venerdì 12 agosto 2022

Le mie notti sono più belle dei vostri giorni

Mes nuits sont plus belles que vos jours

di Andrzej Zulawski.

con: Sophie Marceau, Jacques Dutronc, Valérie Lagrange, Myriam Mézieères, Laure Killing, François Chaumette, Sady Rebbott, Salim Talbi.

Francia 1989















Appena dopo la "ricostruzione" di "Sul Globo d'Argento", Andrzej Zulawski ritorna in Francia per dirigere una nuova pellicola con la compagna Sophie Marceau, dopo il buon esito del precedente "Amour Braque". Il punto di partenza è dato questa volta dal romanzo omonimo di Raphaële Billetdoux, ma sfortunatamente Zulawski non riesce a trarne una storia dal contenuto davvero interessante, finendo per filmare il suo film peggiore.



Lucas (Jacques Dutronc) è un geniale programmatore informatico al quale viene diagnosticata una malattia cerebrale che lo porterà alla morte. In un cafè di Parigi, incontra per caso la bellissima Blanche (Sophie Marceau), showgirl in procinto di fare il grande salto. L'attrazione tra i due esplode subito, ma la loro storia non è certo delle più tranquille.




Due persone segnate dal male, presente e passato. Lucas, di stirpe nobile, porta ancora addosso il trauma infantile legato all'omicidio della madre da parte del padre. Blanche viene chiamata a confrontarsi quotidianamente con il ricordo dell'ambiente domestico violento in cui è cresciuta. Lui soffre per la consapevolezza di una malattia che lo consumerà di lì a poco, lei è persa in una forma di depressione acuita dallo strambo rapporto con la madre e con un marito per il quale sembra rappresentare una proprietà più che altro.
I due trovano affermazione dapprima nel lavoro, lui avendo appena creato un linguaggio informatico destinato a rivoluzionare il settore, lei usando la sua dote innata di chiaroveggenza per splendere come starlette dell'avanspettacolo. Consolazione vacua, che forse proprio per questo accende la loro passione.




Una passione fisica, ma prima ancora intimamente romantica, un rapporto dato da una comunanza di intesa quasi innata. Una relazione che, come da sempre nella narrazione zulawskiana, prende le forme del delirio, dove le parole non hanno vero significato. I dialoghi, mai come ora, sono vacui, quando non veri ostacoli alla comprensione effettiva tra i due protagonisti, i quali finiscono per allontanarsi un po' alla volta ogni volta che hanno un incontro verbale; da cui il vezzo di Lucas di giocare con le parole, come a sottolinearne la totale inutilità, la raggelante assenza di significato effettivo in costrutti e vocaboli che alla fine sembrano assomigliarsi tutti pur portando significati diversi (rendendo necessaria la visione in lingua originale, consigliata anche a causa dell'irreperibilità del film in lingua italiana).




Quasi sulla scia di Godard, Zulawski decide anche lui di distruggere il linguaggio convenzionale e lasciare che siano le immagini, i volti e i corpi degli attori, a dettare la narrazione. Persino il suo stile di messa in scena trova qui una serie di variazioni: i movimenti di macchina sono decisamente più controllati, l'uso dei grandangoli è quantomai parsimonioso, mentre abbondano i primi piani con sguardo a filo di macchina, resi ancora più penetranti grazie alle ottimeprove degli attori.
Sfortunatamente, la narrazione non ne esce mai davvero coesa e la storia, a sua volta, non trova alcuna forma di incisività.




La storia di Lucas e Blanche, il loro dramma, i risvolti sovrannaturali dati soprattutto dalla visione del primo del fattorino nano, lo sfruttamento di lei da parte del suo enturage e la gelosia del marito, non vanno a parare da nessuna parte. Il racconto si contrae su sé stesso fin dalle prime battute, dimenandosi nella più pura ricerca del bello, tanto che alla fine a trasmettere qualcosa sono davvero solo il volto di Jacquest Dutronc e la bellezza di Sophie Marceau, qui forse all'apice. Persino la conclusione è la più ovvia e scontata possibile.




Zulawski si perde così alla vana ricerca di una forma di originalità in una storia che gli consente voli pindarici privi di sostanza alcuna, finendo spesso per annoiare. La colpa è forse del romanzo alla base, forse dell'incapacità dell'autore di trarne qualcosa di effettivo valore, non è dato sapere. Quel che resta è un film tanto bello nelle immagini, quanto inutile.

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