

Secondo: giusto un anno dopo quel bidone umano di Paul W.S. Anderson avrebbe portato sugli schermi il suo Resident Evil, dove l'unica cosa buona era Milla Jovovich; peccato che saltasse e scalciasse come se fosse in un platform game e non in un film tratto da un survival horror con gli zombi.

Da dove Anderson ha preso questa idea?

E che ve lo dico a fare:



Che guarda caso nell'ultimo film ci ha copiato pure il costume, senza vergogna!

La cosa bella è che in Jason X la gnoccona salta e spara come un videogame perchè è un cyborg programmato per annichilire lo zombo del Jersey in outer space, mentre in Resident Evil la Jovovich spara e salta come in un videogame perchè....boh, sarà un fetiscismo sessuale di Anderson; roba che mi immagino la loro camera da letto attrezzata con tanto di cavi e burattinai novantenni con le nocche snodabili pronti per ogni evenienza.

Terzo: c'è David Cronenberg che nella prima scena appare solo per farsi ammazzare da Jason, true story!

Quarto: al netto del ridicolo involontario, va detto che il film non si prende mai troppo sul serio, anzi è più una commedia spaziale che un horror.

Quinto: la citazione di Il Sangue scorre di nuovo con le due gnocche ignude nella sala ologrammi e Jason che le spiaccica una sopra l'altra mentre godono come maiale è sexy e divertente.

Sesto ed ultimo: Jason diventa un cyborg ancora più invincibile ed incazzoso, guardate!

TermiJason!




3) VENERDI' 13 PARTE V- IL TERRORE CONTINUA (1985)



Conosciuto anche come "il Venerdì 13 tarocco". Perchè? Perchè non c'è Jason.

Cioè, c'è Jason ma non è Jason. Nel senso che c'è un tizio che si veste da Jason e ammazza teenagers che bombano, ma alla fine si scopre che perlappuntamente non è Jason e per questo viene odiato da tutti i fans.

Perchè allora l'ho messo tra i meno peggio?

Andiamo con ordine.

Per prima cosa: perchè non c'è Jason?

Nel 1984 Mancuso Jr. aveva deciso di chiudere la serie di Venerdì 13 con "Il capitolo finale" (si, credici); in questo "ultimo" (ahahahah!) film della serie Jason si confrontava con un bambino terribile, Tommy Jarvis, interpretato da nientepopodimenoche Corey "Gremlins/Ragazzi Perduti/I Goonies/Stand by Me" Feldman.

Alla fine del film, Tommy "uccide" Jason al posto della classica final girl bionda ed illibata, ma nell'ultima inquadratura si lasciava intendere come l'esperienza lo avesse traumatizzato.

"Ma che? Sò davero tanto brutto?"

Quindi si decide di fare un quinto film giusto un anno dopo, cioè lo si mette in cantiere una settimana dopo l'uscita del quarto ed ultimo (DEHEHEHEHIHIHIHOHOHOHO!) per farlo uscire a circa un anno di distanza, con protagonista un ormai adolescente Tommy Jarvis.

Al che uno pensa: mitico, ora Tommy è cresciuto, è schizzato, si mette la maschera di Jason e continua a massacrare! Il che avrebbe avuto senso e pure infuso alla serie un che di interessante.

Invece alla fine si decide che si, uno deve prendere il posto di Jason, ma non è Tommy, ma un infermiere.

CHE?!

Mo vi spiego pure questo.

La tarocchitudine si nota dalle strisce blu della maschera, sottile dettaglio degno di Hitchcock, nevero?!


Che tutto il film è ambientato in un campeggio (aridaje!) con Tommy giovane adulto ricoverato per riprendersi; come ci si fa a riprendere in un campeggio pieno di ragazzetti zotici e depressi è un mistero, ma vai a capirle le arcane pieghe della psicoanalisi dei film horror.

Tommy ha delle visioni di Jason, tra le quali ovviamente ne spunta una presa pari pari dal primo Halloween, con Jason che spia Tommy nella sua camera al primo piano dal giardino come un guardone, solo che Tommy è maschio.
Per tutto il film pensiamo che sia lui a commettere gli omicidi e nell'ultima scena lo si vede pure con maschera d'ordinanza e coltellaccio mentre aggredisce la final girl.

Ma quello che commette gli omicidi durante il film non è lui, ma un paramedico a cui hanno ammazzato il figlio.

O meglio: a circa 15 minuti dall'inizio del film, uno dei ragazzi ricoverati, un ciccione cagacazzo da record, inizia a rompere le scatole al bullo di quartiere mentre questi sta spaccando la legna con una bella accetta. Il cagacazzo fa quello che gli riesce meglio: caga il cazzo; il bullo spaccalegna fa quello che gli riesce meglio: spacca il cagacazzo in due con l'accetta e il pubblico esulta per venti minuti lanciando rose e mutandine verso lo schermo.
Poi però arrivano medici e polizia e tra questi c'è pure il padre del cagacazzo, che non ti dicono subito che è lui ma aspettano la fine del film.
In pratica: il sig.Cagacazzo I impazzisce dopo la morte del figlio come da tradizione e ammazza tutti i ragazzi del campeggio; tutti tranne il bullo, ossia l'unico responsabile, che viene gentilmente scortato dalla polizia verso la salvezza subito dopo aver amazzato Cagacazzo II, rendendo tutta la storia della vendetta inutile e pretestuosa.

E qui sorge un altro dubbio: se tu sei un padre premuroso, vuoi bene a tuo figlio al punto di uccidere per lui, perchè diamine lo abbandoni nel camping più scassato del mondo? Voglio dire: ok è un obeso trinciacoglioni brutto come un foruncolo incarnito, ma è pur sempre tuo figlio!

World's Best Dad 1985

Ora cari bambini, so cosa vi state chiedendo: come fa una cagata del genere ad essere degna di essere vista?

Semplice: Il Terrore Continua è la quint'essenza della saga di Venerdì 13 elevata all'ennesima potenza.

Per contratto la buon'anima del regista Danny Steinmann era tenuto a far accadere qualcosa di losco ogni tot minuti; quindi circa ogni cinque minuti ci sono o tette o sbudellamenti.

Ed entrambi sono fantastici.

Tra le uccisioni più memorabili ci sta un tizio che NonJason lega ad un albero con una cintura di cuoio attorno alla testa che stringe fino a spappolargli il cranio, un tizio di colore che canta in una latrina mentre c'ha n'attacco di diarrea sonica e fa la fine del pirata pop-pop, uno zotico mammone decapitato mentre corre in moto e un tizio uscito da Grease a cui NonJason fa fare un blowjob ad un bengala acceso, roba da antologia.

Il bello è che la maggior parte dei personaggi non fanno nemmeno parte del cast principale, sono tipo comparse promosse a vittime per aumentare il body count, ossia personaggi creati e fatti morire appositamente per il nostro ludibrio, muwahahahahah!

E per la cronaca: qui c'è il body count più alto della serie, oltre che gli omicidi migliori!

E il reparto tette?

Eheheheheh! Qui sta il bello, c'è ne è per tutti i gusti: bionde, brune, more, zotiche, punk rockers, cameriere stupide et similia.

Ma la mia preferita è lei:


Deborah Voorhees, alias Debie Sue Voorhees, una che con un nome del genere la devi mettere per forza nel film. E che ha le tette più belle e succulente della storia del cinema. Per la cronaca: il regista Steinmann veniva dal porno e si vede perchè la scena dove Debie tromba e viene uccisa pare uscita dritta dritta da un rape & revenge anni '70.

Altra curiosità: la bella Deborah venne assunta dalla produzione dopo che quel rattuso di Mancuso aveva visto il suo servizio fotografico su Playboy

Bellissima!

Dopo aver recitato nel film, la bella Deborah si è ritirata dalle scene ed ha lavorato prima nella pubblica amministrazione, poi come insegnante; se non fosse che quando i genitori hanno scoperto che una ventina di anni prima era comparsa come mamma l'ha fatta in un film di squartamenti e scorribande, hanno fatto pressione per licenziarla. Che vaglielo a dire che in Italia facciamo fare lezione alle attrici porno e tutto va bene a sti maledetti mormoni!


E c'ha pure la locandina italiana più superganza di sempre!


In sostanza: volete sangue e tette per 90 minuti?

Il terrore continua è il vostro film, anche se non c'è Jason.




2) VENERDI' 13 PARTE II- L'ASSASSINO TI SIEDE ACCANTO (1981)




Che quando uno pensa che ci sono seguiti migliori degli originali non gli viene mai in mente di prendere L'Assassino ti siede accanto (fun fact: in Italia è uscito inizialmente solo con questo titolo, senza il "Venerdì 13 Parte II", aggiunto solo per le versioni dvd); anche perchè non è che ci volesse molto a fare un film migliore del primo Venerdì 13.
Però L'Assassino ti siede accanto quel poco lo fa e lo riesce a fare anche grazie al regista Steve Miner, che poi infatti ha diretto pure Week-End di Terrore ed è diventato un mestierante a buon mercato ad Hollywood abbastanza richiesto dalle major.

Ma cos' ha di bello sto film?

Beh per prima cosa il costume e il make-up di Jason:

Enter ZotiJason

Come si diceva, il gigante zombo del Jersey piglia la maschera da hockey solo nel terzo film; qui si limita ad indossare un sacco di patate stretto al collo con un buco per l'occhio buono; che no, non mi venite a dire che è orignale perchè è ripreso pari pari dal misconosciuto e bello La Città che viveva nel terrore del '76; però, porca miseria se funziona!

Questo Jason dà la sensazione di essere un vero e proprio terrone con le palle girate, si veste con una salopette e la camicia a righe da boscaiolo d'ordinanza e uccide a picconettate in da la fazza; e siccome è un killer per le pari opportunità, qui ammazza pure un paraplegico, che sennò Leatherface gli rubava il primato.

E sotto il sacco? Semplice: best make-up evah!

"Buongiorno signooooooò!"

Cioè dico: ma lo avete visto?

Negli altri film Jason pare il fratello stupido di Elephant Man, ma qui è puro zoticume marcio e incazzato, un terrone barbone capellone che sembra serialkillerare nelle pause tra un trattamento col concime ed un giro con il trattore!

E la cosa che lo rende definitivamente amorevole è che qui non è ancora un morto vivente, ma semplicemente un ragazzone a cui piace trapassare la gente con le armi, ossia la personificazione di quell'America stupida e cretina che uccide per passare il tempo.

E quindi anche di alcune zone dell'Italia se volete.

E mò voi pensate: si, mi devo sciroppare un ora e venti minuti di film solo per vedere ZotiJason in azione, ma va là!

E qui sta il bello, perchè L'Assassino ti siede accanto è l'unico film della serie che fa paura.

Non solo ci sono un paio di omicidi ben elaborati e con una buona dose di tensione, come quello dello sbirro, ma l'atmosfera campestre è davvero sinistra. Un pò per le location, un pò perchè Miner e soci decidono che Jason deve avere una sua baracca nella quale venera la testa della madre.

Home Sweet Home

Inoltre il mood viene settato già nella prima scena: Jason stalkera la sopravvissuta del primo film (fun fact: Adrienne King, ossia l'attrice, si era ritirata dalle scene proprio perchè vittima di stalking, ah la sensibilità del signor Mancuso!) e la tensione è tangibile. 

In una delle prime scene al campeggio, poi, il capo scout racconta della leggenda di Jason recitando un monologo da brividi, che fa calare una cappa di claustrofobia su quello che è in teoria dovrebbe essere una semplice sarabanda di tette e morti.

"E mò vi faccio cagare addosso!"

Tette e morti che non mancano; la scena più famosa del film è quella con due tizi che piombano e vengono trapassati da Jason in un unico colpo. Chè è famosa perchè:
1)All'epoca dei fatti l'attrice che fa la tipa era minorenne ma nessuno lo sapeva (mmmm... questa l'ho già sentita) e hanno girato una bellissima inquadratura con un suo nudo integrale finita sul pavimento della sala di montaggio per evitare di essere tutti arrestati e stuprati in carcere; e guarda caso è proprio lei la più gnocca del cast (DOH!);
2) Anche quest'uccisione è presa pari pari da Reazione a Catena e chi s'è visto s'è visto.

Però tutto funziona e sopratutto non tedia, quindi se po guardà!



1) VENERDI' 13 PARTE VI- JASON VIVE (1986)



Che ci sono voluti sei film per tirare fuori qualcosa di davvero riuscito fuori da Jason (ehm....).

Nel 1985, Mancuso Jr. e Mancuso Sr. sedevano sulla catasta di paperdollari che lo zombo del New Jersey gli aveva fatto estorcere dai fans; tra una nuotata stile zio Paperone ed una lotta a palle di dollari, i due scoprono di avere un cruccio: l'ultimo film di Jason non è piaciuto a nessuno, tranne ad un terrone pelato e col barbone che trent'anni dopo scriverà queste righe. Allora decidono di fare una cosa folle e mai provata prima: un seguito!

Però stavolta decidono per un approccio meno ortodosso: dare il film in mano ad un giovane filmaker.... no, aspè che anche questo l'avevano fatto.
Ok allora lo danno in mano ad un giovane filmaker amante dell'horror classico e cinefilo convinto, tale Tom McLoughlin, che qualche anno prima aveva diretto il cultino One Dark Night.

McLoughlin ha più o meno carta bianca ed un buon budget per una missione impossibile: dare dignità alla serie.

E come fai a dare dignità ad una serie basata sul sesso e sugli sgozzamenti? Semplice: elimini il sesso (purtroppo) e giri tutte le scene più o meno sanguinolente arricchendole con dosi di humor da rinoceronte.

Il risultato è il film più divertente della serie, che non si prende mai troppo sul serio e che inanella pure una serie di metabattute mica da buttar via, tant'è che una quindicina di anni dopo Kevin Williamson ammetterà di essersi ispirato al lavoro di McLoughlin per scrivere il suo Scream.

"Ma io volevo solo prendergli il machete!"


Trama: prima che il solito gruppo di gonzi invada Crystal Lake (ora ribattezzato Forest Green per evitare la cattiva pubblicità) per farsi massacrare, Tommy Jarvis (questa volta interpretato da Thom Matthews, che viene dritto dritto dalla serie de Il Ritorno dei Morti Viventi) è ancora ossessionato da Jason; per fugare ogni dubbio sulla sua morte, Tommy si reca con un amico nel cimitero di Crystal Lake Forest Green per dar fuoco al cadavere del killer (ma nel film precedente il sindaco non diceva di averlo già cremato? Mmmm... chiamate di nuovo il Dottor Who). Aperta la tomba, Tommy e socio trovano un cadavere putrefatto e sembra che tutto vadi per il meglio, finchè Tommy non decide di usare una sbarra di ferro per picchiare il cadavere.... trafiggendolo al cuore..... durante un temporale.... e grazie al cazzo che poi un fulmine lo colpisce e gli ridà la vita, in una delle migliori citazioni di Frankenstein degli anni '80.

FrankenJason
Jason è vivo e dopo essersi vestito da muratore (don't ask) ricomincia il massacro; tra le migliori morti vanno ricordate: una tipa che viene facciaspiaccicata contro la parete di un camper che ne prende la forma come ne I Simpson, la tizia più carina che viene smontata fuori scena e si vede solo un turbinio di schizzi di sangue tipo Tazmania in un film di Takashi Miike ma 20 anni prima, una triplice decapitazione a danno di un gruppo di coglionazzi misogini patiti del paintball, lo sceriffo che viene spezzato in due, una tizia di città che offre a Jason dei soldi per essere risparmiata ma finisce annegata in una pozzanghera e in ultimo una tizia a cui il nostro piazza una trombetta da festa nell'occhio perchè c'aveva voglia di fare baldoria.


Sopra: la tizia più carina del film

Ma i veri protagonisti del film sono lo humor metareferenziale e la bellissima fotografia (true story); le battute su killer mascherati e massacri dati per scontato non si contano, gli stereotipi del caso ci sono tutti ma McLoughlin li rende consci del loro ruolo, come il vice sceriffo cazzone and proud to be, la final girl che è pure bad girl cretina e ribelle, Tommy nemo profeta in patriam che sclera inascoltato per tutto il film e sopratutto i bambini.... quanto amo i bambini in questo film! Che guardano quei cazzoni degli adolescenti che non sanno che pesci prendere contro il muratore zombi ed esclamano "We're dead meat!"... PURE GENIUS.

E per la prima e unica volta in un film di Venerdì 13 la fotografia sembra veramente quella di un horror degli anni '80 e non quella di Porky's. A McLoughlin piacciono i film degli anni d'oro della Universal e si vede visto che qui Crystal Lake Forest Green si copre di un'atmosfera gotica che la rende più simile ad una cittadina mittleuropea che al rifugio dei cazzoni del Jersey.

C'è pure l'intro stile 007!




E sui titoli di coda ci sta pure una canzone di Alice Cooper fatta apposta per il film. Che è tipo la classica glamrockata frociosa anni '80, ma che diamine: è pure sempre Alice Cooper!

In soldoni, Jason Vive è un concentrato del meglio della serie, tolto il sesso purtroppo, che però regala 90 minuti scarsi di puro divertimento.

Non è un capolavoro, nè un gioiello, si tratta pur sempre di un horroretto fatto per tirare su milioni con due lire, ma ci si diverte; e infatti è il film preferito dei Mancuso e l'unico film della serie ad essere stato apprezzato anche dalla critica (a parte Freddy vs. Jason, ma quella è un'altra storia).



Ed ora per la gioia di grandi e piccini:





UN VENERDI' DA DIMENTICARE
(ASSOLUTISSIMAMENTE)


  


6) VENERDI' 13 PARTE IV- CAPITOLO FINALE (1984)




Il meno brutto tra i più brutti, che poteva tranquillamente stare nella lista di su se non fosse per una serie di motivi che tra un pò elenchiamo (Spoiler: in realtà è uno solo).

Anno di Nostro Signore 1982: Mancuso Padre e Mancuso Figlio siedono sulla pila di soldi che si sono fatti con i primi due film di Venerdì 13 (che non è ancora la catasta abnorme di tre anni dopo ma poco ci manca); ringalluzziti ed orgogliosi del loro lavoro, parlano dei prossimi progetti della serie, magari fare altri 20 film con Jason di cui uno nello spazio e uno a New York; ad un certo punto Mancuso Jr. urta con il gomito il telecomando ed accende il televisore, che guarda caso si sintonizza su Siskel & Ebert at the Movies, la mitica trasmissione in cui i critici Gene Siskel e Roger Ebert commentano i film in uscita; e sempre per puro caso viene recensito proprio Week-End di Terrore, appena uscito in sala.

Shock e paura invadono i Mancusi: Ebert e Siskel distruggono anche il terzo film della serie affermando come sia solo spazzatura priva di valore creata solo per fare soldi.

Qualcosa si rompe nel cuore di padre e figlio: capiscono di essere andati oltre, di aver esagerato, di aver strizzato troppo il limone dorato e decidono di farla finita, di non fare più film su Jason... ma non prima di averne fatto un altro, che si chiamerà perlappunto "Capitolo Finale", proprio per far intendere al pubblico che è la sua ultima chance di vedere sesso e violenza gratuita a tonnellate in un horror.


Tipo l'ultimo concerto di Ziggy Stardust (e i fan più hardcore di Jason capiranno il riferimento)


Ben presto si diffonde la notizia, il film entra in produzione e Mancuso dichiara più e più volte che non ci sarebbero stati più film su Jason; testimoni oculari affermano anche di avergli visto comparire in volto un ghigno satanico e una luce rossa negli occhi subito dopo la fine di ogni dichiarazione.

Dopotutto, che colpa ne hanno i due Mancuso se una volta uscito il film ha sbancato tutto lo sbancabile e gli ha costretti a fare altri 4 sequel (più quelli targati New Line)?

Perchè loro volevano davvero uccidere Jason.... davvero?

No, manco per il cazzo.

Perchè nello script originale, Tommy Jarvis faceva esplodere la testa della mascotte assassina di Crystal Lake e tanti saluti ai sequel; ma il Mancuso piccolo alla fine ha optato per una soluzione più sottile:


Giusto per far capire al pubblico che ehi! Lo sappiamo che ne volete ancora, lo stiamo facendo solo per tappare il becco a Siskel e Ebert!

E inoltre: Tommy Jarvis doveva diventare il nuovo killer, come si fa capire nel finale; ma nel film successivo si è optato per quella storia dell'infermiere infermo e tanti saluti.

Si vede che ci è rimasto male?

Quindi doppia presa per il culo al prezzo di una.

Che poi alla fin fine, questo Capitolo NON Finale non è manco brutto; cioè non più brutto di molti altri; è solo la solita minestrina riscaldata con un pizzico di ridicolo in più.

Tipo che ad un certo punto compare un tizio che dice di essere alla ricerca della sorella scomparsa da settimane; peccato che la sorella fosse un personaggio di L'Assassino ti siede accanto, che era ambiento tipo TRE GIORNI PRIMA. E vai di risate.

Ma almeno un paio di cose da salvare ci sono: gli omicidi come sempre spettacolari, dove il top lo raggiunge un tizio infoiato che Jason impala con una fiocina nelle palle e poi spara nell'aere; le tette, come sempre sode ed abbondanti.

E ovviamente la scena più cultissima di culto di tutta la serie: il mititco ballo del mitico Crispin Glover, che prima di fare George McFly insegnava ad un'intera generazione di sfigati come rimorchiare a tempo di musica:




Che quando ho fatto quei passi in discoteca il buttafuori mi ha scaraventato dritto dritto nel negozio di fertilizzanti che stava dall'altra parte della strada: non ero all'altezza.

Quindi perchè evitare Capitolo SENZA Finale?

Perchè è una presa per i fondelli bella e buona.

E per la cronaca: la buon'anima di Roger Ebert quando la ha visto si è incazzato ancora di più.



5) VENERDI' 13 PARTE VII- IL SANGUE SCORRE DI NUOVO (1988)



1987: la catasta di dindini fatta dai Mancusi grazie a Jason ha raggiunto proporzioni epiche. Dalla loro ziggurat verde i due re del botteghino guardano i mortali e decidono di dare loro un regalo che manco Prometeo ai tempi del mito: far scontrare Jason contro l'altro peso massimo dell'horror anni '80 Michael Myers Freddy Krueger.

I preparativi sono imponenti, il budget stanziato è favoloso, la ricerca per un regista capace è spasmodica, la sceneggiatura (miracolo!) promette faville...

...poi, ad un certo punto, un tizio della produzione si reca, piano piano, quasi di soppiatto, dal Mancuso piccolo e quasi con timore gli sussurra nell'orecchio:"Ma signore, i diritti di Freddy sono in mano alla New Line, non possiamo farlo!".

Paura.

Panico.

Catastrofe.

Il Mancuso piccolo cade in uno stato depressivo che manco un emo fan di Donnie Darko, il Mancuso grande minaccia di distruggere le Torri Gemelle, i fans di Jason compiono sacrifici rituali dinanzi alle ambasciate americane e tutto il resto dell'umanità esclama in coro "Embè?"

Dopo essersi ripreso dalla depressione, Mancusino decide di fare un altro film della serie come terapia psicoanalitica e chiama come regista John Carl Buechler, specialista in effetti speciali, il quale esclama (true story) "E perchè? Ne hai già fatti 6, non possiamo fare qualcosa di nuovo?"; al che MJr risponde (true story again):"Bravo, questo è lo spirito, sei assunto!".

Ma intanto il danno era fatto: Mancuso voleva far scontrare Jason contro un avversario degno della sua portata, ma Freddy era nelle mani di Bob Shaye, Michael Myers era ancora dato per morto alla fine del secondo film, Chucky ancora non lo avevano inventato e Ash di Evil Dead? Boh! Forse non ci ha pensato.

Quindi il piccolo Mancuso decide di non usare un'icona horror, ma di copiarne una, giusto per rimanere nello spirito della tradizione; e l'onore di essere stuprata (eeeehmmmm....) ricade su Carrie, la ragazza psicocinetica del film di De Palma.

Quindi, questo Il sangue scorre di nuovo altro non è se non "Jason vs. Carrie de' Noartri".

Premesse sfavillanti.

La vera Carrie dava fuoco ad un'intera palestra, sfigata!


Ma l'esecuzione è pure peggio: 88 minuti di già fatto e già visto che per combattere la noia devi cercare di concentrarti su qualcos'altro sennò ti addormenti.

E così piano piano ci si accorge di qualcosa:

I personaggi maschili non sembrano interessati alle donne.....

....tipo, c'è sto tizio che si sta per bombare la tipa e sente un rumore fuori dal furgone, esclama "Ehi! questo è il mio amico che fa uno scherzone!" ed esce subito fuori in cerca dell'amico lasciando la tizia mezza gnuda e ancora calda.... mmmmm il dubbio sale.

Poi c'è tipo il protagonista maschile che dovrebbe essere innamorato di Tina, la Carrie dei poveri, ma non sembra essere più di tanto interessato nonostante lei sia caruccia, bionda, illibata e disponibile.... il dubbio cresce.


Già, decisamente roba poco interessante

Alla fine arriva il nerd di turno che viene portato a letto dalla maiala della compagnia e invece di piombarla a sangue inizia a parlare dei suoi racconti di fantascienza... è il dubbio si rivela: SONO TUTTI GAY!

Eh si: tutti i personaggi maschili di Venerdì 13-7 pare siano diversamente etero. Il che rende il nostro zombi ammazza piselli il più virile della compagnia.... quindi..... altro dubbio.....

... nella parte finale la Carrie della Lidl lo combatte Jason telecinesandoli contro tutti i mobili della casa e gettandolo giù dalle scale...

...ma certo: è un litigio amoroso!

Carrie dell'Ikea e Jason sono in realtà amanti che hanno litigato e che cercano di riconciliarsi, aiutati da un gruppetto di amici sensibili; e chi al mondo è più sensibile dei gay?

Ehi! Non prendetevela con me! Non lo mica scritta io sta sceneggiatura subliminale e sublimamente anale!

Comunque, tornando alla storia.

Jason, si sa, non è un tipo facile: parla poco e nulla e sa solo randellare con il machete. Ecco perchè alla fine Carrie versione Pechino lo caccia di casa e arriva persino suo padre a salvarla, come in tutti i casi di violenza domestica.

"Amò! E daje non fà così, 'o sai che te vojo bene!"


Che poi il padre di Tina non era morto nel prologo ucciso da Tina stessa dopo lui aveva maltrattato la madre?

Ehehe... tutto torna.

Tranne il fatto che non si capisce come può un tizio morto da più di dieci anni tornare in vita e picchiare il ragazzo della figlia, ma vabbè.

Comunque, in tutta sta cosa senza nè capa ne coda,  Buechler decide di usare la sua conoscenza per creare gli effetti splatter più sanguinolenti e folli della storia del cinema.


Tipo questo: una tipa chiusa in un sacco a pelo sbattuta contro un albero per 5 o 600 volte


Peccato che quei cagasotto della Paramount abbiano deciso di tagliarli tutti per evitare il rating X.

E in pieno periodo di esplosione del culto del home video, queste teste d'uovo marcio secondo voi tengono da parte il materiale censurato per creare una versione uncut in vhs e farsi altri soldi? 

No, manco per sbaglio: distruggono il girato originale rendendo così impossibile la creazione di una director's cut.

E Buechler si incazza come una biscia musulmana per aver buttato soldi e ore di lavoro in fondo al cesso, tant'è che esclama: "La MPAA ha stuprato il mio film!", frase divenuta storica anche se la MPAA l'ha poi censurata perchè si usava la parola "stupro" in una frase udibile anche dai minori.

Comunque, unica nota positiva di questo Jason falls in Love: per la prima volta a vestire i panni di Jason c'è Kane Hodder, stuntman professionista che dà una caratterizzazione fisica definitiva al nostro zombi innamorato; Hodder fa respirare Jason, lo fa muovere come una pantera incazzata, recita con un costume integrale anzicchè del solito trucco minimale per mostrare le ossa e la carne putrefatta sul corpo del nostro portiere massacratore preferito, è grosso, nà bestia e cade, va a fuoco, si tuffa, si azzuffa, riceve pizze in faccia e chiodate nel muso come se fosse un bambino vero.

Kaaaaaane!

Kane Hodder è il vero Jason.

Peccato che abbia recitato solo nei film peggiori della serie (a parte Jason X).

E che quei bastardi della New Line non l'abbiano messo in Freddy vs. Jason... un giorno la pagherete cara!



4) JASON VA ALL'INFERNO (1993)




Che no, non è un'esclamazione insultatoria e nemmeno una sorta di Divina Commedia con il gigante zombo del Jersey.... quella sarebbe riuscita a farla solo Rob Zombi in acido dopo aver visto Salò di Pasolini in loop per tre giorni di fila; e io spero che un giorno lo faccia e ci metta pure quella gnoccona della moglie nel ruolo di Beatrice.

In pratica: Venerdì 13 Parte VIII (vedi più giù) è un mezzo fiasco ala botteghino (oltre che una ciofeca pazzesca) e la Paramount vende i diritti di Jason alla New Line; si badi: i diritti di Jason, non il titolo "Venerdì 13", ecco perchè non esistono "Parte IX" e "Parte X", ma solo Jason va all'inferno e Jason X.

Comunque, in attesa di sviluppare il tanto atteso (ah!) cross over con lo zio Freddy, Bob Shaye e soci decidono di fare un nuovo film sullo zombo affettatutti e lo fanno in grande... per modo di dire visto che affidano la regia ad un esordiente totale, che è tipo figlio di un amico di Sean Cunningham; che a sua volta torna a fare da produttore giusto per piazzare il suo nome sul cartellone e farsi qualche altro quattrino.

"Ammazza quanto so' figo a stò giro!"


Dove sta la fregatura? Che Jason muore nella prima scena.

Eh si! Che la polizia gli tende un'imboscata a Crystal Lake e.... OHI! OHI! OHI! FERMA TUTTO!

A Crystal Lake? Ma se alla fine di Parte VIII Jason stava in una fogna di New York assieme alle Tartarughe Ninja e al coccodrillo albino ed era pure tornato bambino, come si ritrova nel New Jersey in versione zombi poweruppato?

Mah... vabbè!

La polizia tende un'imboscata a Jason e lo fa saltare in aria. Fine. Applausi. Si accendono le luci e tutti a casa.

FIN


No, aspetta, sono passati solo 5 minuti.

Allora succede che il medico legale deve fare l'autopsia al cadavere.... ma che cadavere che ci sono solo pezzi di carne bruciacchiata! ..... e si scopre che in realtà Jason non è un semplice zotico zombi castradolescenti ammazzastronzi e sventrafiche con la passione per le armi contundenti e l'hobby del hockey, ma un'entità demoniaca che può vagare di corpo in corpo e che può ricostituirsi se si ricongiunge con un suo consanguineo.

Da dove hanno tirato fuori stà storia?

Mah... fatto sta che il buon vecchio Jason qui è per la maggior parte del tempo un esserino stile Alien che vaga di corpo in corpo come nel film L'Alieno del 1988 (aggiungete anche questo alla lista dei film scopiazzati). Per tutto il film Jason compare solo come ospite dentro altre persone truccate con un pò di phard attorno agli occhi e torna nella sua forma superganza solo alla fine.

Bella fragatura se uno va al cinema per vedere Jason e si ritrova dei tizi random che ammazzano altri tizi random.

Ok, ammettiamolo: ci sono dei bei momenti in Jason va all'Inferno. Belle uccisioni, tipo la cicciona a cui il nostro tappa la bocca per sempre, la scena della rasatura pseudogaya, i due sbirri sbattuti faccia a faccia....

...e questa, ISTANT CULT!

Ma per la maggior parte è un film palloso, con poche idee, una mitologia scrausa, buchi di sceneggiatura grossi come elefanti.

Tipo, oltre a quello di sopra, si scopre che Jason ha una sorella... e dove minchia è stata negli ultimi 50 anni?

Inoltre pure tutta la storia della mitologia e del Jason demone sembra più una trovata per capitalizzare sul successo della scrausissima serie tv, tanto che ad un certo punto compare pure un pugnale maledetto e il libro dei morti... e pure Evil Dead lo abbiamo copiato.


Ma proprio LO STESSO libro dei morti. Fun Fact: pare che nel mai fatto sequel di Freddy vs. Jason dovesse esserci pure Ash, quindi anche questo era un teaser. Il film non si è mai fatto perchè (true story) Sam Raimi se la tirava troppo.


Senza contare come il protagonista John LeMay era guardacaso il protagonista delle prime due stagioni della serie.... tristezza.

Comunque, va ancora detto a sua discolpa che Kane Hodder è un grande.

E la scena finale con il guanto di Freddy che porta la maschera da hockey all'inferno è uno dei più bei teaser che ci siano, da far venire il prurito a quelli della Marvel, gnè gnè!

"Kevin Feige friggi!"



3) VENERDI' 13 (1980)



Che uno magari pensa "ma no! ma dai! ma come si può mettere il primo capitolo della serie così in alto nella classifica dei peggiori?".
Semplice perchè i sequel, anche quelli più brutti e stupidi, avevano un motivo per esistere, ossia rivendere il marchio al pubblico.
Invece sto filmino del cavolo non aveva motivo di essere e non era manco sta gran cosa; all'epoca, figuriamoci mò, 35 anni dopo.

Perchè adesso chiudete gli occhi, immaginatevi nel 1980, con i vostri pantaloni a zampa di elefante, le scarpe con la zeppa, il giubbotto di pelle attillato e i basettoni; entrate in un cinema, uno qualsiasi, per vedere sto film di cui parlano tutti, sto Venerdì 13; siete incuriusiti perchè pare che sia il miglior horror low budget dai tempi di Halloween (ossia da due anni a questa parte) e voi di horror ne capite: avete setacciato ogni sala della penisola per vedere i vecchi film di Bava, gli splatter di Fulci, i gialli di Argento; conoscete a memoria Black Christmas e in casa avete incorniciata la locandina originale de L'Ultima casa a sinistra.

Il film comincia e la prima cosa che succede è un omicidio in stile POV.... come in Halloween, ma senza tensione e con uno slow motion finale messo in post produzione giusto per fare i fighi.

Il film continua e vi ritrovate a Crystal Lake, un camping abbandonato nel New Jersey che dovrebbe essere attraversato da un'atmosfera campestre che grida desolazione e morte.... ma è talmente verde e caldo che vi vien voglia pure a voi di tuffarvi nel lago.

I personaggi cominciano a morire.... ma a voi non frega na mazza visto che sono un gruppo di coglionazzi da record, ché riuscireste ad empatizzare di più se fossero degli scimpanzè lobotomizzati.

Due etti di Kevin Bacon alla griglia, grazie

Nel frattempo cala la notte e l'atmosfera si fa più lugubre, più cupa.... talmente cupa che non si vede un cazzo.
Sul serio: la fotografia originale sembra fatta da un ipovedente: tutto nero tranne quello che c'è in primo piano, al punto che davvero non si capisce cosa accade sullo schermo. Problema che hanno risolto solo con la recente rimasterizzazione in blu-ray.

Profondità dell'immagine

E man mano che il body count sale dietro le ombre, vi accorgete che anche la noia sale; perchè in tutte le uccisioni non c'è tensione, non c'è suspanse, solo una minima preparazione e l'esecuzione.

Al che uno può pensare: ok, ma le uccisioni almeno sono belle?

Mmmmm..... anche no, visto che sono prese pari pari da Reazione a Catena di Bava.

Così come l'atmosfera.

E l'ambientazione.

E la graficità della violenza.

E il fatto che i personaggi sono carne da macello.

E il fatto che il killer si scopre solo alla fine.

E che non è nessuno dei personaggi.

E che alla fine muore male.

E che si capisce che è lei dal momento in cui entra in scena.


Noooo! Lo avreste mai detto?

Perchè sul serio: dopo un ora e 1/4 di film viene introdotto un nuovo personaggio che guida la stessa jeep che ha caricato la prima vittima e secondo te, caro Sean Cunningham, io non capisco che è l'assassino? Ma mi prendi per scemo?

E quindi alla fine del film, uscite dal cinema maledicendo quelle 5mila lire che avete regalato a Cunningham e cercate un cinema dove proiettino Shining per rifarvi gli occhi.

E teoricamente già a questo punto dovreste aver capito che Venerdì 13 era il film pacco del 1980.

Ma allora come si spiega tutto il successo che ha avuto?

Semplice: non si spiega!

Nessuno lo ha mai capito. Si è cercato di dire che il film dava al pubblico quello che il pubblico voleva vedere. Ma quanti altri film con assassini e belle ragazze c'erano in giro all'epoca? Tipo Maniac o Tourist Trap, che erano pure fatti meglio. Ma nessuno ha avuto lo stesso successo.

Comunque, in tutta la sarabanda di scopiazzature, noia e buio, almeno qualcosa di veramente efficace il primo Venerdì 13 lo regalava: la scena in cui il piccolo Jason esce dall'acqua, il primo e più famoso jump scare del cinema americano da drive-in.

Best Jump Scare Evah!


Tutto il resto è noia, pessimismo e fastidio.

E no: nel primo film non ci sono neanche le tette.





2) VENERDI' 13 PARTE VIII- TERRORE A MANHATTAN (1989)




Ossia: l'ultimo venerdì del regno dei Mancusi.

Che siccome la love-story tra l'elephant zombie man del Jersey e la Carrie made in China non gli era piaciuta manco a loro, decidono di fare qualcosa di nuovo e inedito: mandare Jason a New York per fare strage di punk e radical chic.

E uno pensa: minchia, finalmente qualcosa di nuovo davvero. E invece no, i Mancusi tirano la lenza e portano lo spettatore che ha abboccato all'amo dritto in barca. LETTERALMENTE.

Perchè il film si chiama "Terrore a Manhattan" ma per 3/4 è ambientato su una nave da crociera... depressione.

Alla fine Jason e cumpa arrivano a Manhattan... ricostruita a Vancouver.... altra depressione.

Però ad un certo punto Jason va a Times Square e spaventa a morte un gruppo di teppisti pischelli.... ma sono due inquadrature in croce... uccidetemi!

Tiè, non ci crede manco lui


E teoricamente potrei fermarmi qui, chè già avete capito perchè questo è il peggiore sequel di tutti perchè é una fregatura gridata a gran voce peggio del numero 4; e invece no, c'è altro.

Non c'è sangue... si, avete capito bene: i Mancusi stavolta si sono convinti che il sangue fa male e tagliano tutto quello che c'è da tagliare; e quindi nulla, noia a mille.

E non c'è sesso. Nel senso che c'è ma non c'è; perchè la maiala del gruppo è pure bona, ma resta con la lingerie addosso... e si disegna sul corpo gli organi interni... davvero sexy :(

E quando Jason si toglie la maschera ci sta pure una bella sorpresa:


E' diventato un Muppet!


No, sul serio: sto coso dovrebbe fare paura?

Che fine ha fatto quel magnifico terrone che pareva John Belushi stile lupo mannaro de L'Assassino ti siede accanto? E lo storpio incazzato di Week-End di terrore? E il mostrone di Il Sangue scorre di nuovo? Sto coso pare uscito da un episodio dei Power Ranger!?!?!

E indovinate che gli succede alla fine... in pratica, c'è un tunnel sotto New York che ogni notte viene allagato con delle sostanze tossiche (che?), Jason ci finisce dentro e torna bambino (cosa?); ma non il bambino deforme che tutti noi amiamo, bensì un bel bambino normale.... come Pinocchio! (Vi prego uccidetemi di nuovo!)

Jasonocchio

Che poi, tornando al discorso dei Power Ranger, qui Jason si teletrasporta da un luogo all'altro; non chiedetemi come, ma ci riesce. Infatti all'inizio è sepolto a Crystal Lake, ossia un lago; poi sale su di uno yacht nel lago e si ritrova nell'oceano atlantico; quando i sopravissuti lo abbandonano in mezzo al mare, lui si teletrasporta al porto di New York... wow, chissà se c'ha pure il robottone a forma di dinosauri.

Va detto a discolpa del film che almeno una scena decente c'è: Jason smonta la testa di un aspirante pugile con un destro che manco in Mortal Kombat; agevoliamo la prova video:



Tipo Alì contro Foreman, ma con Foreman che fa una fatality.

E voi pensate: cosa può esserci peggio di un sequel noioso, stanco e ridicolo?

Semplice: un remake!

NNNNNNNUOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!



1) VENERDI' 13 (2009)



Domandone da un milione di euri: come si fa a disintegrare una serie di film multimilionaria che sta in giro da quasi trent'anni, che conta milioni di fans nel mondo, che ha prodotto 10 lungometraggi autonomi, un cross-over, una serie televisiva, una serie infinita di fumetti e videogames e per la quale la gente ancora è disposta a spendere i suoi soldi nonostante tutti i suoi "capitoli" siano tutti rigorosamente uguali?

Semplice: chiami Michael Bay e gli fai fare un remake ad minchiam del primo capitolo. E per andare sul sicuro lo fai dirigere a Marcus Niespel.

E BAM! In un lampo a nessuno frega più nulla di Jason, di sua madre e di Crystal Lake.

Perchè non ci voleva nulla a fare un buon remake di un brutto horror squattrinato i cui difetti sono evidenti pure ad un cieco; bastava metterci una trama decente, uccisioni ben coreografate e sopratutto un pizzico di tensione. E magari condire il tutto con un pò di tette.

E invece no, Niespel proprio non lo sa come si fa un horror. Che già nel 2003 aveva stuprato Non Aprite quella Porta sempre assieme all'amicone Bay. E un anno dopo Venerdì 13, Bay avrebbe stuprato pure Nightmare giusto per non farsi mancare nulla.

"Michè, va là quant'è grosso! Ma a sto giro la usiamo la vasellina?" "No Marchì, c'è un motivo se la mia casa di produzione si chiama PLATINUM DUNES!"



Che poi devo capire perchè alla New Line abbiano deciso di far produrre i remake delle più famose icone horror della seconda metà del secolo ad un tizio che non sa tenere in mano la cinepresa neanche se gliela incolli con l'attack e che è famoso per fare i film di propaganda dei marines e i film con i robottoni alieni ritardati.

Fatto sta che sto nuovo Venerdì 13 non se può vedè.

La fotografia è talmente patinata che sembra quella di un videoclip di Rihanna, alla faccia dell'atmosfera gotica e campestre.

Gli attori sono antipatici.... ok non tutti ma quasi, ma ci torniamo dopo.

La tensione? Che tensione? Qua gli omicidi sono tutti uguali: ragazzo/a scemo/a vede Jason, si spaventa, Jason lo/a raggiunge e lo/a accoppa.

PUNTO.

E la morte del cinema di genere è servita.

La morte dell'horror

Che poi almeno le uccisioni.... che cazzo: anche nei peggiori sequel degli anni '80 il regista di turno si scervellava per trovare un modo originale sventrare i ragazzetti.
Qui no: machete in testa o machete nella schiena, alla faccia del grosso budget e della voglia di rilanciare la serie.

Si, rilanciamola nel fosso!

Che Niespel e Bay criticavano il lavoro di Ronny Yu di Freddy vs. Jason perchè aveva fatto una commedia nera anzicchè un horror; e sti due stronzi che fanno? Un horror che non è violento, non fa paura e si prende talmente sul serio da sprofondare nel ridicolo più puro. Complimenti!

Comunque, giusto per essere equi e solidali, qualcosa di decente questo splendido disastro ferroviario ce l'avrebbe pure.

Primo: hanno ripreso la sottotrama di Capitolo NON SONO QUELLO Finale con il tizio che cerca la sorella, così almeno c'è un personaggio simpatico; da L'Assassino ti siede accanto hanno ripreso ZotiJason e la storia che lui crede che la final girl sia sua madre; che poi in realtà è la sorella scomparsa. 

Derek Mears nel ruolo di Jason non è all'altezza di Kane Hodder, ma si difende bene con la sua stazza da wrestler e i movimenti da vero terrone ritardato.

Il reparto tette è ottimamente condito con America Olivo che è puro sesso su due gambe, la cantante Willa Ford che fa sci nautico come mamma l'ha fatta e sopratutto con Julianna Guill che ha tipo le tette più belle mai viste nella serie dopo quelle di Debie Sue Voorhees.

Ma se sono riuscito a sorbirmi per intero questo aborto sanguinante per ben DUE VOLTE (lunga vita ai coraggiosi!) è stato solo merito suo:


Danielle Panabaker, simply lovely!

Esatto: Danielle Panabaker, l'unica vera scream queen del 21mo secolo. Che con quegli occhioni mi ha fatto innamorare perdutamente tanto che sono morto anch'io quando l'ammazzano. E lo devo ammettere: è lei l'unico motivo per cui ogni martedì guardo quel Flash versione bambino etiope sbiancato.

E quindi niente: sto remake/reboot/requellochevuoi resta comunque una chiavica totale anche al netto di Danielle, Derek e delle tette.

Ma fa talmente schifo che pure i fan lo schifano. E ha fatto talmente schifo che pure il botteghino lo ha schifato. E continua a fare talmente schifo che dal 2009 non stanno più facendo film targati Venerdì 13. Ed è per questo che tutti lo continuano a schifare. Ed ora avete un motivo in più pure voi per schifare Michael Bay. Che davvero, tra Jason e le Tartarughe Ninja trasforma in merda (o in merda ancora più puzzolente nel nostro caso) tutto quello che tocca. E' tipo il Re Mida degli stronzi il buon Michael.

Il Re Mida della merda


Ricapitolando: Venerdì 13 non è una serie riuscita, ma è divertente. 

A volte. 

Quindi se vi capita di vedere uno dei film che ho messo tra i migliori, forse vi divertirete. 

Forse. 

E sempre che non abbiate troppe pretese.



E ora, prima di salutarci, la parola al Crotalo Smeraldo che ci dirà la sua sulla saga del venerdì sfigato:


"E' SPAZZATURA."




THAT'S ALL FOLKS!