sabato 8 marzo 2014

300- L'Alba di un Impero

300: Rise of an Empire

di Noam Munro.

con: Sullivan Stapleton, Eva Green, Lena Heady, Rodrigo Santoro, Hans Matheson, Callan Mulvey, Jack O'Connell, Andrew Tiernan, Igal Naor, David Wenham.

Storico/Azione/Fantasy

Usa (2014)















Sembrava impossibile poter dare un seguito al "300" (2006) di Zack Snyder; nonostante la sua forte influenza su tutta la produzione fantasy americana e non, l'epica tamarrata aveva il pregio di chiudersi in una storia autoconclusiva, che non aveva bisogno di ulteriori approfondimenti (data l'estrema superficialità della narrazione), né di aggiunte; ma, come è noto, se ad Hollywood c'è una legge universalmente accettata, questa è sicuramente quella del "ha avuto successo, facciamone un altro"; e fortuna vuole che, sempre sulla scia del successo della pellicola, lo stesso Frank Miller abbia deciso di dare una continuazione alla sua epica ellenica: "Xerxes", prequel di "300", incentrato sulle origini dello ststus divino del re persiano, che ha fornito lo spunto iniziale anche per il sequel cinematografico, "300- L'Alba di un Impero".


Sfortunatamente, la stesura del fumetto di base è tutt'ora incumpiuta; mancanza che ha portato gli sceneggiatori Kurt Johnstad e Snyder a dover creare una storia ad hoc e poi affidata nelle mani dello sconosciuto Noam Munro, regista di origini israeliane al suo secondo lungometraggio; questo "sequel" non è quindi assimilabile alla logica del cinecomic, non trasponendo su pellicola né la storia del fumetto (se non in minima parte), né la sua estetica (che si rifà al film di Snyder piuttosto che alla matrice cartacea); paradossalmente, la mancanza della penna di Miller al soggetto è proprio l'elemento vincente di "300-L'Alba di un Impero", rendendolo un sequel molto migliore del suo predecessore.


Mentre re Leonida e i 300 valorosi spartiati marciano verso le Termopili, la Grecia è nel caos: le grandi città-stato non riescono a creare un'alleanza in grado di contrastare l'avanzata delle truppe persiane; il condottiero ateniese Temistocle (Sullivan Stapleton, il Craig del bellissimo "Animal Kingdom") decide di guidare la propria flotta contro le navi persiane; in pochi però sanno che fu proprio lui, dieci anni prima, a causare la guerra: durante la battaglia di Maratona, Temistocle uccise il re persiano Dario (Igal Naor), scatenando le ire del giovane Serse (Rodrigo Santoro) e sopratutto di Artemisia (Eva Green), bellissima generalessa a capo della flotta, la quale decise già da allora di vendicare la morte del padre adottivo trasformando il suo erede in una divinità, per spronarlo alla conquista dell'Ellade.


Cambiano i luoghi (la costa dell'Egeo al posto delle Termopili) e i protagonisti (Temistocle ed Artemisia al posto di Leonida e Serse), ma la struttura narrativa e contenutistica è la medesima del film precedente: un faccia a faccia tra due eserciti dagli ideali opposti ed inconciliabili e lo scontro tra due condottieri carismatici; tuttavia, la sceneggiatura di Snyder e Johnstad ha del miracoloso, se si tiene conto del lavoro svolto in precedenza; la narrazione è stratificata, sopratutto nella prima parte; più che un sequel, "L'Alba di un Impero" è una sorta di "altra faccia" di "300", ambientato prima, durante e dopo l'impresa alle Termopili; vengono così aggiunti nuovi dettagli alla mitologia e, sopratutto, il sacrificio dei 300 guerrieri viene riletto in chiave meno eroica e ammantato di egoismo: Leonida non è più il capo coraggioso e saggio, ma un guerriero ai limiti del vanesio, che preferisce morire in cerca della gloria personale piuttosto che unirsi agli altri condottieri per contrastare il nemico comune.In quest'ottica, Temistocle diviene il vero "eroe": un uomo pronto al sacrificio personale non per il bene della signola Atene, bensì per la libertà di tutta la Grecia, ivi compresi i suoi vecchi nemici, gli Spartiati; un eroe non privo di macchie: fu il suo gesto temerario di dieci anni prima a scatenare la vendetta di Artemisia, sorta di "peccato originale" che ora deve scontare, e il sacrificio dei molti uomini per la propria idea di libertà (la democrazia) viene spogliato dalla classica retorica "bene vs. male", arrivando persino a questionare l'effettiva giustizia del massacro, infrangendo quella retorica che costò al primo "300" le forti accuse di nazismo.


Manicheismo che viene evitato anche nella caraterizzazione dei Persiani; gli invasori vengono, si, descritti come schiavisti assolutisti, ma la loro smania di conquista viene resa più plausibile; in primis, rileggendo la mitica vittoria greca a Maratona come un atto di codardia, poichè avutasi grazie alla scarsa preparazione dell'esercito persiano, per la prima volta posto sotto una luce ai limiti del benigno; sopratutto, non sono taciute le barbarie che gli stessi Greci compivano ai danni dei loro simili: il personaggio di Artemisia, infatti, lungi dall'essere un comune villain "tagliato con l'accetta", è una donna in cerca di vendetta per le violenze subite in patria da bambina; una donna che, persa la fede nella cultura delle sue origini, abbraccia lo stile di vita persiano e diviene una vera e propria macchina di morte al servizio di re Dario, per poi divenire il "deus ex-machina" di Serse; una donna, di fatto, solo nell'aspetto, poichè nella caratterizzazione ella è un guerriero temibile anche più dei suoi omologhi maschi; e la bellissima Eva Green riesce a donare al personaggio una carica sensuale e selvaggia che buca lo schermo in ogni inquadratura. Il manicheismo viene quindi abbandonato anche nella classica opposizione "fantasy" tra uomo-guerriero e donna-manipolatrice; tant'è che persino il personaggio di Gorgo viene promosso a condottiero spartiato nell'epilogo.


Giova alla pellicola (in parte) anche il cambio di regia, dovuto agli impegni di Snyder con la post-produzione de "L'Uomo d'Acciaio" (2013); Munro riprende lo stile tamarro ed estetizzante del primo film, ralenty a tonnellate compresi, ma riesce nel miracolo di non far scadere il tutto in uno sfoggio di muscoli machista e compiaciuto; la componente fantasy viene eliminata quasi del tutto: niente più generali dalle fattezze grottesche o guerrieri invincibili simili ad ogre, tutti i personaggi, per quanto "disumanizzati", questa volta sono tutti rigorosamente umani.


Lasciandosi alle spalle la tradizione del cinecomic, Munro si rifà alla matrice pittorica neoclassica già alla base delle tavole originali di Miller, colorandole con una bella fotografia digitale e creando inquadrature sapienti, sia nell'uso dei movimenti fisici e postprodotti che nell'uso della camera a mano; il polso del regista, però,  talvolta vacilla, sia nell'abuso degli effetti in moviola, che in quello degli effetti splatter, decuplicati rispetto al film precedente: il sangue scorre a fiumi, sparato dritto in faccia allo spettatore; sopratutto, Munro filma una delle scene di peggior gusto della storia del cinema: il bacio tra Eva Green ed una testa mozzata! Ancora peggio, l'incontro notturno tra la bella generalessa persiana e il comandante ateniese viene coreografato come un combattimento, generando una forte ironia involontaria.


Eppue, il regista riesce a stupire: mantiene sempre la carica superomisitca di personaggi e situazioni al di sotto del livello di guardia, riesce talvolta a creare un'ottima tensone (lo schianto sugli scogli) e a non scadere nell'apologia fine a sè stessa, troncando la narrazione prima dell'inevitabile trionfo dei buoni; sopratutto, esprime un ottimo gusto per la coerografia dei combattimenti, fondando la fisicità scultorea degli attori con la plasticità ricercatissima dei movimenti, riuscendo persino a non rendere ridicolo (almeno stavolta) lo scontro finale tra i due protagonisti, nel quale emerge persino una forte empatia per la loro stramba storia di non-amore.


Più risucito del suo predecessore e sempre spettacolare, "L'Alba di un Impero" farà sicuramente la gioia dei fans dei muscolosi eroi lacedemoni di Snyder e company; e per una volta, persino lo spettatore un attimo più esigente non potrà lamentarsi dello spettacolo; l'importante è comprendere come questa sorta di "epica moderna" sia una rilettura "fantasiosa" e brutale del passato, piuttosto che una sua celebrazione.

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