martedì 27 dicembre 2016

Natale di Sangue

Silent Night, Deadly Night

di Charles E. Sellier Jr.

con: Robert Brian Wilson, Lilyan Chauvin, Gilmer McCormick, Toni Nero, Britt Leach, Linnea Quigley.

Horror/Slasher

Usa 1984















Ricordare come le Festività Natalizie si siano trasformate, a partire dalla metà circa del XX Secolo, in semplici rincorse al consumismo più bieco sarebbe pleonastisco; eppure, di tanto in tanto, ci sono film che divengono veri e propri casi ed inducono a riflettere sullo stato delle cose, riuscendo a farci realizzare quanta follia si sia insinuata in tali ricorrenze. In particolare sono due le pellicole che, pur uscite a distanza di di trent'anni l'una dall'altra, permettono di tracciare un quadro a dir poco sconvolgente sul modo in cui l'Occidente, in particolare la società americana perbenista e non, guarda al Natale; la prima, più recente, è l'orripilante "Kirk Cameron's Saving Christmas" (2014), sorta di filmaccio amatoriale che giustifica gli eccessi viscerali del consumismo facendo credere allo spettatore teocon di turno che alberi di Natale, renne e panciuti Babbi Natale altro non siano che versioni moderne dei simboli cristiani; l'altra è un piccolo classico dello slasher anni '80, un film decisamente meno ambizioso, ma che alla sua uscita non mancò di scatenare incredibili polemiche: "Silent Night, Deadly Night".




La gimmick alla base dell'exploit di Sallier e soci è semplice: rifarsi totalmente ad un sottofilone dello slasher classico, quello a tema festivo, inaugurato proprio dai due capisaldi del genere "Halloween- La Notte delle Streghe" (1978) e "Black Christmas" (1974), alzando però il tiro: questa volta il killer non solo compie la sua strage durante la notte della Vigilia, ma è anche vestito da Santa Clause. Trovata di per sé stessa neppure originalissima: i primi Babbi Natale assassini erano comparsi su schermo già all'inizio del decennio con i coevi "To All a Goodnight" (diretto dal mai dimenticato David "Krug" Hess) e "You Better Watch Out" nel 1980. Ma allora perché proprio il film di Sellier fu oggetto di una gogna mediatica tanto feroce?
Perché di vera e propria persecuzione si può parlare: in quell'Inverno 1984 orde di genitori inferociti puntellarono i cinema delle grandi città che osavano proiettare il film, mentre alla TV Gene Siskel, al solito disgustato dal film horror di turno, lanciò un vero e proprio anatema su regista e produttori. Comportamento stile Berlino anni '30 che induce a due forti riflessioni: la prima sulla perdita di valori cristiani, in particolare della simbologia cristiana, che affligge le celebrazioni natalizie moderne in gran parte del Mondo. La seconda sul coacervo di non-valori e pochezza umana ed intellettuale che hanno portato a contestare quello che è, nei fatti, un innocuo seppur granguinolesco B-Movie.




La celebrazione del Natale, sempre per quanto sia inutile ricordarlo, ha perso le sue coordinate religiose. Il Natale non è più una festività religiosa, per molti; non è più la celebrazione della nascita del Figlio di Dio o, comunque lo si voglia vedere, del personaggio più importante della Storia dell'Uomo. Non c'è la celebrazione della figura del Cristo, le cui effige non compaiono nelle strade né sui negozi. Il messaggio di amore fraterno e perdono reciproco e disinteressato che predicava è stato sostituito da un più blando (e più facilmente vendibile) messaggio sulla "pace universale"; le croci sono sostituite da alberi addobbati ed i cori evangelici da canzoncine smielate sulle renne e le slitte.
A sostituire la figura di Gesù c'è quella di Santa Claus o Babbo Natale che dir si voglia. Personaggio talmente radicato nel folklore popolare fino al punto in cui le sue vere origini sono ricordate da pochissimi. Poiché, se sul versante strettamente cristiano Santa altro non è se non una versione popolarizzata di San Nicola di Bari, su quello più strettamente favolistico, che concerne la sua caratterizzazione di "bontempone che porta i doni ai bambini", si riallaccia alle più oscure leggende del Nord Europa, le quali lo vedevano come una figura ai limiti del demoniaco piuttosto che come un simpatico costruttore di giocattoli.




L'idolatria della figura di Santa altro non è che una ripresa di un culto pagano culturalmente accettata. E la sostituzione di una figura religiosa con una creata ad hoc ricorda quasi i riti della Santeria. Esagerazione? Può darsi, fatto sta che il mutamento di pelle che il Natale ha subito negli anni, con la sostituzione dei simboli propri della cultura cristiana (cattolica e non) con quelli della tradizione Nordica (su tutti l'albero) non può che portare alla mente certi riti volutamente blasfemi. E l'attitudine dell'americano medio verso questa traslazione ben può essere compresa guardando il film con Kirk Cameron: la sostituzione è completa ed incontrovertibile; quando qualcuno tenta di far ragione un convinto cristiano della falsità di tali tipi di celebrazioni, questi risponde con incredibili pippotti pseudo-storici su come in realtà l''albero di Natale sia una Croce (!) e rievocando la partecipazione di San Nicola al Concilio di Nicea (sulla quale gli storici neanche concordano) come una sorta di Fight Club paleocristiano. Il che è anche contraddittorio, se si tiene conto della natura conservativa degli ideali di chi ha scritto e diretto il film: laddove Kirk Cameron e soci idolatrano la cultura pagana, ben avrebbero dovuto ostracizzarla; ma la loro cultura è talmente pregna di una simbologia fasulla che hanno deciso di assorbirla, piuttosto che disconoscerla, forse anche per non scontentare molti membri della destra liberale.
Il Natale, in pratica, ha cambiato faccia e, al bando ogni tipo di restaurazione o rievocazione anche solo privata del vero spirito natalizio, ciò che conta è la celebrazione. Celebrazione che deve avere le forme del consumismo, delle luci, del cioccolato e dei maglioni con le renne. Chi non si omologa è nell'errore, chi cerca un significato non immanente nelle celebrazioni va convertito al consumo. Il che spiega, per certi versi, anche l'astio verso "Silent Night, Deadly Night".





Il film esce infatti nel 1984 e la data è essenziale; l'erosione di valori etico-sociali e religiosi, propri della controcultura post sessantottina, ha già fatto il suo tempo e la sostituzione dei finti valori patriottici della "più grande generazione" con una sensibilità più umana ha ceduto il passo all'edonismo, all'affermazione individuale condita da fiumi di coca e al consumismo un tanto al chilo. L'industria del giocattolo in quegli anni attraversa un periodo d'oro: i giocattoli dei "Masters of the Universe" ed il merchandise di "Star Wars" (entrambi presenti sullo sfondo di molte inquadrature del film) sono l'ossessione dei piccoli ed il Natale è l'occasione più ghiotta per infoltire la propria collezione. In tutto questo, un piccolo film decide di infangare la figura di Santa Claus, ossia il volto del consumismo festaiolo, di trasformarlo dall'idolo dei bambini ad un assassino per il ludibrio di un pubblico forse meno ottuso. E stiamo pur sempre parlando di una figura venerata al posto dell'icona cristiana per antonomasia, che per forza di cose ora appare in ogni singolo articolo per i più piccoli. L'americano medio, immerso fino al collo nel culto del benessere, non può sopportare un tale affronto, che sembra uscito dritto dritto dall'iconoclastia del decennio precedente: Santa Claus è il simbolo del Natale, il Natale è la Festa del Giocattolo, il giocattolo è il vezzo dei bambini, ostracizzare anche solo per fini commerciali Santa vuol dire sputare in faccia ai più piccoli. Ma ancora di più, vuol dire puntare il dito medio a quel sistema di non-valori che tutti, nel bene o nel male, accettano passivamente, anche quando questa contrapposizione non è voluta da chi ha prodotto il film.
Una reazione violenta semplicemente ridicola, quella dei "genitori preoccupati": Santa Claus non è che il simbolo della mancanza di valori, arrabbiarsi per l'aver usato la sua immagine per un horror è pura idiozia e cela una forma di ignoranza impossibile da eludere e ben più inquietante di qualsiasi horror natalizio possibile.






Polemica che diviene ancora più ridicola se si entra nel merito del film. "Silent Night, Deadly Night", pur non essendo una pellicola memorabile o un capolavoro del cinema di genere, è un onesto slasher che ha dalla sua un'attenzione spiccata per la figura del killer; per intenderci, siamo più dalle parti di "Maniac" (1980) che di "Venerdì 13" (1980): tutta la prima metà del film è rivolta a costruire la caratterizzazione del "Babbo Natale Assassino", Billy; traumatizzato sin da piccolo dalla figura di Santa, prima a causa delle parole di un nonno demente, poi, sopratutto, per aver assistito al massacro dei genitori da parte di un uomo vestito da Papà Natale. Ma il mero trauma infantile è solo parte della formula: ancora più pressante è la figura della Madre Superiora (Lilyan Chouvin), cliché dell'educazione cattolica restrittiva e chiusa in sé, che punisce fisicamente ogni piccolo errore del bambino, sino a trasformalo nell'essenza stessa dello slasher, ossia un killer che uccide chiunque sia "cattivo"; tant'è che alla fine, quella di Billy altro non è se non una versione estremizzata dell'attività di Santa, che dispensa morte a chiunque sia cattivo, gridando un freddo "Punish!" ad ogni fendente di ascia. Un killer che come da tradizione viene creato da una società ottusa e violenta e che ne diviene lo specchio deformato.




Ma "Silent Night" è sopratutto un film estremamente divertente: le uccisioni sono elaborate e condite da buoni effetti splatter; brillano un pò tutte per inventiva, sopratutto quella, divenuta cult, di una giovane e già irresistibile Linnea Quigley, impalata sulle corna di un cervo. Rivederlo oggi, memori di quante controversie creò alla sua uscita, non può che indurre al sorriso o, se si è anche solo un filo credenti, al disgusto per tutto il retroterra di idiozia che ha disvelato oltre trent'anni fa.




EXTRA


La "caccia alle streghe" che lo ha interessato non ha certamente impedito al film di essere un successo, tanto da essere trasformato in una vera e propria serie.



Nel 1987 esce il primo sequel, "Silent Night, Deadly Night 2" e questa volta le polemiche vengono saggiamente lasciate ai fessi. Sequel ai limiti dell'inguardabile, creato montando parti del primo film con poche sequenze inedite, segue le vicende di Ricky, fratello di Billy, anch'egli traumatizzato dalla figura di Babbo Natale ed interpretato da Eric Freeman, la cui recitazione scarsa e sopra le righe ha portato alla creazione di una sequenza talmente trash da essere diventata di diritto uno dei meme più amati da Internet:



Nel 1989 la serie passa allo Straight-to-Video con "Silent Night, Deadly Night 3: Better Watch Out!", con Ricky questa volta interpretato da un giovane Bill Moseley... agghindato con uno strambo copricapo. Ancora più curiosa è però la partecipazione di una serie di volti noti: i lynchiani Eric Da Re e Laura Harring, qui giovanissimi, sono due dei coprotagonisti, mentre in cabina di regia c'è niente meno che Monte Hellman in versione "mercenario per soldi".





L'anno successivo addirittura Brian Yuzna decide di dirigere un sequel: "Initiation: Silent Night, Deadly Night 4" riprende però solo il titolo dell'originale e presenta una storia narrativamente slegata rispetto ai primi tre film; al centro della vicenda c'è la giornalista Kim (Neith Hunter) alle prese con uno strano omicidio, le cui indagini la portano a venire in contatto con uno strano culto e a scoprire l'esistenza di bizzarre creature vermiformi. Nel cast anche il sempre inquietante Clint Howard.





Nel 1991 è la volta dell'ultimo sequel, il più particolare del mucchio; "Silent Night, Deadly Night 5: The Toy Maker" è una rilettura horror della favola di Pinocchio, ma si segnala sopratutto per la presenza di Mickey Rooney, che all'uscita del primo film scrisse addirittura una lettera di disgusto ai produttori e al regista. Cosa non si fa per soldi...






Nel 2012 è infine la volta dell'immancabile remake, questa volta più curato del solito e decisamente interessante: "Silent Night" mette al centro della vicenda una giovane poliziotta, interpretata dalla bella Jamie King, alle prese con un killer vestito da Santa, che sembra avere una storia di traumi alle spalle.


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