lunedì 26 febbraio 2018

Il Filo Nascosto

Phantom Thread

di Paul Thomas Anderson.

con: Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps, Lesley Manville, Sue Clark, Joan Brown, Harriet Leitch, Dinah Nicholson.

Usa 2017
















---CONTIENE SPOILER---


L'amore come controllo e manipolazione, sottomissione ed affabulazione; no, non è uno dei celebri drammi di Rainer Werner Fassbinder, ma l'ultima fatica di un Paul Thomas Anderson, che si conferma artista poliedrico per tematiche e stile. Dopo le forme stroboscopiche di "The Master" ed il caos di "Vizio di Forma", Anderson si cala nelle geometrie di un atelier di moda inglese degli anni '50 per dar vita ad un dramma volutamente freddo e formale, graziato da quella che è probabilmente l'ultima performance del grande Daniel Day-Lewis.




Al centro della vicenda, come ne "Il Petroliere", una figura egomaniaca, Reynolds Woodcock (Lewis), proprietario dell'omonima casa di moda che gestisce coadiuvato unicamente dalla sorella Cyril (Lesley Manville) e che trova nella cameriera Alma (Vicky Krieps) una modella ed amante perfetta.




Una storia semplice, quella di "Phantom Thread", ossia il filo nascosto che permette a sua volta di cucire ogni cosa dentro un abito. Un filo che unisce due esistenze e che ne cela le emozioni, raggelate sino a renderle eteree.
Reynolds è un maniaco del controllo, un uomo che vive in modo meticoloso una routine quotidiana sacrosanta, la cui perfezione è pari solo alla maestria che riversa nel suo lavoro; lavoro per il quale sembra provare l'unica passione smodata della sua esistenza, al punto da non lasciare che delle clienti indegne indossino i suoi abiti.
Alma diviene così un elemento di disturbo, una donna che con le sue esigenze ed il suo carattere più semplice infrange quell'equilibrio ferreo nella vita di Reynolds; da qui le crisi continue, il rincorrersi di due figure quasi antitetiche, che combattono una battaglia caratteriale in nome di un amore totale.




Un amore che ciascuno vive a modo suo. Alma manipolando il marito, ferendolo nel corpo per averlo fisicamente tutto per sè. Reynolds sopportando i modi un pò rozzi ma sempre genuini della moglie. Due amanti agli antipodi, la cui attrazione è per questo irrefrenabile. Attrazione che diviene controllo, sottomissione dell'amato per non doverlo dividere con il mondo.
Anderson esplora così queste due psiche ai limiti della devianza: Reynolds perso nella sua mania, orfano di quella figura genitoriale al solito assente persino quando si fa visione, in grado unicamente di seguire pedissequamente le proprie pulsioni caratteriali sino a chiudersi sovente in sè; Alma ossessionata dall'avere quell'oggetto misterioso che è il suo uomo, divenire parte integrante della sua vita, rivoltarla come un calzino pur di farla propria.
Laddove Anderson va oltre l'eventuale modello fassbinderiano è nella coscienza che i personaggi hanno della reciproca impossibilità di soffrire il carattere altrui. Da qui il compromesso, in un finale eseguito con maestria per celare l'atroce ferocia insita nelle loro azioni.




Se le passioni sono ardenti ed impossibili da sopprimere, la regia le nasconde tra le pieghe di immagini glaciali, dalla geometria sempre ricercata. La bellezza delle immagini, di quel mondo della moda tanto distante nel tempo eppure tanto simile a quello odierno, si fa gelido tessuto che copre ogni calore umano sino a trasformare i personaggi in automi, schiavi di sè stessi. Da qui una compattezza stilistica perfetta, dove ogni sbavatura viene evitata con un'attenzione maniacale, al pari di quella usata dal protagonista nel confezionare i propri abiti.




Anderson crea così un perfetto esempio di melò postmoderno, raffinatissimo e dalla cattiveria inusitata, un altro perfetto tassello in una carriera a dir poco impeccabile.

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