domenica 27 agosto 2017

R.I.P. Tobe Hooper


1943-2017


Esistono grandi artisti la cui importanza per la Settima Arte è indiscutibile. E poi ci sono ottimi cineasti, che pur non potendo essere definiti come artisti veri e propri, hanno lo stesso contribuito alla grandezza di un genere. Tobe Hooper era uno di questi, la cui importanza per l'horror americano e non è stata a dir poco seminale. 
Ma Hooper era in realtà un artigiano del cinema fantastico tutto, in grado di dar vita a visioni amene ed efficaci anche quando si allontanava dal registro che ne decretò la fortuna. Ed è una vergogna il fatto che negli anni non abbia più avuto possibilità di dirigere pellicole all'altezza del suo nome.




Eggshells (1969)

Esordio totale di Hooper nel lungometraggio, dopo aver diretto un unico corto cinque prima. Un piccolissimo film sperimentale, che segue le vicende di un gruppo di hippie texani, liberissimo nella forma e nel contenuto, perfetto esempio di cinema indie all'epoca della New Wave.





Il film che ha segnato un'epoca. Hooper si rifà alle gesta di Ed Gein e ad alcune leggende urbane del natio Texas, riprende in parte il modello di "Reazione a Catena" di Bava per creare il primo vero esempio di slasher americano. Tutti i suoi topoi fanno la loro comparsa, dalla prima parte volta a creare l'atmosfera e a caratterizzare i personaggi contrapposta ad un'indiavolato secondo tempo, all'assassino mostruoso e mascherato sino alla final girl. Ma ciò che rende ancora oggi "The Texas Chainsaw Massacre" interessante è lo stile: sporco, sgranato, quasi lurido, ai limiti dell'estetica documentaristica. 




Eaten Alive (1976)

Seguito ideale del capolavoro del 1974. Tornano personaggi disfunzionali contrapposti ad un gruppo di teen-agers in vacanza, vittime predestinate. Ma lo stile si fa visionario sino al lisergico. Vero e proprio "culto non colto" da riscoprire.





Primo adattamento televisivo di un romanzo di Stephen King, la cui qualità è ancor'oggi in parte apprezzabilissima. Hooper dirige con mano ferma tutte le sequenze più squisitamente horror, creando immagini inquietanti e da antologia.




Il Tunnel dell'Orrore (1981)

Ovvero: il primo film anni '80. Hooper omaggia i mostri classici della Universal e li immerge in un contesto slasher. Dove però il killer non è un semplice mostro, ma un freak che spesso muove a commozione come il Frankenstein di James Whale, in un connubio incredibilmente riuscito.





L'improbabile sinergia tra due autori lontani anni luce per stile e contenuti, Hooper e Spielberg, è invece feconda: Hooper dirige per il produttore Spielberg, che spesso si ingerisce pesantemente nella direzione, un riuscito "horror per famiglie", dall'immaginario orrorifico disturbante e memorabile.




Space Vampires (1985)

Se il rapporto con Spielberg è stato burrascoso, quello con Menahelm Golan è invece perfetto. Golan concede ad Hooper 20 milioni di dollari per dirigere con gusto e brio un vero e proprio "blockbuster extravaganza": un thriller a tinte horror che mischia hard sci-fi ed erotismo. Un cocktail ameno eppure gustosissimo, tenuto perfettamente in piedi dalla direzione dell'autore, ad oggi divenuto, giustamente, un amatissimo cult.




The Texas Chainsaw Massacre- Part II (1986)

Laddove l'originale era il perfetto esempio di pellicola anni '70, il sequel è l'incarnazione definitiva dello spirito degli 80's: pregno di uno humor grottesco, talvolta di pessimo gusto, immerso in una fotografia patinata e con personaggi talmente sopra le righe al punto che è impossibile prenderli sul serio (persino Leatherface e lo sceriffo matto di Dennis Hopper), "The Texas Chainsaw Massacre- Part II" è una pellicola volutamente trash e squallida, che però riesce a dimostrare l'estrema versatilità del suo creatore.




Masters of Horror- Dance of the Dead (2005)

Dopo anni di oblio, passati a dirigere incolori pellicole televisive, Hooper viene chiamato a bordo del progetto "Masters of Horror" di Mick Garris. Il suo "Dance of the Dead" non sarà tra gli episodi più riusciti, ma riesce lo stesso ad essere interessante, grazie ad una metafora di grana grossa, ma al contempo espressiva.

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