di Pif.
con: Pif, Andrea Di Stefano, Stella Egitto, Miriam Leone, Vincent Riotta, Maurizio Marchetti, Mario Pupella, Orazio Stracuzzi.
Commedia/Storico/Satirico
Italia 2016
Quando nel 2013 Pif esordì al cinema con "La Mafia Uccide solo d'Estate", forse in pochi si sarebbero aspettati il buon successo di pubblico e sopratutto di critica che avrebbe riscosso. Quel piccolo film, esordio di un reporter e showman il cui pubblico è essenzialmente giovane e cosciente della decadenza del sistema Italia, era riuscito a dimostrare come fosse ancora possibile dirigere una commedia divertente che al contempo riuscisse a far riflettere sulle sorti di questo nostro sciagurato paese, nel perfetto stile che Pif adoperava anche in televisione.
Ottenuto tutto il plauso possibile, era normale per Pif alzare il tiro, creare un'opera seconda più grande ed ambiziosa con la quale portare aventi il discorso, narrativo e civile, iniziato con il suo esordio. Un film, questo "In Guerra per Amore", con il quale si confronta con un'altra realtà scomoda e vergognosa, direttamente connessa ai fatti della Mattanza: la liberazione del Sud dal Nazifascismo con la corrispettiva ripresa di potere delle organizzazioni mafiose. Tema duro ed affrontato a viso aperto, in una pellicola si più grande ed ambiziosa rispetto all'esordio, ma anche decisamente malriuscita, con la quale Pif cade in tutte le trappole possibili date dall'ambientazione storico-geografica, finendo per rientrare, purtroppo, in quella categoria delle opere seconde non all'altezza degli esordi.
Pur prodotto totalmente dalla sola RAI, "In Guerra per Amore" è un film dove i valori produttivi sono di primo livello; le scenografie d'epoca adoperate per ricostruire la New York degli anni '40 e gli interni militari, gli effetti speciali usati per dar vita ai bombardamenti, le sequenze di massa nello Sbarco in Sicilia e i green screen adoperati per la scena dell' asino che vola riescono davvero a creare l'illusione di una pièce d'altri tempi con tutti i crismi; anche quando regista e direttore della fotografia perdono un pò il polso, come quando adoperano un effetto notte che sembra uscito da "Mad Max: Fury Road" totalmente decontestualizzato o quando i panorami siciliani vengono fotografati come una cartolina nonostante il contesto bellico.
Grande sforzo produttivo che permette a Pif di usare una messa in scena più virtuosistica, con la macchina da presa che si prodiga in movimenti ampi, fluidi, talvolta fine a sé stessi, ma sempre esteticamente appaganti, fino a sfociare in una citazione di Robert Capa un pò forzata ma gustosa.
Peccato che questa confezione laccata ed elegante contenga davvero poco.
Sul piano narrativo, Pif imbastisce una trama d'ensamble dal fiato corto. Come in "La Mafia", al centro di tutto c'è sempre il suo alter ego filmico, Arturo Gimmaresi, perso nuovamente in una storia d'amore travagliata sullo sfondo degli eventi storici; interesse amoroso questa volta è la bellissima Miriam Leone, truccata come una bellezza siciliana DOC, i cui splendidi capelli rossi si tingono di un nero corvino per essere più "etnici", ma il cui carattere è piatto: non più una ragazza seria e politicamente impegnata come il personaggio della Capotondi nel precedente film, ma una semplice donna dei suoi tempi, un oggetto conteso dal figlio del boss e dallo sfigato Pif, come nella peggiore tradizione della commedia romantica italiota. Il viaggio in Sicilia è pretesto per chiedere la mano della bella al padre; la guerra e l'amicizia con il "lieutenant" Chiamparino (Di Stefano) dovrebbero rappresentare la presa di coscienza del giovinastro sulla situazione politica e storica, ma il tutto è forzato, tirato avanti a botte di sensazionalismo (i morti ammazzati, stavolta davvero inutili) e lasciando il protagonista sempre sullo sfondo degli eventi.
Davvero tediosa la moltiplicazione dei punti di vista e dei personaggi, con il bambino chicchirichì d'ordinanza derivante dalla peggiore tradizione del cinema di Tornatore (il cui arco narrativo è davvero inutile), la bella e procace vedova ad aggiungere stereotipi ed il duo di simpatici idioti che dovrebbero portare un amaro commento sociale, ma che finiscono solo per aggiungere un'ombra di populismo alle situazioni.
Il commento sociale finisce così neutralizzato, annacquato in dialoghi vacui e colmi di cliché (come quelli sull'ossessione per le apparenze dei siciliani) che non portano da nessuna parte o, peggio, gag da quattro soldi che colpiscono a vuoto, non suscitano mai una vera risata ed anzi talvolta finiscono per infastidire (la gag ricorrente sulla "water", presa di peso da un episodio de "Il Testimone" poteva essere tranquillamente risparmiata).
Sull'altro piano narrativo, quello più pregnante, il commento storico, pur appassionato ed attento ai particolari, risulta anch'esso depotenziato dalla mancanza di focus: troppo tempo passato a seguire Arturo e le sue traversie da sfigato, troppo poco passato a vedere la progressiva decadenza sociale italiana, affidata a personaggi anch'essi piatti, come il "nonno fascista" troppo cartoonesco per poter essere preso seriamente. Tutta la ricostruzione, anche quella nelle parti più polemiche e scandalose, è piatta e priva di vero mordente, nonostante sia affidata al personaggio, più riuscito, di Chiamparino, che per la caratterizzazione ed il carisma di Di Stefano avrebbe davvero meritato di essere al centro dell'intera vicenda. Tanto che alla fine, Pif finisce per sparare tutti i suoi proiettili a vuoto, riuscendo a ritrovare un gusto ed una potenza morale solo nel bel finale, con un discorso del "parveneu" che andrebbe fatto vedere a molti odierni politici e demagoghi.
Meglio allora rivedersi il "Lucky Luciano" di Francesco Rosi, dove le medesime tematiche venivano declinate con una sensibilità storico-politica decisamente più adeguata. Nella speranza che, magari, alla sua terza prova da regista, Pif ritrovi la forma e l'ispirazione dell'esordio.
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