lunedì 9 maggio 2016

Captain America: Civil War

 di Joe & Anthony Russo.

con: Chris Evans, Robert Downey Jr., Scarlett Johansson, Sebastian Stan, Anthony Mackie, Elizabeth Olsen, Jeremy Renner, Paul Bettany, Paul Rudd, William Hurt, Don Cheadle, Chadwick Boseman, Tom Holland, Martin Freeman, Paul Bettany, Daniel Bruhl, Emily VanCamp, John Slattery, Frank Grillo, Marisa Tomei.

Azione/Supereroisitico

Usa 2016












Quando si pensa ai migliori esiti del fumetto americano mainstream, la mente corre, per forza di cose, verso pubblicazioni fatte da casa DC, come "Il Ritorno del Cavaliere Oscuro", l'opera più rappresentativa di Frank Miller, oppure il capolavoro di Moore e Gibbons "Watchmen", oppure, sempre ad opera di Moore, "The Killing Joke"; a serie del calibro del "Sandman" di Gaiman o del mai troppo lodato "Hellblazer"; albi che, sebbene ambientati talvolta nella continuity ufficiale degli universi di Batman, Superman e soci, portavano uno sguardo maturo, adulto, anche su temi semplici come quelli legati al supereroisimo; e che quando affrontavano tematiche mature e scottanti, permettevano agli autori di mostrare una sensibilità che spesso non aveva nulla da invidiare alla migliore letteratura.
Viceversa, quando si pensa agli esiti peggiori, non si può che rivolgersi alla Marvel per rimembrare gli orrori di storie quali "Il Regno", vera e propria parodia del capolavoro di Miller, all'idiozia intrinseca di "One More Day", il "reset" che azzerò vent'anni e passa di storia editoriale dell'Uomo Ragno per compiacere gli opinabili gusti personali di John Romita Jr., le oscenità gratuite di saghe quali "Ultimates 3", dove Tony Stark si diverte a fare sesso con la Vedova Nera dinanzi a tutti gli Avengers, o, peggio, "Ultimatum", dove tutti gli eroi dell'universo Ultimate vengono massacri in un tripudio di violenza gratuita totalmente autocompiaciuta; e questo solo per citare i casi più eclatanti.
I quali, neanche a farlo apposta, si rivelano come sciocchezzuole innocue se paragonate a quell'incredibile affronto al buon gusto, nella storia e nella metafora di fondo, che è la saga di "Civil War".



Scritta principalmente da niente meno che Mark Millar e pubblicata tra la metà del 2006 e i primi mesi del 2007, "Civil War" era, nelle intenzioni degli executives della Casa delle Idee, un'opera ambiziosa e rivoluzionaria: per la prima volta i supereroi erano coinvolti in una vera e propria faida interna che sfociava in una guerra. Alla base di tutto c'è, nella storia, un incidente sanguinoso: il supercriminale Nitro usa i suoi poteri esplosivi contro un giovane gruppo di mutanti, causando collateralmente il massacro di una scuola elementare. Come reazione il governo americano decide di mettere fuori legge tutti i supereroi che non registrano la loro identità presso un apposito registro. Il mondo dei vigilantes si divide così in due fazioni: quella guidata da Iron Man, fedele alla linea di governo, e quella guidata da Capitan America, che invece vuole tutelare i diritti degli eroi.





Per comprendere lo squallore intrinseco alla storia di base e alla sua orribile esecuzione, bisogna tenere conto del contesto cinematografico e (per una volta) politico nel quale la saga prende vita.
Era il 2001 quando, sulla scorta del terrore conseguente agli attentati alle Torri Gemelle, l'amministrazione Bush decide di varare il Patriot Act, una norma che rafforza i poteri di controllo delle forze dell'ordine sulla popolazione, restringendo talvolta in maniera totale i diritti di privacy dei cittadini in favore della sicurezza nazionale, con la conseguenza di creare uno stato di paranoia costante tra i cittadini americani e le forze dell'ordine. La violazione dei diritti costituzionali in favore della sicurezza avviene in modo palese, suscitando scandalo ed indignazione e trasformando il governo federale in un vero e proprio stato di polizia, non molto dissimile dal "Grande Fratello" che Orwell descriveva nella sua opera più famosa. Gli oppositori a tale politica, vengono tacciati di collaborazionismo, di essere addirittura simpatizzanti terroristi. In sostanza: il conservatorismo più bigotto e spaventoso finisce per prevaricare il buon senso sul piano sociale e lo stato di diritto su quello giuridico.
"Civil War" prende spunto da questa realtà per imbastire una storia di fantasia, dove la tensione inestinguibile tra diritto e sicurezza divine il tema centrale. Ma gli autori che di volta in volta si cimentano sulla storia principale e su quelle collaterali compiono un errore fatale e imperdonabile: si schierano orgogliosamente con il governo americano, ne riprendono totalmente il punto di vista e divengono insensibili a qualsiasi forma di opposizione, che finiscono sinanche per deridere.
Nel mondo di "Civil War", a differenza di quello reale, esiste il bianco ed il nero; il "bene" è perseguito dal team di Iron Man, che vuole tutelare la sicurezza nazionale; gli oppositori, ritratti come veri e propri rinnegati, sono sempre dipinti in un'accezione negativa, come degli ingenui; mentre le azioni di Iron Man e soci vengono sempre e comunque giustificate, anche quando si arriva ad incarcerare innocenti o uccidere pur di perseguire il proprio scopo, creando, non si sa se in modo cosciente, della vera e propria propaganda reazionaria per il vero governo americano, finendo per indottrinare i giovani lettori ai valori, assoluti e assolutistici, che persegue; propaganda che nei modi, nella forma e nei contenuti ricorda terribilmente quella fascista.




Sul piano narrativo lo squallore più puro lo si raggiunge con la scelta di mettere questi valori in bocca ai personaggi più amati e conosciuti dal pubblico, per garantirne l'assimilazione. Spider-Man, che all'epoca trionfava ai botteghini, si fa portavoce della prima ora della campagna di Iron Man, nella scena più famosa della serie principale (sebbene poi torni sui suoi passi); lo stesso Iron Man era stato scelto all'epoca da Kevin Feige per essere l'apripista dell'universo cinematografico Marvel che, di lì a pochissimo, avrebbe sdoganato la major anche al cinema. Sul fronte dei perdenti, invece, ci sono tutti quei personaggi che vendono poco, come quel Capitan America che, ancora lontano dai successi al box office, sembra essere un fossile del passato, o personaggi minori come Luke Cage o Miss Marvel, per lo più sconosciuti al grande pubblico; i personaggi più amati schierati con Cap sono, guardacaso, proprio quelli dei quali la Marvel non possiede più i diritti di sfruttamento cinematografico, come alcuni tra gli X-Men e i Fantastici Quattro; ossia, personaggi con non le fruttano tanto quanto gli altri e che per questo divengono oggetto di una pubblicità negativa,che in quegli anni sarebbe continuata, su altri media, sino a sfociare in una mera e propria guerra pubblicitaria contro la Sony e la Fox.




Ancora più squallida è la scoperta dell'antefatto alla serie, della vera causa narrativa che ha portato al massacro degli innocenti; in una storia collaterale con protagonista Wolverine, si scopre come tutta la "guerra civile" sia stata organizzata da una sorta di multinazionale malvagia per ottenere gli appalti per la ricostruzione; in sostanza: stereotipi aggiunti al cattivo gusto, per una formula che più indigesta non si potrebbe. O forse si?
Il lettore più navigato già sapeva all'epoca come l'idea di uno scontro interno tra i supereoi divisi per motivi ideologici era già stata usata in casa DC: "Kingdom Come", miniserie in quattro parti del 1996 (ossia dieci anni prima dell'epigono Marvel), immaginava un futuro dove una nuova generazione di eroi, violenta e fuori controllo, causava un massacro di innocenti per il tramite dell'esplosione incontrollata di un supercattivo; episodio che porta i vecchi eroi, capitanati da Superman e Wonder Woman, a riprendere il mantello per combatterli e ristabilire la loro supremazia ed i loro valori, ormai perduti; scontro bilaterale al quale si aggiungono altre due fazioni: una capitanata da Batman, che non vuole sottostare alla "tirannia" del Kryptoniano, ed una dall'arcidemonio Lex Luthor; il tutto splendidamente illustrato da un Alex Ross in ottima forma.
Cattivo gusto, pessima scrittura e derivatività che permettono tranquillamente di etichettare, in sostanza, "Civil War" come il peggiore esito del fumetto mainstream a stelle e strisce e, forse, finanche il peggiore di tutta la storia del fumetto occidentale.




Quando Kevin Feige annunciò in pompa magna la "fase 3" dell'universo cinematografico Marvel, tutti i riflettori furono puntati sul terzo film dedicato a Cap, che portava "Civil War" sul grande schermo; la strategia era ovvia: creare un rivale per contrastare l'imminente "Batman v Superman- Dawn of Justice" della rivale Dc che avesse le stesse premesse: uno scontro tra gli Avengers che andasse oltre il semplice bisticcio al quale il pubblico è ormai abituato.
Il risultato, colpo di scena, è un film che convince più del suo rivale: una pellicola d'azione che porta ad una chiusa definitiva la storyline su Capi iniziata con "Il Primo Vendicatore" (2011) e proseguita con "Winter Soldier" (2014), mettendo al contempo le basi per nuovi film della "fase 3", senza mai perdere di vista i numerosi personaggi, riuscendo persino ad imbastire una trama credibile e ambigua.




Il merito è in parte degli sceneggiatori Markus e McFeely, giù autori dei precedenti film su Steve Rogers, i quali riprendono dal fumetto solo il titolo e le premesse. Al bando i manicheismi patriottici, nel film di "Civil War" le due fazioni sono entrambe, in un modo o nell'altro, nel giusto.
Da un lato c'è lui, Cap (Evans), l'ex simbolo di "giustizia, pace e american way" ormai disilluso dopo il fallimento dello S.H.I.E.L.D. e la perdita del suo vecchio amore Peggy Carter, il quale si fa in quattro per redimere l'amico Bucky (Stan) e a cui il guinzaglio delle nazioni uniti sta stretto: troppo semplice divenire cani del governo, imbrigliarsi in regole che mal si adattano ai giustizieri. Dall'altra c'è un Iron Man (Downey Jr.) inedito; non più il miliardario sbruffone para-berlusconiano, ma un uomo distrutto dai sensi di colpa per la Sokovia, per le vittime collaterali di quell'attività di vigilantes mondiali che ora vede come troppo poco sicura; e va detto che fa un pò ridere il fatto che questa sua ritrovata coscienza non lo porti a recriminare per l'aver creato quella macchina di morte senziente chiamata Ultron nemmeno adesso.




Lo scontro è dato, così, da una vera differenza di vedute su di un bene comune sempre e comunque ambiguo, verso il quale gli autori decidono saggiamente di non prendere mai parte. Persino la rivelazione finale sul "burattinaio" che ha portato alla "guerra civile" tra supereroi, per quanto scontata e forzata, non ne diminuisce la carica, sebbene manchi talvolta della dovuta drammaticità, nonostante il sangue e le ferite, vere ed emotive, riportate dai personaggi (ed in questo il pur malriuscito "Batman v Superman" resta un pezzo avanti).
Dal canto loro i Russo si confermano perfetti esecutori; le loro sequenze d'azione sono, nella prima parte, meno raffinate di quelle viste in "Winter Soldier", afflitte da un abuso del montaggio e dell'otturatore veloce di bayana memoria. Ma quando a scendere in campo sono i superuomini, la loro mano si fa più ferma e regalano lo scontro Marvel per antonomasia: la scazzottata all'aeroporto di Lipsia è una vera gioia per gli occhi, dove tutti i personaggi, comprese le new entries Spider-Man (Holland) e Black Panther (Boseman), sfoggiano i loro poteri in un tripudio di acrobazie ed esplosioni ben condotto. Anche se a rubare a tutti la scena è l'Ant-Man di Paul Rudd, che a suon di battute zittisce persino il logorroico Stark e finisce per trasformarsi in un Giant Man novello kaiju marvelliano.





Puro miracolo è l'essere riusciti a tenere le file di una narrazione a dir poco amena, l'aver dato spazio e caratura all'infinito cast di personaggi e a molte delle loro backstory. Non tutto, va detto, fila liscio; laddove gli autori riescono a dare il giusto peso ad un personaggio non facile e francamente inutile come Black Panther, falliscono nel rendere credibile l'inclusione di Spider-Man, finendo persino per glissare sul come Tony Stark riesca a scoprirne l'identità segreta. Ma si tratta, in fin dei conti, di quisquiglie, sopratutto se si tiene conto del macello che furono le storie collaterali di "Age of Ultron" (2015).





Divertente e, per una volta, coinvolgente, "Civil War" fa dimenticare i disastrosi esiti della sua controparte cartacea e si impone come uno dei migliori exploit della tirannica politica della Marvel Studios; meno raffinato di "Winter Soldier", riesce lo stesso a stupire e a intrattenere.

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