lunedì 12 giugno 2017

La Terza Madre

di Dario Argento.

con: Asia Argento, Cristian Solimeno, Adam James, Moran Atias, Valeria Cavalli, Philippe Leroy, Daria Nicolodi, Udo Kier, Carolina Cataldi-Tassoni, Jun Ichikawa, Robert Madison.

Horror

Italia, Usa 2007
















Una volta toccato il fondo, non si può che risalire; o scavare ancora più in basso, sino a raggiungere gli inferi più neri. Ed Argento il fondo lo aveva già toccato con "Il Cartaio", quindi con "La Terza Madre" non poteva che andare oltre, passando dal "brutto" sino a sfondare la frontiera del trash più puro.
Perché se già sulla carta l'idea di riprendere quell'immaginario onirico-orrorifico alla base del capolavoro "Suspiria" (1977) e di "Inferno" (1980) a quasi trent'anni di distanza, con il solo scopo di dare una chiusa per creare un'ideale "trilogia delle madri", era un'idea bislacca, dato il pozzo nero di mediocrità che caratterizzava la filmografia recente di Argento, nei fatti ciò che ci si ritrova davanti agli occhi riesce ad andare anche oltre le peggiori aspettative: 97 minuti di puro delirio nel quale nulla funziona, niente ha senso, nessun aspetto della narrazione filmica risulta riuscito, a partire dal soggetto per finire alla messa in scena.



La premessa della storia e la relativa esecuzione sono semplicemente inconsistenti. La Terza Madre del titolo, Mater Lacrimarum, riemerge dalle ombre a seguito del ritrovamento di un suo artefatto, una tunica magica che ne garantisce il potere. Cosa abbia fatto in tutti questi anni e perché abbia bisogno di questo bel vestitino demodè per dar sfogo alla sua mania distruttiva, pur essendo la più potente tra le tre sorelle, non è dato saperlo.
Contro di lei, per modo di dire, troviamo Sara Mundy, interpretata dalla solitamente inespressiva Asia Argento, qui nei panni della figlia di una strega bianca dai quali ha ereditato a sua insaputa i poteri.
E nel frattempo, a Roma, ove sorge la residenza della Terza Madre, pare scoppiare l'Apocalisse.
Già a leggerla, i rimandi della trama sono chiari: Argento, assieme ai quattro (!!!) sceneggiatori (tra i quali figurano Walter Fasano, in realtà montatore per Luca Guadagnino che qui si improvvisa scenggiatore, ed il duo Adam Gierarsch e Jace Anderson, specialisti di horroretti di serie B e C ) pesca a piene mani dall'immaginario di quel John Carpenter che tanto lo esalta, riprendendo l'idea di un artefatto malefico come viatico per la Fine del Mondo da "Il Signore del Male" (1987) e quella di una apocalisse causata da esplosioni di incontrollabile violenza da "Il Seme della Follia" (1994), che, neanche a farla apposta, compongono anch'essi due parti di una trilogia sull'Apocalisse d'autore.



L'immaginario argentiano qui è esile e, ovviamente, ridicolo. Le streghe che invadono Roma, più che a fattucchiere maligne, somigliano ad un gruppo di fans di Loredana Bertè in attesa del concerto della loro diva. La Mater Lacrimarum, interpretata dal corpo di Moran Atias (ex bellona della tv berlusconiana che giusto un anno dopo tornerà in America per prendere parte alla serie televisiva tratta da "Crash" dimostrando inedite doti attoriali), sembra una pornoattrice sfatta e rifatta male, più che l'incarnazione del Male sceso in Terra. L'arco narrativo di Sara vorrebbe riprendere quello del canonico "cammino dell'eroe", ma sembra una parodia involontaria di "Star Wars", con Daria Nicolodi intenta ad un interpretare un falsissimo spirito guida stile Obi Wan, un fin troppo strambo alchimista a fare da mentore ed una Asia Argento che più che una strega che scopre i suoi poteri sembra una casalinga frustrata che non ha voglia di far niente.



Il sabbath finale ha dalla sua anche qualche immagine raccapricciante, ma è montato talmente male che ogni intento disturbante va a farsi benedire in favore del ridicolo involontario. Il quale, nel corso della pellicola intera, tra apparizioni ectoplasmiche malamente interpretate ed eseguite con una computer graphic da discount, scimmie usate come feticcio maligno dalla credibilità inesistente ed assassini calvi che si divertono a fare le boccacce al telefono, non manca di certo.




Ed in quanto a quantità e qualità, il ridicolo viene surclassato solo dalla noia. Il viaggio di Sara non coinvolge, né spaventa; ogni velleità di creare tensione si infrange nel momento in cui la costruzione delle scene si fa basica e stanca, con piani a due ed a tre per i dialoghi, movimenti di macchina inutili e montaggio alla bene e meglio, la suspanse semplicemente non esiste; tolto un unico jump-scare realmente efficace, le scene di paura si riducono al solo sfoggio compiaciuto di violenza per il tramite degli effetti, pur ottimi, del fido Sergio Stivaletti.




In quanto ad atmosfera, visti i precedenti capitoli della "trilogia", era d'obbligo attendersi una cura per la fotografia e le musiche, per ricreare quella sospensione magica e lovecraftiana che ne era il marchio di fabbrica. E invece nulla. D'altro canto, si può mai chiedere ad un film italiano degli anni '00 non diretto da Sorrentino, Garrone o Pappi Corsicato una cura per le luci? Ovvio che no ed Argento, forse, neanche ci tiene a far rivivere i fasti del suo pur glorioso passato. In compenso, decide di fondere la narrativa filmica con il fumetto per dar vita all'antefatto, narrato tramite tavole statiche; ma la qualità delle stesse è talmente bassa che sembrano uscite dal magazzino scarti della Bonelli, vanificando ogni volontà di evocare sensazioni sinistre mediante immagini fisse; a conti fatti, sono molto più disturbanti i quadri d'autore montati sui titoli di testa, ma si sa come sia sempre facile ottenere ottimi risultati rubando il lavoro di un altro.



Se a farla da padrone nei due capitoli precedenti era il gusto per la sperimentazione, narrativa e visiva, "La Terza Madre" è invece quanto di più canonico e fiacco si possa immaginare; non possiede immaginazione che non sia ridicola, non ha idee che non siano brutte, né risvolti della storia che non siano inutili; non per nulla, si chiude con un'immagine che rappresenta perfettamente ciò che è: Sara, assieme ad un poliziotto spuntato dal nulla nel terzo atto, ridono allegramente dinanzi ad un compositing in green-screen palesemente falso, appiccicato alle loro spalle con lo sputo. Sono i personaggi inconsapevoli di una farsa che si prende sul serio, di un film trash che vuole essere d'autore, di un thriller che è in realtà commedia involontaria.
Di una pellicola, in sostanza, brutta, sciatta ed inutile, che segna il punto più basso che Argento abbia mai toccato. Almeno fino al mitologico "Dracula 3D" (2013).



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