mercoledì 16 settembre 2015

Cani Arrabbiati

 di Mario Bava.

con: Maurice Poli, Riccardo Cucciolla, Don Backy, George Eastman, Lea Lander.

Italia (1974)



















"Cani Arrabbiati" è il film più scostante nella filmografia di Bava, non solo per la curiosa vicenda produttiva che lo ha visto protagonista, quanto per temi e stile.
E' il 1973 quando il grande artista decide di mettere da parte le le trame fantastiche, la costruzione thrilling e la violenza grafica che lo resero celebre per coniare uno stile più ruvido e diretto, utile per affrontare una storia più verosimile e spiazzante, contornata da una violenza palpabile, ma mai barocca. Il risultato è un thriller tesissimo, ambientato nell'interno di un'automobile che viaggia senza meta nelle campagne laziali, dove i "mostri" sono tre rapinatori senza scrupoli e la tensione è contornata da un'atmosfera malsana. Tanto che, pur non essendo l'ultimo film da lui diretto, lo si può tranquillamente vedere come il canto del cigno della sua carriera; un epilogo feroce e privo di compromessi, nel quale sotto sotto non sarebbe sbagliato vedere una forma di ribellione contro gli stilemi di un cinema, quello del "genere" italiano, che cominciava davvero ad andargli stretto.


Riducendo la storia all'osso, Bava si concentra sui personaggi e sul loro rapporto. I tre rapinatori, i cani arrabbiati del titolo, sono ovviamente i carnefici, frutto questa volta della violenza metropolitana. Bava si rifà esplicitamente alla violenza che permea le strade della capitale dell'epoca, una violenza credibile eppure folle, che ha il volto di un ispiratissimo George Eastman, il Trentadue che si diverte a seviziare psicologicamente le sue vittime e la cui tara mentale è perfettamente trasmessa dallo sguardo spiritato del suo interprete. Una violenza che si abbatte sulla gente comune: un ordinario padre di famiglia, che ha il volto da uomo medio del compianto Riccardo Cucciolla, un bambino ed una donna, Lea Lander, ossia le vittime perfette da parte di coloro che vivono e respirano la sottomissione altrui. Proprio la donna è l'oggetto principale della cattiveria del gruppo, non solo del sessualmente deviato Trentadue, ma anche del sadico Bisturi di Don Becky, che si esalta rievocando le gioie dell'eviscerazione.



Violenza che va pari passo con la tensione, che Bava dosa sapientemente alternando vari crescendo; man mano che la fuga in auto procede, l'atmosfera, sempre più torbida, esplode in episodi di sadismo sempre più esplicito, dove il culmine viene raggiunto non nel finale, comunque memorabile, ma a metà della durata, quando i due aguzzini si divertono a costringere il personaggio della Lander ad urinarsi addosso per i loro ludibrio. Sequenza scomoda, genuinamente disturbante, figlia più che del rape & revenge americano, dell'atmosfera di disillusione che permeava la Penisola dell'epoca: non c'è scampo al male, sopratutto a quello più basilare, alla sopraffazione più compiaciuta.




L'atmosfera torbida è palpabile in ogni singola scena; la tensione non scema mai del tutto: per il 95 minuti scarsi di durata, lo spettatore è preso per il collo e forzato a viaggiare fianco a fianco ai cinque personaggi. La regia di Bava qui abbandona la sua classica plasticità per concentrarsi maggiormente sul montaggio serrato, in particolare in quello dei primi piani dei personaggi, che quasi si rivolgono allo stesso spettatore nei loro dialoghi. Il ritmo è alto grazie all'uso di inquadrature veloci e di movimenti di macchina fulminei.
E se visto in prospettiva, ci si accorge di come qui il grande maestro romano avesse già anticipato quella piega che il cinema di genere avrebbe preso nel 1985 con "Vivere e Morire a Los Angeles" e negli anni '90 con il cinema di Tarantino; un genere che si fa ancora più duro e cattivo, più sporco e disilluso e dalla violenza spiazzante: quel Pulp che tanto lustro a portato al cinema americano e che qui trova un degno antesignano.
Ma sfortunatamente, "Cani Arrabbiati" non può essere considerato come una pellicola spartiacque o influente a causa della sua funambolica vicenda produttiva.




Concluse le riprese nel tardo 1973, il produttore Roberto Loyola viene arrestato per bancarotta ed il film, ancora in fase di montaggio, sottoposto a sequestro dalla finanza. Di fatto, "Cani Arrabbiati" non ha mai visto il buio della sala, essendo stato distribuito per il mercato Home Video solo a partire dalla fine degli anni '90, per di più in due versioni distinte.
Ma, dinanzi alla potenza delle immagini evocate da Bava, è impossibile non immagine l'immane impatto che avrebbe avuto all'epoca: una pellicola sporca, trucida ma mai compiaciuta, grezza eppure raffinata, come solo il miglior cinema di genere sa(peva) essere.





EXTRA

Il limbo produttivo sul film ha trovato fine solo nei primi anni '90; ottenuti i diritti della pellicola, fu l'attrice Lea Lander a curarne una prima edizione, ribattezzata "Semaforo Rosso" e distribuita per la prima volta in Italia grazie ad una trasmissione di Sky nel 2004. Pur essendo stata disconosciuta da Lamberto Bava, che all'epoca delle riprese lavorò come aiuto regista, è questa la versione migliore e più vicina allo spirito originario del film. Nell'edizione DVD tedesca del 1999 è stato anche inserito un prologo, girato ex novo, dove la madre del bambino ne piange la scomparsa.

Meno riuscita è invece la "versione ufficiale" curata da Lamberto e Roy Bava nel 2002 e sototittolata "Kidnapped", nella quale sono state aggiunte intere sequenze con protagonista sempre la madre del bambino ed un commissario di polizia. Scene girate ex novo da Lamberto Bava che mal si integrano con il resto del girato e che anticipano troppo lo spiazzante e beffardo colpo di scena finale.

Entrambe le versioni sono reperibili sul DVD della RaroVideo




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