martedì 9 marzo 2021

Flinch

di Cameron Van Hoy.

con: Daniel Zovatto, Tilda Cobham-Hervey, Cathy Moriarty, David Proval, Buddy Duress, Steven Bauer, Tom Segurra, Michael Drayer, Adam Lazarre-White, Raymond Lee.

Noir

Usa 2021















"Flinch", vocabolo di ardua traduzione; può essere adattato in  "sussultare" o "tirarsi indietro" o anche "desistere"; ed è di certo il primo significato che meglio si adatta al lavoro svolto da Cameron Van Hoy. La sua carriera, fino ad ora, è stata costellata da apparizioni come attore, di cui la più importante è stata nella serie tv di "Crash"; e qui, al suo esordio nel lungometraggio, si cimenta in un noir a metà strada tra il classico e il post-moderno, mostrando un gusto schietto per la narrativa di genere a muso duro.


Joey Doyle (Zovatto) è un killer prezzolato che agisce per conto di una famiglia mafiosa di Los Angeles per ripagare i debiti che suo padre ha contratto. Incaricato di uccidere il consigliere comunale Ed (Tom Segurra), viene sorpreso dalla di lui assistente, la giovane e bella Mia (Tilda Cobham-Hervey) e, invece di ucciderla, decide di risparmiale la vita; con un ostaggio in custodia forzata e il fiato dei mandanti sul collo, il giovane assassino deve trovare il modo di sopravvivere.


E la sopravvivenza è la chiave di "Flinch"; i due personaggi principali sono, in un modo o nell'altro, due sopravvissuti. Joey è nato in un sistema criminale, figlio di una famiglia tanto devota a Dio quanto al malaffare, mentre Mia, data la situazione, deve adattarsi per poterne uscire viva. Allo stesso modo la madre di Joey, interpretata da una magistrale Cathy Moriarty, cerca di trovare il suo posto in un mondo di violenza e, al contempo, di lasciare che questo intacchi il meno possibile suo figlio.
Il racconto che li vede protagonisti, invece, muta costantemente direzione, un colpo di scena alla volta, riuscendo sempre a sorprendere.


Quello che parte come un piccolo noir metropolitano, quasi un omaggio a "Le Samurai" di Melville per storia e contorno romantico, ben presto si trasforma in una sorta di "50 Sfumature di Grigio" votato al gangster movie, con la vittima legata al letto del killer e in balia delle sue non volute attenzioni. Ma da qui, quando oramai la direzione sembra tracciata, nuove svolte riescono a tenere sempre alta la tensione. Le uniche due costanti sono appunto i due protagonisti e il loro improbabile rapporto.


E Van Hoy riesce a destreggiarsi bene nei cambi e nelle svolte, dimostrando una forte curiosità verso il racconto il genere. Ad una storia "classica" contrappone uno stile secco nella messa in scena, ma accompagnato da una colonna sonora evocativa e d'antan. Le note del collettivo "Miami Nights 1984", con le loro scale synth, evocano un'atmosfera talmente onirica da divenire eterea, avvolgendo la storia in un'aura stilizzata, alla quale la fotografia accompagna colori caldi e neon. Lo stile è così un mix di tradizione e rielaborazione, omaggio sentito al cinema degli anni '80 solo nell'estetica, per questo genuinamente post-moderno nel suo rielaborare stile e estetica stessa per adattarle al noir classico.


Van Hoy riesce così a creare qualcosa di curioso, per quanto non originalissimo, un noir cosciente delle proprie radici e che trova una propria identità stilistico-estetica tutto sommato forte. Un esordio davvero notevole.

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