con: Ella Rubin, Michael Cimino, Odessa A'Zion, Ji-Young Yoo, Belmont Cameli, Maya Mitchell, Peter Stormare.
Thriller/Horror
Usa, Ungheria 2025
---CONTIENE SPOILER----
Il mondo dei videogame è il nuovo filone d'oro di Hollywood?
I successi al cinema di Super Mario bros.- Il Film, Un Film Minecraft e in streaming di Fallout e Arcane sembrerebbero confermalo. Il che è ovviamente paradossale laddove si pensa che, dopo un inizio anche per certi versi promettente (almeno in termini economici), per circa trent'anni gli adattamenti dei videogame erano vera e propria spazzatura filmica (vedasi praticamente tutta la carriera di Uwe Boll).
Adattare al formato filmico gli elementi di un gioco, poi, non è mai stato semplice, ma è noto come esistano giochi che ben si prestano a tale procedimento. Uno di questi è Until Dawn, rientrante nella categoria dei "film interattivi".
Pubblicato nel 2015 ad opera di Sony, Until Dawn presentava un concept di sicuro non nuovo, ma sempre intrigante, ossia una serie di sentieri narrativi nei quali il giocatore è chiamato a decidere, volontariamente o meno, il fato di un gruppo di personaggi braccati da un misterioso killer nei boschi. Il che garantiva una forte rigiocabilità, oltre che una prima run che presentava una trama tutto sommato ben congegnata, con un colpo di scena scontato solo in apparenza: non c'era nessun killer, il tutto era uno scherzo orchestrato da uno dei ragazzi. Ma allora perché alcuni personaggi sono morti lo stesso? Semplice: perché in quei boschi si aggiravano anche dei wendigo.
Inversione ridicola anch'essa solo su carta, con la transizione dal mondano al sovrannaturale che nella storia funzionava a dovere. E sebbene non abbia ridefinito un genere che conta una lunga tradizione, Until Dawn ha di certo consentito ad una nuova generazione di avvicinarvisi.
Adattare storia e personaggi nati per quella che era un'opera più vicina alla narrativa convenzionale anziché quella interattiva è sicuramente più semplice rispetto a videogame che presentano tonnellate di antefatti e complesse mitologie. Ma proprio tale vicinanza è forse un'arma a doppio taglio.
L'adattamento è diretto da quel David F.Sandberg che, scottato dal flop del suo ultimo blockbuster, ha deciso esplicitamente di tornare al genere horror e a produzioni piccole e quella di Until Dawn è senza dubbio una produzione fatta con poco, tanto che l'unico attore visto nel gioco a riprendere il proprio ruolo è Peter Stormare. Certo, pretendere che Rami Malek, nel frattempo insignito con l'Oscar e divenuto una star prima grazie a Mr.Robot e poi con Bohemian Rhapsody, abbassasse il proprio cachet per tornare alle origini della propria carriera era forse troppo; ma non si capisce perché a tornare non siano state le attrici Hayden Panettiere e soprattutto Galadriel Stineman, i cui nomi, benché conosciuti dai cinefili e spettatori televisivi, di sicuro non pretendono cifre troppo difficili da raccimolare.
Il neo di tale adattamento è forse proprio questo, pur nella sua banale inconsistenza: quei nomi e quei volti, benché renderizzati con il motore grafico, rendevano il gioco riconoscibile e gli donavano un'aura propria, cosa che qui non avviene, visto che i nomi coinvolti sono quelli di attori misconosciuti (a parte Odessa A'Zion, già vista nella recente reimmaginazione di Hellraiser).
Un difetto a dir poco nullo. Perché la forza del film di Until Dawn sta proprio nel fatto che si allontani del tutto dalla storia del gioco per trovare una propria dimensione, pur restando fedelissimo al concept che vi è alla base. Se nel videogame si ritrovavano tutti i luoghi comuni dello slasher anni 2000, con personaggi antipatici e stereotipi verso i quali il giocatore era chiamato ad ignorare ogni forma di empatia, nel film i personaggi sono alle prese... con un gioco mortale.
La trama è tutto sommato semplice: Clover (Ella Rubin) è in cerca della sorella scomparsa qualche tempo prima. La sua ricerca, nella quale è accompagnata dal classico gruppo di amici, la porta in un bed & breakfast in una isolata località di montagna. Qui l'intero gruppo viene subito massacrato da un killer mascherato. Ma il colpo di scena è rivelato subito: sono tutti prigionieri di una maledizione che li porta a rivivere la stessa notte in continuazione. Se sopravvivono fino all'alba, saranno liberi, altrimenti si trasformeranno in uno dei predatori, siano essi uno dei killer mascherati o dei letali wendigo.
In sede di script, il duo di sceneggiatori Blair Butler e Gary Dauberman (quest'ultimo autore degli infausti It- Capitolo Due e il recente Salem's Lot e forse vera causa di una caratterizzazione basilare dei personaggi) si è divertito a giocare con il concept di rigiocabilità e di loop nel quale i personaggi di un videogame sarebbero sempre rinchiusi. E la rigiocabilità per portare i personaggi alla fine della notte era appunto una delle caratteristiche del gioco. Anche se quindi la storia è totalmente diversa, il film di Until Dawn è in realtà un adattamento fedele del gameplay, il quale qui viene traslitterato in una forma narrativa lineare, senza però perdere la sagacia. Con la conseguenza che il punto di riferimento filmico ora non sono più gli odiosi slasher anni 2000, bensì il metahorror a là Quella Casa nel Bosco.
Così facendo, Until Dawn trova una sua dimensione, una sua originalità che, benché non assoluta, gli garantisce almeno di avere un'identità più di spicco rispetto alla norma. Evenienza non scontata, visto che giusto un anno fa l'adattamento di Five Nights at Freddy's aveva provato un approccio simile, ma con scarsi risultati. Qui gioca a favore della riuscita anche la mano di Sandberg, che sa quando spingere il pedale dell'ironico e quando trattenere il tutto per creare una tensione tutto sommato di buona caratura.
Until Dawn riesce così nella duplice impresa di essere al contempo un'opera a suo modo originale e un adattamento fedele. Un horror simpatico, che incespica giusto nella caratterizzazione piatta dei personaggi di contorno, ma che alla fine fa il suo dovere a modo.
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