Trumbo
di Jay Roach.
con: Bryan Cranston, Diane Lane, Elle Fanning, Helen Mirren, Louis C.K., John Goodman, Michael Stuhlbarg, Alan Tudyk, David James Elliott, Dean O'Groman,
Adewale Akinnuoye-Agbaje.
Biografico/Drammatico
Usa 2015
E' facile, arrivata la stagione dei premi, fare pronostici sui film che avranno più nominations; in fondo è un trend consolidato quello di premiare pellicole che trattano temi d'attualità, magari ambientate nel mondo del cinema o dintorni e con un frontman in grado di dare un'interpretazione, appunto, "da oscar". In questo senso, "Trumbo" ha subito un trattamento tutto sommato non prevedibile, racimolando solo premi e nomine per l'ottimo lavoro del cast principale. E d'altro canto, non ci si dovrebbe neanche stupire più di tanto: questa attesa biografia del grande sceneggiatore è quanto di più convenzionale si possa avere da un biopic finto-impegnato.
Spaccato della vita di Dalton Trumbo (interpretato da Bryan Cranston), mitico autore degli script per la Hollywood degli anni'40, nonchè accorato militante nel Partito Comunista Americano, la pellicola ne ripercorre la caduta dallo status di "gallina dalle uova d'oro" nel 1947, a seguito della condanna per "attività anti-americane", sino alla rinascita artistica definitiva con le sceneggiature di "Spartacus" (1960) e "Exodus" (1960).
Tutto è riportato con dovizia di particolari: l'odio della megera Hedda Hopper (Helen Mirren), giornalista che con i suoi commenti al vetriolo distruggeva le carriere di chiunque non le stesse simpatico, l'antipatia verso John Wayne (David James Elliot), l'amicizia contrastata con Edward G.Robinson (Michael Stuhlbarg) e la solidarietà con il gruppo dei "10 di Hollywood", gli sceneggiatori ed attori la cui carriera venne distrutta dalla prima ondata della "caccia alle streghe" indetta dal senatore Nixon, passando per la militanza nel cinema di serie B del produttore Frank King (John Goodman), che gli permise di guadagnarsi da vivere nel momento più buio della sua vita. Tutto viene riportato con dovizia di particolari, con occhio attento anche al contesto politico, ma in modo altamente convenzionale.
La sceneggiatura del televisivo John McNamara ripercorre le tappe in modo lineare, costruendo il tutto come una serie di sventure che si abbattono sul ribelle e successiva rivalsa, come la lunga tradizione del cinema americano fatto di outsider "reali" insegna. Mentre il rapporto con i familiari viene ridotto alla classica "incomprensione" con successivo riappacificamento con la figura della primogenita Nicola, anch'essa mossa da manuale; così come da manuale è la scelta di chiudere il tutto con il discorso tenuto durante la premiazione alla carriera del Writers Guild of America nel 1970, dove il protagonista "perdona" i torti subiti in passato.
Curiosa poi la scelta di far dirigere il tutto a Jay Roach, autore di commedie demenziali come "Ti presento i Miei" (2000) e la trilogia di "Austin Powers", che porta il tutto in scena con il pilota automatico, senza riuscire mai a caricare storia e personaggi di una valenza davvero metaforica; il suo tocco, anzi, talvolta è grossolano: Elliot non somiglia a John Wayne neanche per sbaglio e il make-up minimale di Dean O'Gorman gli impedisce di essere credibile nei panni del mitico Kirk Douglas, privato della sua caratteristica fossetta, qui sostiuta, chissà perchè, con un timido neo.
Tanto che, tolta l'interpretazione mimetica del sempre ottimo Cranston, si può tranquillamente etichettare "Trumbo" come un'operetta blanda, mai davvero brutta, ma che non fa nulla per risultare davvero memorabile, adagiandosi sui canoni più consolidati senza mai rischiare nulla.
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