martedì 4 agosto 2015

Ex Machina

di Alex Garland.

con: Domhnall Gleeson, Alicia Wikander, Oscar Isaac, Corey Johnson, Sonoya Mizuno.

Fantascienza

Inghilterra (2015)
















---SPOILERS INSIDE---


Alex Garland è uno degli autori più sopravvalutati sulla scena cinematografica; non un semplice "cattivo scrittore" al pari di Orci e Kurtzman, bensì un autore che tenta sempre e comunque di ridare linfa vitale al genere fantascientifico con dosi massicce di aspirazioni artistiche e filosofiche, salvo poi scadere nell'ovvio o virare verso lidi narrativi più sicuri. E' successo con "28 Giorni Dopo" (2002), con "Sunshine" (2007), il disastroso "Dredd" (2012) ed il sopravvalutato "Non Lasciarmi" (2010), succede ora con "Ex Machina", esordio alla regia baciato dal successo di critica e pubblico, ma dal fiato cortissimo.


C'è la voglia di far tornare la fantascienza alle sue radici filosofiche, in "Ex Machina"; una volontà di spogliarla da tutti gli orpelli non necessari e farla vivere di pura, essenziale e viva riflessione sul mondo che verrà. Volontà che porta Garland (regista e sceneggiatore) a puntare al kammerspiel come mezzo di messa in scena: tre attori principali, più uno ancillare, chiusi in un ambiente claustrofobico, a confrontarsi su tematiche scottanti.
Ripreso il tema sempreverde dell'IA, ci si interroga su ogni sua possibile implicazione e si pongono a confronto punti di vista se non confliggenti, quanto meno distanti: il programmatore-capo Nathan (Oscar Isaac) e la sua volontà di creare qualcosa di unico, l'imberbe Caleb (Domhnall Gleeson) chiamato a confrontarsi con il più grande passo avanti della scienza di sempre, e lei, l'androide Ava (Alicia Wikander), nuova forma di vita e mistero da decifrare. Ed è, clamorosamente, proprio sulla caratterizzazione dei personaggi e sul contenuto dei dialoghi che l' "autore" Garland inciampa.


La caratterizzazione va dal piatto allo sbagliato; Caleb non riesce mai davvero a incarnare il ruolo di persona comune chiamata a confrontarsi con il mistero della vita e dell'intelligenza; le sue reazioni sono piatte, le sue battute ai limiti del comico e vive essenzialmente di mezzi sorrisi e frasi fatte; Nathan, teoricamente il demiurgo che gioca a fare Dio, sprofonda sin da subito nel ridicolo grazie alla scelta di presentarlo come un alcolizzato, non è dato sapere per quale motivo, dotato di una parlantina che lo fa somigliare all'ennesimo clone di Zuckenberg piuttosto che ad un brillante giovane inventore; vien da ridere se si pensa che scrittore ed interprete ammettono di essersi ispirati a Stanley Kubrick per il personaggio: tra un "dude" ed una ridicola danza anni '80, l'unica cosa che resta del grande regista è il barbone filosofico e gli occhialini; forse nella visione di Garland basta appiccicarli in faccia ad una persona per farli diventare intelligenti.


L'incontro con Ava, la "nuova vita", manca volutamente di tensione; l'IA, come purtroppo accade di rado, non viene immediatamente descritta come minaccia aprioristica al genere umano, almeno inizialmente; Ava non è un robot-killer, ma un organismo neonato che cerca di sopravvivere in un mondo ancora alieno, mentre viene segregata all'interno di una prigione; un "topo da laboratorio" che gioca con il suo esaminatore Caleb in una serie di sessioni; non un "mostro", ma una semplice forma di vita, ben che già da metà film sia avvertibile una contraddizione logica quando Nathan parla del futuro delle macchine come nuova specie dominante.
Man mano che le sessioni procedono ed il tema della sessualità si fa più forte, ci si accorge come Garland, tra le altre cose, decida di saccheggiare integralmente "Demon Seed" di Dean Koontz per costruire il rapporto morboso tra cavia ed esaminatore: una macchina che concupisce un uomo mediante la sessualità, un uomo che si congiunge alla macchina in un'unione mostruosa proprio come avveniva oltre decadi fa con il supercomputer Proteus.
La contraddizione finale è avvilente: nel terzo atto l'IA diviene semplice predatore, nuova vita che distrugge tutto quello che non vuole comprendere, come da copione; scelta volontaria, che porta volontariamente a distruggere l'empatia dello spettatore con il quale si è giocato in precedenza, ma che appiattisce il personaggio di Ava.




Semplicemente atroce la costruzione dei dialoghi; non c'è un'unica riflessione che sia portata a compimento o, più semplicemente, elevata al di là del semplice status di masturbazione mentale; ogni concetto portato alla luce dal confronto tra Caleb, Nathan e Ava viene rimbalzato per un paio di battute e poi lasciato a morire; non si arriva ad essere partecipi delle elucubrazioni sul tema della coscienza di sé, sulla differenza tra sentimento o finzione, teoricamente la base dell'intera riflessione, nè si è stuzzicati a rifletterci; Garland ha paura di prendere una posizione, forse per non voler mostrare il fianco a critiche, quindi si limita a bombardare lo spettatore con termini e situazioni senza mai prendersi la briga di portarli a compimento; attitudine che fa quasi rabbia se si tiene conto di molti dei temi toccati (come l'importanza del gender o della conoscenza empirica) siano urgenti e sempre interessanti.



Come se non bastasse, il Garland regista decide di rubare ogni singola soluzione visiva da altre fonti, lasciando quel poco di originalità giusto nel design del corpo cibernetico di Ava, comunque poco inventivo. I freddi corridoi della casa bunker vengono dritti dal cinema di Andrew Niccol ed il suo splendido "Gattaca" (1997), l'uso di superfici riflettenti per far confrontare i personaggi con sé stessi direttamente da Michael Mann ed il suo "Insider" (2000); gli ambienti asettici e il gusto per le inquadrature statiche e grandangolari da quel Kubrick ed il suo "2001: Odissea nello Spazio" (1968) tanto amato e tanto poco capito, dal quale viene anche ripreso l'uso del jump-cut per spezzare la tensione e della musica per crearla. Non c'è nulla di originale, nulla di compiuto, nulla di concreto.


Al punto che alla fine si capisce come "Ex Machina" possa ben essere visto come la parte peggiore di ogni opera autoriale, di quel cinema fatto per piacere solo a chi lo fa e a sfoggiare un'attitudine verso forme e tematiche apparentemente profonda, ma nei fatti solo ed unicamente pretenziosa.

3 commenti:

  1. Ciao!
    Umm... L'ho visto da poco, ma se devo dirla tutta non ha convinto neanche me, soprattutto il finale. Il film è incentrato su come Ava sia uguale a un essere umano e poi questo finale così da "macchina" mi è sembrato strano e mi ha fatto storcere il naso, anche se per altri può essere un twist entusiasmante che io non ho colto.
    Isaac da premiare, però. L'ho adorato davvero.
    Se ti interessa leggere la recensione che ho pubblicato sul mio blog è qui: Raggywords: Recensione Ex_Machina.
    Scusa per l'eventuale spam indesiderato, ciao!

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  2. La leggerò con piacere :)

    Alex Garland purtroppo non è nuovo a finali decerebrati e privi di senso; anche "Sunshine" e "28 Giorni Dopo", purtroppo, crollano miseramente nel III atto; è come se per tutto il tempo, nei suoi film, cercasse soluzioni alternative al solito massacro, salvo poi, di punto in bianco, smettere di provarci e buttare tutto sul già visto per il gusto di chiudere tutto il più in fretta possibile.

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    1. Ah, un recidivo quindi! Mi aspettavo molto di più, comunque...
      Grazie mille per passare dal mio angoletto :3

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