giovedì 13 novembre 2014

Guardiani della Galassia

Guardians of the Galaxy

di James Gunn

con: Chris Pratt, Zoe Saldana, Dave Baoutista, Bradley Cooper, Vin Diesel, Micahel Rooker, Lee Pace, Karen Gillan, Benicio Del Toro.

Fantastico/Commedia

Usa (2014)














La Marvel Studios si è ormai definitivamente imposta come la major più agguerrita e spietata di Hollywood; tra produzioni stratosferiche, set blindati, programmazione quinquiennale dei film neanche si fosse in Unione Sovietica, autori coartati a lavorare con contratti capestro a confronto dei quali quelli dello Studio System degli anni '50 sembravano figli del liberalismo più puro ed un margine di libertà per i registi pari allo 0%, lo studio di Kevin Feige e soci ha praticamente trasferito la politica strozza-creatività intrapresa nell'editoria sulla produzione filmica, con esiti talvolta disastrosi, come il "Thor" di Branagh,quasi rinnegato dallo stesso autore, o i pessimi exploit dei primi due "Iron Man".
La parola d'ordine dei Marvel sembra essere quella di "successo ad ogni costo": dare al pubblico ciò che vuole vedere in produzioni grosse e roboanti, ma afflitte da un'anoressia stilistica e narrativa atroce, dove nelle canoniche due ore di durata stentano a trovare spazio sia la storia che l'azione, lasciando che tutta l'attenzione sia rivolta solo al cast di nomi noti e ai costumi sgargianti che indossano.
In un contesto del genere, un film come "Guardiani della Galassia" appare come una scheggia impazzita, una creatura che stona nel mare magnum di mediocrità propria delle produzioni standardizzate e omologate a causa di tutti i suoi punti di forza; è spiazzante, anzi tutto, il fatto che Feige decida di investire ben 170 milioni di dollari per una produzione dedicata al gruppo di "eroi" meno conosciuto di tutta la produzione editoriale Marvel; è ancora più spiazzante che a dirigere questo blockbuster estivo sia stato ingaggiato James Gunn, nato tra le produzioni orgogliosamente trash e anti-commerciali della Troma e che ha trovato successo ad Hollywood con l'irriverente "Slither" (2006) e sopratutto con l'acidissimo "Super" (2010), vero e proprio manifesto dell'anti-supereoismo infarcito di una cattiveria goliardica e iconoclastica unica. Spiazza ancora maggiormente come Gunn riesca ad impadronirsi totalmente del materiale di origine e a riplasmarlo in uno spettacolo di intrattenimento spensierato perfettamente riuscito, che, nonostante i compromessi necessari per rendere il film accessibile alle famiglie, riesce davvero a compiacere anche il cinefilo più incallito.


Che Feige abbia deciso di dare una virata più credibile alle sue produzioni lo si era già capito con "Iron Man 3" (2013), con l'abbandono del ridicolo involontario a favore di un'ironia più riuscita, e sopratutto con "Captain America: The Winter Soldier" (2014), ideale contraltare del film di Gunn; laddove il film dei fratelli Russo era un remake de "I Tre Giorni del Condor" (1975) in chiave fumettistica, "Guardiani della Galassia" altro non è se non una rielaborazione della fantascienza ironica e sarcastica di Joss Whedon; non il Joss Whedon sottotono e mainstream che la Marvel ha ghermito in "The Avengers" (2012), ma quello visionario ed ispirato dell'amatissimo "Serenity" (2006); l'avventura cosmica di natura "seria" si colora così di uno humor goliardico irresistibile, di un sarcasmo distruttivo, ma mai ridicolo o compiaciuto, in un equilibrio tra narrazione e ammiccamenti che regge bene per tutta la durata del film; merito della mano di Gunn, ovviamente, qui nelle vesti sia di regista che di co-sceneggiatore, riuscendo ad imprimere il suo tocco a tutta la pellicola.


Riprendendo i personaggi ri-creati da Dan Abnett e Andy Lenning nel 2008, e non l'originale team creato da Steve "Howard the Duck" Gerber negli anni '70 sulla scorta delle prime storie dedicate loro già nel '69, Gunn porta in scena un gruppo di anti-eroi stereotipati ma simpatici. Protagonista, l'immancabile umano tutto muscoli e battuta pronta, Peter "Star Lord" Quill (Chris Pratt), razziatore guascone e playboy; la parte femminile viene ricoperta da Gamora (Zoe Saldana, che si toglie di dosso la pelle blu di "Avatar" per un ancora più amena epidermide verde), assassina ninja e interesse amoroso di Quill, una sorta di Vedova Nera dello spazio; il possente Drax (Dave Bautista), golem spaccatutto ma dallo sguardo umano; e sopratutto i personaggi più strambi mai apparsi in una pellicola fantastica: il procione-cyborg armiere e boccalone Rocket (Bradley Cooper) e il simpatico e poetico uomo albero Groot (Vin Diesel).
L'intuizione vincente di Gunn sta nel concentrarsi proprio sul rapporto complicato e beffardo tra personaggi; la trama, in fin dei conti, altro non è se non l'ennesima "quest" alla ricerca del canonico McGuffin, in questo caso una delle Gemme dell'Infinito tanto care ai lettori Marvel più scafati; tutta la narrazione si sviluppa sul canone tracciato da mille altre commedie fantastiche, da "Ghostbusters" (1984) allo stesso "Serenity", passando per "Men in Black" (1997), con il gruppo di improbabili eroi all'inseguimento dell'artefatto prima dell'arrivo del villain di turno, qui incarnato da Roanan l'Accusatore, ennesimo megalomane in cerca di vendetta.


Il rapporto tra personaggi, pur non propriamente originale, resta comunque divertente data la loro amenità, la totale antiteticità di caratteri, l'impegno degli attori chiamati a recitare in motion capture o sotto chili di trucco; e persino i personaggi più improbabili come Groot o Rocket restano sempre simpatici, senza mai scadere nell'idiota; impresa che Gunn mantiene anche nel tono generale del film, infarcito di un umorismo goliardico ma mai stupido, inedito persino per il suo cinema: più leggero, mai volgare o acido, perfettamente calzante. Incalcolabili, poi, le citazioni e i rimandi con cui l'auotore riempie la pellicola: dai film di Spielberg e Lucas alle visioni future di Philip K.Dick, passando per la musica pop della già mitica "Awsome Mix" e il walkman squisitamente rertò, il tutto dona, paradossalmente, un'identità forte e decisa ad un film altrimenti anonimo.


Ma per essere apprezzato appieno, "Guardiani della Galassia" necessita di uno sforzo immaginativo non facile per lo spettatore; bisogna abbandonare la parte più adulta del proprio carattere, credere che un cattivo dotato del più grande potere dell'Universo non riesca a tenere testa a cinque disperati o che delle forme di vita organiche  riescano a sopravvivere nello spazio aperto, anche quando la sospensione dell'incredulità ci urla nella testa il contrario. Perchè alla fin fine, tra una battuta riuscita ed una no, tra una serie di citazione azzeccate (su tutte l'incipit ripreso da "I Predatori dell'Arca Perduta") e altre meno (il finale preso pari pari da "Ghostbusters", ma privo della sua carica apocalittica), vale davvero la pena scorrazzare per la galassia al fianco di questi strambi "Guardiani", sulla loro astronave battezzata in onore di Alyssa Milano mentre si ascoltano bombe del rock d'antan come "Moonage Daydream" o "Cherry Bomb".






EXTRA

Il cameo post-crediti è ormai diventato un must; questa volta è il turno di Howard the Duck, che intrattiene uno spassoso dialogo con Benicio Del Toro, omaggio a Steve Gerber.





Molto più difficile da notare è invece il cameo di un personaggio ancora più strambo:


Lloyd Kaufamn, fondatore, presidente regista principale della Troma, nonchè mentore di Gunn appare nella scena della prigione come uno dei reclusi; se infilare il re dello splatter trash in una produzione hollywoodiana da 170 milioni di dollari destinata al divertimento delle famiglie non è un colpo di genio, allora i colpi di genio non esistono.

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