domenica 11 febbraio 2018

L'Ultimo Metrò

Le dernier Mètro

con: Catherine Deneuve, Gerard Depardieu, Heinz Bennett, Jean Poiret, Andrèa Ferrèol, Paulette Dubost, Jean-Louis Richard, Sabine Haudepin, Maurice Risch.

Francia 1980



















Una ricostruzione pressocchè perfetta, quella de "L'Ultimo Metrò", pellicola con la quale Truffaut si cimenta con i territori della Storia (all'epoca) recente; uno spaccato della vita parigina sotto l'occupazione nazista fatta di dettagli talvolta minuscoli, personaggi dalle sfaccettature sottili e situazioni di straordinaria quotidianità che formano un affresco credibile di quegli anni.




Ma "L'Ultimo Metrò" è anche la seconda parte di un discorso metafilmico iniziato con "Effetto Notte": laddove "Vi Presento Pamela" era il film nel film, che permetteva al regista ex critico di omaggiare il momento creativo nel cinema al cinema, "La Scomparsa" gli permette di celebrare la creazione di un'opera teatrale, portando in scena i piccoli drammi, le gelosie, l'affiatamento ed il suo grande amore per la messa in scena.
Al teatro Montmartre si intrecciano così storie di vita durante la guerra con le urgenze dell'Arte. Il nuovo arrivato Bernard (Depardieu), attore di talento proveniente dal Gran Guignol ed in realtà membro della Resistenza, che intreccia una sottile love-story con Marion Steiner (la Deneuve), prima donna e direttrice del teatro; il di lei marito Lucas Steiner (Bennett), regista ed autore della piece, ebreo di origine tedesca, costretto a rifugiarsi nello scantinato del teatro per sfuggire alla Gestapo; la costumista Arlette (Andrèa Ferrèol) insidiata da Bernard ed impegnata con la giovane ed ambiziosa Nadine (Sabine Haudepin); il feroce critico collaborazionista Daxiat (Jean-Louis Richard) che stronca irrimediabilmente il lavoro del regista "pupazzo" Jean-Loup (Jean Poiret), a sua volta segretamente omosessuale, e così via.




Le prove del dramma si intrecciano così con le vite di cast e troupe, fino a sovrapporsi nel finale, con Truffaut che si diverte a sviare la percezione dello spettatore portando in scena la pièce come se fosse la storia del film e chiudendo tutto con il trionfo del "trio", inteso sia come triangolo amoroso che artistico.
La ricostruzione storica è perfetta: costumi e scenografie sono studiate nel minimo dettaglio. Così come i dettagli di vita, inclusi dei singoli "sketch", sono vere memorie della Seconda Guerra Mondiale, come il belletto usato per fingere le calze, i giradischi usati per nascondere bombe o le corse al mercato nero.




Le due tracce narrative si fondono in modo perfetto per creare una visione d'ensamble credibile ed affascinante. Dove su tutto regna lo sguardo al solito leggero ma profondo di Truffaut, che rende questa sua amorosa ricostruzione di un mondo passato un piccolo, semiperfetto, capolavoro.

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