mercoledì 24 febbraio 2016

Il Caso Spotlight

Spotlight

di Tom McCarthy.

con: Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams, John Slattery, Liev Schreiber, Stanley Tucci, Elena Wohl, Brian D'Arcy James.

Drammatico

Usa, Canada 2015














Un film come "Spotlight" rischia di essere ricordato solo come l'ennesimo "oscar bait" stagionale, prodotto solo per acaparrarsi più premi possibile. E sarebbe un peccato, perchè questa ricostruzione secca e precisa di uno dei più vergognosi capitoli che hanno coinvolto la Chiesa Cattolica ha davvero molto da offrire anche allo spettatore occasionale.


Prendendo le mosse dall'articolo che nel 2002 risvegliò le coscienze di Boston sul problema della pedofilia tra i ranghi della Chiesa, "Spotlight" ricostruisce con dovizia di particolari la vorticosa e complessa indagine che portò il pool di reporter del Boston Globe, riunitisi nel gruppo che dà nome al film, a ricostruire un complesso sistema di collusione tra ordine ecclesiastico e Stato per insabbiare gli abusi.
La forza della pellicola sta nel non fare sconti a nessuno: le responsabilità della Chiesa vengono ovviamente urlate, ma senza pretese sensazionalistiche. Allo stesso modo, l'operato dell'ufficio del procuratore, dell'avvocato di parte e della stessa polizia non vengono censurate. Persino la responsabilità dei media, che glissarono anni addietro sui primi indizi dello scandalo, trova il giusto spazio. "Spotlight" diviene così più che una semplice cronaca, un piccolo pamphlet sulla responsabilità collettiva, sulle colpe di un'intera società che preferisce rimuovere o occultare il "male" che in esso si cela, sopratutto quanto questo ha la forma di un'istituzione percepita come salvifica.



Le storie dei singoli giornalisti vengono confinate ai margini della narrazione, la quale è totalmente concentrata sul caso di cronaca. Nella migliore tradizione del cinema d'inchiesta americano, i personaggi sono totalmente asserviti alla storia e guadagnano una forma di centralità solo nel terzo atto, quando sono chiamati a confrontarsi con le loro convinzioni o manchevolezze; in particolare, il Mike Rezendas di Mark Rufalo diviene vera e propria coscienza che permette al gruppo di raggiungere una catarsi; facile dunque per Ruffalo ottenere una nomination agli Oscar, quando in realtà è il lavoro dell'intero cast a stupire per sobrietà e somiglianza camaleontica con le controparti reali.
Il punto di riferimento nella costruzione narrativa e visiva è l'imprescindibile "Tutti gli Uomini del Presidente" (1976), dal quale viene ripresa la costruzione narrativa come mimesi della genesi dell'articolo, ma anche l'uso degli interni, fotografati proprio come nel film di Pakula.




Quello che conta è la scoperta del "sistema", un conglomerato che permetteva (e permette tutt'oggi) ai preti pedofili di essere riassegnati ad una nuova diocesi ogni due-tre anni, con il beneplacito del vescovo di turno (nel film il vescovo Law, all'epoca dei fatti a capo di quella di Boston, poi dimessosi in vergogna) ed il silenzio delle autorità statali. Sistema alla cui base c'è una considerazione inquietante e dirompente: la diagnosi di una vera e propria devianza psicologica in capo ai sacerdoti, fatta, paradosso puro, da un ex prete, il reverendo Sipe, il quale dimessa la tonaca riprese gli studi di psicologia e scoprì la malattia, che colpisce circa il 10% dei parroci.
Verità che viene riportata con dovizia di particolari, analizzando fatti, atti giudiziari, riprendendo gli incarti originali delle interviste alle vittime e ai legali che hanno cercato di portare alla pubblica attenzione il tutto anni addietro. Verità scomoda e scandalosa, per questo necessaria.




Pur non avendo la forza visiva del cinema di Oliver Stone o la carica morale di "Insider"(2000) di Michael Mann, "Spotlight" resta un ottimo esempio di cinema impegnato, duro e interessante, la cui visione è quasi doverosa.

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