martedì 4 gennaio 2022

Matrix Resurrections

The Matrix Resurrections

di Lana Wachowski.

con: Keanu Reeves, Carrie-Anne Moss, Yaha Abdul Mateen II, Jessica Henwick, Jonathan Groff, Neil Patrick Harris, Priyanka Chopra, Jada Pinkett Smith, Christina Ricci, Lambert Wilson.

Fantascienza/Azione

Usa 2021













---CONTIENE SPOILER---


L'era di "Matrix" si è conclusa all'incirca a metà degli anni '00. La delusione per i sequel e la loro innata idiozia hanno condannato all'oblio quella che sembrava essere una perfetta cartina di tornasole dell'estetica e della filosofia dei primissimi anni del XXI secolo.
Le Wachowski, dal canto loro, si sono dapprima fatte perdonare la debacle con quell'adattamento di "V per Vendetta" di Alan Moore tanto libero quanto riuscito, solo per poi dare nuovo e peggiore sfoggio della loro pessima indole creativa sfornando film sempre più brutti: l'imbarazzante "Speed Racer", il giustamente dimenticato "Cloud Atlas" e l'ancora più imbarazzante "Jupiter Ascending", lasciando come vero lascito solo "Sense8" e i progetti collaterali a "Matrix". Tra questi, il più riuscito è stato il MMORPG "The Matrix Online", che continuava la storia oltre "Revolutions" ed espandeva la mitologia della serie in territori persino interessanti.
Ma la Warner non poteva ovviamente lasciar morire un marchio che, solo al cinema, ha fruttato oltre un miliardo e mezzo di dollari in totale. Ecco dunque entrare in cantiere un quarto capitolo, che si sarebbe fatto persino senza le creatrici dell'originale. Alla notizia, Lily si è tirata indietro, mentre Lana ha deciso di prendere in mano le redini dell'operazione creando un sequel-reboot che, nonostante gli sforzi, si è rivelato un vero e proprio flop al botteghino e ha diviso sia la critica che il pubblico. Urge dunque chiedersi, come al solito, se l'operazione sia davvero riuscita.


Torniamo indietro al 1999. Perché le Wachowski hanno creato "Matrix"? Sicuramente per i soldi e per giocare con il bullet time e il wire work, ma anche, forse, per creare un'opera in grado di stimolare la mente degli spettatori; come Braudillard e Dick che le hanno ispirate, le due sorelle volevano dare qualcosa di concreto al pubblico, ma cosa è stato davvero recepito di "Matrix"? Complice la loro volontà di trasformarlo in una trilogia, con esiti disastrosi, è stato rimosso dalla coscienza collettiva e prima ancora trivializzato: al pubblico non interessava la dicotomia realtà/finzione o il risveglio apofatico, quanto il look post-punk, le capriole e le sparatorie al ralenty.
Vent'anni dopo la fine della saga, con un finale aperto e maldestro quanto si vuole, ma al contempo definitivo, il brand doveva tornare e Lana Wachowski ha deciso innanzitutto di sottolineare questa questione: "Matrix" non è stato assimilato dal suo stesso pubblico e ora bisogna rivenderglielo, ma come?


L'aspetto più affascinante e male esplorato dei sequel era il concetto di ripetizione. L'eletto e la guerra contro le macchine erano cicli destinati a ripetersi all'infinito, da cui la discrasia e contestuale confusione tra destino e libero arbitrio. "Resurrections" riflette così sul concetto stesso di reboot, su di un ciclo che si ripete, sul rivendere al pubblico ciò che ha già avuto, ma in maniera leggermente modificata (e in ciò arriva però secondo, dopo lo scalcinato ma divertente "Jay & Silent Bob Reboot" di Kevin Smith). Lungo tutto il film, eventi familiari vengono riproposti, a partire dal prologo, ricalcato inqaudratura per inquadratura su quello dell'originale, con i soli dialoghi a chiarificare il fatto che quello che stiano vedendo è una riproposizione in variante (da cui il concetto essenziale di "deja-vu", sempre inteso come "modfica di qualcosa di preesistente"). Dopotutto, "i reboot sono facilmente vendibili". Ma proprio da qui parte la differenza: ora Neo è un game designer di successo, che circa venti anni fa ha fatto il botto con una trilogia di giochi chiamati, appunto, "Matrix". Ora è tempo di crearne uno nuovo, che si farà con o senza il suo coinvolgimento. La metanarrazione è divertente già presa sé, ma acquista valore quando la si riconnette al passato: ciò che è stato ora esiste solo in quanto rielaborazione ludica degli eventi, con l'agente Smith che è diventato il capo di Thomas Anderson e Morpheus che, come paradossalmente avveniva nel "Nirvana" di Gabriele Salvatores, è una ricostruzione digitale del personaggio reale che ha preso coscienza di sé.


La storia diventa così ri-narrazione: il nuovo Morpheus libera Neo assieme ad una nuova Trnity, chiamata Bugs come il coniglio, ossia quel Bianconiglio che per primo mostrò al protagonista la via di fuga dalla finzione. Gli specchi e le backdoor sono ora parte integrante del sistema di immersione e fuga e, soprattutto, Matrix è stata aggiornata ad una nuova versione, più in linea con la contemporaneità.
La nuova Matrix altro non è se non il mondo post-Internet (o "post-Matrix", verrebbe da dire), dove i videogames sono la nuova realtà, un'immersione in un mondo che si sa essere irreale e per questo piace più della realtà. Un mondo dove gli hacker sono stati sostituiti dagli utenti dei social, dove tutti sono connessi eppure non hanno nulla da dire. Concetto interessante e a dir poco scottante... che la Wachowski decide paradossalmente di isolare nei deliri di un Merovingio ancora più macchiettistico, ma che per fortuna resta in scena per giusto qualche secondo.
Eppure la volontà di rivalsa dell'autrice è lo stesso forte: abbiamo abbandonato la volontà di cercare il vero, di andare oltre la percezione della realtà, da qui la necessità di ripercorrere il cammino liberativo di Neo, questa volta anche in modo diverso.


Perché se prima era davvero Neo l'eletto, ora questo concetto è diviso tra lui e Trinity, tra due persone, uomo e donna; la rivoluzione parte dall'uninione, da quella "forza dell'amore" tanto ridicola dei precedenti sequel, quanto azzeccata adesso. 
La storia funziona proprio per il suo essere una riproposizione, una copia non conforme all'originale, un ciclo che si ripete uguale e diverso, ma sempre cosciente di sé stesso (e in questo è forte anche l'assonanza con "Innocence: Ghost in the Shell 2"). E l'operazione riesce anche e soprattutto perché scevra da nostalgia: la ripetizione è data per motivi contingente, non per galvanizzare il pubblico. Anche se non tutto fila liscio: l'agente Smith, al solito redivivo senza spiegazione, ora è promosso anche ad improbabile deus ex machina e come sempre non si capisce perché un virus che ha cercato di assimilare Matrix debba continuare ad esistere, soprattutto in un mondo dove tutti i programmi pericolosi sono stati esiliati.
Le scene d'azione, d'altro canto, non hanno la forza del passato e l'uso estensivo di piani stretti e otturatore semi-chiuso dona loro una parvenza di vecchiaia, come se si fosse ancora nei primi anni 2000. Forse era Lily l'esperta di action nei duo, ma anche così risultano funzionali, anche se mai davvero memorabili. Perlomeno, gli obbrobri di "Reloaded" sono alle spalle.


"Resurrections" riesce così nella non facile impresa di ridare dignità alla saga di "Matrix"; complesso quanto basta, mai compiaciuto o sbruffonesco, è non solo il miglior sequel dei tre usciti, ma anche una fresca riflessione sul concetto di reboot e remake in un'era soffocata dalla riproposizione di schemi abusati e marchi corroborati. Ed è un vero peccato che il pubblico abbia deciso di bocciarlo.

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