sabato 31 ottobre 2020

Essi Vivono

They Live

di John Carpenter.

con: Roddy Piper, Keith David, Meg Foster, George "Buck" Flower, Peter Jason, Raymond St.Jacques, Norman Allen.

Fantastico/Azione

Usa 1988













Quando, nel 1988, "Essi Vivono" uscì nelle sale, John Carpenter era perfettamente cosciente che la sua metafora sul capitalismo avrebbe generato reazioni polarizzate e che sarebbe stata accolta in modo positivo da tutti i detrattori di quella "reaganomics" che tanto male aveva portato nella società americana del decennio. Quello che neanche lui poteva immaginare era il fatto che, a oltre 30 anni di distanza, quelle immagini di baraccopoli distrutte dalle ruspe e di poveracci picchiati a sangue dalla polizia si sarebbero rivelate profetiche; non poteva certo essere cosciente di come il film abbia anticipato non solo la tendenza sociale del capitalismo di creare ricchezza per i ricchi e povertà per il proletariato, ma anche la visione di una società impoverita da una serie di crisi economiche che sembrano pilotate ad arte. Il che rende quello che è già di per sé un piccolo capolavoro come un film dal valore ancora maggiore.



L'ispirazione viene dal racconto di Ray Nelson "8 o'clock in the morning", in particolare da una sua versione a fumetti pubblicata negli anni '60, che Carpenter adatta per il grande schermo con lo pseudonimo di Frank Armitage cambiando l'incipit della storia. 
Protagonista è John Nada, interpretato dal compianto wrestler Roddy "Rawdy" Piper. Nada è un antieroe carpenteriano doc, una sorta di Snake Plissken della working class, che non esita a far ricorso alla violenza nella lotta contro il sistema che lo ha usato e gettato via. Il suo stesso nome significa "nulla", a simboleggiarne lo status di ultimo ingranaggio nella macchina sociale, uguale a mille altri e per questo tranquillamente sostituibile, privo di un valore intrinseco e per questo di dignità.


L'immaginario costruito da Carpenter è a dir poco dirompente. Le masse sono sottomesse da una razza aliena che, nell'apparenza, ricorda dei ghoul, ossia morti viventi che divorano a loro volta i cadaveri, parassiti che si cibano di esseri morti per sostenersi.
Le masse sono sottomesse grazie ad un segnale televisivo; la tv non fa altro che trasmettere sciocchezze, reportage di moda e interviste a superstar che vendono al pubblico il proprio narcisismo. Al di sotto dei cartelloni pubblicitari, tra le righe delle riviste e nascosti negli stessi segnali televisivi, messaggi subliminali invitano il volgo a restare addormentato, a riprodursi, obbedire, non questionare l'autorità e, soprattutto, a consumare e venerare il denaro come un dio.
La società è così ridotta in due grandi categorie: zombi massificati che aspirano alla ricchezza, soggiogati da desideri consumistici e privi di ogni ambizione che non sia strettamente edonista. E i ghoul, gli alieni, che si nutrono di loro, parassiti che succhiano la linfa del pianeta e prosperano grazie al duro lavoro della classe operaia, versione iperbolica di quegli yuppies per i quali l'affermazione individuale tramite il successo economico è l'unico valore nonché imperativo morale. Il mostro, come ne "La Cosa", ha fattezze umane, questa volta non solo rassicuranti, ma anche ideali, confondendosi con quella classe sociale che, allora come ora, viene eletta a modello da seguire.



In molte interviste successive all'uscita del film, Carpenter ha specificato come la sua non sia, in realtà, una critica al capitalismo per sé, quanto a quelle degenerazioni del sistema che, come la reaganomics appunto, portano ad una marcata discrasia tra classi sociali. Eppure, è impossibile non vedere una chiara metafora marxista nella costruzione della mitologia alla base del film, in particolare una metafora del colonialismo, con agenti esterni che si infiltrano in un territorio vergine per prosciugarne le risorse e spartirne la ricchezza con pochi indigeni a scapito della moltitudine. Visione smaccatamente sinistrorsa mitigata unicamente dalla descrizione del ruolo salvifico dell'istituzione ecclesiastica (nello specifico, quella episcopale), come unica forza in grado non solo di assistere gli indigenti, ma anche di coordinare quella rivolta degli ultimi garantendo loro un rifugio sicuro nel quale ritrovarsi.


La resistenza contro gli invasori ha come primo passo la rivelazione della realtà celata sotto il fumo della propaganda. La presa di coscienza avviene, idealmente, grazie allo sforzo della classe intellettuale (il predicatore di strada e quello "laico" che trasmette segnali pirata sull'emittente principale). La bugia collettiva crolla quando la persona assiste alla violenza insita nel meccanismo di sopraffazione sociale: è con lo sgombero del campo dei senzatetto, letteralmente gli ultimi, i diseredati abbandonati dal resto della società, che Nada trova gli occhiali che gli permettono di vedere la realtà. Le immagini dello sgombero sono oggi più attuali che nel 1988, prova di come l'igniustizia sociale persista anche quando la realtà economica migliori per tutti.



La presa di coscienza dell'inganno porta l'uomo ad una graduale ribellione. Dapprima gratuita, con la violenza in banca e nel supermarket, ovvero due dei luoghi per eccellenza del consumismo. Poi, grazie ad un'organizzazione collettiva, si arriva alla sovversione totale del sistema, alla cancellazione di quel "velo di menzogna" che copre le gesta degli schiavisti, ispirando una futura rivolta globale.
Per chi non si ribella, il destino è semplice: essere assimilato all'interno di una compagine che garantisce sicuramente un quantum di ricchezza, una porzione del banchetto creato sfruttando le masse, ma che, al contempo, non porta ad una emancipazione, quanto ad una forma di "schiavitù dorata", nella quale quelle poche briciole condivise con la classe dirigente altro non sono che un contentino che garantisce solo l'illusione del benessere. Non per nulla, il personaggio più sinistro del film è il senzatetto interpretato dal prolifico caratterista George "Buck" Flower, che si unisce agli invasori senza mai divenire loro pari.



La metafora sociale viene declinata attraverso l'espressività del "B-Movie". "Essi Vivono" è, nella forma, un perfetto meccanismo di intrattenimento, condito da one-line memorabili e scene d'azione ben congegnate. Da antologia, ovviamente, la scazzottata nel vicolo, ben 6 minuti di combattimento coreografato come un vero incontro di wrestling (grande passione di Carpenter), ma anche tutta la sequenza della scoperta della "realtà nella realtà", nella quale la messa in scena si rifà direttamente al cinema di genere anni '50, con il bianco e nero usato per "decolorare" la finzione e trovare la verità che giace al di sotto di essa, con inquadrature plastiche del "mondo sotto il mondo" volutamente spiazzanti, dove il prolifcare di messaggi e edifici crea un' inescapibile atmosfera claustrofobica. Il punto di riferimento, sia visivo che narrativo, è dato soprattutto dai primi serial sci-fi, come "Ai Confini della Realtà" e "Oltre i Limiti", dei quali l'intero film può essere visto come un omaggio che ne amplifica stile e tematiche.



Il budget minuscolo (appena 4 milioni di dollari) non impedisce a Carpenter di portare avanti una visione complessa e spettacolare. Le scene di massa non mancano e l'uso di location reali rende la visione più ruvida e vivida. I vari setting sono stati trovati dai location manager nella vera periferia di Los Angeles dove, all'epoca, alle abitazioni della piccola borghesia si affiancavano le baraccopoli degli hobos, sintomo di quell'ingiustizia sociale che il film depreca e che, paradossalmente, è più viva che mai. L'unico limite arriva dal riciclo dei prop, con i comunicatori alieni che altro non sono se non i misuratori PKE di "Ghostbusters" riciclati, unico dettaglio che infrange parzialmente la sospensione dell'icredulità, altrimenti perfetta.



Perfetto nella sua costruzione metaforica e divertente nel racconto, "Essi Vivono" è un magistrale esempio di cinema di genere che si fa intellettuale riuscendo ad essere più espressivo di qualunque altro registro narrativo e mediatico possibile. Un film che, inutile dirlo, andrebbe fatto vedere nelle scuole per insegnare ai giovani gli orrori del conformismo e dello sfruttamento incontrollato.


EXTRA

Distribuito negli Stati Uniti nel Novembre 1988, "Essi Vivono" ha aperto al primo posto al box office, riuscendo a generare profitto già nel primo weekend di programmazione, per poi magistralmente sparire dalla classifica dei film più visti, tanto che non rientrerà neanche nella top 50 di quella stagione.
Sembrerebbe quindi normale affermare come, data la sua natura sovversiva, non sarebbe di certo stato destinato a divenire qualcosa più di un cult movie. Eppure, la realtà ha superato le aspettative e persino la fantasia: nel 2001, lo street artist Shepard Fairey ha lanciato la sua linea d'abbigliamento "Obey", palesemente ispirata al film di Carpenter. Paradosso dei paradossi: una pellicola nata come critica al consumismo sfrenato è divenuta brand consumistico per le masse. Per fortuna, ciò non ne ha intaccato né la fama, né il valore.



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