mercoledì 15 febbraio 2017

Indiana Jones e l'Ultima Crociata

Indiana Jones and the Last Crusade

di Steven Spielberg.

con: Harrison Ford, Sean Connery, Alison Doody, Denholm Elliott, John Rhys-Davis, Julian Glover, River Phoenix.

Avventura/Azione/Commedia

Usa 1989














Nella mente del pubblico americano, l'estate del 1982 è rimasta marchiata a fuoco come la più densa di uscite cinematografiche imperdibili: nel giro di poche settimane videro il buio della sala capolavori quali "La Cosa", "Blade Runner" e "Conan il Barbaro", anche se a vincere la corsa ai botteghini fu "E.T.- L'Extraterreste"
Di certo meno memorabile, ma lo stesso altrettanto densa di uscite fu l'estate del 1989, la cosiddetta "estate dei sequel", che vide l'uscita dei secondi capitoli di alcune tra le pellicole di maggior successo del decennio, quali "Arma Letale 2" "Ghostbusters II" e "Gremlins 2- La Nuova Stirpe", sebbene a trionfare al botteghino alla fine fu una pellicola originale, quel "Batman" di Tim Burton che divenne pilastro della cultura pop in pochissimi giorni. Ma il premio per la pellicola più sorprendente, pienamente ascrivibile alla tematica di quella fatidica estate, non può che andare al terzo capitolo della saga di Indiana Jones, quel "L'Ultima Crociata" che segna la fine (purtroppo solo momentanea) delle avventure dell'archeologo-avventuriero della coppia Lucas/Spielberg e lo fa in grande stile, riprendendo i topoi che ne resero celebre la formula con il primo capitolo ed elevandoli ad un livello ulteriore.




Tornano quindi i nazisti impegnati in una quest per ritrovare un artefatto della cristianità, questa volta il Santo Graal; tornano le ambientazioni desertiche, con la Terra Santa al posto dell'Egitto; tornano anche i personaggi di Sallah (John Rhys-Davis) e Marcus (Denholm Eliott), che si sveste dei panni della figura paterna per divenire un'inaspettatamente riuscita linea comica; questo perché nei panni del vero padre di Indy, Henry Jones Sr., troviamo niente meno che Sean Connery, scelta semplicemente perfetta.
Divenuto oramai una leggenda del Grande Schermo a seguito del suo rilancio, operato qualche anno prima con il cult "Highlander- L'Ultimo Immortale" (1986) e con l'Oscar per il megasuccesso de "Gli Intoccabili" (1987), Connery divora ogni singola inquadratura con una performance ironica, viva ed incredibilmente carismatica; ma si supera ulteriormente grazie alla perfetta alchimia con Harrison Ford: i due danno vita ad una delle coppie più genuinamente brillanti mai apparse su schermo, anche grazie all'ottima scrittura dei loro personaggi.




Se Indiana Jones è come al solito un avventuriero scavezzacollo interessato solo alla gloria della caccia al tesoro, suo padre è un personaggio più scafato, più attento alle ripercussioni anche morali che le proprie azioni hanno sul mondo; la sua è una vera e propria guerra contro quel male assoluto incarnato dal Nazismo, una vera e propria crociata contro l'oscurità che attanaglia il mondo, in una giustapposizione di vedute e caratteri semplicemente perfetta.
Non da meno, comunque, il resto del cast, con un Denholm Eliott il cui Marcus Brody è una spalla comica il cui humor semplice, dovuto al carattere naif e stralunato, coglie sempre nel segno; la parte dell'interesse amoroso viene affidato alla giovane e bellissima Alison Doody, il cui personaggio è decisamente più complesso di quelli visti in precedenza: doppiogiochista, ma non meschina, in grado quasi di redimersi, eppure dedita all'affermazione personale sino alla morte, anch'ella contrappeso al personaggio di Indiana Jones, di cui finisce per rappresentare il lato più distruttivo. Sorprendente anche il cameo del compianto River Phoenix, protagonista del rutilante incipit nei panni della versione più giovane, ma già affiatata del protagonista.




Azione rutilante che Spielberg conduce con mano ormai sicurissima; gli stunt sempre più incredibili si moltiplicano e si susseguono ad un ritmo forsennato; il cambio di ambientazione nella prima del film, con Venezia che apre le danze degli inseguimenti, avvicina la saga ad uno dei modelli di riferimento, ossia i film di James Bond, dove le location esotiche si moltiplicano ad ogni film; e vedere il vero James Bond interagire con il suo figlio più riuscito è semplicemente impagabile.





A differenza di quanto visto in precedenza, Spielberg spoglia l'azione dei risvolti più cruenti e cupi e vi inietta dosi sempre più marcate di umorismo; il modello diverrà la base per tutte le future pellicole d'avventura, che finiranno con il prendersi sempre meno sul serio sino a diventare delle parodie vere e proprie, ma qui l'equilibrio è ancora perfetto: si ride e ci si emoziona dinanzi alle rocambolesche avventure dei due Jones, in un crescendo di azione che porta ad un finale anticlimatico, eppure perfettamente riuscito e soddisfacente.




Finale che chiude alla perfezione le avventure dell'esploratore armato di frusta, divenuto oramai un mito, un personaggio immortale fissatosi indelebilmente nella memoria collettiva; che se ne va con un duplice congedo: il primo irresistibilmente ironico, quel "He choose poorly" che riassume perfettamente lo spirito del film; il secondo più epico, con la cavalcata degli eroi verso il tramonto, verso la pura leggenda.
Peccato che, due decenni dopo, Spielberg e Lucas decideranno di far concludere quella cavalcata in modo tutt'altro che memorabile.






EXTRA

Quella di Indiana Jones era stata inizialmente concepita come una trilogia ed è riuscita ad attraversare tutto un decennio durante il quale il cinema di intrattenimento americano ha raggiunto nuovi apici qualitativi, imponendosi come metro di paragone per molte successive produzioni; i piani per un quarto capitolo, tuttavia, non mancarono già all'indomani dell'uscita de "L'Ultima Crociata", il cui successo travolgente poteva ben ancora essere sfruttato.
Tutti i possibili progetti vennero però cassati da Lucas, che si disse insoddisfatto di tutti gli script proposti. Tra questi spicca quello scritto da Frank Darabont, "Indiana Jones and the Fate of Atlantis", che pur rimanendo saldamente ancorato allo spirito della saga, vi introdusse un forte elemento fantascientifico. La sceneggiatura era talmente buona che, pur con disappunto di Lucas, venne riutilizzata dalla Lucas Arts per dar vita all'omonimo videogame, per anni (ed in parte tutt'oggi) considerato come la continuazione ufficiale delle avventure dell'archeologo armato di frusta e fedora.





Ma anche prima dell'orrendo "Il Regno del Teschio di Cristallo", Indiana Jones vide un'altra incarnazione audiovisiva, questa volta per il piccolo schermo, con la serie "Le Avventure del Giovane Indiana Jones".




Durata per 3 stagioni e trasmessa dalla ABC dal 1992 al 1996, la serie ha carattere antologico e vede un giovane Indiana Jones (interpretato da Sean Patrick Flanery a causa della prematura scomparsa di River Phoenix) impegnato non tanto nella canonica caccia al tesoro, quanto in vere e proprie avventure che ne formeranno il duro carattere, sempre immerse in location e contesti geo-politici diversi. Ogni episodio seguiva un canovaccio scritto da Lucas e facente parte di una densa cronologia di eventi che aveva ideato come ideale background del personaggio.





Oltre ad una piccola partecipazione di Harrison Ford nei panni del Jones cinquantenne in un episodio, un terzo attore vestiva regolarmente i panni di Indy: George Hall appariva all'inizio ed alla fine di ogni episodio nei panni di un Jones 93enne.




Sfortunatamente, tutte le parti con Hall sono state rimosse dalle edizioni home-video, in una mossa simile alla "specializzazione" della saga di "Star Wars" che ha però finito per togliere parte del fascino della serie.

1 commento:

  1. Assolutamente memorabile, una grandissima conclusione con la trovata di babbo Sean a restituire freschezza e un ritmo perfetto

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