giovedì 8 aprile 2021

Judas and the Black Messiah

di Shaka King.

con: Daniel Kaluuya, LaKeith Stanfield, Jesse Plemons, Martin Sheen, Dominique Fishback, Ashton Sanders, Lil Rel Howery, Algee Smith, Dominique Thorne.

Drammatico/Biografico

Usa 2020

















Esiste una ritrosia del cinema americano nel ritrarre i movimenti di sinistra e la loro azione politica durante gli anni della contestazione. Non tanto una ritrosia nel portarne in scena le azioni e le conseguenze (basi pensare che quest'anno, a concorrere per gli Oscar, c'è anche "Il Processo ai Chicago 7"), quanto ad inquadrarne le basi politiche di estrema sinistra e a ritrarne gli estremi più violenti, meno digeribili dalla cultura di massa, abituata com'è a vedere la contestazione in un'ottica tipicamente positiva al 100%. A farne le spese in termini di memoria è stato soprattutto il partito delle Black Panthers, unico movimento davvero eversivo, che affiancava le azioni umanitarie e i discorsi sull'eguaglianza all'incitazione alla rivolta violenta contro la classe dirigente e sognava un'unificazione di tutte le correnti della sinistra extraparlamentare per portare una rivoluzione totale su territorio americano.
Oggi, forse, i tempi sono maturi per gettare luce sulla loro azione; e se già Spike Lee le aveva ritratte in modo fedele nel bel "BlacKkKlansman", il regista Shaka King assieme a Ryan Coogler come produttore e Will Benson e i fratelli Lucas in sede di script, decide di portare su schermo la figura, importante quanto ingombrante, di Fred Hampton, "chairman" delle BP di Chicago che, alla fine degli anni '60, divenne un vero e proprio martire dei movimenti per i diritti civili.


Il ritratto di Hampton è feroce e senza compromessi; non un semplice leader per l'affermazione dei diritti degli afroamericani, era piuttosto un leader socialista a tutto tondo, che predicava la sovversione dell'ordine costituito in favore della creazione di un nuovo ordine che non lasciasse i meno abbienti ai margini della società. In primo piano vengono poste non solo le sue battaglie, ma anche la sua incredibile capacità di leader, che gli ha consentito di unire la propria sezione con la banda del Crown e, sopratutto, con i movimenti rivoluzionari guidati dai bianchi e dagli ispanoamericani, creando un gruppo trasversale in grado di smuovere l'intero corpus etnico di Chicago.


Hampton vive nella performance energetica di Daniel Kaluuya, mentre il "Giuda" William O'Neill ha il volto del camaleontico LaKeith Stanfield. E proprio a quest'ultimo spetta il ruolo di spettatore e guida a-morale della storia. O'Neill è stato per anni infiltrato nelle Black Panthers ed è stata proprio la sua azione che ha condotto al raid che ha ucciso Hampton, a soli 21 anni. Attraverso i suoi occhi, assistiamo alla predicazione e all'attività civile delle BP, ma anche ai suoi sbagli; la sparatoria che ha portato alla distruzione del loro quartier generale, innescata dalla provocazione delle Pantere stesse, così come la morte del militante Jake Winters, causata in una sparatoria iniziata da questi, vengono ritratte in modo diretto e senza giustificazioni di sorti. Le Pantere hanno sbagliato nel corso della loro attività, ma non per questo le loro battaglie devono essere sminuite o tacciate di ipocrisia, trattandosi di errori demandabili ai singoli membri.


Se il ritratto di Hampton è sincero e impietoso e trova un unico limite nella descrizione convenzionale della sua vita privata, quello di O'Neill appare più opaco; la sua trasformazione da semplice spia a cittadino affascinato dai discorsi del leader sua vittima appare farraginosa e forzata, quasi incompiuta, passando dal menefreghismo totale al rispetto nell'arco di poche sequenze, senza mai una vera catarsi.
Difetto che in parte rovina una pellicola altrimenti solida, il cui racconto viene saldamente tenuto da King, il quale limita le sbavature in un biopic tutto sommato potente e dal sicuro valore storico.

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