venerdì 31 marzo 2023

Super Mario Bros.

di Rocky Morton & Annabel Jenkel.

con: Bob Hoskins, John Leguizamo, Dennis Hopper, Samantha Mathis, Fiona Shaw, Richard Edson, Fisher Stevens, Mojo Nixon, Gianni Russo, Dana Kaminski, Lance Henriksen.

Fantastico/Avventura/Commedia

Usa , Giappone, Inghilterra, Francia 1993












La storia degli adattamenti videoludici al cinema è costellata di alcune delle pellicole più smaccatamente brutte che si siano mai viste; si pensi a roba come "Mortal Kombat-Distruzione Totale", la serie di trasposizioni da "Resident Evil", "DOA: Dead or Alive", il "Max Payne" con Mark Whalberg, "Wing Commander", "Street Fighter- Sfida Finale" ed il suo inguardabile seguito/spin-off "La Leggenda di Chun-Li"; e ciò senza neanche dover scomodare sua maestà Uwe Boll, il quale ha  ridefinito il concetto di brutto e ridicolo grazie a classici del cinema-spazzatura quali "House of the Dead" e le trilogie su "Bloodrayne" e "In the name of the king" (quest'ultima solo formalmente tratta da "Dungeon Siege").
Storia che comincia proprio con un film da sempre definito come trash, ossia quel "Super Mario Bros." dei coniugi Morton-Jenkel che nell'estate del 1993 ha inaugurato il filone portando al cinema quella che è tutt'oggi l'icona videoludica per antonomasia. E con l'imminente uscita di un nuovo film sull'idraulico italoamericano panciuto più atletico del mondo dei videogames, occorre chiedersi se davvero quell'exploit è davvero così malriuscito o se merita la riscoperta di cui da una quindicina d'anni a questa parte è stato oggetto.



La storia produttiva dietro al film è la classica serie di strane intuizioni e disavventure che ben potrebbero dar vita ad un documentario a dir poco coinvolgente. 
Tutto parte ovviamente dal successo del Nintendo Entertainment System in America; uscito a metà degli anni '80, poco dopo l'esplosione della bolla speculativa che nel 1983 aveva quasi distrutto l'industria videoludica, questo sistema casalingo riporta in auge i videogiochi grazie ad un mix di grafica e gameplay per l'epoca sbalorditivi, con pietre miliari cone "Metroid" e "The Legend of Zelda" che rivoluzionano il concetto di game design; oltre, ovviamente, al titolo di testa della casa di Osaka, quel "Super Mario Bros." platform dalla costruzione e grafica perfetti che veniva venduto direttamente assieme alla console e figlio del geniale game designer Shigeru Miyamoto.




Mario e il suo pazzo mondo si inseriscono in brevissimo tempo nella memoria collettiva e dai confini dei videogame arrivano anche in televisione grazie ad un adattamento a cartoni animati nel 1989, mentre al cinema, nello stesso anno, arriva "The Wizard", vero e proprio spot cinematografico a "Super Mario Bros. 3" che riscuote anche un decoroso successo.
Ma l'idea di portare al cinema il blockbuster targato Nintendo in un adattamento ufficiale viene concepita da quel Roland Joffé che, tra l'esordio folgorante con "Urla del Silenzio" ed il successivo trionfo a Cannes con il bellissimo "Mission", sembrava essere lontano anni luce dalle coordinate pop che un'operazione del genere richiede; invece è proprio lui che verso la fine degli anni '80 acquisisce i diritti di sfruttamento cinematografico del brand tramite la sua casa produttrice Lightmovie e si mette alla ricerca di un regista al quale affidare il compito di creare il film, visto il suo impegno con "La Città della Gioia", progetto decisamente più vicino alla sua poetica.
Il primo regista a essere contattato è Harold Ramis, che da fan della Nintendo pare fosse entusiasta dell'iniziativa e propose una versione in animazione delle avventure di Mario, Luigi e company; idea che però non piace a Joffé e al collega Jake Eberts e porta all'immediata defezione del padre degli Acchiappafantasmi.



Scartata l'idea di creare un lungometraggio d'animazione, si punta al live-action pur con la coscienza dell'estrema difficoltà insita nel tradurre in immagini dal vivo un mondo fatto di funghi deambulanti, tartarughe umanoidi sputafuoco, principesse in pericolo e con protagonisti due idraulici che diventano giganti mangiando cardoncelli e sparano palle di fuoco grazie a lisergici fiori occhiuti. E a causa della difficoltà nel portare a bordo un cast di attori, il duo di produttori decide di far redigere uno script prima della scelta del regista, al quale lavora anche Ed Solomon, tra gli autori di "Bill & Ted"
Prima stesura molto vicina al gioco, dal quale vengono ripresi personaggi e ambientazioni amene e colorate e che favorisce l'ingresso nella produzione di John Leguizamo, Samantha Mathis, Fisher Stevens, Fiona Shaw e Dennis Hopper, chiamato ad interpretare il villain dopo il rifiuto dei superdivi Arnold Schwarznegger e Michael Keaton; oltre a Bob Hoskins, che indossa il cappello di Mario dopo che la prima scelta Danny De Vito declina l'offerta per dedicarsi alla produzione di "Hoffa- Santo o Mafioso?".
Con script e cast al loro posto, non resta che trovare un regista in grado dare vita alle immagini e la scelta cade così sul duo Morton-Jenkel, che all'epoca aveva raggiunto una certa notorietà creando, in Inghilterra, la serie televisiva su "Max Headroom", il cui testone protagonista era diventato subito un'icona pop nonostante la breve durata delle sue avventure catodiche. Ed è qui che le cose prendono una piega del tutto inaspettata.




A quello stile colorato e un po' folle proprio delle avventure a 8-bit di Mario, il duo ne predilige uno uscito direttamente da "Blade Runner", ambientando tutto il film in una metropoli distopica, sporca e ai limiti del cyberpunk che prende il posto del fiabesco Mushroom Kingdom dei giochi, mentre i suoi abitanti diventano degli ibridi uomo-rettile che si sono evoluti direttamente dai dinosauri dopo una scissione dimensionale. 
L'idea dei registi è tanto folle quanto chiara, ossia fare un film che piaccia anche e forse soprattutto agli adulti, benché il pubblico principale per un'operazione del genere, all'epoca come oggi, fossero gli infanti. E la loro volontà è talmente ferrea che chiamano a bordo David Snyder, ossia proprio il direttore artistico del capolavoro di Scott, il quale crea una Dinohattan che potrebbe davvero sorgere a poche miglia dalla Los Angeles di Rick Deckard. Il che fa il paio con un tono adulto dato da spogliarelliste mezze nude che si aggirano per i set, battute a doppio senso e situazioni sinistre, come quando il cattivo Koopa cerca letteralmente di stuprare la principessa Daisy.




Al di là dello scarto di tono presente su schermo, a fare vera sensazione, oggi come oggi, è la conoscenza del vero e proprio caos che regnava durante le riprese. La maggior parte avviene in una fabbrica in disuso in North Carolina, struttura ovviamente priva di aria condizionata durante una delle estati più calde di sempre, con la conseguenza che cast e troupe si ritrovano costantemente zuppi di sudore; il budget continua a gonfiarsi a causa dei complessi effetti speciali, su tutti quelli in CGI usati per determinate inquadrature e per l'epoca pionieristici; oltre che per l'animatronico di Yoshi, piccolo capolavoro di animazione remota che però richiede grossi sacrifici economici ad una casa di produzione di piccole dimensioni. Ma su tutto, a rendere la produzione difficoltosa sono stati i due registi in persona.




Definiti come "inetti la cui arroganza era scambiata per genio" dal compianto Hoskins, Jenkel e Morton pare non avessero il minimo rispetto per cast e troupe: arrivavano a cambiare i dialoghi a cadenza quotidiana, tanto che Dennis Hopper smise di imparare le proprie battute, sapendo che tempo qualche ora e sarebbero divenute inutili; gli orari di lavorazione non venivano rispettati praticamente mai, con shooting list e piani di lavorazione costantemente riscritti senza informare nessuno. Ad un certo punto, i due arrivano persino ad abbandonare il set a seguito del manifesto disappunto dei produttori e della stessa Nintendo verso un film che con il materiale di partenza non aveva praticamente più nulla a che vedere; le riprese sono così state ultimate dal direttore della fotografia Dean Samler, il quale però non è mai stato accreditato come co-regista effettivo.
In una tale situazione, Hoskins e Leguizamo riuscirono comunque a legare sul piano umano e per rendere il lavoro meno pesante erano spesso ubriachi sul set, con la conseguenza che durante le riprese di una scena nel furgone Leguizamo ha rischiato di far cappottare il veicolo e Hoskins si è fratturato una mano, con relativa ingessatura "coperta" dal reparto make-up ma la cui esistenza è ravvisabile nel film finito ogni volta che i fratelli Mario si danno il cinque.




Riprese che finiscono con quasi un mese di ritardo. Cominciata la post-produzione, il duo di registi fa marcia indietro e, appoggiandosi alla Director's Guild of America, riesce ad ottenere il final cut sul film praticamente in extremis.
Il resto, come si sual dire, è storia: "Super Mario Bros." esce in Usa il 28 Maggio 1993 e incassa poco più di 20 milioni di dollari a fronte di un budget di quasi 50, con i dati del mercato internazionale rimasti tutt'oggi ignoti. Nonostante una campagna promozionale martellante, il successo gli viene letteralmente soffiato da "Jurassic Park", uscito appena due settimane prima e forte di una componente spettacolare più elevata oltre che di una narrazione decisamente più digeribile.
Trova in seguito una sua audience grazie all'home video e ai passaggi televisivi (qui in Italia, i primi, su Rai2, registrano ottime medie d'ascolto) e con gli anni la sua natura di film "strambo" e "tipicamente '90's" gli consentono di diventare un cult, tanto che viene aperto il sito Super Mario Bros. The Movie Archive per celebrarlo e fare luce sulla sua turbolenta lavorazione. E a partire dalla seconda metà degli anni zero, viene persino rivalutato artisticamente, con recensioni che per la prima volta tendono ad esaltarne i pregi piuttosto che a sottolinearne i difetti. 
Ma tale riscoperta è fondata o frutto di un abbaglio?
Fortunatamente, rivisto oggi questo strano "non-adattamento" funziona molto meglio di quanto si possa pensare.



Non funziona, ovviamente, come trasposizione, con un'estetica opposta alla fonte e i personaggi che diventano praticamente dei semplici omaggi alle loro controparti originarie; così i goomba e i koopa trooper sono su schermo dei simpatici giganti decerebrati, Iggy e Spike hanno un aspetto totalmente umano, i funghi sono un unico ammasso fungino senziente che infesta la città e che una volta era il vecchio re, ribattezzato Bowser come il cattivo originale dei giochi, mentre è il solo Bob-Omb a trovare una vera trasposizione su schermo, diventando un'arma che finisce anche per risolvere in parte la situazione.
Al di là delle differenze estetiche, il film di Super Mario è però una commedia d'azione ben congegnata e tutto sommato ben diretta, che riesce ad intrattenere a dovere.




Il ritmo è letteralmente indiavolato anche quando la narrazione rallenta, come nella digressione nel deserto, e non si ha mai una vera fase di stanca. L'azione è ben congegnata ed eseguita a dovere e ci si riesce davvero ad appassionare a questa rilettura del supercult di Miyamoto in chiave carrolliana e distopica; e questo anche grazie all'alchimia e all'impegno del cast: la chimica tra Hoskins e Leguizamo è tangibile in ogni scena e sembrano davvero due fratelli, mentre Dennis Hopper è semplicemente fantastico nei panni di un villain tanto spietato quanto ironico; impegno a dir poco commendevole visto il letterale casino sul set, che ben avrebbe spezzato la volontà di attori meno professionali. Il che fa funzionare ancora meglio le gag, alcune delle quali divenute giustamente celebri, come lo strambo e irresistibile balletto dei goomba in ascensore sulle note del tema de "Il Dottor Zivago".




Il personaggio di Mario riesce persino ad avere uno story-arc completo, passando da cinico disilluso a uomo in grado di credere all'esistenza dell'impossibile, oltre a quello, più immediato, di persona comune che si ritrova suo malgrado ad essere un eroe. E ben si complementa con il più scanzonato Luigi, la cui indole bambinesca lo rende più incline all'avventura e immediatamente simpatico. Persino la principessa finisce per avere un ruolo attivo negli eventi, salvandosi praticamente da sola, così come attivo è il ruolo della cattiva Lena, che alla fine diventa persino più letale dello stesso Koopa, non ricadendo nello stereotipo della semplice "pupa del boss".
Ma un plauso va anche fatto alla direzione artistica, che pur tradendo l'originale e lavorando in via derivativa riesce lo stesso a creare un impianto visivo suggestivo, perfettamente accompagnato dal trascinante score di Alan Silvestri e da una colonna sonora smaccatamente anni '90 e perfettamente orecchiabile.





"Super Mario Bros." non è, in definitiva, un brutto film e la rivalutazione è del tutto meritata; è solo una pellicola che tradisce le aspettative e si discosta troppo dal calco del videogame originale. Una trasposizione malriuscita, ma un pop-corn movie del tutto riuscito e godibile.



EXTRA

Forse a causa del tonfo al botteghino, nell'edizione italiana è stato clamorosamente tagliato tutto l'epilogo del film, comprensivo di un finale aperto, oltre che di una divertente scena post-credit.
La cosa strana è che così facendo è stata eliminata anche la comparsata di Lance Henriksen nei panni di Re Bowser, ritrasformato da fungo in umano dopo la sconfitta di Koopa; ma Henriksen è comunque accreditato nei titoli italiani, creando una vera e propria "comparsata fantasma".


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