lunedì 27 maggio 2019

Ted Bundy- Fascino Criminale

Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile

di Joe Berlinger.

con: Zac Efron, Lily Collins, Kaya Scodelario, Angela Sarafyan, Haley Joel Osment, James Hetfield, Dylan Baker, Terry Kinney, Jim Parsons, John Malkovich.

Biografico/Giudiziario

Usa 2019












Quello di Ted Bundy è stato un caso più unico che raro; se gli Stati Uniti d'America sono la prima nazione al mondo per il numero di assassini seriali (seguiti a ruota, guarda caso, dall'Itala), Bundy è in un certo senso il re di questi, un killer talmente mitizzato da divenire un caso mediatico già durante il processo che lo portò alla condanna, seguito voracemente da milioni di telespettatori e con vere e proprie fan adoranti ad attenderlo in aula; merito non solo della sua avvenenza, ma anche del suo innato narcisismo, che lo portava a flirtare con i media come una vera e propria rockstar pavoneggiante.
A 30 anni dalla sua esecuzione, Joe Berlinger, già autore della serie "Paradise Lost", ne rievoca la figura, dapprima nella docu-serie "Conversazioni con un killer: il caso Bundy" per Netflix, poi con un film per il Grande Schermo, "Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile"; se la prima è una cronaca attenta delle gesta di Bundy, impreziosita dagli estratti delle conversazioni che aveva con giornalisti e i primi profiler, il secondo ne descrive la figura da un'angolazione apparentemente inedita, quella di Elizabeth Kendall, compagna per anni di Bundy, del quale adatta l'autobiografia "The Phantom Prince: My Life with Ted Bundy".




Ed è proprio la visione ambigua di Bundy da parte della Keller a rappresentare il profilo più interessante della pellicola; si introduce nella vita della donna come un affascinante gentiluomo, garbato con la di lei figlia, amorevole e attento ai bisogni della partner; ne consegue come, dopo le prime accuse, la sua freddezza appaia vagamente disturbante; il quadro che ne fuoriesce riesce ad essere quanto mai veritiero: Bundy è bello e sicuro di sé, sbruffone sin nel midollo e totalmente convinto della possibilità che la sua innocenza possa essere creduta; Zac Efron, in proposito, si rivela scelta a dir poco eccellente: non solo ha il volto e il fisico giusto, ma la sua performance è talmente solida da bucare lo schermo. Non sono però da meno né John Malkovich, nei panni del giudice Cowart, chiamato alla non facile impresa di tenere a bada le manie di grandezza del killer, nè Jim Parsons in quelli del procuratore Simpson, misuratissimo e attento a non scadere nel manierismo.




La componente psicologica di Bundy viene così accantonata per dare risalto alla sua persona e agli effetti che questa ha generato sul contesto in cui si trovava ad agire; persino la vita della Kendall è in secondo piano: a Berlinger non interessano tanto i personaggi, quanto le loro azioni e reazioni. Ne consegue il limite vero del film, ossia la mancanza di un punto di vista davvero inedito sull'uomo e sul caso: azioni e reazioni erano tranquillamente evincibili dalla docu-serie; questa drammatizzazione trova così una ragion d'essere nella messa in scena, grazie agli sforzi del cast e alla regia veloce.

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