giovedì 10 settembre 2020

Sto Pensando di Finirla Qui

I'm thinking of ending things

di Charlie Kaufman.

con: Jessie Buckley, Jesse Plemons, Toni Collette, David Thewlis, Guy Boyd, Oliver Platt.

Usa 2020
















---CONTIENE SPOILER---


Charlie Kaufman è un autore sin troppo sottovalutato. Certo, la critica lo adora e ha una consistente fetta di pubblico che guarda e riguarda i suoi film con passione, ma non è mai riuscito a divenire l'artista riverito che merita di essere. Le sue opere sono tra le più scostanti e geniali che si siano viste, non solo nell'ambito del cinema americano; la sua capacità di ricreare da zero la narrazione in modi sempre freschi e vivaci, oltre alla sua forte sensibilità, rendono i suoi lavori preziosi e coinvolgenti.
Eppure, se non fosse stato per Netflix, difficilmente un film come "I'm thinking of ending things" avrebbe visto la luce: troppo originale nella forma, troppo poco convenzionale nella sostanza e per di più interpretato da attori rodati, ma senza nessuna vera star nel cast.
Per fortuna, il colosso dello streaming non va tanto per il sottile e si conferma come partner ideale per gli artisti meno ortodossi. E in questa sua ultima fatica, Kaufman non delude affatto.




Come sempre, bisogna comprendere cosa sia "I'm thinking of ending things". In superficie, può apparire come una decostruzione di una normale love story, che parte nel modo più classico possibile (lui e lei per strada, per farle conoscere i di lui genitori), salvo svoltare immediatamente su territori più complessi e articolati.
In fin dei conti, si tratta di un'opera sincera e spassionata volta a dare forma ad un unica sensazione, ossia la solitudine. La solitudine di un uomo, Jake ossia il bidello, il quale vive recluso nella sua stessa mente. Luogo che, esplicitamente, diventa mare magnum di ricordi, sensazioni e immaginazione, i quali si mischiano in un unico, lungo e pregnante flusso di coscienza.




Come citato esplicitamente, la mente dell'uomo moderna si plasma e riplasma sulla base delle influenze esterne. Nella mente di Jake e nelle immagini del film, ogni singolo elemento è prettamente metatestuale: le lezioni di fisica derivanti dagli studi amatoriali, la musica presa dalla passione per i musical, la tempesta di neve ricalcata sul clima gelido de "La Cosa". Il mondo di Jake è pertanto un non-luogo di incontro di elementi esterni eterogenei che si sommano sino a creare un'infrastruttura portante per il suo io.




Una soggettività che viene letteralmente avvelenata dalla solitudine. La casa di Jake, popolata dai fantasmi dei suoi genitori, è un ideale casa degli orrori. La paura, un terrore primordiale e irrazionale, nonché la stessa figura della morte, sembrano scorrere sottopelle al luogo, chiusi malamente nel seminterrato e pronti ad esplodere ad ogni sussulto. La sensazione che la narrazione svolti sui territori di genere nella parte qui ambientata è forte, ma sarebbe stato sin troppo convenzionale racchiudere il flusso di coscienza in un registro che, bene o male, deve essere codificato in forme convenzionali per risultare efficace.
Kaufman, d'altro canto, predilige l'analisi caratteriale al mero simbolismo immerso nel genere e da qui crea i suoi personaggi. O, per essere precisi, il personaggio della ragazza.



Un personaggio senza nome (Lucy? Louise? Lucia?) una donna che rappresenta tutte le donne conosciute da Jake e per questo nessuna di esse. Un parto della sua immagine basata su un incontro fortuito, un personaggio ideale, dotato di una bellezza terrena ma anche di uno spiccato senso artistico, la partner perfetta per un sognatore.
Un sognatore che proietta le sue passioni su di lei: non ha importanza se i quadri sono stati dipinti da Jake o semplicemente da lui ammirati, nella sua coscienza tutto si è saldato in unico mondo che ora viene attribuito ad una compagna ideale e idealizzata, la quale pensa di poter "finire le cose", ma che non riesce mai davvero a farlo. E, di fatto, sarà lo stesso Jake a farle finire, riconoscendo questa ragazza come un puro costrutto. Da qui, l'inizio della fine.




Nel terzo atto tutto viene a galla, le carte si scoprono e la coscienza ritrova la sua controparte "reale", o quantomeno "esterna". Con l'avvicinarsi della morte, Jake scardina in parte il suo mondo e, in ultimo, crea con esso un finale perfetto. Perfetto nella sua finzione, nell'idealizzazione della sua esistenza, nella concretizzazione delle aspettative mai verificatesi. Un finale falso eppure incredibilmente vivo, un costrutto perfetto nella sua fallacia, nella sua intrinseca artificiosità, dove tutte le passioni trovano un catarsi illusoria eppure, per chi l'ha concepita, incredibilmente liberatoria.




Se la regia è sempre attenta, sono gli attori a stupire. Jesse Plemons è semplicemente perfetto nel non facile ruolo di un uomo alla deriva e la sua espressività di certo non eccezionale crea un'ottima maschera per un uomo devastato dalla solitudine, mentre la recitazione naturalistica del resto del cast è stupefacente. Ed è proprio grazie a questa summa di talenti che l'ultima opera di Kaufman si impone come la conferma, quanto mai definitiva, del suo immenso talento.

1 commento:

  1. Mi è piaciuto tantissimo, per le molte citazioni, per il cast perfetto e per l'atmosfera, a tratti quasi horror, davvero bellissimo. Cheers!

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