sabato 11 maggio 2019

Stanlio e Ollio

Stan & Ollie

di Jon S. Baird.

con: Steve Coogan, John C. Reilly, Shirley Henderson, Danny Huston, Nina Arianda, Rufus Jones, Joseph Balderrama, John Henshaw.

Biografico

Inghilterra, Usa, Canada 2018













Quando ci si cimenta nella ricostruzione della vita di un artista, i rischi sono molteplici; si potrebbe essere tentati di seguire una strada agiografica, incensandone le gesta sino all'idealizzazione o, viceversa, ci si potrebbe ridurre alla classica parata di stereotipi negativi volti unicamente a darne un ritratto iconoclasta e, in ultima analisi, sgradevole, come accadeva in parte nel "Charlot" di Richard Attenborough. Trovare il giusto equilibrio tra l'amore per i propri miti e la cronaca obiettiva e veritiera è sempre difficile, per questo molto spesso il risultato è malriuscito.
Fortunatamente, Jon S. Baird, al suo terzo lungometraggio, riesce a restituire un racconto fedele e al contempo appassionato dell'ultima fase della carriera di un duo filmico mai troppo celebrato: Laurel & Hardy, alias Stanlio e Ollio.



Due opposti complementari: uno grasso e brontolone, l'altro secco e naif; una situazione comica data dalla costante incompatibilità dei caratteri e dalla sbadataggine reciproca. Lo humor di Stanlio e Ollio è universale e sempiterno, è quello dei clown, della prima rivista, ingenuo, quasi infantile, per questo sempre riuscito, anche grazie alla perfetta fisicità di un duo nel quale non esistevano spalle, ma un'alchimia perfetta e reciproca.
La storia di "Stan e Ollie" ripercorre l'ultima fase della loro carriera; superati i litigi off-screen, Laurel (Coogan) e Hardy (Reilly) si riuniscono per una turnè nel Regno Unito, accettata per motivi squisitamente alimentari, durante la quale verranno a patti con il passato, il presente ed il loro stesso rapporto.


Baird ricrea alla perfezione le gag più celebri del duo: quella della stazione, con i due buontemponi che riescono a non incrociarsi mai pur restando sul medesimo palco, o quella dell'ospedale, dove un Ollio ingessato riceve una visita distruttiva dal sempre distratto Stanlio; non solo l'esecuzione è certosina, ma lo straordinario lavoro degli attori crea la perfetta illusione di stare guardando il materiale originale; tra l'uso sapiente del make-up e le performance camaleontiche di Coogan e Reilly, si ha davvero la sensazione di avere davanti ai veri Laurel e Hardy e non ad una ricostruzione degli eventi.


Al di là della pura messa in scena, Baird caratterizza il duo come due attori che restano "in parte" anche fuori dal palco; la goffaggine ilare caratterizza anche i veri Stanlio e Ollio, che ricreano per sbaglio alcuni dei loro sketch anche nella vita reale; eppure, non sia mai una sensazione di artificiosità in questa licenza poetica, si ha davvero la sensazione che quei comportamenti possano essere appartenuti agli uomini dietro le maschere, proprio come succedeva in un altro bel biopic, "Elvis, il Re del Rock" di John Carpenter, ove la linea di demarcazione tra uomo e mito si assottiglia sino a scomparire, ma senza mai cadere nello stereotipo meccanico, senza mai risultare esagerata o fuori luogo.


E sempre come Carpenter, anche Baird non cela i lati oscuri della biografia dei personaggi, ma al contempo non insiste sui loro difetti: l'inimicizia avutasi a seguito della partecipazione di Hardy a "Zenobia", l'alcolismo e i problemi di salute di entrambi i protagonisti trovano adeguata rappresentazione, ma non ci si riduce mai alla semplice ed ossessiva enfatizzazione delle loro imperfezioni. Proprio per questo, quando è il dramma ad entrare in scena, lo si avverte come genuino, mai insistito o ricattatorio.
Il ritratto che ne consegue è pressoché perfetto: sincero ed equilibrato, ricercato ma mai didascalico, obbiettivo eppure straordinariamente amoroso.

2 commenti:

  1. Da fan della coppia non potevo perdermi questo film. L'ho trovato veramente ben fatto e ho adorato le citazioni ai loro vecchi film, anche se alcune semplificazioni si potevano evitare (che sto povero "film dell'elefante" sembra la causa di ogni male).

    Peccato che il doppiaggio italiano applichi la infelice scelta di rendere le parti "recitate" usando il forte accento inglese del doppiaggio nostrano, cosa per me disturbante visto che non ha molto senso in un film biografico.

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    1. Sinceramente ho trovato carina l'idea di applicare l'accentro inglese alle gag nel doppiaggio italiano. a ciascuno il suo :)

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