giovedì 24 novembre 2016

Trauma

di Dario Argento.

con: Christopher Rydell, Asia Argento, Piper Laurie, James Russo, Frederic Forrest, Laura Johnson, Domique Serrand, Ira Belgrade, Sharon Barr, Brad Dourif.

Thriller

Italia, Usa 1993


















A sei anni da "Opera" (1987), Dario Argento è ancora l'indiscusso maestro del brivido made in Italy, nonostante il cinema di genere italiano sia già praticamente morto. Forte dei consensi oltreoceano, reduce dal suo film più costoso e dalla collaborazione con l'amico George Romero in "Due Occhi Diabolici" (1990), il regista romano torna in America per creare quella che sarà la pellicola spartiacque nella sua carriera, "Trauma", vero e proprio canto del cigno della sua creatività e passo definitivo verso il baratro.




Creatività già messa a dura prova in "Opera", dove già dava segni di cedimento, ma che qui comincia davvero a scemare. Sebbene viaggi sempre sui binari della decenza, con occasionali trovate davvero azzeccate, la regia di Argento ora vacilla, si perde in un montaggio confusionario, in virtuosismi inutili e persino in manierismi; ad aprire il film è infatti una visione simile a quelle di "Profondo Rosso" (1975): la macchina da presa viaggia tra gli oggetti personali del killer disposti su di una superficie di raso nero; ma i movimenti sono macchinosi ed il montaggio insicuro, causando un effetto quasi parodistico se messo a confronto con l'originale.
I richiami al capolavoro del '75, ad ogni modo, non mancano neanche sul piano strettamente narrativo: anche qui la vicenda prende le mosse a seguito dell'uccisione di una medium che ha captato la "risonanza" di un omicidio; il killer è anche in questo caso mosso da impulsi protettivi, che hanno generato il trauma del titolo; il tema orrorifico della decapitazione, così come il finale, sono anch'essi richiami alla più celebre opera argentiana.
D'altro canto, l'originalità non è mai stata il punto forte del fu maestro: tutti i suoi thriller altro non sono che variazioni più o meno libere del medesimo canovaccio, dove a fare la differenza è l'esecuzione più che la premessa; cosa che qui non avviene.




Da una parte, è come se Argento abbia voluto prosciugare il suo cinema da veri risvolti violenti; per quanto cruenti, gli omicidi in "Trauma" non hanno nulla dell'efferatezza grafica che contraddistingueva quelli dei classici argentiani. Non c'è inventiva nelle coreografie, se si eccettua quella della morte più celebre, dove la testa viene mozzata da un ascensore. Il tutto è condotto con il pilota automatico, senza veri guizzi. L'estro visivo ritorna solo in un paio di sequenze, come in quella dell'ospedale psichiatrico o nel finale, quell'ultima mezz'ora di durata che, riprendendo il topos del "doppio finale", lo amplifica sino a darne piena dignità.




Un tocco di originalità è da ricercare semmai nella costruzione della trama; non tanto sul piano della struttura generale, quanto per l'inclusione di una strana e convincente storia d'amore tra il protagonista e la giovane Asia Argento. Love story disperata, anomala, basata più sulla pietà che sull'attrazione vera e propria e per questo convincente. Peccato solo per la scelta della protagonista femminile: Asia Argento, appena diciottenne, è sicuramente attraente e al contempo credibile come ragazza anoressica e complessata, ma la sua recitazione è improponibile, sopratutto nel doppiaggio, dove dimostra di non avere idea dei concetti di dizione e pronuncia.
Unico neo, sul piano attoriale, in un film dove, stranamente, i grandi attori si sprecano: tolta Piper Laurie, Argento butta alle ortiche i grossi nomi del cast, su tutti Frederic Forrest nei panni del palese red herring e sopratutto Brad Dourif, che entra in scena solo per farsi decapitare.




Il colpo finale lo concede il senso del ridicolo, quasi onnipresente. Lo script può essere definito solo come "incasinato", presentando di volta in volta situazioni improbabili e personaggi inutili. Su tutti, il bambino guardone, che nel finale viene promosso a deus ex machina, interpretato da un infante semplicemente inguardabile. La continuità tra scene in notturna e diurna è a dir poco libera; la trovata di far parlare le teste mozzate azzera ogni sospensione dell'incredulità, sopratutto a causa della sua essenzialità ai fini della storia; l'innesto sovrannaturale è puramente pretestuoso; le visioni lisergiche escogitate sono blande e poco ispirate e, in fin dei conti, inutili ai fini della narrazione. Semplicemente sprecato è il discorso "moraleggiante" sull'anoressia, buttato in mezzo a tutto giusto per dare un minimo di profondità in più ad una pellicola di puro genere.
Ed in un tripudio di superficialità e ridicolo, in cinema di Argento trova così la sua tomba: la fine è iniziata, il periodo d'oro è finito, la mediocrità impera. A venire ci sarà solo una costante discesa qualitativa, emblema del catastrofico destino del cinema italiano.

2 commenti:

  1. Già Opera non era all'altezza della fama di Argento, qui comincia proprio il baratro

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    1. E rivederlo con la cognizione di ciò che succederà, è doloroso.

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