con: Maika Monroe, Nicolas Cage, Blair Underwood, Alicia Witt, Michelle Choi-Lee, Dakota Doulby, Lauren Akala, Kiernan Shipka.
Thriller/Horror
Canada, Usa 2024
---CONTIENE SPOILER---
Cercare di dire qualcosa di nuovo con la tematica dei serial killer è impresa assai difficile, visto il riorno in auge dell'argomento che si è verificato negli ultimi anni. Tra serie televisive che ricostruiscono la vita degli assassini più efferati (con risultati talvolta di cattivo gusto) e podcast di true crime che dissezionano ogni singolo evento di cronaca nera (con risultati talvolta di ancora più cattivo gusto), al cinema non resta che cercare di rileggere l'argomento stilizzandolo verso l'horror, soluzione che funziona soprattutto quando non si tirano in ballo eventi reali.
Longlegs alla fine non fa altro che riprendere gli stilemi di tanto cinema sui serial killer del passato, in particolare di quella visione post Il Silenzio degli Innocenti che ibridava il thrilling poliziesco con l'horror vero e proprio; la visione di Osgood Perkins, figlio del compianto Anthony e solitamente più attivo nel filone apertamente sovrannaturale, è chiara, ossia quella di rifarsi alle letture più disturbanti del fenomeno, per poi calarlo in un contesto squisitamente orrorifico, che nell'ultimo atto sfocia, appunto, nel sovrannaturale vero e proprio. Impresa perfettamente riuscita, ma di certo non memorabile come si potrebbe credere.
Usa, anni '90. La giovane detective del FBI Lee Harker (Maika Monroe) scopre di avere delle capacità psichiche; per questo viene messa sulle tracce del serial killer semplicemente noto come "Longlegs" (Cage), attivo dal oltre vent'anni...
L'ambientazione riporta alla mente i classici del thriller-horror, ma l'atmosfera cui si rifà Perkins pesca più che altro dall'immaginario del cinema anni '70, con tanto di richiami vintagexploitation nelle scenografie e soprattutto nell'uso del 4:3 per i flashback.
L'intento è chiaro, ossia quello di rielaborare in chiave fantastica alcuni casi di cronaca: alla base della storia c'è infatti la figura della "Bestia del Jersey", attiva nei primi anni '70. Perkins enfatizza gli aspetti satanici degli omicidi e ne fonde la figura con quella di Zodiac Killer, con tanto di codici astratti usati per comunicare con gli inquirenti.
La transizione da comune thriller con venature orrorifiche a horror vero e proprio avviene in modo naturale anche grazie all'atmosfera che il film riesce ad intessere con cura; un'atmosfera autunnale e fredda, nella quale la violenza risalta maggiormente, oltrepassata in efficacia solo dai riferimenti religiosi e sacrileghi, che riescono davvero a comunicare un senso di disagio costante per tutta la durata.
Perkins riesce così a tenere sempre alta la tensione, anche grazie allo stile ipnotico della costruzione delle inquadrature, ricercatissime nella loro essenziale geometricità. Ed è proprio qui che Longlegs, paradossalmente, mostra tutti i suoi limiti.
Perché alla fine della fiera, tutto il film non è che una riesumazione di un vecchio filone del cinema dell'orrore, tanto che, una volta scoperta la transizione verso l'horror satanista che si ha a metà film, il paragone con il purtroppo dimenticato Il Tocco del Male appare inevitabile. Ma Perkins dirige tutto con la mano pesante di chi crede di stare creando un'opera radicale e originale, come un Ari Aster o un Robert Eggers, caricando di enfasi ogni singola immagine e ogni singola scena e, contemporaneamente, dirigendo Maika Monroe in modo da essere il più fredda possibile.
Il risultato è il più classico degli "elevated horror" degli ultimi anni, un perfetto paradigma di quei film di genere prodotti dalla A24 o dalla Neon (che guarda caso qui è coinvolta) dove la messa in scena vuole far credere che ci sia qualcosa di più a livello contenutistico, quando invece non c'è nulla oltre ad una semplice storia poliziesca e orrorifica. Con la conseguenza, ulteriore, che il film perde di personalità proprio perché ancorato agli stilemi di una messa in scena "snob" di tanto cinema degli ultimi dodici anni, con tanto di camera a mano che pedina la protagonista, inquadrature laccate, macchina da presa immobile per trovare sempre la soluzione geometricamente più azzeccata e poche inquadrature per le scene più importanti (come nell'apparizione, essenziale ai fini della storia, di Kiernan Shipka, risolta praticamente con un'unica, lunga inquadratura).
Longlegs è, in buona sostanza, un puro exploit di genere travestito da pellicola "elevata", nulla più di quello che fino ad una quindicina di anni fa sarebbe stato etichettato come l'ennesimo epigono di Se7en, sul quale è stata poi passata una mano di vernice per travestirlo da film impegnato e innovativo. Perkins lo ha semplicemente diretto con la flemma di chi sta dirigendo un dramma esistenzialista, nulla più, perché di tutti gli argomenti "elevati" toccati, nessuno diventa mai il centro effettivo del racconto: non la tematica satanista o antropologica, non il rapporto famigliare "malato" dei personaggi, non la ricostruzione della religiosità in America, né gli effetti che una serie di omicidi brutali possano avere sulle piccole comunità. Persino il nome del killer non trova effettiva spiegazione.
Tolta la patina di "impegno", quello che resta è un film di genere solido e con due ottimi protagonisti, ma è anche corretto dire che non sia altro se non "Il Tocco del Male diretto a là Bergman". E la mente corre a Thriller- A Cruel Picture.
Nessun commento:
Posta un commento