martedì 10 marzo 2020

Osterman Weekend

The Osterman Weekend

di Sam Peckinpah.

con: Rutger Hauer, John Hurt, Meg Foster, Craig T. Nelson, Dennis Hopper, Chris Sarandon, Burt Lancanster, Helen Shaver, Cassie Yates.

Thriller

Usa 1983














---CONTIENE SPOILER---


La degradazione umana, materiale e spirituale attraversata da Sam Peckinpah nel corso della sua vita, giunge irrimediabilmente al capolinea nel 1984, anno della sua scomparsa, lasciando dietro una carriera straordinaria costellata di classici e capolavori; non sfugge a questa classificazione quello che sarà ricordato come il suo ultimo exploit, ossia "Osterman Weekend", adattamento del romanzo omonimo di Robert Ludlum che il grande artista dirige al solito con piglio dirompente e anticlassicista; e che, come da tradizione, gli sarà tolto dalle mani finite le riprese: l'edizione approvata dall'autore viene pubblicata solo per il mercato dvd e altro non è se non una mera copia lavoro; il montaggio effettivo del film, non supervisionato da Peckinpah benché pregno del suo stile, risulta afflitto da vistosi errori, come l'uso ripetuto della medesima inquadratura per creare un'azione in realtà non coreografata durante le riprese.
Poco male: anche nella sua forma più grezza e spuria, "Osterman Weekend" rappresenta una delle opere più deliranti e graffianti del suo artefice.



Un'opera che è puro saggio sulla paranoia da cospirazione, sottogenere thriller che trova nella Nuova Hollywood degli anni '70 il suo terreno natale e che Peckinpah riprende con successo nella decade successiva. Una paranoia acuita dal conflitto statico della Guerra Fredda, dove i servizi segreti fanno più paura delle spie sovietiche; il grande regista si diverte così a costruire intere sequenze tramite inserti video, immagini rubate all'intimità dei personaggi, compresi i momenti più personali ed erotici (la sequenza d'apertura, con la scena di sesso e conseguente omicidio della moglie di Fassett, causò non pochi problemi ai test screening). Il punto di vista si fa impersonale e frammentato tra le decine di schermi presenti su schermo, restituendo una genuina sensazione voyeuristica nello spettatore, che  spia gli accadimenti al pari dei personaggi.
Prima ancora, Peckinpah tesse una singolare atmosfera paranoica, dove tutto è messo sotto controllo, tutto può essere manipolato, sia fisicamente che psichicamente, da chi osserva il dipanarsi degli eventi. E, di fatto, tutti i personaggi sono manipolati, dei burattini nelle mani di Fassett e della sua folle vendetta.



Se la C.I.A. con i suoi metodi disumani viene letteralmente passata al tritacarne, figura non migliore fa di certo la stampa sinistrorsa, incarnata dal protagonista Tanner, anch'essa rea di manipolare il pubblico acuendone lo stato di paura diffusa. Entrambi i poteri vivono grazie allo stato di incertezza e terrore che ingenerano nel pubblico, entrambi traggono potere dalla paura diffusa, risultando corrotti e spietati al pari.




La paranoia strisciante si fa tensione, magistralmente orchestrata dal deus ex machina, che come un regista muove i suoi personaggi facendo loro seguire uno script mentre scruta loro tramite un obiettivo. La tensione cresce a poco a poco sino a sfociare in una violenza efferata e ai limiti del puro delirio: come in "Cane di Paglia", anche il secondo atto di "Osterman Weekend" è un assedio casalingo che si fa massacro perorato per la sopravvivenza, solo contro un nemico invisibile e con un amico che forse è tale, forse no.




Questo sino a quando i pupi non spezzano i fili, si liberano dal controllo orwelliano del Grande Fratello segreto per manipolarlo a sua volta con i suoi medesimi strumenti. Peckinpah ha esordito in televisione e in questa sua ultima opera vi ritorna, tratteggiandola come arma a doppio taglio. Nel terzo atto, forse sin troppo delirante, crea un contrappasso totale verso i manipolatori e un invito al pubblico a non lasciarsi trasportare dai proclami di chi si trova dietro il piccolo schermo, a recidere  quei fili con i quali viene anestetizzato e falsato per riprendere una propria percezione, più pura e veritiera, del reale.




Pur al netto di alcuni difetti di scrittura e (sopratutto) montaggio, "Osterman Weekend" resta uno degli esiti più vividi e incisivi non solo del filone, ma di tutta la filmografia di Peckinpah. Un thriller dalle tinte fortissime che forse oggi come oggi sarebbe il caso di recuperare, vista la sua forte attualità, che prescinde, paradossalmente, dal mutato scenario politico.

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