mercoledì 6 ottobre 2021

Castle Freak

di Stuart Gordon.

con: Jeffrey Combs, Barbara Crampton, Jessica Dollarhide, Jonathan Fuller, Luca Zingaretti, Massimo Sarchielli, Elisabeth Kaza, Raffaella Offidani.

Horror/Gotico

Usa, Italia 1995













Stuart Gordon è stato uno di quei cineasti in grado di sorprendere ad ogni nuovo film. Certo, resterà per sempre nella memoria dei fans come l'autore horror che, di concerto con l'amico e collega Brian Yuzna, ha dato vita ad un immaginario orrorifico scatenato, fatto di splatter estremo e umorismo selvaggio, quasi un Sam Raimi meno sofisticato ma altrettanto efficace. Eppure, nella sua filmografia,  ha saputo variegare le scelte artistiche, spaziando dai B-Movie per adulti alle commedie per ragazzi (sua la sceneggiatura di "Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi", prodotta da Yuzna per la Disney, o anche lo scoppiettante "Il Meraviglioso Abito color Gelato alla Panna"). Ma è senza dubbio per il tramite dei suoi exploit horror che vale la pena ricordarlo, per come, non per altro, abbia saputo riprendere l'immaginario di autori classici come Edgar Allan Poe E H.P. Lovecraft e aggiornalo alle influenze pop degli anni '80, dapprima, per poi creare degli adattamenti che ne riprendessero l'essenza e riuscissero a trasporla con perfezione su schermo.
Da questo punto di vista, è efficace iniziare il discorso partendo da uno dei suoi più sottovalutati, il bel "Castle Freak".


"Castle Freak" arriva all'indomani della collaborazione allo script di "Ultracorpi- L'Invasione Continua" (poi diretto da Abel Ferrara) e rappresenta l'ultima collaborazione tra Gordon e Charles Band.
Patron della Full Moon Pictures, Band è stato il timoniere delle produzioni di Gordon sin dall'esordio con "Re-Animator" nel 1985. E la fama della Full Moon parla da sé: specializzata in pellicole di genere rigorosamente straight-to-video, operava con budget risicati, girando spesso in Italia, patria dei genitori e nonni di Band, dalle ataviche origini rumene ma naturalizzate italiane, non tanto per chissà quali scelte artistiche, quanto per risparmiare sui costi di produzione, approfittando anche delle proprietà di famiglia site sul territorio.
"Castle Freak" è in un certo senso il canto del cigno della Full Moon: oltre ad essere stato diretto dalla punta di diamante del suo roaster di registi, arriva anche in un anno in cui le vendite delle VHS toccano l'apice, alla vigilia dell'avvento del DVD, del cinema digitale e della fine dell'era dei B-Movie da videoteca. E come ultimo grande exploit, riesce davvero a lasciare il segno.



Gordon, anche autore del soggetto, si ispira a "The Outsider", racconto breve di Lovecraft del 1921, che qui riarrangia anzicché trasporre in modo diretto. Al centro della vicenda, c'è la famiglia Reilly, la quale eredita un maniero nel Lazio, abitato da un sinistro "freak" che comincerà subito a mietere vittime.



Il racconto originale poggiava su di una premessa azzeccata ed un ottimo colpo di scena. Il protagonista, uomo senza nome né passato, si ritrova rinchiuso in un antico maniero, nel quale ritrova un tesoro fatto di libri e opere d'arte che gli garantiscono una formazione intellettuale impeccabile. La sua è però pur sempre una prigionia, dalla quale riesce a fuggire dopo numerosi tentativi. Ritrovatosi all'interno di un circolo culturale, scopre, con suo sommo disgusto, una verità agghiacciante: il suo aspetto è orripilante e, nonostante la sua mente erudita, viene considerato dal resto del mondo come un mostro.
Gordon riprende la premessa di un "diverso" che di punto in bianco si ritrova a confrontarsi con i normali. Giorgio è la perfetta incarnazione del "mostro-vittima", una creatura il cui aspetto è stato deturpato da decenni di abusi fisici da parte della folle madre, che ha perso praticamente l'uso della parola ed è persino stato evirato. Una creatura non più umana, ma solo nell'aspetto: nel suo profondo, è ancora un bambino spaventato, ora preda delle sue stesse pulsioni.


Il punto di vista viene però ribaltato: non più protagonista, il freak diviene l'elemento di disturbo, nella più classica tradizione gotica, la quale viene ripresa anche per la premessa, con la storia di una famiglia che si ritrova catapultata in un mondo altro, lontano dal comfort e all'interno di una vera e propria casa stregata. 
La caratterizzazione dei personaggi rigetta però stereotipi e archetipi. La famiglia Reilly è infatti a pezzi, afflitta dalla morte del figlio più giovane, che ha perso la vita in un incidente causato dal padre ubriaco, il quale ha anche lasciato cieca la figlia superstite. Se la madre Susan seppellisce nel profondo il suo dolore, il padre John è stritolato dai sensi di colpa, i quali lo porteranno a tornare sulla strada dell'autodistruzione; e un plauso va fatto a Barbara Crampton e Jeffrey Combs, che nel dare vita a due personaggi distrutti dagli eventi creano delle performance vitali e sentite, forse le migliori della loro carriera.
La battaglia per la sopravvivenza diviene così forza riunificatrice che porta i conflitti ad arrestarsi. Il racconto orrorifico si fonde così in modo efficace con il dramma famigliare; e di fatto, tutta la vicenda nasce dalla distruzione del nucleo famigliare, con mogli e figli abbandonati ad un destino di pazzia, una storia che potrebbe ripetersi, ma che la realizzazione del dramma da parte dei protagonisti porta alla catarsi, come si accenna anche nell'ultimissima immagine.


Sul piano stilistico, Gordon abbandona la sua classica estetica bizzarra e roboante in favore di una messa in scena naturalistica, con la fotografia di Mario Vulpiani (già collaboratore storico di Marco Ferreri e Monicelli) che opta per colori spenti, privi di quella valenza lisergica del passato, cassata in favore di un look polveroso e sgranato, che meglio sottolinea l'atmosfera gotica e l'apporccio serio alle tematiche. Lo stile di Gordon si adagia invece su lunghi take, in contrapposizione al suo solito uso del montaggio, opzione dovuta alle concise tempistiche di produzione, che però dona un ulteriore tocco di personalità al tutto.


Gordon dirige così con mano ferma una riuscita variazione del classico filone gotico. Un film piccolo, ma perfettamente riuscito, riprova del talento eclettico del suo autore.

2 commenti:

  1. Band ha di fatto inventato il mercato dei film di cassetta, Stuart Gordon poi non si è mai tirato indietro, qui di Lovecraft resta la scena dello specchio, che poi è un modo brillante per adattare quella storia breve, anzi brevissima, trasformandola in un lurido b-movie, nel senso che ti fa sentire proprio sporco, non perché sia un film scarso, anzi tutt'altro ;-) Cheers

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    1. Concordo, riesce benissimo a far filtrare la sensazione di sporcizia che avvolge il castello ;)

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