domenica 26 gennaio 2014

The Wolf of Wall Street

di Martin Scorsese

con: Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie, Matthew McConaughey, Rob Reiner, Jon Favreu, Ethan Suplee, Shea Wigham, Jon Bernthal, Jean Dujardin.

Biografico

Usa (2013)












Nel corso della sua lunga carriera di cineasta, Martin Scorsese ha sempre cercato di raccontare il lato più oscuro e problematico della società americana; si pensi a classici quali "Taxi Driver" (1976) o "L'Età dell'Innocenza" (1993), nel quale il grande autore americano ritrae con disincanto la decadenza umana e l'ipocrisia propria di un paese che è specchio dell'intera società occidentale; non stupisce, dunque, che sia stato proprio Scorsese a portare in scena la parabola della vita di Jordan Belfort, magnate della speculazione finanziaria che tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90 divenne una vera e propria icona dello yuppismo a stelle e strisce; con una sceneggiatura di ferro scritta dal grande Terence Winter ed un cast affiatato, Scorsese riesce così a creare una biografia che è perfetto specchio del buco nero morale ed umano che ha inghiottito la società negli ultimi venti anni.


Come accadeva per l'Henry Hill di "Quei Bravi Ragazzi" (1990) e per il Sam Ace di "Casinò" (1995), anche in "The Wolf of Wall Street" il protagonista è al contempo soggetto ed oggetto della narrazione; l'intero film diviene così più che una biografia vera e propria, un viaggio nell'identità ipertrofica di Belfort; che tanto per essere chiari fin dall'inizio, cita proprio il Ray Liotta di "Quei Bravi Ragazzi" affermando di "aver sempre voluto essere ricco"; Belfort è l'archetipo di ogni personaggio scoresesiano: votato all'autocompiacimento più puro, alla ricerca della soddisfazione e perennemente pronto a rilanciare per ottenere di più di quello che ha; con un'unica, essenziale, differenza rispetto ai personaggi precedenti: per lui non c'è una caduta vera e propria, nè una redenzione; il gioco al massacro di Belfort, alla fine, ricomincia da zero: non impara nulla dalle sue disavventure che, anzi, ne fortificano il carattere, a ricordarci l'estrema idiozia del suo personaggio e, sopratutto, il suo trionfo finale.


Belfort diviene così la perfetta incarnazione dell'edonismo anni '80: la ricchezza è il suo unico scopo, mentre l'autocompiacimento perenne è la sua vita; Belfort appartiene a quella schiera di yuppies definibili come "di seconda generazione": allevati dai primi speculatori finanziari (i famosi "Gordon Gekko" per intenderci, qui impersonati dal personaggio di Matthew McConaughey), rubano loro la scena all'inizio degli anni '90 affiancando alla ricerca del lusso l'abuso conclamato e compiaciuto di sostanza psicotrope; la Wall Street di Belfort viene ritratta da Scorsese e Winter come un vero e proprio circo abitato da nani, prostitute e veri e propri leoni (o lupi), nel quale il lavoro consiste nello sbranare il più debole (il piccolo risparmiatore americano) e compiacere i propri bassi istinti.
Il capitalismo finanziario è, letteralmente, uno stupro perpetrato ai danni della società e Belfort è lo stupratore irredento; ecco dunque vederlo mimare una sodomizzazione mentre parla al telefono con un suo cliente, oppure invitare orde di prostitute d'alto bordo negli uffici per dar vita ad orge romane durante l'orario di lavoro; l'arricchimento sfrenato diviene nuova droga e il lavoro del broker diviene atto sessuale: il coito e la banconota sono i simboli costanti dell'intero film, veri e propri Dei venerati dai personaggi. Belfort viene però descritto da Winter e Scorsese in modo acido e cinico: la sua ricerca sfrenata di successo viene contrapposta ai suoi bassi, orchestrati dagli autori con un piglio comico irriverente ed irresistibile: si va dalle pessime performance sessuali agli insulti subiti dai colleghi, fino ad arrivare alla scena madre definitiva: l'overdose di farmaci scaduti che lo riduce ad un verme incapace di parlare e muoversi; Belfort è la perfetta maschera edonista: stupido, cinico, privo di morale e per questo involontariamente ridicolo.


Tuttavia, la vita di Jordan Belfort è tutto fuorchè ridicola; la ricerca spasmodica del lusso viene narrata mediante un registro ipertrofico, che accumula scene madri su scene madri; Scorsese gioca al rialzo, porta il personaggio verso un vortice di sesso, droghe e denaro che non ha fine, azzeccando immagini da antologia, come la ragazza ricoperta di soldi o il caos dell'ufficio ridotto ad una vera e propria giungla; ma i momenti migliori sono sempre quelli in cui è il protagonista a mettersi in primo piano: l'autore descrive il carattere feroce di Belfort mediante una serie di monologhi recitati di fronte ai colleghi in cui il personaggi vomita loro addosso insulti ed adulazioni, in cui gli sprona a lavorare e li galvanizza con sogni di ricchezza, ossia mostrandosi per ciò che è davvero: un truce imbonitore di folle; tuttavia, Scorsese smette di ricercare nuove forme visive e narrative e adotta un registro "classico", che appesantisce talvolta il ritmo; fortunatamente, la scelta di affidarsi totalmente alla grinta del cast paga: DiCaprio porta a casa la sua migliore performance, Matthew McConaughey dimostra nuovamente le sue ottime doti di attore, mentre Jonah Hill perde ogni freno inibitore e buca lo schermo con un'interpretazione talmente sopra le righe da risultare fin troppo credibile.


Lunga e talvolta incerta, "The Wolf of Wall Street" è una pellicola acida ed irriverente, la perfetta rappresentazione del lato più volgare del capitalismo, una catarsi perfetta per tutti coloro i quali credono (ancora) che l'economia finanziaria non sia la causa della decadenza dei costumi che affligge la nostra società.

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