lunedì 11 settembre 2023

Prigionieri dell'Onore

Prisoner of honor

di Ken Russell.

con: Richard Dreyfuss, Oliver Reed, Peter Firth, Jeremy Kemp, Brian Blessed, Peter Vaughan, Catherine Neilson, Kenneth Colley, Lindsay Wagner, Patrick Ryecart.

Storico/Drammatico

Regno Unito, Usa 1993















La fama e fortuna della HBO fu dovuta al pacchetto esclusivo che dedicava agli abbonati, all'epoca della sua creazione (i primi anni '80) del tutto inedita, ossia poter vedere film e spettacoli in versione integrale, senza tagli o censure; ovverosia, largo spazio a sesso e violenza.
Ma già verso la fine degli anni '80, la regina delle tv via cavo decise di investire in programmi autoprodotti e in parte lontani dai canoni della sua programmazione; e se nei primissimi anni '90 trovò successo riproponendo la formula che le aveva garantito fama con la serie di culto "Tales from the Crypt", è singolare notare come sempre nello stesso periodo avrebbe prodotto un film per il piccolo schermo lontano anni luce da essa, ossia "Prigionieri dell'Onore", che narrava la storia del tristemente famoso "affaire Dreyfus", più di recente portato sul grande schermo da Roman Polanski nel bel "L'Ufficiale e la Spia".
Affidato lo script al mestierante Josh Hutchinson, viene chiamato alla regia niente meno che Ken Russell, per dirigere un progetto in apparenza lontano anni luce dalle sue corde. E "Prigionieri dell'Onore" è sicuramente il classico film su commissione, che il grande regista inglese dirige però con passione e senza rinunciare del tutto al suo stile.



Una storia del genere non può che essere portata in scena con piglio verosimile. Russell resta quindi tra le righe, dirigendo persino gli attori in modo che non strabordino, come nel caso di Oliver Reed, qui misuratissimo (a Brian Blessed, d'altro canto, viene concessa più libertà, come nella scena del confronto con il protagonista Picquart dove entrambi sono ubriachi). Trova così una misura eccellente con uno stile classico, ma mai arido, creando immagini ricercate pur dovendo ricorrere a brevi movimenti di macchina e campi stretti (in ossequio alla natura televisiva del progetto). E quando decide di concedersi qualcosa, riesce a non far risultare come fuori luogo gli inserti ilari e grotteschi, come i contrappunti musicali ironici per sottolineare le assurdità delle tesi processuali o quel Dreyfus trentanovenne ritratto come un anziano malfermo.



Nel rapporto tra i personaggi, lo script scava sul concetto di onore personale e istituzionale e come questo si interfacci drammaticamente con gli interessi dello Stato. L'onore è quello di un uomo, Picquart (che qui ha il volto di Richard Dreyfuss, a suo dire discendente del vero Dreyfus), chiamato a fare luce su di un ingiustizia che vuole sanare come forma di rispetto verso sé stesso e la stessa istituzione militare; non certo un sant'uomo, razzista e apertamente xenofobo come è, è in realtà un semplice uomo dal forte rigore morale che finisce per scontrarsi con una nazione dome i pregiudizi sono più forti di quella parità di diritti e di trattamento che nell'Europa della fine del XIX secolo venivano propagandati solo per essere traditi a piacimento.
Una posizione che si scontra con la necessità della nazione di far salvo il proprio di onore, quello dell'istituzione militare infangato da un razzismo sistemico che, benché assimilato su più livelli sociali, finisce lo stesso per causare scandalo quando foriero di ingiustizie. Da cui l'aperta ostilità del maggiore Henry (Peter Firth) e il ruolo ambiguo giocato dal generale de Boisdeffre (Oliver Reed), il quale fa avviare l'indagine sul caso Dreyfus solo per poi rivelarsi malvolente contro il pur protetto Picquart quando la sua azione scoperchia il proverbiale "vaso di Pandora". E poi c'è il personaggio del maggiore Estherazy (Patrick Ryecart), ossia l'effetivo punto di vista degli eventi, un uomo a cui del concetto di onore non può importare di meno e che guarda con un occhio alieno il dimenarsi di questi personaggi ossessionati da esso; un essere sgradevole, falso, meschino, che Russell guarda con scherno e patimento, descrivendolo come un mentecatto inerme votato alla sconfitta totale anche se non messo con le spalle al muro da nessuno.


Russell riesce così a donare un tocco di originalità ad una pellicola già di suo interessante, creando così un dramma storico elegante e a suo modo singolare.

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