lunedì 20 febbraio 2017

La Sposa in Nero

La mariée était en noir

di François Truffaut.

con: Jeanne Moreau, Michel Bouquet, Jean-Claude Brialy, Charles Denner, Claude Rich, Michael Lonsdale, Alexandra Stewart.

Noir

Francia, Italia 1968













Una donna, rimasta vedova il giorno del suo matrimonio, intraprende il sentiero della vendetta contro i suoi aguzzini. Sembra la sinossi di "Kill Bill" di Tarantino e di fatto lo è, perché "La Sposa in Nero", seconda incursione di Truffaut nei meandri di quel noir tanto amato e citato, fu la base di quell' immensa opera di citazionismo e rielaborazione che è cult di Tarantino. Base che però è già di per sé stessa opera di rielaborazione citazionista, nella quale il grande autore fa convergere l'amore per Hitchcock, la passione per la letteratura di Cornell Woolrich, nonché la sua visione ambigua e contrastata della figura femminile.




Una vendetta, quella di Julie Kohler, che ha le fattezze di una Diana furiosa, vergine immolatasi invano all'altare dell'amore, dove la marcia nuziale di Wagner assumer gli echi di un canto funebre; ritrovandosi privata di quel marito che fu suo unico desiderio amoroso e, di conseguenza, donna-bambina che persegue con ostinazione le sue prede; le quali, a loro volta, sono degli scapoli ossessionati dal sesso, che Truffaut si diverte a colorare con le sue stesse passioni, prima fra tutte quella delle gambe.
La contrapposizione è quindi quella della lotta tra sessi, dove però entrambe le parti sono descritte come un coacervo di difetti. Il maschio è futile, perso nelle proprie ossessioni scioviniste e per questo facile preda di chiunque se ne voglia approfittare sbandierando la femminilità come facciata ed arma; ma la donna è anch'essa preda delle proprie pulsioni, con l'omicidio che prende il posto della libido a causa della status virginale. La scelta di Jeanne Moreu appare vincente: il suo volto impassibile e la sua bellezza fredda sono perfette per dar vita ad un personaggio affascinante eppure fallibile.




Nell'intessere il racconto, Truffaut smonta il piano temporale, introducendo la storia in medias res, ossia andando contro i dettami del classicismo proprio del noir, americano e non. La prima parte è volutamente alienante: non ci si può avvicinare a Julie ed al suo passato se non che per poco alla volta, osservando i flashback di quel tragico matrimonio.
Ma nel decostruire la narrazione, personaggi e fatti non riescono ad acquisire il giusto peso; a differenza di quanto accade nei polar di Melville, non si è mai davvero coinvolti dalle gesta della protagonista, non si avverte mai davvero il suo rancore o il suo dolore; non c'è, in sostanza, quell'agitarsi di emozioni e pulsioni al di sotto di una superficie volutamente fredda, come la migliore tradizione del noir francese ha insegnato.




Truffaut si riconferma, si, narratore eccellente e maestro nella direzione degli attori, ma, al pari di quanto accadeva con "Tirate sul Pianista", non riesce a trasformare questa storia di vendetta in un vero esempio di cinema d'autore. Forse sarebbe stato meglio restare più vicino ai canoni del genere piuttosto che optare per una loro rilettura personale. E forse anche per questo, egli stesso finì per rifiutare il film, mossa sicuramente estrema, ma tutto sommato comprensibile.

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