di Oliver Stone.
con: Joseph Gordon-Levitt, Shailene Woodley, Rhys Ifans, Nicolas Cage, Timothy Olyphant, Melissa Leo, Zachary Quinto, Tom Wilkinson, Scott Eastwood.
Biografico
Francia, Germania, Usa 2016
Se c'è una cosa che lo scandalo Snowden ha insegnato agli occidentali è come la paranoia, anche quella basata sulle cospirazioni più assurde e teoricamente prive di fondamento, può spesso essere un sentimento fondato, veritiero e inevitabile all'interno di una società dove l'informatizzazione ha raggiunto livelli da romanzo cyberpunk. Questo perchè il sistema di sorveglianza globale americano, il famoso ECHELON, tanto discusso da una ventina d'anni a questa parte dai teorici del complotto, si è rivelato, grazie alle informazioni della "talpa" più famosa di sempre, totalmente e semplicemente vero, tramutando in realtà comprovata le ossessioni di milioni di "technonerd" forse troppo spesso inutilmente disprezzati.
D'altro canto la storia di quel giovane consulente che tanto imbarazzo ha destato per l'amministrazione Obama era forse fin troppo semplice per risultare davvero interessante: Snowden, in fondo, altro non è se non un comune ragazzo che, rimasto esterrefatto dal potere manipolativo del sistema informatico imbastito dalla NSA, ha deciso di vuotare il sacco, di rendere pubblico ciò che in parte già si sospettava, ovverosia l'utilizzo manipolativo del potere ottenuto per il tramite delle leggi antiterrorismo post 11/9. Una storia "da manuale", dove finanche le possibili riflessioni morali sono pressocchè scontate e tutto l'interesse si regge sullo scandalo di quelle informazioni per sé stesse, tra l'altro già ampiamente somatizzate dal pubblico.
Ma Oliver Stone non è mai stato tra quei cineasti che si tirano indietro solo a causa della possibile poca originalità di un progetto; il suo senso civico, la sua volontà di scandagliare tutti gli anfratti di un sistema-paese a dir poco complesso per il tramite di un occhio obiettivo, ove possibile, gli ha sempre permesso di creare opere interessanti, quando non addirittura dirompenti. "Snowden" si può iscrivere così in quella parte di filmografia di Stone più attenta ai contenuti che alla forma, dove una messa in scena tutto sommato didascalica è utile a fare il punto della situazione, ad imporsi come memento per il futuro e documento riassuntivo di una realtà ancora cocente, in modo più vivido del semplice documentario, ma sempre e comunque vicino ai fatti.
La travagliata storia di Snowden viene ricostruita con forma episodica, strutturata in flashback a partire dall'incontro con la reporter Laura Poitras, la prima a raccoglierne le testimonianze, poi confluite anche nel documentario "Citizenfour" (2014). La ricostruzione delle tappe formative del protagonista, della sua presa di coscienza sul "male" perpetrato e il suo genio informatico si intrecciano con la caratterizzazione privata: dalla faccia pubblica alla persona privata, Snowden assume una tridimensionalità che scosta la narrazione dalla struttura classica del film di inchiesta per ancorarsi al biografico; ampio spazio viene dedicato alla sua vita sentimentale, al suo stato di salute e, sopratutto, a quello mentale; la paranoia che lo attanaglia dopo la presa di coscienza del "Grande Fratello" si fa specchio di quella di un'intera società dove la privacy non esiste più, della realizzazione della paura orwelliana più grande. Non per nulla, nella finzione, il mentore prende il nome di O'Brien, rimando diretto al capolavoro di Orwell.
La riuscita della ricostruzione del lato umano si deve sopratutto al cast: Joseph Gordon-Levitt si perde totalmente tra i tic e lo sguardo insicuro del suo alter ego, mentre Shailene Woddley lo supporta in modo più naturalistico ma altrettanto efficace. Il dramma umano talvolta prende troppo spazio, allunga in modo non necessario la storia, ma resta comunque importante forse per dare quel minimo di calore utile per non rendere l'esposizione dei fatti si troppo glaciale ed automatica.
Ed è, appunto, nella ricostruzione dello scandalo, dei meccanismi spregiudicati ed ai limiti della follia legalizzata che la narrazione di Stone si fa decisamente solida: senza esagerare nella retorica morale e nei rimandi apocalittico-distopici, riesce con precisione e fermezza a creare lo specchio di un mondo dove non c'è più traccia della distinzione tra pubblico e privato, dove tutti possono essere manipolati grazie alla scia di informazioni lasciate in rete e dove ogni singolo individuo sulla faccia del pianeta può essere dissezionato da un occhio invisibile. Una distopia moderna ancora più crudele di quella immaginata dal grande scrittore, un Grande Fratello al quale la gente si è svenduta per moda ed ignoranza.
Ed è proprio tale risvolto ad essere il fulcro morale del film: non un cyber-thriller, né un pamphlet sulla crudeltà dei "poteri forti", quanto una riflessione catartica sull'assurdità del mondo informatizzato. In tale dimensione, pur fusa con la fiction d'inchiesta ed il ritratto umano, il lavoro di Stone trova piena dignità ed un motivo di esistere ulteriore, quasi un monito allo spettatore meno accorto.
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