mercoledì 3 giugno 2020

Il Canone del Male

Aku no kyôten

di Takashi Miike.

con: Hideaki Ito, Takehiro Hira, Takayuki Yamada, Mayu Matsuoka, Fumi Nikaido.

Giappone 2012

















---CONTIENE SPOILER---


Il sistema scolastico giapponese è tra i più rigidi e selettivi al mondo; una vera e propria "società nella società" dove gli alunni sono chiamati a competere sia tra di loro che con loro stessi per automigliorarsi sino alla perfezione, requisito necessario per accedere alle università più prestigiose (su tutte quella di Tokyo, la famosa Todai) e sperare di entrare a far parte della classe benestante.
Un tale incubo formativo ha ispirato molti autori, mossi da un profondo senso di disgusto verso un sistema che de-personalizza e de-umanizza la persona sin dall'infanzia. L'esempio più fulgido è il "Battle Royale" che su schermo porta la firma del compianto Kinji Fukasako, dove una classe del liceo viene selezionata per un gioco al massacro dove può esserci un solo sopravvissuto-vincitore.
Takashi Miike, dal canto suo, non è certo rimasto insensibile alle tematiche della formazione e dell'adolescenza; molte delle sue opere hanno come sfondo per l'appunto l'età adolescenziale, fatta di teneri amori, furiose risse e compiti in classe; ma sono due le sue opere che, in particolare, cercano di mettere a nudo la mostruosità del sistema scolastico nipponico: "As the Gods will" e "Il Canone del Male".



Partendo da quest'ultimo, il quale è anche il più difficile da considerare, vede al centro dell'azione un professore di inglese Hasumi (Hideoki Hito), lontano da ogni stereotipo: bello, brillante, giovane e benvoluto, nasconde in realtà uno sconvolgente segreto; nel suo profondo, è infatti un assassino assetato di sangue, il quale comincia a perseguitare i propri studenti sino ad arrivare ad uno spettacolare massacro a scuola.




Miike divide il film in due parti antitetiche e complementari. La prima è un thriller psicologico, dal ritmo meditabondo, dove la violenza resta fuori scena. La morte irrompe veloce e lascia poche tracce, focalizzandosi su personaggi in teoria scomodi, che vengono puniti dal professore assassino con metodi sottili e efficaci.
La seconda è un infinito massacro che coinvolge il resto della classe, dove il protagonista, come il killer di uno slasher, massacra le proprie vittime con un fucile all'interno della scuola deserta.
A fare da spartiacque tra i due tempi, un flashback-allucinazione che dà forma alla devianza interna di Hasumi.




Il risultato, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, è freddo: non si prova empatia né per l'assassino, in teoria giustiziere, né per le sue vittime, prive di caratterizzazione. La morte è spettacolare, enfatizzata da un abuso del sangue, il quale scorre a decalitri su schermo, ma lascia senza emozioni, essendo impossibile empatizzare per le situazioni su schermo. Miike cerca anche di inserire un contesto politico più ampio, mettendo in gioco la tradizione americana fatta di violenza, omicidi seriali e necrofilia, ma il messaggio appare blando e, sopratutto, codardo, quasi a voler scaricare la responsabilità della violenza su di un fattore esterno alla società, quando è, in realtà, la società stessa a generare la violenza. Persino il ricorso al simbolismo del "fucile mutante", reminiscenza cronenberghiana della devianza psichica che si fa tumore della carne, appare piatta e priva di vero significato.
La storia fallisce così nell'intento di prefigurarsi come metafora, restando inerte e, paradossalmente, innocua, poiché totalmente adagiata su sé stessa.




Se sulla carta "Il Canone del Male" è un'opera sconvolgente, nei fatti è un semplice esercizio di stile privo di mordente, dal grande potenziale, il quale viene però sprecato dalla mancanza di incisività. Resta tuttavia una testimonianza essenziale come potenziale atto d'accusa contro il sistema formativo nipponico, il quale comunque ne esce con le ossa rotte, sebbene non quanto avrebbe dovuto. Oltre ad essere, in definitiva, il film più cattivo di Miike.

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