sabato 7 maggio 2016

Go Go Tales

 di Abel Ferrara.

con: Willem Dafoe, Bob Hoskins, Matthew Modine, Asia Argento, Stefania Rocca, Riccardo Scamarcio, Sylvia Miles, Joe Cortese, Burt Young, Shanyn Leigh, Bianca Balti.

Commedia

Italia, Usa 2007

















Dopo la tribolata lavorazione di "Mary" (2005), Ferrara riesce a trovare i (pochissimi) capitali necessari a portare in scena la sua vecchia idea: creare un piccolo spaccato della vita nella New York più sudicia e disperata, un "Cin Cin con le tette" che gli permetta di ritrovare il vecchio amore per il cinema di genere accompagnato da una nuova coscienza, generatrice di un nuovo sguardo, più ironico, su quell'universo.
"Go Go Tales" è il risultato di questa unione di intenzioni: una pellicola dispersiva, ma simpatica, priva del mordente del suo cinema migliore, eppure gradevole.




Ferrara squadra vite e fortune alterne del suo gruppo di personaggi; l'entusiasta Ray Ruby (Dafoe) è l'anfitrione del "Paradise", locale di go-go dance di second'ordine frequentato da strambi avventori.
Lo sguardo si posa così su più vite, infrangendosi in un montaggio spezzato, che oscilla sui volti dei protagonisti e sugli esili e sensuali corpi delle ballerine. Non tutte le storie riescono però a colpire; alcune sono semplici bozze che non trovano mai vero compimento, come l'attrazione tra Monroe (Asia Argento) ed il fratello di Ray, il sofisticato Johnie (Matthew Modine); o, peggio, quella dell'agguerrita Debby (Stefania Rocca), aspirante sceneggiatrice che entra di punto in bianco nel film senza riuscire a catturare davvero l'attenzione. La colpa è forse da ricercare nella natura televisiva del soggetto: pensato come il pilot di un serial già negli anni '90, lo script finisce per condensare in appena 100 minuti scarsi storie e spunti che sarebbero stati sviluppati nel corso di molteplici episodi.




Più che sulle storie e sui personaggi, il racconto finisce così per poggiare sulle singole sequenze o addirittura sulle singole scene; alcune sono da antologia, come la seduzione di Debby con il produttore; o la "scandalosa" lap dance tra Monroe ed il mastino; altre sono decisamente meno riuscite, come quella con il medico interpretato da Scamarcio: già mal concepita, viene rovinata in tutto dalle scarsissime doti attoriali del sex symbol nostrano, che recita il ruolo del marito cornuto come uno stereotipo privo di dignità.




A farla a padrone è così l'ambiente; il Paradise diviene ideale luogo d'incontro di esistenze al limite del baratro; ognuna delle vite che vi si intrecciano, a partire da quella di Ray, è sull'orlo di un precipizio, sia esso il fallimento economico che la semplice mancanza di prospettive; da questo punto di vista, Ferrara abbandona il suo classico ardore morale e regala una serie di personaggi meno "dannati", più solari di quelli che popolano solitamente il suo cinema; Ray e soci non sono persi nel peccato, né si interrogano su di una possibile redenzione; sono, semplicemente, esseri umani che resistono alle avversità della vita, cercando al contempo di mantenere una propria integrità, data dalle proprie attitudini, dai propri sogni e piccoli ideali. Diviene simpaticamente beffardo, di conseguenza, quel finale dove il riscatto raggiunto viene ridimensionato e Ray si ritrova a dover nuovamente fare i conti con le piccole e grandi necessità della vita dopo aver vinto una forsennata ed ossessiva battaglia contro la fortuna. Lo stesso Paradise, che talvolta viene portato in scena come un piccolo inferno in terra, non riesce mai ad imporsi come un girone delle anime perse, finendo per essere un semplice crogiolo di strani personaggi.




Il resto è puro mestiere: le immagini sono belle, ma non paragonabili ai vertici stilistici del passato, essendo incapaci di colpire davvero l'occhio; e stesso discorso vale per il cast, che pur capitanato da Defoe, Modine e dal compianto Bob Hoskins, non riesce mai davvero ad imporsi in modo potente con le proprie performance, anche a causa del materiale di partenza.
"Go Go Tales" resta così una divagazione leggera e divertita, ma poco incisiva; un ultimo viaggio di Ferrara nei territori della giungla suburbana lontana dai fasti di un tempo, ma non disprezzabile.

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