mercoledì 30 ottobre 2019

Scary Stories to Tell in the Dark

di André Øvredal.

con: Zoe Margaret Colletti, Micahel Garza, Gabriel Rush, Austin Adams, Dean Norris, Gill Bellows.

Horror

Usa, Canada, Cina 2019
















Dopo il successo di critica e i riconoscimenti ottenuti con "La Forma dell'Acqua", Guillermo Del Toro avrebbe ben potuto far cambiare direzione alla propria carriera, dedicarsi ad un cinema più "autoriale" nel senso peggiore del termine, dirigendo film pensati esclusivamente per il circuito dei festival e per un pubblico "borghese". Fortunatamente, lui non è quel "tipo" di autore, ma un creativo a tutto tondo, orgoglioso delle proprie radici saldamente affondate nel cinema di genere. E "Scary Stories" è proprio qui a dimostrarcelo: affidato l'onore della direzione all'André Øvredal di "Trollhunter", Del Toro traspone su schermo l'antologia omonima, con una strizzatina d'occhio ai fumetti della Ec Comics, scrivendo e producendo un film solo in apparenza convenzionale, anche se non del tutto riuscito.



Il setting è essenziale: è il 1968, mentre i giovani si arruolano per il Vietnam, Nixon è in corsa per la rielezione. Un gruppo di amici, accomunati dalla passione per il fantastico, fa una scoperta macabra: dentro una villa che si crede infestata dagli spettri, ritrovano un manoscritto contenente dei racconti di terrore, i quali cominciano ad avverarsi, con conseguenze disastrose.



Il succo dell'operazione è facilmente comprensibile: un omaggio all'horror classico, quello di stampo "karmico" che le storie di "Tales from the Crypt" hanno contribuito a coniare. Mentre l'ambientazione storica non è, come potrebbe di primo acchito sembrare, una scusa per abbandonarsi alla nostalgia, quanto uno sfondo che permette di accomunare l'orrore fantastico, viscerale e sopra le righe, con quello più sottile del reale, dove l'incubo del Vietnam e l'ascesa al potere di "Trcky Dicky" appaiono come incubi solo formalmente meno pulsanti. Ed è qui che purtroppo lo script incontra un primo limite: non solo la critica all'amministrazione Nixon risulta fuori tempo massimo, ma anche il parallelo con la "sporca guerra" lascia spesso il tempo che trova, essendo utilizzato più che altro per caratterizzare il personaggio di Ramon, mostrandosi debole quando dovrebbe in realtà far risaltare la sensazione di disagio che dovrebbe ammantare ogni richiamo.



Øvredal dirige tutto senza troppi sforzi, utilizzando una messa in scena classica che talvolta inciampa nell'abuso di jump-scare e in un montaggio a tratti insicuro, ma riesce perfettamente a ricreare un'atmosfera sinistra, sospesa tra il reale e l'irrazionale. Buono è anche il ricorso all'immaginario del body-horror per alcuni dei racconti più disturbanti.
Il vero punto di forza ed interesse vive così nella lettura metareferenziale che può essere data alla storia, la quale celebra la forza dell'immaginazione e l'importanza della letteratura, che fa letteralmente rivivere i morti e può avere la forza di distruggere la realtà.



Per il resto, "Scary Stories" si configura come un horror per ragazzi riuscito, il quale riuscirà sicuramente ad impressionare i meno accorti e a coinvolgere, nel bene e nel male, i più esigenti.

1 commento:

  1. Molto d'accordo, quasi un horror per neofiti, con un certo gusto per i momenti spaventosi, non brilla, ma potrebbe essere perfetto per le nuove generazioni. Cheers!

    RispondiElimina