sabato 25 maggio 2019

Dolor y Gloria

di Pedro Almodòvar.

con: Antonio Banderas, Penelope Cruz, Leonardo Sbaraglia, Cecilia Roth, Asier Etxendia, Raù Arèvalo, Nora Nevas, Julieta Serrano.

Drammatico

Spagna 2019
















Il ricordo del passato, la rielaborazione di ciò che è stato, è andato perduto o del tutto assimilato nel corso degli anni; il cinema di Almodòvar si è spesso nutrito della sua stessa biografia, operazione cara ad ogni autore che si rispetti, ma con "Dolor y Gloria" l'autore castellano va oltre, opta per una vera e propria confessione delle proprie idiosincrasie e dei propri limiti, con la freddezza propria della maturità.



Lo fa usando Antonio Banderas come proprio doppio, un regista ormai stanco e acciaccato che si trascina forse incontrovertibilmente privo di vera ispirazione, chiamato a confrontarsi con tre fasi della sua vita: l'infanzia, con i primi sussulti amorosi, la giovinezza, turbolenta e passionale, nonché il presente, perso tra autodistruzione e spasmodica ricerca di sé.
Almodòvar ci introduce a questa sua controparte in modo quanto mai didascalico, usando una grafica da pop-art per riassumere la sua/propria biografia, per poi lasciare alle sole immagini il racconto. La sua confessione è quanto mai sentita, priva di pudore, descrivendo la tossicodipendenza in modo antispettacolare e del tutto anapologetico.



Allo stesso modo, il ricordo dell'infanzia viene privato di ogni valenza nostalgica, spogliato di ogni idealizzazione per farsi analisi a mente fredda di quanto accaduto; ricordo che viene rielaborato in un gioco di specchi nella messa in scena, che diviene palesemente finta nell'ultima inquadratura, a disvelare l'operazione di filtraggio che il mezzo cinematografico, per forza di cose, è chiamato a fare: se il ricordo è per chi l'ha vissuto esperienza del tutto personale, esso deve essere spersonalizzato per avere forma fisica su schermo, da qui la sua necessaria falsità.



Il tono con cui Almodòvar conduce questa sua confessione è però arma a doppio taglio: laddove gli consente una forma di sincerità immediata e condivisibile, ammanta al contempo il tutto di un'aria fredda, a tratti fastidiosamente antidrammatica (sopratutto nella sequenza del suo incontro con la sua vecchia fiamma di gioventù). Il melodramma perde così la sua caratterizzazione emotiva per farsi pura riflessione; una riflessione veritiera e sincera quanto si vuole, ma al contempo inesorabilmente glaciale.

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