lunedì 2 ottobre 2017

Valerian e la Città dei Mille Pianeti

Valerian and the city of a thousand planets

di Luc Besson.

con: Dane DeHaan, Cara Delevigne, Rhianna, Clive Owen, Ethan Hawke, Rutger Hauer, Herbie Hancock, Kris Wu, Alain Chabat.

Fantastico/Avventura/Azione

Francia, Inghilterra, Cina, Arabia Saudita, Usa, Canada 2017














A Luc Besson non manca di certo l'audacia. Sin dai suoi esordi, la sua poetica da vero e proprio autore è stata chiara, cristallina e diretta: rielaborare in chiave personalissima le istanze del cinema americano e non di genere, come i suoi colleghi più anziani avevano fatto ai tempi della Nouvelle Vague, nella ricerca di una declinazione del tutto propria di stili e tematiche, puntando sempre all'esagerazione, al rialzo, per eguagliare la grandezza anche produttiva delle fonti di ispirazione. Operazione che, certamente, non ha sempre pagato, sopratutto quando decide di limitarsi a produrre le proprie pellicole; ecco dunque che per un "Lèon" c'è un "Transporter", per un "Nikita" un "Bandidas" e, di conseguenza, la sua filmografia può dirsi tutto fuorché riuscita; ma, al contempo, anche estremamente interessante.
Interessante non tanto per l'operazione di rielaborazione in sé; Besson non ha il talento dei suoi padri putativi, né il buon gusto, tantomeno la padronanza del registro melodrammatico che spesso fa capolino nei suoi film, con tutte le conseguenze immaginabili; l'interesse è semmai generato dalla sua capacità di creare film grandiosi, enormi, dotati di una carica visiva inusitata per il cinema europeo, in grado di rivaleggiare con le megaproduzioni americane, anche al costo di una pochezza contenutistica insostenibile. E' successo 20 anni fa con "Il Quinto Elemento", nel quale rielaborava il suo amore per le tavole di Moebius e l'epoca di "Mètal Hurlant", succede ora con "Valerian e la Città dei Mille Pianeti", trasposizione, invero molto libera, di un purtroppo dimenticato fumetto francese che fu l'apripista di molta fantascienza e fantasy d'oltralpe.




Scritta da Pierre Christine e disegnata da Jean-Claude Mézières a partire dalla fine del 1967, la serie di "Valerian" (o "Valerian e Laureline") era la degna erede della fantascienza alla Flash Gordon degli anni '30, prima ancora dell'avvento nelle edicole e librerie del mitologico "Mètal Hurlant".
Al centro di avventure sempre più eccentriche, umoristiche e visionarie, gli agenti spazio-temporali Valerian e Laureline; il primo è una sorta di James Bond delle stelle, uomo d'azione tutto d'un pezzo, nonostante il tratto di Mézières lo caratterizzi con una fisionomia longilinea cartoonescha; la seconda una bellissima ed agguerrita agente che fa da controcanto al protagonista un pò spaccone. Incaricati di proteggere la pace nell'Universo per conto del governo di Galaxity, futuribile megalopoli interplanetaria, i due super-agenti sono spesso al centro di avventure esotiche e visionarie.
La forza del fumetto risiedeva infatti nella sua estrema visionarietà: le tavole dai colori sgargianti immergevano i lettori in mondi alieni ameni, caleidoscopici e vivi, in un turbinio di avventure di stampo classico, con i due eroi perennemente alle prese con inseguimenti, intrighi e super-cattivi da combattere con l'astuzia e la forza; laddove gli intrecci delle singole storie dimostrano una forte naivitè, lo stile artistico resta tutt'oggi apprezzabilissimo, sopratutto se si tiene conto degli anni in cui è stato prodotto.




Nel portare su schermo le avventure di Valerian e Laureline, Besson ne ricrea la mitologia, distanziandosi in parte dal modello cartaceo. I due sono ora agenti di Alpha, versione futuribile della Stazione Spaziale Internazionale che ora ospita un conclave tra umani e diverse razze aliene, e sono alle prese con un intrigo interno che abbraccia una guerra combattuta decenni prima ed una misteriosa razza aliena che non risulta censita tra le oltre ottocentomila conosciute.
Il punto di riferimento, citato esplicitamente, è l' "Avatar" di James Cameron: molti sono i riferimenti visivi avvertibili nei mondi di Mul e dei Pearl ripresi dai Na'Vi e Pandora, primo fra tutti l'idea di un mondo alieno come paradiso tropicale abitato da longilinei indigeni azzurri. Ma Besson riesce a far sua la fonte di ispirazione e a caratterizzare in modo originale le sue creature sia sul piano estetico che su quello caratteriale: non guerrieri tribali, i Pearl sono una razza pacifica che cerca solo di sopravvivere.




La componente visiva è, come sempre nel cinema di Besson, l'aspetto più riuscito; con olte 170 milioni di dollari di budget, il più grande per una produzione europea mai stanziato, riesce a creare visioni spettacolari ed immagini che bombardano costantemente l'occhio ed il cervello; ma al di là della bellezza estetica, a colpire è l'estrema fantasia con cui ogni sequenza è farcita: in un gioco di accumuli, si passa ad inseguimenti tra astronavi degne di un film di "Star Wars" ad una rocambolesca irruzione in un palazzo comandato da un alieno antropofago, da un numero di ballo con Rhianna nei panni di una sensualissima mutaforma ad una sparatoria infuriata con cyborg guerrieri. La fantasia è al potere, la visione è cinema; e ciò è chiaro sin dalle prime due sequenze, a dir poco spettacolari: la costruzione di Alpha e l'incontro tra gli umani e le varie razze aliene, sulle note di "Space Oddity"; la distruzione di Mul, costruita solo tramite le immagini ed i suoni; ed il recupero del McGuffin di turno, che avviene tramite ingegnosi artefatti transdimensionali, con i quali i protagonisti riescono a muoversi contemporaneamente su due piani esistenziali contemporaneamente.
Sfortunatamente, al di là della fantasia sfrenata e dell'inventiva visiva, "Valerian" offre davvero poco allo spettatore.




La trama è scontata e non ha veri colpi di scena, tutto è chiaro ed intuibile sin dai primissimi minuti; le inversioni di marcia e le deviazioni dalla storia principale sono pure distrazioni e servono unicamente a rendere ancora più amena la visione, senza darle ulteriore profondità; la drammaticità non colpisce mai davvero, spesso perché forzata e fuori luogo, come quando Besson decide di far morire di punto in bianco un personaggio introdotto appena cinque minuti prima, pretendendo una forma di empatia da parte dello spettatore.
Ancora meno riuscita è la love-story tra i due protagonisti, troppo forzata e portata avanti a suon di frasi fatte e battibecchi da due soldi, riuscendo a divenire subito tediosa. Colpa anche del miscasting del protagonista: Dane DeHaan è sicuramente un interprete dotato, ma non ha né il volto, nè il corpo di un avventuriero donnaiolo dello spazio. Più riuscito il casting di Cara Delevigne, la cui bellezza fatale si attaglia perfettamente ad un personaggio più ruvido rispetto alla controparte fumettistica.




A Besson va riconosciuto comunque il merito di essere riuscito a tenere in piedi una megaproduzione enorme e di aver saputo creare un prodotto che intrattiene e non annoia; e che sopratutto non risulta mai davvero ridicolo nonostante l'estrema semplicità della scrittura, cosa che non si può certo dire di molti blockbuster americani.
"Valerian", al pari de "Il Quinto Elemento", resta così un pop-corn movie un pò d'antan, fin troppo semplice nei contenuti, ma dalla forma sfavillante; una gioia per gli occhi, anche se un puro placebo per la mente.

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