mercoledì 10 gennaio 2018

Lady Bird

di Greta Gerwig.

con: Saoirse Ronan, Laurie Metcalf, Tracy Letts, Lucas Hedges, Lois Smith, Timotheè Chalamant.

Usa 2017





















Il film dell'anno 2017 è, almeno per la critica, "Lady Bird", che con quel suo titanico 99% su Rottentoamtoes è stato consacrato come l'opera più importante di questa stagione; senza contare i recenti riconoscimenti che ha ricevuto ai Golden Globes: miglior attrice alla sempre ottima Saoirse Ronan e miglior commedia, tra gli altri.
Opera prima di Greta Gerwig, che scrive e dirige il tutto da vera autrice, "Lady Bird" è una storia vista e stravista: giovane adolescente nata e cresciuta in un ambiente chiuso e bigotto, incompresa ed in rotta di collisione con l'intero mondo, sogna la grande città ed un avvenire di successo lontano dal nido; ciò che convince, per fortuna, è il risvolto finale della storia e, in parte, il tono con cui tutto viene narrato, che finiscono per rendere questo esordio d'autrice quanto meno digeribile.




Musa di Noah Baumbach, la Gerwig viene da quel cinema mumblecore che da qualche anno sembra finalmente essere stato disincrostato dalla scena indie americana; ma nel suo film, di quel piccolo e sopravvalutato movimento, porta poco o nulla, giusto il gusto che un'estetica hipster ed il registro dimesso; nessuna improvvisazione, nè citazioni snob, per quanto il film sia un indie al 100%.
Anzi, tutto in "Lady Bird" potrebbe far pensare ad una decostruzione del mumblecore; anche al di là dell'abbandono di alcuni tratti essenziali di quel modo di fare cinema, a colpire è già la storia in sè stessa, che pur partendo e sviluppandosi da luoghi comuni, finisce per arrivare ad una risoluzione decisamente inedita, dove la protagonista realizza quanto tenesse a quella Sacramento tanto disprezzata.




Perchè la Lady Bird del titolo, pseudonimo voluto da Christine al posto del suo nome cattolico, è un personaggio che trasuda stereotipi del cinema americano: capelli tinti come forma inutile di affermazione anticonformista, rabbia verso una figura materna passivo-aggressiva mal sopportata, passione sfrenata per la cultura europea ed una migliore amica brutta ma dal cuore d'oro.
E' il suo percorso, semmai, a colpire: alla fine del suo viaggio, torna idealmente indietro, riscopre il sentimento affettivo verso tutto quello che ha lasciato alle spalle e giunge ad una riconciliazione totalizzante, sia verso l'antipatica madre, sia verso quell'educazione cattolica tanto vituperata.




Allo stesso tempo, il modo in cui la Gerwig si avvicina al personaggio è ambivalente; da un lato vi è una forma di affetto verso questa ragazza vicinissima alla sua esperienza personale, dall'altra una forma di distacco che ne condanna lo snobbismo spicciolo, quasi a criticare il compiacimento di tanto cinema hipster del quale lei stessa è stata volto riconoscibile.
A non convincere, di conseguenza, non è lo script, che pur si affida sin troppo a formule collaudate, quanto la messa in scena, priva di mordente.




La Gerwig si affida troppo alla scrittura, troppo poco alle immagini; pur sapendo creare inquadrature degne di nota (i carrelli laterali a sottolineare il percorso di crescita della protagonista), non si affida mai alla scena in sè per narrare, quanto alle parole ed alle relazioni dei personaggi, finendo per dirigere il tutto con il pilota automatico; non c'è vero mordente, di conseguenza, ed il tono risulta sin troppo docile e dimesso, quando un pò di coraggio e di enfasi in più ben avrebbero potuto rendere "Lady Bird" un film memorabile, piuttosto che un semplice esordio raccattapremi di cui, forse, tra un anno ci saremo tutti scordati.

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