di Shinji Aramaki
Animazione/Fantascienza
Giappone (2013)
Parlare di Capitan Harlock significa confrontarsi con un vero e proprio pilastro dell'animazione nipponica, nonchè con un'icona pop in grado di influenzare (sopratutto qui in Italia) milioni di fans, sia tra i giovani che tra gli adulti; creato nel 1976 da Leiji Matsumoto, il manga originale aveva alla base un soggetto al contempo archetipico e profetico: nel 21° secolo, l'umanità si è ridotta ad un'accozzaglia di larve umane, dedite all'edonismo e infiacchite da un benessere ai limiti dell'oppressivo; l'esplorazione spaziale, dopo aver fornito risorse sufficienti, viene abbandonata e solo in pochi solcano i cieli a bordo di astronavi in cerca di nuove mete; tra questi vi è il misterioso Capitan Harlock, pirata fuorilegge che con la sua nave "Arcadia" abborda e deruba le navi governative senza alcuno scopo apparente; in uno scenario del genere, una razza aliena, le Mazoniane, umanoidi dalle fattezze femminili, cominciano una silenziosa invasione del pianeta Terra; di fronte all'indifferenza delle autorità, sarà Harlock a sventare la minaccia, coadiuvato dal giovane Tadashi Daiba, figlio di uno scienziato che ha tentato invano di spronare il governo mondiale ad intervenire, dal pacioso ufficiale di rotta Yattaran, dalla bella Yuki Kei e dalla misteriosa aliena Mime.
I primi capitoli del manga riscuotono un grosso successo, tant'è che nel 1978 ne viene tratta una serie televisiva, alla quale lavora lo stesso Matsumoto in veste di sceneggiatore (e che lo costringe ad abbandonare la stesura del fumetto per dedicarsi totalmente alla versione televisiva, lasciandolo tutt'ora incompiuto); anime che arricchisce la storia originale di dettagli e personaggi e che, grazie all'evocativa regia di Rin Taro, ammanta le vicende in un'atmosfera epica e romantica, tutt'oggi apprezzabilissima, che lo rende, assieme all'ottima storia, un prodotto di tutto rispetto; merito anche della splendida caratterizzazione dei personaggi: Tadashi diviene il giovane eroe che viene formato dall'esperienza bellica, Kei e gli altri membri dell'equipaggio vengono forniti di un background credibile e tragico, foriero di un'empatia immediata, il personaggio di Tochiro, amico fraterno di Harlock, diviene il misterioso "membro fantasma" della nave Arcadia; e naturalmente su tutti svetta la figura del Capitano: visto dapprima attraverso gli occhi di Tadashi e le testimonianze dei nemici, Harlock diviene dopo una manciata di episodi il protagonista assoluto della serie; dotato di un carisma fuori misura e plasmato sull'archetipo dell'eroe byroniano, Harlock è all'apparenza un anti-eroe nichilista e spregevole, ma si rivela presto come un uomo dai forti ideali e dal ferreo codice d'onore, il cui carattere taciturno e schietto è dovuto ad una forte disillusione verso i terrestri, che decide di proteggere solo per la salvezza del loro pianeta.
Approdata in Italia nel 1979, la serie riscuote subito un enorme successo; i temi trattati (l'ecologia, il rispetto per il diverso, la distopia politica e, sopratutto, la libertà e gli ideali come sola ragione di vita) la rendono un cult immediato sopratutto tra gli spettatori adulti, che per la prima volta scoprono come un cartone animato possa essere foriero di storie mature e non esclusivamente votate al mero intrattenimento.
Nel corso degli anni Matsumoto avrebbe poi creato altre storie con protagonista il pirata dello spazio, nessuna delle quali è però legata narrativamente al capostipite: ogni incarnazione del personaggio presenta temi, personaggi e ambientazioni simili, ma storie e caratterizzazioni diverse (fatta salva quella del protagonista), senza però mai raggiungere le vette qualitative della prima storica serie televisiva; per l'adattamento cinematografico si è così scelto di creare una storia ad hoc, che riprendesse temi e personaggi dell'universo di Matsumoto e li declinasse in modo originale; operazione riuscita solo in parte.
Tutti i topoi dell'opera di Matsumoto vengono ripresi anche in questa prima incarnazione cinematografica: la distopia politica, qui incarnata dalla Gaia Fleet, sorta di Chiesa futuribile che venera il pianeta Terra come una divinità laica e che governa l'umanità con il pugno di ferro; l'ecologismo visto come sola speranza di sopravvivenza per la razza umana; il giovane che scopre un ideale per vivere come Tadashi nella serie originale; l'Arcadia come ultimo vessillo di libertà e Harlock come eroe romantico e tormentato; tuttavia la sceneggiatura reinventa anche le figure principali ed evita ogni manicheismo; al centro della vicenda, più che Harlock, vi è il rapporto tra Yama e suo fratello Ezra: rapporto turbolento e stratificato; inoltre lo stesso capitano non viene descritto come un eroe infallibile, ma come un personaggio ambiguo, in parte angelo custode ed in parte demone distruttore, aumentandone il fascino ed il carisma. Ai temi cari a Matsumoto ne viene aggiunto un altro, più complesso: il fatalismo inteso come incapacità di cancellare i propri errori, che si traduce in lotta disperata per il futuro; fatalismo che introduce nel mondo di Harlock concetti quali l'eterno ripetersi degli eventi e, su un piano strettamente narrativo, la riscrittura del piano temporale. Temi e concetti interessanti, ma che non sempre trovano un giusto svolgimento.
La sceneggiatura, alla quale purtroppo l'autore non ha preso parte, non riesce mai a comunicare davvero il senso di ineluttabilità che affligge Harlock: sebbene la sua figura sia ben delineata nella sua ambivalenza morale e nella sua fallacia, il senso di pericolo apocalittico che dovrebbe accompagnare la narrazione non trova mai vero compimento; fatalmente, anche il romanticismo e l'epicità proprie delle vecchie incarnazioni del personaggio qui scompaiono, facendo perdere alla vicenda parte del suo potenziale carisma; se si esclude il finale, nel quale il sense of wonder matsumotiano viene recuperato in extremis, generando però solo tanta confusione a causa di un vero e proprio buco di sceneggiatura. Persino i personaggi soffrono di una caratterizzazione piatta: eslcuisi i tre protagonisti (Harlock, Yama ed Ezra), tutti i comprimari presentano caratteri bidimensionali, talvolta sfacciatamente stereotipati, come nel caso di Kei, qui ridotta a mera "bionda fatale".
Spettacolare, ma imperfetto, colmo di carisma ma talvolta troppo ingenuo, "Capitan Harlock" è un kolossal visionario, ma traballante, uno spettacolo per gli occhi che purtroppo soffre di una sceneggiatura piatta e talvolta poco ispirata; un vero peccato visto la grandezza e la freschezza dell'opera d'origine.
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