venerdì 25 gennaio 2019

Van Gogh- Sulla Soglia dell'Eternità

At Eternity's Gate

di Julian Schnabel.

con: Willem Dafoe, Rupert Friend, Oscar Isaac, Mads Mikkelsen, Mathieu Amalric, Emanuelle Seigner, Niels Arestrup, Vincent Perez.

Svizzera, Inghilterra, Francia, Usa, Irlanda 2018

















Otto anni di silenzio, per Julian Schnabel; otto anni passati lontano dalla macchina da presa dopo che il controverso "Miral" ha suscitato reazioni contrastanti, talvolta inviperite, a Venezia. Una parentesi silenziosa rotta con quello che potrebbe essere un ritorno alle origini per lui che, ventidue anni fa, esordì con la biografia di un altro artista, "Basquiat", e che ora si confronta con una delle figure più importanti della pittura, Van Gogh. Ma definire "At Eternity's Gate" come una biografia sarebbe sbagliato; in questo Schnabel è chiaro sin dall'inizio: non c'è una vera cronistoria dell'uomo dietro il pittore, né una ricostruzione filologica della sua vita, in un racconto che, anzi, si distanzia palesemente dal vero nel finale. Quello di Schnabel è semmai un ritratto vero e proprio, la ricostruzione di una porzione della biografia del genio fiammingo che ne vuole restituire i tormentati stati d'animo, riflettendo al contempo sul concetto (o sui concetti) di arte. E lo fa adoperando uno stile volutamente contraddittorio, ma efficace.



C'è una tensione costante, che percorre tutto il film, quella del protagonista verso l'infinito. Una concezione dell'eternità come stato successivo e altro rispetto alla propria esistenza. E così come Van Gogh creava i suoi dipinti con pennellate rapide e decise, Schnabel porta in scena tale tensione con movimenti di macchina nervosi, quasi brutali, perfetta espressione del febbrile stato d'animo del personaggio. Il punto di vista diviene a tratti quello dello stesso Van Gogh, con soggettive parzialmente sfocate (come avveniva ne "Lo Scafandro e la Farfalla") a testimoniarne la visione "altra" rispetto al reale; più spesso, la regia prende per mano lo spettatore e si fa testimone invisibile dei gesti del pittore, come a spiarlo nella propria intimità. Si arriva così ad un contatto pieno e totale con il narrato, dove le sole immagini riescono perfettamente a convogliarne impressioni e sensazioni.



Alle immagini oniriche, quasi surreali, vengono contrapposte intense sessioni dialogiche nelle quali, confrontandosi dapprima con Gauguin, poi con altri personaggi minori, Van Gogh diviene lo strumento di Schnabel per intessere una fitta riflessione sul concetto di arte. A cui consegue un didascalismo dalla forte staticità che stride, volutamente, con la dinamicità della pura contemplazione, per creare un racconto volutamente sincopato, quasi cacofonico nel suo incedere. Ed è questo il vero limite di una visione che altrimenti riesce con efficacia a portare in scena sensazioni e sentimenti solitamente difficili da rappresentare.



Visione dalla quale emerge un Van Gogh sensibile e stanco, lontano in parte dalla classica rappresentazione di burbero esteta che solitamente viene propinata. Un pittore schiavo della sua stessa forza d'animo, la quale, tesa com'è verso la costante ricerca dell'infinito, genera una debolezza di carattere per lui insostenibile. Debolezza che Willem Dafoe riesce perfettamente a cogliere tramite sguardi trasognati e sorrisi dolorosi, immergendosi al solito totalmente nel personaggio, con una mimesi come sempre straordinaria, limitata unicamente dalla differenza anagrafica con la sua controparte.



Stretto tra riflessione e contemplazione, pura immagine e fluente dialogo, "At Eternity's Gate" è un'opera densa e scostante, profonda ma a tratti leggermente pretenziosa, che vive di contraddizioni e contrapposizioni, riuscendo però ad essere sempre riuscita.

2 commenti:

  1. Un film veramente molto bello, sopratutto per il fatto che cerca di far vedere l'essere umano dietro al mito.

    Willem Dafoe veramente bravissimo.

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