di Andy Muschietti.
con: Jessica Chastain, James McAvoy, Bill Hader, Bill Skarsgard, Jay Ryan, James Ransone, Isaiah Mustafa, Andy Bean, Teach Grant, Jess Weixler, Xavier Dolan, Peter Bogdanovich, Stephen King.
Horror
Usa 2019
---CONTIENE SPOILER---
Non è stato facile portare sul grande schermo le pagine di quello che è tutt'ora il libro più famoso e amato di Stephen King. Due anni fa, Andreas Muschietti è riuscito in un'impresa complessa e rischiosa, riuscendo a restituire abbastanza bene non solo la storia e i personaggi che King ha elaborato in oltre mille pagine, ma anche quelle atmosfere sinistre e, sopratutto, la tematica del passaggio dall'adolescenza all'età adulta che costituisce il nerbo di molta narrativa dello scrittore di Bangor. Il primo "It" è un horror fluviale nel quale personaggi e situazioni erano condotti in modo abbastanza buono, con troppi jump-scare ed un polso che talvolta tremava nella direzione, ma che vantava anche un'ottima atmosfera ed un occhio per i personaggi, in una trasposizione che sapeva anche quando e come distanziarsi dal materiale di partenza per evitare di venirne imprigionata.
Due anni dopo, Muschietti ci riprova, portando su schermo la "parte adulta" del romanzo, quella continuazione che su carta era alternata alla prima parte, fungendo da specchio degli eventi e degli umori dei singoli personaggi. Una seconda parte che, nelle pagine del libro, era caratterizzata da una narrazione semplice, ma anche estremamente astratta, dove la parte genuinamente sovrannaturale della storia si rifaceva ai miti di Chtulu di Lovecraft senza riuscire a trovare una propria dimensione credibile, scadendo spesso nel ridicolo involontario e nel delirante.
"It- Capitolo Due" riesce però a riprenderne il meglio e a trasportarlo su schermo in modo adeguato, anche se estremamente goffo.
27 anni dopo, i Perdenti sono ormai diventati uomini di successo. Bill (McAvoy) è divenuto uno scrittore horror affermato, i cui libri sono però flagellati da happy ending snobbati dal pubblico, in particolare dal regista che ne dirige gli adattamenti (Peter Bogdanovich, in un cameo delizioso); Beverly (Jessica Chastain) è divenuta una stilista di grido, che però ha finito per sposare quello che è in tutto e per tutto un doppio del suo violento padre; Richie (Bill Hader) è uno stand-up comedian adorato dal pubblico; Eddie (James Ransone) il titolare di una catena di noleggio limousine che ha anch'egli sposato un doppio dell'opprimente madre (interpretata da Molly Atkinson, che nel primo film dava appunto il volto alla genitrice); Ben (Jay Ryan) ha perso i chili di troppo e conduce una vita agiata come architetto; Stan (Andy Bean) è un uomo sposato e ben piazzato. Ma tutto cambia quando, a seguito dell'omicidio del giovane omosessuale Adrian Mellon (Xavier Dolan, anch'egli in un bel cameo) in quel di Derry, Mike (Isaiah Mustafa) assiste al ritorno di Pennywise e decide di richiamare i vecchi amici per prestare fede al giuramento fatto anni prima.
Contrariamente a quanto sarebbe stato lecito aspettarsi, la narrazione non è lineare, ma alternata con i flashback dell'adolescenza, che gettano nuova luce sul rapporto amicale del gruppo. Le dinamiche tra personaggi trovano nuova linfa vitale, sopratutto quella tra Eddie e Richie, la quale, nel finale, si scopre essere, in modo sottile ma evidente, come un'attrazione amorosa. I personaggi, scissi su due piani temporali, sono così chiamati a confrontarsi sui cambiamenti che hanno subito e sulle paure che hanno (o, meglio, non hanno) assimilato.
Per i Perdenti arriva così il momento della catarsi, ossia della scoperta di sé stessi mediante il confronto con un passato rimosso, come in una sorta di "Il Grande Freddo" virato all'horror. E ognuno di loro scopre nuovi tasselli sulla propria personalità, siano essi l'affetto verso quella figura paterna terribile eppure allo stesso tempo affettuosa, il rimorso per non aver saputo proteggere i propri familiari o per la morte dei propri amici. Lo script, questa volta curato dal solo Gary Dauberman, si rivela efficace nella costruzione di ogni singolo arco caratteriale, rendendo una storia forse fin troppo lunga, allo stesso tempo avvincente, pur scontando qualche incongruenza (quando dovrebbe essere ambientato il flashback di Ben a scuola?).
Il tocco finale viene dato dal cast, con tutti gli attori in forma e in parte; e su tutti, svettano Ransone e Hader, che divorano ogni scena in cui appaiono.
Anche il modo in cui viene rielaborato il lungo confronto finale risulta credibile; il rito di Chud, che chiudeva il cerchio nel romanzo, così come descritto da King non avrebbe potuto mai funzionare in immagini; Muschietti ha così deciso di trasformarlo in un rituale tribale piuttosto che in un combattimento lisergico e, al contempo, ha saputo gestire meglio la mitologia lovecraftiana alla base del racconto, che ora non appare più né scialba, nè fuori luogo.
Peccato però che ad un'attenta opera di adattamento in sede di script non corrisponda una regia altrettanto ispirata.
Forse per rifarsi al modello di Sam Raimi nella trilogia di "Evil Dead", Muschietti decide di introdurre elementi comici nei passaggi di tensione, non riuscendo però mai a controllare il tutto. Passaggi in teoria spaventosi si coprono così di ridicolo involontario anche quando vogliono essere umoristici; in particolare, le scene con Eddie sono afflitte da un cambio di tono sin troppo repentino, tanto da rasentare l'idiozia: non si sa davvero come sentirsi nel suo confronto con l'ex bullo Henry La regia non controlla mai il tono finendo per rompere il giocattolo con cui si diverte, regalando allo spettatore emozioni contrastanti sino all'ironia più spicciola.
Tanto che alla fine, più che all'adattamento di un'opera di King, sembra di assistere ad uno strambo episodio di "The Real Ghostbusters", con il Club dei Perdenti al posto degli Acchiappafantasmi tanto è l'umorismo sopra le righe.
Il che è un vero peccato: l'idea alla base del racconto è comunque forte e condotta in modo deciso e riuscito; con un'attenzione maggiore alla coerenza stilistica, questo "Capitolo Due" ben avrebbe potuto rappresentare una rielaborazione fedele e riuscita e, prima ancora, un'opera affascinante.
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