martedì 12 dicembre 2017

Babbo Bastardo

Bad Santa

di Terry Zwigoff.

con: Billy Bob Thornton, Tony Cox, Lauren Graham, Bernie Mac, Brett Kelly, John Ritter, Lauren Tom.

Commedia Nera

Usa, Germania 2003
















Se la si dovesse rivolgere ad uno spettatore americano, la risposta alla domanda "Qual'è il significato del Natale?" sarebbe un blando "Volersi bene", ossia una frase figlia di una mentalità che non tiene minimamente conto delle radici religiose della celebrazione; il che è un paradosso puro se si pensa a quanto fossero stringenti le regole del Cristianesimo di stampo puritano che tanto hanno influito sulla cultura a stelle e strisce.
Ma si sa che le esigenze del dio denaro sono ben più forti di quello del Dio cristiano, quindi meglio laicizzare una festa sacra per poterla meglio rivendere ad una fetta di consumatori ben più eterogenea dei soli credenti, sostituendo la figura del Cristo con quella di Santa Clause (il che rende la visione di un film quale "Silent Night, Deadly Night" quasi obbligatoria).
Al cinema, l'opera di "secolarizzazione" delle festività natalizie ha prodotto un'infinita serie di pellicole zuccherose e molto spesso mal riuscite o, peggio, film reazionari stile "Kirk Cameron's Saving Christmas", che vorrebbero essere apologhi sui buoni sentimenti, avendo però la profondità di una lettura per prescolari (una delle poche e rare eccezioni è data dal classico tra i classici "La Vita è Meravigliosa"). Concetti come l'amore, il perdono, la famiglia e la redenzione vengono sovente declinati in modo superficiale ed ovvio, con la conseguenza che nessun adulto potrebbe davvero prenderle sul serio.
E poi arrivano i fratelli Coen, che cristiani non sono, anzi sono orgogliosamente ebrei e delle celebrazioni natalizie, in teoria, non potrebbe fregar loro di meno. Salvo che il loro spunto per "Babbo Bastardo" è qualcosa di sottilmente ed incredibilmente umano e cristiano, pur sepolto sotto una coltre di cattiveria.
Il relativo film, poi sviluppato da Glenn Ficarra e John Requa (poi autori di "I Love You Philip Morris" e "Focus") e diretto da Terry Zwigoff, non è solo un'irresistibile commedia nera rigorosamente per adulti, riuscita e con pochissime sbavature, ma anche un apologo dall'umanità pulsante, che riesce a convincere senza scadere nel melenso, neanche quando porta in scena un happy ending. Merito di uno script coraggioso e di un cast affiatatissimo.




Cast capitanato da un Billy Bob Thornton al solito camaleontico e perfetto; il suo Willie è un Santa Clause sfatto, perennemente sbronzo ed arrapato, sboccato e che sbarca il lunario con il furto; un personaggio lontano anni luce da qualsiasi smielato Babbo Natale che si sia visto al cinema, ma la cui bassezza è giustificata dall'essere cresciuto in una famiglia di white trash dal quale ha ereditato il peggio.




Intorno a lui, un ensamble di personaggi irresistibile, un cast di "ultimi" il cui confronto con il protagonista è essenziale per la sua crescita; primo il socio Marcus (Tony Cox), "little person" che lo tira sempre fuori dai guai e voce della ragione, ma perso nel gretto materialismo, anche a causa della sua orrenda ragazza.
La bellissima barista Sue (Lauren Graham), che ha il feticismo sessuale per le celebrazioni, la quale nasconde un'indole materna fortissima e che diviene compagna ideale.
Ed ovviamente il ragazzino (Brett Kelly), "moccioso" probabilmente autistico, che vede in Willie quella figura paterna che tanto gli manca; una sorta di "putto vivente", con il suo volto rotondo ed i riccioli biondi, la cui ingenuità nasconde una carica amorosa contagiosa, resa ancora più tagliente a causa della sua estrema bontà. Nel rapporto con questo "sfigato", Willie trova per la prima volta quell'umanità che pensava aliena.




Alla caterva di insulti che gli vengono vomitati addosso, il ragazzo risponde sempre con l'amore, il che sgretola, a poco a poco, la scorza fatta di alcool e gusto per il sesso anale di Willie; quello che nasce come un rapporto basato sull'appropriazione indebita, diviene una forma di simbiosi che permette ad entrambi di maturare; il ragazzo impara dal Babbo erotomane a difendersi, ad essere uomo, unica lezione che un figlio della strada potrebbe insegnargli; mentre il ragazzo insegna a Willie ad essere un vero babbo.
Come in molto cinema di Marco ferreri, la paternità è in "Babbo Bastardo" lo strumento atto a dare dignità alla persona; tant'è che quando Willie picchia i bulli che perseguitano il suo giovane amico, ossia compiendo un atto tipicamente paterno, per la prima volta si ritrova ad avere uno scopo: quella vita vissuta alla giornata, saltando da una donna prosperosa all'altra ed ammucchiando bottiglie su bottiglie, diviene una vera vita, una serie di esperienze messe al servizio di qualcun'altro, piuttosto che per l'appagamento dei soli bassi istinti. Tanto che nel finale, quella corsa verso l'amato figlio è una fuga da una condotta che lo porta solo a guadagnare sei pallottole in corpo.
E quando arriva il fatidico 24 dicembre e la famiglia composta da un Babbo Natale alcolizzato, una "sorella di Mamma Natale" supersexy ed un bambino "speciale" in tutti i sensi addobbano la casa, per la prima volta quelle decorazioni non sembrano superflue, quelle celebrazioni non forzate, ma il giusto addobbo per un cammino di riscoperta del valore familiare e, con esso, della redenzione per una vita di vizi.




L'umorismo, anche al di là delle battute, scaturisce dall'immergere un personaggio letteralmente degenere in un contesto forzatamente buonista. Impagabile è la visione di questo Santa sbronzo ed erotomane sputa insulti gratuiti sui figli del consumismo ed i fanatici del politicamente corretto, sui genitori ossessionati dai festoni e dalle lanterne di Natale e sulle mamme pronte a "scassargliele" anche quando è in pausa pranzo.
Zwigoff si affida totalmente allo script ed agli attori, limitandosi a fare uso di scelte musicali inusuali ed azzeccate (musica classica contrapposta a canzoni natalizia) per sottolineare le scene; imprime un ritmo forse fin troppo lento alla narrazione, ma che consente agli attori di brillare ancora di più.




E la storia di Willie e la sua strampalata famiglia acquisita diviene incarnazione sboccata e lurida del vero spirito natalizio, ossia dei concetti di perdono e pentimento cristiani; un perfetto film per le feste, dove gli adulti possono finalmente divertirsi con un film a tema natalizio di un'umanità genuina anche se al vetriolo.





EXTRA


Ultimo film interpretato dal caratterista John Ritter, il "papà d'America", al cui ricordo la pellicola viene dedicata.



Comparso in oltre 130 film tra cinema e televisione, Ritter salì alla ribalta alla fine degli anni '70 con la celebre sit-com "Tre Cuori in Affitto"; con il suo volto da brav'uomo e quell'indole da buon padre di famiglia, ha interpretato quasi sempre il papà in commedie brillanti o drammi televisivi, apparendo però anche nella miniserie tratta da "It" nei panni di Ben da adulto ed in un episodio di "Buffy l'Ammazzavampiri" in quelli di un patrigno ossessionato dalla disciplina.

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