con: Nanni Moretti, Laura Morante, Remo Remotti, Roberto Vezzosi, Claudio Bigagli, Vincenzo Salemme, Enrica Maria Modugno, Dario Cantarelli.
Italia 1984
---CONTIENE SPOILER---
Con "Bianca", Moretti, per una volta, cambia le carte in tavola, si rinnova e reinventa il suo cinema. Laddove i film degli esordi altro non erano che una versione surreale, grottesca ed iperbolica di una sua biografia esplicita, "Bianca" può essere definito come il suo primo vero film di fiction; per la prima volta Moretti si fa affiancare da uno sceneggiatore, Sandro Petraglia, per strutturare una storia vera e propria che non sia più un collage di scene e riflessioni. Ed il risultato è, forse, a tutt'oggi il suo miglior film.
Una storia, quella del film, che arriva direttamente dal racconto onirico di "Sogni d'Oro": ritroviamo Michele Apicella, ma questa volta non è un alter ego di Moretti, quanto un personaggio a tutto tondo, un professore che conduce una vita solitaria, rinchiuso in una casetta della periferia romana a mangiare chili di dolci, spiando i vicini o a condurre vacue lezioni nella scuola dedicata a Marilyn Monroe.
Una vita, la sua, segnata dall'assenza di affetto, il quale viene vampirizzato da altre coppie, fino alle conseguenze più estreme.
Due sono ancora i piani narrativi intrecciati da Moretti. Su di un primo, la critica, aspra e grottesca, ad un sistema scolastico talmente moderno da essere letteralmente impazzito, a partire dal personaggio alla quale l'istituto è dedicato, passando per i passatempi onanistici dei professori (tra i quali spunta una pista per macchinine radiocomandate) fino a questi ultimi, vero e proprio campionario umano di bestialità intellettuali; indimenticabile il professore di storia che disserta la genesi de "Il Cielo in una Stanza" di Gino Paoli, quello di lettere che viene aggredito dagli alunni, o lo stesso Apicella, incapace di spiegar loro i teoremi più semplici.
L'affondo alla decadenza dei costumi mediante la descrizione grottesca ed impietosa di un sistema scolastico fuori controllo è gustoso e riuscito, ma per una volta il cinema di Moretti non si ferma alla pura dissertazione, facendosi a misura di personaggio, trovando una dimensione inedita altrettanto interessante e riuscita.
Nel secondo piano narrativo, Moretti abbandona lo sguardo acido ed irriverente per intessere una disanima toccante su di un'anima persa. L'Apicella di "Bianca" è un solitario, un uomo privo di ogni minimo affetto, non quello familiare, di certo non quello di una donna, che vive, di conseguenza, cannibalizzando gli affetti altrui. Con piglio vouyerista, spia la coppia di dirimpettai, persi nei litigi amorosi, così come perseguita gli amici; non avendo una propria relazione, si ingerisce in quelle altrui per trarne un'emozione, una forma di soddisfazione nevrotica e del tutto momentanea: il suo è un transfert verso soggetti che riescono ad appagare la propria ricerca e che per questo divengono oggetto del suo desiderio.
Moretti descrive questo "vampiro" con un piglio insolitamente struggente: c'è vera tristezza nel suo sguardo ed una forma di empatia quasi complice nell'avvicinarsi ad un personaggio tanto bisognoso d'affetto quanto perso nelle proprie ossessioni.
L'altro lato di Apicella, quello più oscuro, può ricordare un assassino da thriller tipo "L'Occhio che Uccide", ossia un uomo scottato dalle emozioni (in questo caso dall'assenza delle stesse) che usa l'omicidio come forma punitiva verso il prossimo; nel caso di Apicella, le vittime sono coloro i quali non riescono a mantenere saldo il rapporto di coppia, chi, nonostante la sua ingerenza, si separa o tradisce il partner, ossia chi rifiuta ciò che a lui manca.
Una pulsione, la sua, che non risparmia neanche se stesso. E' nel momento che il tanto sospirato idillio amoroso arriva che il mondo di Apicella va in crisi: lui, abituato a non essere felice se non che per il tramite degli altri, non sopporta questa felicità diretta, il provare un appagamento totale con l'oggetto del proprio desiderio; tant'è che la crisi di coppia esplode per un pretesto, ossia la sua paura di una possibile rottura, cioè la fobia della fine di quell'amore tanto ricercato.
E la collaborazione con Luciano Tovoli, alla fotografia, infrange anche un'altro dei tabù del cinema di Moretti, ossia l'incapacità tecnica; alla solita semplicità nella costruzione scenica, ora si affiancano inquadrature più ricercate, che danno più respiro alla narrazione.
L'attenzione verso una psicologia non facile, il coraggio di prendere le parti di un personaggio scomodo, l'aver saputo intessere una storia a suo modo originale, senza concedersi al genere tout court, lasciando ampio spazio, di conseguenza, all'empatia, rendono "Bianca" se non un capolavoro, quanto meno un gioiello preziosissimo, prova di come Moretti, quando vuole, sappia essere un ottimo narratore.
Nessun commento:
Posta un commento