lunedì 31 agosto 2015

R.I.P.- Wes Craven






1939-2015


Sarebbe facile, oggi come oggi, ridimensionare la carica distruttiva e visionaria di un autore come Wes Craven, dopo che il suo cinema si è letteralmente estinto a causa della deflagrazione del filone slasher, da lui stesso iniziata, e, in generale, dalla decadenza dell'horror americano.
Eppure, il suoi film, sia visti in prospettiva che contestualizzati nel periodo in cui sono stati prodotti, riescono tutt'ora ad inquietare ed affascinare, come solo le opere dei grandi artisti possono.
E sebbene la sua filmografia possa essere tranquillamente ridotta ad un pugno di pellicole effettivamente riuscite, è sempre bene riscoprirle; per capire come e quando l'horror ha cambiato faccia.



L'Ultima Casa a Sinistra (1972)


Dopo "La Notte dei Morti Viventi" (1968) e "Reazione a Catena" (1971), il film che ha ridefinito i confini dell'horror in America; al bando castelli stregati e mostri del folklore europeo, l'orrore si cela ora nelle pieghe della società ed ha il volto di un gruppo di ragazzi violenti ed esagitati; ma anche quello più rassicurante di due genitori borghesi. Craven ed il produttore Sean Cunningham si rifanno a "La Fontana della Vergine" di Bergman, rileggendolo in chiave pessimistica e sadica, per uno spettacolo ancora oggi disturbante.



Le Colline hanno gli Occhi (1977)


La famiglia è di nuovo ricettacolo e vittima di orrori; sia essa di origine medio-borghese e disfunzionale, o tribù cannibale residuato del passato di sangue della nazione.




Nightmare- Dal Profondo della Notte (1984)


L'orrore viscerale trova una nuova dimensione, quella onirica, nella quale la continuità spazio-temporale viene piegata a piacimento; Craven crea una favola splatter inquietante ed il boogieman per antonomasia, quel Freddy Krueger che (all'epoca) incarnava le paure più basiche dell'uomo.



Il Serpente e l'Arcobaleno (1988)


Dall'orrore onirico di Freddy a quello materiale e storico di François "Baby Doc" Duvallier; Craven reinventa la storia dell'antropologo Wade Davis e della sua scoperta del segreto degli zombi di Haiti, in un mix tra horror e documentario, dove i veri mostri non sono i morti viventi ma i tom tom macute.



Nightmare- Nuovo Incubo (1994)



Dieci anni e cinque seguiti dopo l'indimenticato capostipite, Craven ridà dignità al suo babau con la sua pellicola più sperimentale, un viaggio metafilmico nell'orrore e nella cultura dell'horror.



Scream- Chi Urla Muore (1996)


Lo slasher distrutto e ricreato dalle sue ceneri; gli assassini citano tonnellate di pellicole di genere sia nei dialoghi che nelle azioni, le vittime sono ragazzacci delle generazione X, mentre il genere ripiega su sé stesso e riflette sui propri luoghi comuni. Il fenomeno "Scream" ha portato alla fine dell'horror come "genere" alto, ma il primo film è ancora intelligente e divertente.

sabato 29 agosto 2015

Il Cattivo Tenente

Bad Lieutenant

di Abel Ferrara.

con: Harvey Keitel, Paul Calderon, Victor Argo, Frankie Thorn, Paul Hipp, Zoe Lund.

Usa (1992)
















---CONTIENE SPOILERS---


Pochi film possono essere definiti come "esperienza", visoni in grado di cambiare per sempre lo stato mentale dello spettatore; pochissimi autori riescono davvero nell'intento di scioccare e far riflettere su temi scottanti o scomodi, ancor meno sono quelli in grado di imporsi come supremi cantori spirituali; "Il Cattivo Tenente" di Ferrara è uno di questi film: un lucidissimo viaggio nei meandri del peccato della società moderna nel quale l'autore fa emergere con forza e chiarezza un' unica, scostante e scandalosa verità, ossia come in un mondo dedito alla perdizione il perdono sia inconcepibile e la redenzione impossibile. Il tutto in appena 90 minuti, cuciti strettamente addosso ad un magnifico Harvey Keitel, girato in semiclandestinità con il budget irrisorio di un milione di dollari.  Alla sceneggiatura troviamo Zoe Lund, l'ex Thana di "Ms.45" (1981) che aiuta Ferrara a visualizzare il personaggio traendo spunto dalla sua esperienza con l'eroina; Nicholas St.John, abituale collaboratore dell'epoca, decise di non avvicinarsi al progetto perchè troppo controverso e foriero di interrogativi che non si sentiva di rispondere.
Per la sua parabola moderna, Ferrara trae spunto da uno scioccante caso di cronaca: lo stupro di una suora a Spanish Harlem nel 1981 perpetrato da un paio di ragazzini; caso che scandallizzò l'intera New York e portò addirittura Cosa Nostra a mettere una taglia sulla testa dei due ragazzi. Al centro di questa sconcertante vicenda, l'autore non mette il vero detective che arrestò i colpevoli, ma un personaggio da lui creato in una sua vecchia canzone: il Tenente, coacervo di tutti gli umani peccati, definito "Bad", cattivo nel senso di "corrotto sul piano spirituale".


Il mondo del Tenente, unico appellativo del protagonista, spogliato da ogni caratteristica rilevante per assumere toni universalistici come nel teatro morale dell'Inghilterra medioevale, è marcio sin nel midollo; il valori e i riti cristiani, in particolare del cattolicesimo romano, vengono perpetrati senza vera volontà o trasporto; sono gesti inutili, consunti, privi di senso se non nella formalità più bieca. Al contrario, il peccato assume una forma rituale: il rito della pera, della dedizione all'eroina come nuova linfa vitale, sostituisce la messa e la comunione. La sua dipendenza dalla droga e dall'alcool lo porta ad uno stato di coscienza obnubilata perenne, al rifiuto totale della lucidità nella percezione, al pari del rifiuto di ogni forma di "bene" o di legame affettivo, sia familiare che extrafamiliare.
Il Tenente è un "cattivo" nel senso più basico del termine; personaggio immorale, si abbandona ad ogni tipo di attività in grado di soddisfarne le voglie più primitive e carnali, come nella scena in cui costringe due giovani donne a simulare una fellatio per potersi masturbare. Il Tenente sguazza nel peccato, vi è perso e non vuole uscirne. Il suo è un Male assoluto, che parte da piccoli gesti apparentemente privi di rilevanza per concretizzarsi nella distruzione auto ed etero inflitta.
Lo sguardo di Ferrara su questo personaggio immorale è però diverso dal canone è vicino alla tradizione cattolica; non c'è una condanna del suo stato spirituale e materiale, quanto una forma di compassione, la comprensione intima del male viscerale che lo divora e che porta l'autore ad allontanarsi da un giudizio sul personaggio in sé per soffermarsi sul male stesso; per tutto il film, il Tenente viene descritto come un personaggio patetico, privo di volontà, del tutto preda dei bassi istinti e degli eventi in cui viene coinvolto, una vittima di sé stesso e dell'ambiente in cui si muove.


Ambiente metropolitano mai così squallido e scalcinato; New York è ora una topaia fatta di interni sfatti e strade incrostate di spacciatori e piccoli rapinatori, nel quale il Tenente si confonde alla perfezione con i suoi vizi eccessivi.
In questa Babilonia moderna, esiste un crimine inconcepibile anche per l'anima più nera: lo stupro d una suora, evento che innescherà una reazione volta a cambiare la vita dello scalcinato protagonista, che Ferrara porta in scena come un incubo visionario ed incontrollato.
Il Tenente si avvicina al fatto dapprima in modo sarcastico: esordisce affermando come lo stupro di una suora non sia una gran cosa e che la Chiesa altro non è se non un racket legalizzato. Ma la taglia di 50.000$ gli fa ben presto cambiare idea.
L'ingresso del Tenente nella chiesa profanata, messo in scena come l'entrata in un mondo "altro", rappresenta il primo passo del cambiamento del personaggio, che dinanzi alla profanazione gratuita ha un collasso. Posto davanti alla genuina cattiveria umana nei confronti del più sacro dei luoghi, persino il vizio viene distrutto; ed i sensi di colpa cominciano pian piano ad affiorare.


Ma la semplice realizzazione dell'esistenza del peccato non è sufficiente per la redenzione. Il Tenente continua a vivere nel peccato, nell'autodistruzione dell'eroina, nella sottomissione sessuale e nello sperpero del denaro con le scommesse. La sua vita continua ad affondare e, volente o nolente, quei 50.000 dollari devono essere suoi.
La seconda catarsi viene innescata quando il vizio incontra la grazia: il Tenete vede la sua vittima della stupro nel suo momento più intimo e sofferto, ossia mentre viene curata dai postumi: il suo corpo nudo è bello ed attraente, non una semplice bellezza carnale, quanto la rappresentazione di una bellezza spirituale mediante una bellezza estetica. Bellezza che si fa totale quando il Tenente assiste, muto e quasi incredulo, alla confessione della donna, la quale decide di perdonare i suoi assalitori. Il perdono, il cardine dell'intero credo cristiano, trova applicazione all'Inferno, dimostrazione di come la vera Fede possa davvero salvare le anime anche più nere. E la scorza del Tenente riceve un secondo colpo.



Il pozzo nel quale il peccatore annega si fa sempre più nero. Incalzato dai debiti, il Tenente si avvicina personalmente alla suora e realizza come abbia davvero perdonato i due ragazzi. La catarsi è totale: ogni certezza viene infranta,il mondo del Tenente, fatto solo di cattiveria, deflagra e lo lascia completamente solo, in preda alla visione del Cristo.




Il peccatore realizza totalmente la sua condizione di dannato; ma la redenzione è sempre possibile. La catarsi del Tenente, così come il sentiero che ve lo ha condotto, attraversa tre fasi: l'odio, la disperazione ed il ricongiungimento. Posto dinanzi al Dio in cui afferma di credere, il peccatore non può che denigrarlo, ingiuriarlo ed accusarlo delle sue mancanze, di come lo abbia abbandonato nel peccato più turpe. Perso nella mancanza di ogni consolazione ed ogni certezza, il peccatore si dispera perchè ora pienamente cosciente del male che ha e che si è inferto. Ma dinanzi al silenzio di Dio, il peccatore capisce come questi non giudichi e si avvicina di nuovo al Padre baciandogli le ferite che gli ha inferto. Il cambiamento, doloroso e distruttivo, trova compimento: il Tenente è ora diverso.




Ricevuto il perdono, capisce come questa forza salvifica sia immane e potente, come anche i peggiori crimini possano essere lavati e come per i peccatori possa esserci una via d'uscita dal circolo del peccato. Andando contro i suoi corrotti principi, il Tenente aiuta i due ragazzi a fuggire, regalandoli la speranza di una nuova vita.
Ma un mondo che vive nel peccato non può tollerare la carità cristiana: il Tenente viene ucciso a sangue freddo, senza motivo apparente, forse per le scommesse perse, forse per qualche vecchia storia: la società lo vede come un virus, come un organismo da espellere prima che infesti il resto del corpo. La sua redenzione, però, lo ha salvato, lo ha reso migliore.



Ferrara non costruisce il cammino del Tenente, ma si limita a seguirlo; la macchina da presa tampina Keitel attraverso i luoghi della perdizione sino a farlo diventare oggetto, non più soggetto della narrazione; la messa in scena si raffredda sino all'oggettività più pura, La storia, coperta sempre e solo dal punto di vista del protagonista, cede in passo alla regia, che si avvicina ad un personaggio scomodo senza eccedere in spettacolarizzazioni inutili; il male metropolitano, che negli anni '90 troverà vesti sgargianti grazie a pellicole di culto quali "Quei Bravi Ragazzi" (1990), "Clockers" (1995) e "Trainspotting" (1996), qui viene ritratto senza abbellimenti di sorta, messo su schermo in tutto il suo squallore; e otto anni prima di "Elephant" (2000), Ferrara crea l'inquadratura oggettiva più abusata dal cinema metropolitano recente: la camera a mano che segue la nuca e le spalle del protagonista.



Ma Ferrara sa quando far cedere il passo all'oggettività e regala sequenze finemente visionarie quando mette in scena il peccato dello stupro e la redenzione del Tenente; il suo incontro con il Cristo è una visione lisergica, eppure lucida, dalla messa in scena plastica e controllatissima, pienamente efficace nel ritrarre il punto d'arrivo di un oggetto impazzito.
E proprio nel suo mix di visione e realtà, di sacralità aulica e prosaica realtà giace la grandezza del capolavoro di Ferrara: una parabola moderna nera e distruttiva, nel quale la speranza è però sempre viva e a portata di mano.


EXTRA


La canzone scritta da Ferrara può essere ascoltata sui titoli di coda del film; molti dei temi e dei risvolti della storia erano già presenti, in nuce, nel suo testo.





Quando nel 2009 uscì al cinema "Il Cattivo Tenente- Ultima Chiamata New Orleans" in molti gridarono allo scandalo. Era impossibile fare un remake dell'opera di Ferrara, persino per un regista del calibro di Werner Herzog; privata del suo artefice, la parabola del Tenente avrebbe perso ogni significato. E privato del volto rugoso e del corpo ingombrante di Hervey Keitel, il personaggio non sarebbe stato lo stesso.
Per fortuna, Herzog è riuscito a distanzarsi dal capostipite e a creare un'opera diversa eppure affine. Il Tenente di Nicolas Cage è un erede di quello di Keitel: drogato e sfatto, eppure dotato di un suo senso del dovere. La sua parabola è una discesa laica nella realizzazione del male e sopratutto nell'impossibilità di sfuggirvi, in una sorta di limbo determinista morale. E Cage, con il suo sguardo folle, ben rappresenta un personaggio macchiettistico, ma riuscito.




mercoledì 26 agosto 2015

Brutti, Sporchi e Cattivi

di Ettore Scola.

con: Nino Manfredi, Maria Luisa Santella, Francesco Annibali, Maria Bosco, Giselda Castrini, Alfredo D'Ippolito.

Grottesco

Italia (1976)

















Trasformare le tragedie quotidiane in farsa, questa era la forza della "commedia all'italiana", filone che tanto lustro portò al nostro cinema; prendere argomenti scottanti o tabù, come il divorzio ed il tradimento, rivoltarli come un calzino per mostrarne gli aspetti più controversi in chiave leggera, ma mai disimpegnata, e creare un registro unico, più volte imitato all'estero ma mai davvero eguagliato.
Registro che negli anni '70 andava già declinando; Ettore Scola, nel 1977, ne avrebbe sancito un'ideale chiusa con "I Nuovi Mostri", pietra tombale di ciò che fu l'arte del ridere nostrana. Eppure, appena un anno prima, lo stesso Scola aveva diretto una pellicola che avrebbe scandalizzato e divertito mezzo mondo rinverdendo i fasti della commedia; un film scomodo, difficile, acido, eppure irresistibile: "Brutti, Sporchi e Cattivi", spaccato di vita quotidiana di una famiglia di poveracci della periferia romana descritto senza idealismi, né peli sulla lingua.


Si diceva come negli anni '70 la "commedia all'italiana" avrebbe trovato la sua naturale estinzione, prima della totale distruzione dovuta all'arrivo dei vari Vanzina, Oldoini e Neri Parenti, che ne riprendevano solo gli aspetti formali per appiattirne il contenuto e la carica comica; ma a metà del decennio sembrava che il genere stesse per cambiare pelle, mutare per adattarsi ad una nuova sensibilità, più cinica e feroce, mediante il registro grottesco.
E' del 1975, infatti, il primo exploit di questo "nuovo corso", il "Fantozzi" di Villaggio e Luciano Salce, che pur prendendo spunto da quella quotidianità ed attualità che costituivano la linfa vitale del genere sin dalle origini, le portava in scena esasperandone i risvolti folli, caricando la comicità con vagonate di cattiveria.
"Brutti, Sporchi e Cattivi" si inserisce nel solco tracciato da "Fantozzi": le quotidiane sventure della famiglia di Giacinto e company sono caricate sino al parossistico, lontane dal realismo della messa in scena e perfettamente inserite in un contesto caricaturale e metaforico.
Personaggi e situazioni sono deformati sino alla parodia: il Giacinto di Manfredi è una maschera di italiana cattiveria che presenta tutti i difetti dell'uomo medio, mentre le sequenze dell'asilo-lager e della litigata coniugale sotto gli occhi stanchi e abituati alla violenza del bambino sono da antologia del cinema grottesco.
La "commedia all'italiana", in sostanza, si deformava e trovava nella cattiveria parossistica un nuovo registro più consono a quegli anni; gli anni della disillusione, della violenza, dove volenti o nolenti ci si doveva abituare allo sfacelo sociale in cui l'Italia vessava. Ma Scola va oltre ed infrange uno dei tabù più sacri della sinistra italiana: distrugge il mito del "buon povero" e descrive la classe sottoproletaria come un coacervo di belve luride e libidinose.


Non c'è bontà nello sguardo di Scola, non c'è empatia verso quel mondo di ultimi; la realtà che descrive, in fondo, non è lontana da quella di Pasolini e del suo "Accattone" (1961); ma se l'autore emiliano guardava ai poveri come a delle vittime, Scola li vede come degli aguzzini, anime perse nel proprio vizio prima ancora che nella miseria.
I sottoproletari sono, qui, animali che sguazzano nella loro stessa cattiveria, totalmente dediti alla pura sopravvivenza e del tutto freddi verso il legame familiare. Fulcro descrittivo e motore delle singole vicende è ovviamente il pater familias, quel Giacinto che un Nino Manfredi impersona con trasporto; un vecchio avido in grado di sparare a sangue freddo pur di difendere i soldi dell'assicurazione, res totalmente fine a sè stessa; i soldi, in questo mondo di vizi, non sono strumento per il benessere, ma fine per uno status quo di superiorità verso la prole; il sogno del benessere consumistico viene ridefinito come incubo e la taccagneria diviene valore. Unico fine del denaro è quello di appagare gli istinti del basso ventre: il vino ed il sesso.


Sesso che diviene ossessione e mezzo di affermazione individuale; tutti i personaggi sono in preda alle convulsioni sessuofile: persino il personaggio del figlio travestito ritrova la passione per le donne in quel coacervo di squallore che è la casa familiare.
Casa che è al contempo palco per gli scontri e arena nel quale si ritrovano tutti i personaggi; la baracca sovraffollata è il simbolo di quest'umanità abbruttita, un coacervo di legna e lamiere nel quale i personaggi si ammassano come buoi pronti il macello.
Nella sabbia della periferia, tutti i personaggi sono chiamati a sfilare dinanzi all'occhio freddo della macchina da presa; ridotta a zero la componente narrativa, Scola si rifà ad un registro puramente descrittivo portando alla ribalta i suoi personaggi con singoli episodi e situazioni volte a sviscerarne la disumanità. I vizi sono i tratti distintivi dei personaggi: oltre la libidine e l'avarizia, anche l'accidia, la mancanza di volontà nel rimediare alla miseria e la totale sfrontatezza nella ricerca della sussistenza.


Il valore familiare, ultimo baluardo della società civile, si infrange; Giacinto tenta più volte di massacrare i suoi familiari pur di custodire "la roba", a loro volta i familiari tentano di avvelenare l'ipocrita patriarca in un gioco di violenza nerissima e di cattiveria acida.
Ma non ci sono soluzioni, non c'è nessuno sbocco verso una situazione migliore o peggiore; tutti i personaggi alla fine ritornano al punto di partenza a dormire nella baracca, pronti per un nuovo giorni e ancora persi nella loro inettitudine, nella loro stupidità, nella loro genuina incapacità di emanciparsi dalla miseria materiale e spirituale; la distruzione del mito del "buon proletario" è completa: la baraccopoli romana, preludio a quella fogna a cielo aperto che la metropoli diverrà 40 anni dopo, è un girone dantesco in cui i drammi si ripetono all'infinito in un tormento perenne.


Lo sguardo cinico e disincantato di Scola stupisce ancora oggi; a quattro decadi dalla sua uscita, "Brutti, Sporchi e Cattivi" ha perso quella sua connotazione di "ritratto di una parte della società" per imporsi, agli occhi dell'odierno spettatore, come un quadro desolante della realtà italiana, una visione cattiva, prima di compromessi e stramaledettamente veritiera.






EXTRA

Ottimo successo di critica e pubblico alla sua uscita in sala, "Brutti, Sporchi e Cattivi" trionfò al Festival di Cannes aggiudicandosi addirittura il premio per la miglior regia.
Oggi purtroppo dimenticato da grande pubblico, nonostante i continui passaggi televisivi, può vantare lo status di cult a livello internazionale. La sua fama ha generato almeno una "imitazione illustre":


"Shameless", serie televisiva creata da Paul Abbott nel 2004, riprende i concetti di sottoproletari "maledetti" e della famiglia allargata e disfunzionale del film di Scola e li trasporta nella realtà inglese del decennio scorso. Ancora più riuscito il remake americano, ambientato nella fatiscente periferia di Chicago e con un cast incredibilmente in parte, capitanato da William H.Macy nei panni del patriarca Frank, fotocopia a stelle e strisce del personaggio di Manfredi.

lunedì 17 agosto 2015

Merda d'Artista! Ossia: anche i grandi autori a volte la fanno sporca

Ecco, le mani le ho lavate!




Che parlare di merda con i 45 gradi all'ombra di questa maledetta estate italiana è una tortura.

Ve la immaginate una cacca che schiatta al sole? Con la parte più esterna che si asciuga rapidamente fino a diventare uno stronzo duro, mentre stormi di mosconi svolazzano intorno al liquame sui lati?

No?!

Buon per voi.

Chè io di caldo ce ne ho pure troppo.

E in casa non riesco a stare, visto che quei coinquilini pezzenti non vogliono accendere il pinguino, e a me mi tocca squagliarmi e beccarmi il puzzo del loro sudore.

Ma no, il pinguino non si tocca....



E pure il Pinguino si squaglia



Quindi solo me ne vo per la città.

Mi droppo nel primo multisala aperto, ossia lo Space, ossia l'unico multisala che ancora esiste in questa nazione di monopolisti burnsoniani, e mi ciuccio tutta l'elettricità possibile per refrigerarmi.

E dice: ma che film ti guardi?

Film? Che film? Sono un italiano in un cinema d'estate, sono venuto per ghiacciarmi le chiappe, non per vedere film.

Ma il film parte lo stesso, a mia insaputa, lo giuro vostro onore!

Ed è Il Grido di Pietra di Werner Herzog.

Al che mi accorgo di 2 cose:

1)Tutto questo è successo in realtà almeno 25 anni fa e non in uno Space, ma il mio cervello lo elabora ora;

2)Anche Herzog ha problemi gastrici.

E mi dico: povero stronzo!

Cioè lui, non il film.

E pure io che lo guardo.

Ma poi nel mio cervello scatta l'allarme coerenza, ossia quella sirena che molti italiani ignorano, signora mia!

E mi rendo conto che come lui, di cagatori seriali ce ne sono a legioni.




Non guardarmi così, non ho detto a nessuno che hai fatto Jack Reacher








Ma per comprendere la portata di questa immensa, immane e marrone riflessione bisogna tornare indietro nel tempo, nei mitici anni '60.








Benvenuti in un mondo nel quale l'Italia non produce solo merda.

Cioè, si: produce anche quella

Ma con stile.

Grazie a quest'uomo:

Piero Manzoni

Che a vederlo così, con lo sguardo tra l'allucinato e lo scazzato e la sigaretta da bullo del cortile non lo direste mai, ma è stato uno dei più influenti artisti italiani del periodo.

Per la merda.

Ma andiamo per gradi.

L'influenza maggiore nelle opere di Manzoni, in particolare in quella che ci serve a noi, è il Dadaismo, quella corrente artistica che voi debosciati portate nella tesina di maturità imparata a memoria senza sbattervene di cosa sta a significare, ma tanto nel libro occupa solo 7 pagine e allora dai, si può fare.

E siccome ci tengo alla vostra (d)istruzione, ve lo spiego.

Ai Dadaisti, tutta la cultura artistica del passato non piaceva perchè prodotta da un mondo che sulla base degli stessi valori avrebbe portato alla Grande Guerra.

Che non è quella che giocate ai videogiochi con ambientazione vintage, tutti fucili in legno, cappottoni e maschere antigas fighe.

Ma è una guerra dove ragazzetti di sedici anni venivano mandati a mangiare piombo e fango per difendere mezzo metro di terra, morivano come mosche per i proiettili nemici solo quando gli andava bene, sennò di dissenteria e malattie.

Insomma, uno schifo totale.

E ai Dadaisti non piace, per questo sputano in faccia all'arte "di regime".

I Dadaisti ricreano l'arte partendo dal quotidiano. Prendono oggetti comuni e li reinventano come espressione artistica; per dire, se una volta arte era considerato questo:





ora per arte si intende questo:




Perchè?

Semplice: spiazzare l'osservatore, prenderlo a pugni in faccia con un'estetica nuova, potente e più acida di una zitella con i capelli bianchi.

Perchè tu, lurida società conformista e borghese mi mandi a morire per il tuo profitto?

Allora io, artista, ti sbeffeggio con questa roba.

Al di là dell'uso dell'oggetto comune come pezzo da museo, quello che i Dadaisti insegnano è il gusto per lo sberleffo assurdo.

Che Manzoni fa suo e utilizza per portare avanti la tesi che ci serve a noi.

E che molti critici forse non hanno imparato.

Ossia che in una società conformista e priva di identità, colui che viene definito "artista" sarà sempre riverito come tale qualsiasi cosa faccia.

Anche quando fa na fetecchia.

E Manzoni come esprime questo concetto?

Con la merda, of course:



Nel 1961, Pierozzo Bello la fa grossa in 90 barattoli (era calabrese?) che poi sigilla ed espone.

Perchè anche il peggior prodotto di un artista sarà considerato arte.

E c'aveva ragione, visto che questa intuizione gli ha dato fama imperitura nei secoli dei secoli.

Il punto è: sei un autore riconosciuto?

Bene, puoi permetterti di fare tutto.

Ma proprio tutto.

Chè tanto comunque critica e fanatici se la mangeranno lo stesso.

Il che ci riporta ala discorso di oggi, ossia:

Ma quante volte ci è capitato di vedere film di merda fatti da grandi autori?

Risposta: troppe.

E quante volte questa cacca è stata accolta a braccia aperte da critica e fanboys?

Infinite.

E allora, senza indugi, ripercorriamo questa autostrada questo sifone dei ricordi per vedere quanta Merda d'Artista ci hanno tirato in faccia ridendo:




"BEST OF THE WORST"

O ANCHE

"WORST OF THE BEST"


ovvero: io ti voglio bene, caro Grande Regista n° X, ma questa è una cagata (non) bella e (non) buona






Gangs of New York (2002)




























OSSIA:


Tra il tempo in cui gli hippie calcavano la terra (a proposito di merda) e l'avvento del figlio di Bush (sempre più sporca), vi fu un'era oltre ogni immaginazione: l'era in cui Martin Scorsese dirigeva un capolavoro (quasi) ogni volta si metteva dietro una macchina da presa.

L'era, per capirci, in cui prendeva quella faccia da mariuolo di De Niro e lo metteva a fare il gangster, lo psicopatico, il truffatore o il gangster psicopatico truffatore. E lui si mangiava metà film.

E l'altra metà se la mangiava Scorsese con i suoi movimenti di macchina funambolici, la costruzione delle scene che voi umani non potreste immaginarvi e una grinta da fare invidia a Ronda Rousey.

Poi arriva Leonardo Di Caprio, Scorsese se ne invaghisce, visto che va di moda fare le nozze gay, e decide che il vecchio De Niro deve levarsi dalle scatole per far spazio ai gggggiovani.

Peccato che Di Caprio sia inespressivo come un tonno marinato.

E i film che ha fatto con Scorsese sono delle fetecchie.

A parte the Departed..... ma questa è un'altra storia.


"Non è colpa mia! E' che di spalle sembrava donna!"


Fatto sta che il primo cappellalavoro che i due mangiaspaghetti tirano fuori dal cappello è quella cosa chiamata Gangs of New York.

Quella cosa lì, dove ogni due secondi gli irlandesi si menano, giusto perchè a Scorsese gli stereotipi etnici non piacciono.

Che se glielo andate a chiedere, sto film è un'epica sulle origini dell'America, del capitalismo, della monarchia politica statunitense, del rifiuto dell'oppressione... e blablabla.


Sopra: momento non stereotipato

TRAMA: 

Amsterdam, ossia Di Caprio (e checacchiodinomeè Amsterdam?) ha assistito alla morte di suo padre Liam Neeson da bambino per mano di Billy Er Macellaro, noto spaccacostine di Fresceglie, e giura "Io vi troverò!". 16 anni dopo torna in città (da Amsterdam? Boh!) e giura di vendicarsi... ma Bill nel frattempo è diventato il più ganzo del quartiere e lui ne rimane affascinato, quindi ci mette due ore e mezza a spappolargli il cranio. E questo e quanto.... come dicevano in Casinò :(

"I'm Batman!"



CHE COSA DOVREBBE SIGNIFICARE:

Che New York nel XIX Secolo era un posto assai divertente: ammazzavi gente per strada e la facevi franca, mettevi in scena spettacoli razzisti e nessuno ti rompeva le balle, nei postriboli potevi andare con tutte le minorenni di sto mondo e anche se eri il sindaco nessuno batteva ciglio, le mattinate con gli amichetti erano na roba che The Warriors a confronto pare  una partita di pallone all'oratorio di don Mazzi.


I guerrieri di mezzogiorno

E cioè, forse, che l'America è nata nel sangue degli immigrati, nello sfruttamento del più forte sul più debole, nel confronto, talvolta onorevole, talvolta sleale, tra personaggi bigger than life, che gli ideali c'entravano poco o nulla e che l'affaristica regnava sovrana, per poi divenire il DNA della capitale mondiale dell'economia e del commercio.


Sopra: simbolismi che voi umani è meglio non immaginiate



CHE COSA E' USCITO FUORI:

Na cagata!

Ok, mi spiego.

L'idea di creare un America preistorica, quasi primordiale, era assai intrigante, sopratutto con Bill Er Macellaro come figura cardine, simbolo di quell'America violenta ma viva e con Daniel Day Lewis che come al solito divora ogni scena.

Peccato che Scorsese lo faccia in modo ridicolo.

Perchè ci sono i guerrieri ognuno con un superpotere speciale, come Mary l'Arpia che combatte con gli artigli... e poi c'è Liam Neeson che si chiama solo "Priest" e battezza il prossimo suo con una croce celtica da quaranta chili... e Bill con la mannaia da macellaio.... vabbè.

La prima scena pare uscita da Mad Max: che ci stà Neeson che porta il figlio a spasso per una caverna (?) con una musica bumbastick in sottofondo che neanche nei peggiori spot della Nike degli anni '90. Poi escono allo scoperto e partono movimenti di macchina da videoclip e un combattimento tra gang che più brutto non c'è... e poi ti accorgi che sto prologo strampalato era la parte migliore del film.


Mad Martin: Fury Streets

Arriva Di Caprio e di punto in bianco capisci perchè non gli vogliono appioppare l'oscar: per tutto il film ha 1 1 1!!!!!!!!!!!! espressione in viso.

E il suo dovrebbe essere un personaggio tormentato, dilaniato dalla sete di vendetta ma affascinato da un leader carismatico e a suo modo giusto.

E invece per 3/4 di film fissa tutto con una faccia da ebete.


"Non guardarmi così! Lo sai che sono uno dei migliori della mia generazione!"


Gli intrighi del potere e la volontà del popolo di divincolarsi dalla presa del Macellaro vengono riportati in una sottotrama dove Brendan Glesson vuole fare il sindaco.

Poi siccome Scorsese si scocciava ad arrivare in fondo e pure Glesson era impegno in altri 30 film, decidono di ammazzare il suo personaggio di punto in bianco.

Prima però c'è tempo per una delle sequenze più ridicole mai filmate. 
C'è un tipo che di fronte ad Amsterdam (ma che cacchio di nome è?) spara a Bill nella panza. Ma siccome Scorsese vuole fare un kolossal di tre ore, Bill non muore, si siede come se niente fosse e passa la paura. 

Tipo Grattachecca e Fichetto, ma con Di Caprio e Daniel Day Lewis.

"And that's all suckers!"
Poi arriva Cameron Diaz... e niente, sta lì giusto a stimolare l'ormone di noi maschi.

Perchè non fa nulla. E' lo stereotipo della crocerossina porca.

E alla fine, tra una vendetta ad minchiam, luoghi comuni, personaggi tagliati con la mannaia da macello, ti chiedi: ma sto casino lo ha fatto quello di Quei bravi ragazzi?

Si, proprio lui.

Lacrime.




Planet of the Apes (2001)




OSSIA:

Che uno con Tim Burton volendo la più fare veramente sporca.

Cioè, più sporca di come la fa lui ogni volta che fa un film.

Che in pratica l'ultima cosa che ha azzeccato è stata Big Fish.

11 anni fa.

E uno pensa: ok, ma prima era solo rose (appassite) e applausi (scheletrici), no?

No, ma manco per sbaglio, visto che già nel 2001 fece una bella cagata: il remake-reboot-reimagination-remotelomettondòdicoio del Pianeta delle Scimmie, il capolavoro con Mussolini Heston e la statua della libertà sfasciata.

Ma per capire come mai il papà di Edward ManidiKrueger e Batmaniaco soffre di diarrea, bisogna partire dall'inizio.


"Incredibile! Sembra più interessante dell'intero film!"


Come tutti i bambini delle fiabe, anche Tim Burton aveva un gemello cattivo, Tom Burton, che si divertiva a rubargli i giocattoli belli e lo faceva giocare con quelli scheletrici e deformi, lo costringeva a guardare solo film horror degli anni '40 e a leggere la versione integrale e senza censure delle fiabe dei Grimm, dove il sesso e la viulenza ci stava tutta.

Quando aveva 17 anni, il giovane Tim decise di farla finitiva; assieme ai suoi amici Vincent Price e Christopher Lee diede la caccia al perfido Tom e lo bandì nell'orrorifico sottoscala della nonna di campagna.

Tim potè riuscire a diventare uno stimato regista ed un artista celebrato al Gughennheim. 

Passano gli anni. 

Nel 2000 il millennium bug decide di colpire e per farlo si allea con Tom, che libera dal malefico sottoscala degli orrori.

Tom dirige per prima cosa questo orrendo re-qualunquecosasia del Pianeta delle Scimmie, firmato come "Tim Burton" a causa di un errore del tizio che fa i titoli.

Poi decide di rubare l'identità del fratello e di distruggergli la carriera facendo roba del tipo Alice in Wonderland e La Fabbrica di Cioccolato.

Il povero Tim, nel frattempo, è prigioniero nel sottoscala, dal quale non riesce ad uscire perchè i due guardiani-zombi credono che sia Tom.


Questo invece è Nicolas Cage che fa il cosplay di Tim



TRAMA:

Marky Mark (Whalberg) è un astronauta follemente innamorato di una scimmia. Il caso vuole che questo stupido e pidocchioso primate si ritrovi a volare nello spazio vicino ad un buco nero. Ma l'amore vince tutto: Milky Marky si tuffa a capofitto nel buco nero (e già qui le metafore sul sesso si sprecano) e si ritrova sul pianeta delle scimmie. Solo che questa volta a comandare non c'è il caro vecchio Dottor Zarius e balla la breakdance, ma Tim Roth vestito da scimmia che si diverte a fare pesanti avances da bruto a chiunque gli si avvicini e Helena Bonham Carter che fa la radical chic.


"Adesso ti gibbono tutto!"


CHE COSA DOVREBBE SIGNIFICARE:

Mark Whalberg è l'archetipo burtoniano del diverso. Solo che questa volta a termini invertiti: l'uomo, il normale, è braccato dalle scimmie umanoidi, i diversi, solitamente sfruttati dalla sperimentazione scientifica e che ora fanno assaggiare ai loro cugini più evoluti tutta la cattiveria che hanno dovuto subire nel corso dei secoli.


CHE COSA E' USCITO FUORI:

E qui c'è da sbizzarrirsi, chè se una guarda sta ciofeca solo per farsi due risate, allora finisce che grida al capolavoro.

Mark Whalberg prova attrazione sessuale per uno scimpanzé.

Non vi basta?

Mark Whalberg si ritrova sul pianeta delle scimmie, che è diventato il pianeta delle scimmie non per la guerra nucleare o un virus ammazzasapiens, ma perchè un gruppo di scimmie incazzate ci si è schiantato ed è diventata la specie dominante... si vabbeh.

Per tutto il film, Mark Whalberg ha anche lui 1 1 1!!!!!!! espressione sul viso, tra l'incazzato e lo spaesato, e la mantiene in ogni situazione.

Helena Bonham Carter fa la scimmia progressista, che è convinta che gli uomini sono creature intelligenti solo perchè.... si insomma, a causa del... no, perchè li hai visti? Hanno l'espressione da bifolchi e vestono di stracci, vuoi che non siano intelligenti?

E infatti Kris Kristofferson è talmente intelligente che a metà film lo schiantano e nessuno canta Knockin' on heaven's door.

Poi di punto in bianco la Carter decide che Whalberg è intelligente e ha qualcosa di diverso, così, a membro di scimmia. Anche se fa lo schiavo e in tutte le situazioni in cui è coinvolto rimedia figure di merola.


"Intelligente? io?"

Ad un certo punto Marky incontra una bella figliola. candida, con i seni piccoli ma sodi, l'espressione da beota, ma che gran bel pezzo di beota!

E se ne innamora al punto che...

No, come non detto, alla fine si slimona la scimmia progressista, embè rimane fedele al suo indirizzo scimmiosessuato.

Tanto alla fine sta povera gnocca non se la fila nessuno, dice due parole in croce per tutto il film, mostra le cosce e via alla cassa, che non hai peli sulla faccia, vergogna!


Già, meglio la scimmia


Poi c'è Tim Roth... poi quanto bene gli voglio a Tim Roth.

Che sarà anche uno sbevazzone irredento peggio di me, ma cacchio quando recita fa venire giù il teatro.

Tranne qui, che fa venire giù le palle.

Che sta sempre, perennemente sopra le righe, pare un bambino che gioca a fare l'incazzomane e si diverte a saltare addosso a qualsiasi cosa che gli capita a tiro.

Tipo che sembra voglia trombarsi tutto.

Ed è cattivo, ma Kattivo Ufficiale ti Gestapo ubersturmtrupperfuhrer!

Che vuole sempre nuclearizzare tutto. E ad un certo punto ammazza due sottoposto così, giusto perchè si annoiava.


"Questa è espressività!"


L'unica cosa bella sono gli effetti di Rick Baker, che lascia stare i cartoni animati di L'alba del pianeta di Apes Revolution e fesserie varie, qui si va di makup e protesi e gli attori parono scimmie. No aspè, è uscita male, ma vabbè avete capito.

Peccato però che non riescano ad urlare e c'abbiano le bocche fatte al computer che mio cugino le faceva meglio.

E Tom Burton ci tiene talmente tanto al suo messaggio di sesso interspecie che ci regala pure una scena dove Lisa Marie ed un orangutan bombano.... quanta sensualità.

E siccome pure lui deve far vedere che ce l'ha grosso, ti infila un finale che a confronto la statua della libertà incenerita è na roba da film Disney.

In pratica, Marky Mark si ritrova a New York, ma è la New York delle scimmie!

Aspè... aspè!

Ma perchè? Ma come hanno fatto a diventare uguali agli uomini?

Ma perchè Tim Roth è diventato Lincoln?

Ma non avevano fatto la pace con gli uomini?

Ma.... Ma..... MA!!!!!!!!

MA VAI A CAGARE!





La città delle Donne (1980)



























OSSIA:

E con questo mi aspetto diecimila mail di sdegno, ottantamila commenti che gridano "coglione! Fellini è un fottuto genio!", una filippica del ministro Franceschini inalberato perchè ho osato toccare un monumento nazionale e una denuncia per atti osceni in luogo pubblico, che non fa mai male.

Però mi farebbe piacere che prima mi ascoltaste.

Chè così, magari, vi riesco a spiegare perchè anche il più grande genio italiano andava al bagno.

"Santo Subito!"


TRAMA:

Il giornalista Snaporàz viene a sapere di un città dove sono tutte donne. E apriti cielo, si va lì in vacanza. Ma si scopre che sono femministe, luride lesbicone. Ma siccome lui è l'alter ego di Fellini, gli andrà comunque bene ;)



CHE COSA DOVREBBE SIGNIFICARE:

La donna come magnifica ossessione, divinità creatrice, Messalina seducente, creatura affascinante, ma anche ordinaria, agguerrita, divelta dallo stereotipo della fanciulla in pericolo, omaggiata nella sua intrinseca sensualità, ma allontanata dal luogo comune sulla sua incapacità di portare avanti da sola la società.


La cavalcata delle Valchirie Italian Style




CHE COSA E' USCITO FUORI:

Fellini non è Marco Ferreri, non ha la sua carica irriverente ed acida quando si parla della guerra dei sessi e sopratutto non riesce a coniugare la voglia di sfatare i miti con l'omaggio alla bellezza.

Che se il film fosse durato mezz'ora, sarebbe stato un capolavoro.

L'arrivo di Matroianni alla fantomatica città delle donne, i comizi "bolscevichi" contro la tirannide maschile, la messa in scena della donna dilaniata tra lavoro, casa e assalti sessuali del mostro-maschio sono da antologia.


Che te lo dico a fare?


Poi Fellini sbanda, esce fuori strada, viene superato da Hakkinen e il Gran Premio se lo sogna.

Visto che comincia a portare in scena Donatella Damiani, che quanti ragazzini fece uomini....

Comunque, la Damiani è bona, ma parecchio bona.

Ma dal modo in cui parla e si muove si capisce che ha si è no un neurone funzionante.

E lei dovrebbe essere la donna bella ed emancipata?

No, è una velina, lo stereotipo di un oggetto sessuale di carne al servizio dell'occhio maschile, che la divora nel suo compiacimento.


Suffragette


E l'omaggio alla donna moderna e forte?

Sparito.

Visto che Snaporàz alla fine non fa che passare da un abbraccio all'altro, da un letto all'altro, da un paio di tette ad un altro.

E la contraddizione è servita.

E spiace davvero vedere un gigante del calibro di Fellini sciorinare una roba del genere.

Sopratutto se si tiene conto di come in quel decennio sarebbe stato in collisione con Berlusconi... e che, a conti fatti, entrambi hanno lo stesso modo di vedere le donne.

E se voialtri credete ancora che non è vero che non ha fatto roba brutta, guardatevi anche L'Intervista e poi ne riparliamo.


Girl Power




Ladykillers (2004)



























OSSIA:

Quando lo zio Drugo ha saputo che i suoi due amici ebrei hanno fatto un film di merda, c'ha avuto na reazione che ringrazio ancora iddio che avevo la macchina fotografica in mano, che merita di essere conservata:

"Nonnèpozzibbbileeeeeee!"

Sembra che stia ridendo, in realtà era in preda alle prime avvisaglie di un collasso cardiorespiratorio da record.

Perchè dai fratelli Coen nà roba così non te l'aspetti.

Al massimo ti aspetti Il Grinta, quella cosa dove zio Drugo fa papà Rooster Wayne, ma non ti aspetti nà cosa dove Tom Hanks e amici si fanno fare il culo da Big Mama.

Sopratutto, non ti aspetti che non faccia ridere MAI.




TRAMA:

Tom Hanks deve rapinare una vecchia bacucca, ma siccome sia lui che i suoi complici sono un gruppo di impediti vengono schiantati ad uno ad uno.

Pure lui non è convinto


CHE COSA DOVREBBE SIGNIFICARE:

Che i fratelli Coen sono bravi a fare la commedia grottesca, che Tom Hanks è bravo a fare il trasformista, che è possibile fare un remake di un classico del black humor anni '50.




CHE COSA E' USCITO FUORI:

Che i fratelli Coen sono bravi a fare la commedia grottesca, ma a sto giro non c'hanno voglia, che Tom Hanks è un cane d'attore ed è pure antipatico e che fare un remake di un classico dello black humor anni '50 è impossibile.

"Oddio!"

Chè davvero, Hanks è insopportabile, è convinto di poter essere simpa facendo mossette e guaiti, invece dopo 5 minuti gli si vorrebbe cavare gli occhi e pisciargli nel cranio.

I Coen lavorano a ore, nel senso che non fanno un cazzo, non cercano situazioni comiche particolari, usano i personaggi come pupazzi e li caricano di elementi grotteschi pensando che così facendo la gente ride.

Come nei cinepanettoni.

E così abbiamo J.K Simmons che diventa novello Massimo Boldi e fa le scureggie.


"Dalooooore!"


E Marlon Wayns che fa il niggaz.


"Buana Badrone"

E devo aggiungere altro?






L'Industriale (2011)

























OSSIA:


Che Giuliano Montaldo meriterebbe tutto il rispetto di questo mondo solo per aver fatto Sacco e Vanzetti.

Vorrei vedere voi, negli anni '70, a fare un film su uno dei casi di cronaca giudiziaria più scottanti di sempre.

Vorrei vedere se avreste avuto le palle di prendere le parti delle vittime, pur sapendo che erano due anarchici irredenti.

E se avreste avuto le palle ancora più grosse di chiudere il film gridando "viva l'anarchia", coscienti che tutti gli esercenti stronzi di questa penisola di repressi avrebbero fatto saltare l'audio in quel preciso istante. E che 40 anni dopo quelli stronzi della distribuzione avrebbero censurato il dvd.

E invece nel 2011 si scopre che Montaldo le palle non ce le ha più.

E che a noi ha deciso di farle cascare.


Colpa della crisi


TRAMA:

Nicola è un industriale lumbard che c'ha la villa, il macchinone e il mignottone come moglie. Ma c'è crisi, infatti tutto il mondo è grigio. E Nicola non sa come ripagare i debiti. E i parenti del mignottone vorrebbero fargli prestito a strozzo. Ma lui è troppo buono.


CHE COSA DOVREBBE SIGNIFICARE:

Che c'è crisi e tutto va a rotoli.



CHE COSA E' USCITO FUORI:

Un film italiano sulla crisi. E già qua mi avrete capito.

Che chiamarlo film è fargli un complimento che non merita visto che sembra nà fiction da quattro soldi, girata in economia dal primo raccomandato ritardato che passava.

Ma andiamo con ordine.

Per prima cosa, tutto il film non ha forza, è stanco, floscio, fiacco.

Dov'è la rabbia di una volta? La voglia di sputare in faccia all'autorità? Di sfatare miti? Di combattere strenuamente a favore del giusto?

Da nessuna parte.

Che Montaldo oramai è un vecchio e come tutti i vecchi per lui il mondo è solo grigiume.

E quella orrenda, rivoltante fotografia con i grigi al photoshop sta lì a ricordarcelo in ogni fotogramma.

0,5 sfumature di grigio

Si cerca di fare il punto della situazione italiana con una storia esemplare, tipo la via crucis di un imprenditore buono, ma soffocato da tutto e da tutti.

Poi però Montaldo si scazza e decide di metterci la sottotrama della Crescentini insidiata da un albanese.

E così capiamo che con l'età è pure diventato misogino e xenofobo.

Che la Crescentini è felicemente sposata con Favino che le ha dato tutto, ma siccome è donna e in quanto donna è zoccola, si fa ripassare dall'albanese.

Che è tipo lo sterotipo dell'albanese: non fa un cazzo e ci ruba le donne, alle ruspe!


"C'ho i rimorsi"

E se poi qualcuno mi viene a dire che dovrebbe essere una metafora, una crisi esistenziale che fa il palio con la crisi economica, io rispondo che la verità è che non avevano idee.

E infatti ci propinano tutti gli stereotipi del caso: parenti serpenti, politici assenti, amici coglioni e chi più ne ha più ne metta.

Tutti buttati nel calderone, un tanto al chilo, senza mai prendersi la briga di approfondire o dargli una caratura drammatica.

Che sembra quasi un tema di terza media.

E poi c'è lui, il buon vecchio Favino.

Che qua è sfavato a morte.


"Ma chi me lo ha fatto fare...."


Siccome non si era capito che Favino non è un attore, ma un caratterista, Montaldo lo manda in scena a recitare quattro battute trite e fare le facce.

Alla fine non hanno neanche le palle di fargli ammazzare l'albanese, che Favino cattivo no, dai, è solo una vittima del sistema.

Tutto questo non vi basta?

Nel cast c'è pure la Di Cioccio che fa l'amica cretina del mignottone.

Ora venitemi a dire che questo è cinema impegnato.


"Le Iene presentano: i più bei luoghi comuni d'Italia!




Fantasmi da Marte (2001)


























OSSIA:

Alzi la mano chi non è cresciuto con i film di John Carpenter, chi non ha mai sognato di essere un ex eroe di guerra scazzato che sfancula il presidente Usa e Getta, di bombarsi una babysitter tettona la notte di Halloween o di essere inseguito da un alieno mutaforma.

Chè se foste più ggggiovani magari vi passava la voglia, visto che Fantasmi da Marte è del 2001, è il suo penultimo film (ma speriamo pure di no) e che è la roba peggiore che ha tirato fuori dal suo baffone magico.


TRAMA:

Invidioso di Guzzanti e i suoi fascisti, Carpenterone si trasferisce sul pianeta rosso per giare un western con i reietti dell'esercito a fare i cowboys e gli ectoplasmi marziani a fare gli indiani. 

"Che cosa?"

CHE COSA DOVREBBE SIGNIFICARE:

La trama non lo so, molto spesso non ha senso. Il film è un coacervo di tutte le ossessioni del grande regista: morti che ritornano per perseguitare i vivi, atmosfera western, un eroina che da sola tenta di sopravvivere, un bandito duro che suo malgrado è chiamato a fare l'eroe. Il tutto senza stile nè convinzione.

Ma con tanto Meeeeeetal!



CHE COSA E' USCITO FUORI:

C'è Ice Cube che fa il novello Snake Plissken.... uccidetemi.

Perchè davvero, le idee bene o male ci stavano: una tribù incazzata perchè gli americani gli hanno fregato il terreno sacro, gruppo di personaggi in un interno che devono sopravvivere, ma nessuno di loro è buono e l'ambientazione aliena.

Ma Carpenter gioca al risparmio e ricicla tutto quello che aveva fatto senza convinzione.


"Kurt Russell? Mai sentito"

Tutto è già fatto e già visto, nulla è originale.

Le scene d'azione sono tirate via.

La tensione latita.

Gli attori sono cani.

Natasha Henstridge non si spoglia.

Gli effetti speciali al computer fanno cagare (e sai la novità).

E quando Baffone tenta di giocare la carta dell'ironia, scade nel ridicolo.

Il pensiero vola verso il passato e ci si chiede: MA CAZZO, PRIMA FUGA DA LOS ANGELES E MO' QUESTO?




Non ci credono manco loro




J.Edgar (2011)


























OSSIA:

C'era un periodo in cui Eastwood non sbagliava un film.

Poi ha fatto Invictus, e vabbè almeno uno.

Poi ha fatto Hereafter, e vabbè c'ha 80 anni e si è rincoglionito.

Poi ha fatto J.Edgar e nulla, il fascio torna a scorrere potente in lui.

Che di film brutti Eastwood ne ha fatti altri oltre Hereafter, come Coraggio...fatti ammazzare o quello dove guida il camion con una scimmia.

Ma un film brutto che fa il santino al peggior fascista d'America è troppo da sopportare anche per uno come me.



"Cazzo guardi?"


TRAMA:

Hoover non era cattivo, solo frainteso, anche quando ricattava il presidente degli Stati Uniti.



CHE COSA DOVREBBE SIGNIFICARE:

Come sopra, che le sottigliezze le lasciamo ai porci rossi.



CHE COSA E' USCITO FUORI:

J.Edgar Hoover, fondatore e capo dell'F.B.I. è stata una delle figure più controverse del secolo scorso.

Fieramente patriottico, non guardava in faccia a nessuno quando si trattava di difendere l'America FUCK YEAH!.

Utilizzando le risorse del beurou ha creato un archivio con tutti i segreti degli uomini più potenti paese per averli alla propria mercè.

Era ossessionato dalla figura materna, intratteneva una tormentata storia d'amore con un suo collega in un periodo in cui i gay venivano scuoiati a vista ed era un eroinomane convinto.

Ma per Eastwood no, era nu brav uoaglion'.



"Li hai fatti pestare a sangue... che figo!"


J.Edgar idealizza a morte un fascista omosessuale drogato e manipolatore.

Nella prima scena Eastwood fa vedere le retate contro i gruppi di estrema sinistra, gruppetti di persone colpevoli di fare propaganda picchiati in modo talmente brutale che a confronto la scuola Diaz era un parco giochi.

E J.Edgar fa la figura del buono, che non sapeva che i suoi uomini erano squadristi.

Il conflitto con la madre viene risolto con una scena bellissima: Hoover si infila la sottana della vecchia e balla al chiaro di luna, tipo episodio di South Park.

La storia d'amore gay è na roba che pare uscita da un romanzo harmony.

E l'eroina? No, quale eroina, erano solo vitamine e se era droga la prigliava a sua insaputa, tipo politico italiano.


"L'importante è non farsi beccare!"

Alla fine Eastowod fa il colpaccio e introduce il cattivo definitivo, la nemesi del buon J.Edgar: Richard Nixon.

Che pare uscito da un episodio di Futurama.

E vuole usare l'archivio segreto per fare del male, Hoover invece lo usava per fare del bene, si si.

Che pare che inizialmente ci doveva essere il Dr.Octopus a fare il cattivo, ma poi hanno optato per Nixon che ci volevano meno effetti speciali.

In tutto questo, il bamboccio Di Caprio ci sguazza come una mosca nella merda.

In ogni singola scena va sopra le righe, grida, fa le facce, pare invasato.

Tutto per avere un oscar che manco gli hanno dato.

E hanno fatto bene.


"Neanche stavolta..."




Re Lear (1987)

























OSSIA:

Nel 1986 ci stava Menahem Golan che era capo della Cannon, quella società che faceva i film di CHCHCHCHUCK NOOOOORRRRRIS! e di Silvestro Stallone che insegna al figlio a fare braccio di ferro.

Che ad un certo punto Golan ha voluto mettersi a fare i kolossal, ma è uscita na roba tipo Superman IV e il film di He Man ed è fallito.

Ma prima Golan ci ha dato 2 milioni di paperdollari a Godard per fare un film, così poteva dire di aver foraggiato l'arte.

E Godard tira fuori il suo film più inutile.



Eh già!

TRAMA:

Dopo una guerra atomica, un pronipote di Shakespeare viaggia per il mondo in cerca delle opere dell'antenato per preservarle.



CHE COSA AVREBBE DOVUTO SIGNIFICARE:

Il cinema come caos definitivo, distruzione della narrazione che si ha nella sceneggiatura in quanto messa in scena non lineare degli eventi, dove solo il montaggio può dare senso a tutto.



CHE COSA E' USCITO FUORI:

No, il punto è che qui il senso esce fuori, ma lo fa male.

Perchè tutta sta roba Godard l'aveva raccontata in altri suoi film dai tempi di Fino all'ultimo respiro.

Qui alza il tiro e se ne frega di tutto e tutti.

E perchè noi dovremmo fregarcene?


Sopratutto perchè, visto che c'è Molly Ringwald?


Tutto il film è caos e se lo riesci a seguire sei bravo.

Il simbolismo è basico, come le luci nella scatola che sarebbe la macchina da presa e la fase delle trattative e il montaggio come sole certezze.

Tutto quello che c'è in mezzo è noia.

C'è pure Woody Allen che fa il montatore, perchè visto che siamo in America chiamiamo un pò di colleghi.

E alla fine non si riflette su nulla se non sulla mancanze di idee del buon Jean-Luc.



"E io mi faccio una canna!"


E a proposito:





Il Caimano (2006)

























OSSIA:

Vi ricordate come negli anni '70 il cinema italiano prendeva a schiaffi il potere?

Che c'era Montaldo prima che si rimbambisse, Elio Petri e Francesco Rosi che tenevano sulle palle la DC e tutti i suoi membri e non passava un anno senza che non ci gettassero acido sopra.

Con film che spaccavano e che ancora oggi sono di una attualità da far rivoltare le budella.

Nanni Moretti in quel periodo c'era e qualcosa di simile la faceva pure lui, ma negli anni '80.

Poi arriva Berlusconi e pure Moretti se la fa sotto.

Ma siccome non ha le palle di ammetterlo decide di omologarsi a chi "va contro" e tra un giro tondo e l'altro fa un film contro Berlusconi.

Che in realtà è a favore di Berlusconi e contro il buon senso.


"Ma... ma vuoi fare davvero un film contro Berlusconi?"



TRAMA:

Come nel miglior sketch di Max Tortora, c'è Silvio Orlando che fa il produttore mezzo fallito. Trova uno script di una tizia su Berlusconi e decide di produrlo, ma siccome il mondo è crudele non riesce a arrivare da nessuna parte.



CHE COSA DOVREBBE SIGNIFICARE:

In un paese in preda all'apatia, è impossibile fare un'allegoria sul potere.



CHE COSA E' USCITO FUORI:

Un insulto allo spettatore intelligente ed uno schiaffo alla tradizione del cinema civile italiano.

Moretti non ha le palle di mettersi contro il potere e se la prende con il pubblico.

Il pubblico va a vedere solo drammoni del cazzo mal girati e male interpretati? Io faccio un film che è così per 4/5.

E vai di fotografia a cazzo ed inquadrature di una bruttezza oscena, oltre che di personaggi comprati al discount.


Tipo la moglie scema e il bambino chicchirichì


E la polemica sul potere e sul berlusconismo?

Qua e là ci sono sprazzi di grottesco dove si ricostruisce l'ascesa al potere del nano bavoso.

Ma poi si torna a parlare di Silvio Orlando e le sue cazzate.

Perchè Moretti non ha il coraggio di mettersi contro Berlusconi.

Come un teppistello delle elementari grida e fa gestacci, ma poi torna al suo posto.

E d'altro canto, come biasimarlo? Alla fine è sempre lui che in un modo o nell'altro gli produce i film.

E torna in mente Petri che con Todo Modo si metteva contro tutta la DC, compreso la buon'anima di Aldo Moro che in quei giorni veniva rapito.

Ma Moretti non è un ribelle, è solo un radical chic da strapazzo, che dice di essere "contro" ma alla fine sa solo prendersela con il suo pubblico.


"Ma dai Nanni, vieni a ballare! Lascia perdere!"

E poi c'è quel finale.

Quanto è sbagliato quel finale?

Nel finale Moretti fa Berlusconi e mette in scena il suo trionfo.

Il trionfo di un mafioso che ha corrotto un'intera nazione e la fa franca applaudito dal popolo.

E Moretti non avendo le palle di criticarlo si inginocchia.

Perchè, caro Nanni, se non l'hai capito, la colpa dei disastri è anche di chi non li previene.

E il successo dei mostri è dovuto anche a chi non gli si oppone.

Tu puoi fare tutti i girotondi di questo mondo per placarti la coscienza, ma sappi che









E quindi....

....tanta merda da mandare giù.

E ce ne sarebbe pure altra, che geniacci come Steven Spielberg non gli abbiamo toccati, sennò si sarebbe affogati.

Nella merda.

Ma ora tiriamoci su, facciamoci una doccia ed improfumiamoci.

Che il mondo per fortuna non è solo merda.

Forse.