Spider-Man- Into the Spider-Verse
di Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman.
Cinecomic/Animazione/Supereroistico/Azione
Usa 2018
E' spiazzante constatare come nel 2018, grazie a questa nuova incarnazione dell'Arrampicamuri, si ripresenti un fenomeno già sperimentato negli anni '90; era infatti il 1993 quando la Warner, fresca del successo ancora travolgente della serie animata di Batman ad opera, tra gli altri, di Paul Dini, decise di creare un lungometraggio animato e proiettarlo finanche in sala; uscito il 25 dicembre 1993, "Batman- La Maschera del Fantasma" era un cartoon dai toni adulti, che scavava nella psiche dei personaggi come mai prima d'ora per presentare un Batman incredibilmente adulto e, ancora di più, una storia che riusciva a condensare, in appena 76 minuti, tutti gli elementi vincenti del personaggio, dall'azione alle atmosfere noir, dai personaggi tormentati al look dark-retrò che fece la fortuna della serie animata. Quando, un anno e mezzo dopo circa, uscì nelle sale la controparte "live-action" del personaggio, con il "Batman Forever" di Schumacher, il pubblico restò basito per l'infantilità del tutto, in uno spettacolo che teoricamente doveva essere stato pensato anche un pubblico adulto e che falliva persino nel creare una visione affascinante del personaggio.
23 anni dopo, la storia si ripete con Spider-Man: laddove il recente "Homecoming" è essenzialmente un film che potrebbe piacere unicamente ad un pubblico di infanti, che veicola una visione del personaggio piatta e, prima ancora, sbagliata, presentando persino una storia priva di spunti di interesse, figuriamoci inserti visionari, "Into the Spider-Verse" riesce a creare una origin-story simpatica per una nuova incarnazione del personaggio calandola in una storia sicuramente di servizio, ma graziata da uno stile unico e vincente.
Siamo in un mondo dove Spider-Man è esistito per più di dieci anni; il Peter Parker che tutti conosciamo è praticamente lo stesso della trilogia di Raimi, omaggiata nella sequenza iniziale, che si diverte a salvare la città dal cattivone di turno come sempre. Ma al centro del palcoscenico, questa volta non c'è lui, bensì il giovane Miles Morales, personaggio che i fan più accaniti di sicuro conoscono e adorano fin dalla sua prima apparizione.
Nato sulle pagine di "Ultimate Spider-Man", Morales è il primo vero successore di Peter Parker nei fumetti: morto lo storico nerd, in una scena dall'alto tasso di violenza grafica, il giovane afroamericano è chiamato a vestirne i panni nell'universo Ultimate, divenendo subito amatissimo dai fan. E la ragione è in realtà alquanto sciocca: da un punto di vista caratteriale, non esistono differenze tra Parker e Morales; entrambi sono adolescenti dotati di una grande intelligenza e di un coraggio non comune ed entrambi hanno "superproblemi" in famiglia. Facile è stato, dunque, sostituire lo storico Uomo Ragno con uno un pelo più giovane e inesperto, utile anche ad avvicinare i lettori più giovani alla testata, i quali meglio possono identificarsi con un eroe a loro più anagraficamente vicino.
E, di fatto, anche nella sua controparte filmica, Morales ricopre il ruolo del giovane eroe chiamato alla battaglia, in una storia lineare; solo che questa volta, a differenza di "Homecoming", la maturazione arriva non per far colpo su di una figura paterna da quattro soldi, ma come vera presa di coscienza delle proprie possibilità, una maturazione, appunto, vera e propria, non dissimile da quella che qualsiasi adolescente potrebbe sperimentare nella vita reale. E già questo basterebbe per rendere "Into the Spider-Verse" come una trasposizione riuscita delle gesta del giovane arrampicamuri. Il film, però fa di più.
Riprendendo il concetto di multi-verso che da decenni imperversa nel mondo dei comics e che per la prima volta trova applicazione sul Grande Schermo, lo script introduce alcune delle varianti più pacchiane e divertenti dell'Uomo Ragno che si siano mai viste: il comicamente dark Spider-Man Noir, lo strambo Spider-Ham, sintesi tra Peter Parker e Porky Pig, Peni Parker, sorta di Spider-Man "manga" che nei fumetti faceva addirittura comunella con i ragazzi problematici di "Neon Genesis Evangelion"; oltre che un'altra favorita dei fan, l'ormai onnipresente Spider-Gwen, versione "spidermanizzata" della storica fidanzata di Peter Parker, nata sull'onda del successo di "The Amazing Spider-Man".
Pletora di personaggi che purtroppo non sempre ha un ruolo chiave negli eventi. Noir, Peni e Ham sono introdotti solo per fini meramente comici, Spider-Gwen è, all'inizio, il deus-ex machina chiamata a salvare la situazione, il cui ingresso nella storia è tra l'altro forzato ed improbabile.
Decisamente più gustoso e riuscito è il ruolo dei "classici" Peter Parker: quello originale, sorta di mentore putativo bello e perfetto, muore nel primo atto, lasciando il giovane Morales in balia di un suo alter ego, Peter B.Parker, più vecchio e fuori forma, uno Spider-Man disilluso e ai limiti del menefreghismo impossibile da non amare.
Ma laddove il film convince davvero è nello stile; abbandonata ogni velleità di fotorealismo nella CGI, i tre registi optano per una stilizzazione totale di personaggi e immagini, creando un cinecomic vero e proprio, dove a farla da padrone sono i colori irreali e brillanti, soluzioni visive ardite come split-screen ed inquadrature rovesciate, oltre che rimandi espliciti ai "sovraccarichi di energia" di Jack Kirby e alle forme impossibili di Frank Miller (su tutti, il Kingpin è uscito pari pari dal bellissimo "Amore e Guerra"). Il risultato finale è una gioia per gli occhi, un film semplicemente bello da vedere, la cui estetica salva la visione anche quando la storia si fa più prevedibile o stantia.
Nonostante il target infantile, non si può non restare allibiti dinanzi al lavoro svolto. Benché semplicistico, "Into the Spider-Verse" resta un bell'esempio di cinecomic, dove la spettacolarità dell'ibridazione dei linguaggi viene davvero ben sfruttata.
Sono d'accordo con te, è un film molto semplice, ma la trama è ben gestita e lo stile grafico è veramente spettacolare. Peccato che i personaggi secondari siano usati poco e male.
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